giovedì 17 dicembre 2020

Il grande passo di Antonio Padovan: sognare alto


Il grande passo di Antonio Padovan è un film che avremmo gradito vedere al cinema, ma che con le sale tragicamente chiuse abbiamo visto in televisione. Ne avevo sentito parlare alla trasmissione radio Hollywood Party, da allora ero curioso di vederlo. Un po' per l'incontro tra Giuseppe Battiston e Paolo Fresi, un po' perché mi era piaciuto l'esordio ufficiale del regista veneto Finché c'è prosecco c'è speranza. Grazie alla piattaforma MyMovies (che ci consente di sostenere un cinema dove andavamo, al quale paghiamo un biglietto virtuale) siamo riusciti a vederlo questa sera, e, devo dire, ha mantenuto ampiamente le attese.
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lunedì 26 novembre 2018

C'era il mare, Stucky di classe

Bello, bello, bello! Leggendolo ho spesso pensato a questo. Parlo di C'era il mare, libro di Fulvio Ervas, uscito da qualche settimana per la Marcos Y Marcos. Ancora una volta un'indagine dell'ispettore Stucky, che sicuramente conoscerete per l'interpretazione di Battiston nel film (prima romanzo di Ervas) Finché c'è prosecco c'è speranza, ma che vi consiglio di approfondire in tutti i romanzi dello scrittore veneto. In C'era il mare l'indagine si divide in due, tra la sua Treviso e Venezia, in particolare Porto Marghera. Infatti il libro si dipana in capitoli alternati, semplicemente intitolati Treviso, Marghera, Treviso, Marghera ... in una città fanno fuori un giornalista in pensione, nell'altra un ex operaio di Porto Marghera. Non due persone qualsiasi: il giornalista aveva fatto articoli forti sull'inquinamento e non solo, l'operaio era stato un leader sindacale. A Treviso indaga Stucky, a Venezia Luana Bertelli. A un certo punto c'è un terzo omicidio, di un avvocato, anche lui in pensione, un omicidio a metà strada, che unirà inevitabilmente le due indagini. Bello, veramente bello. Perché ha il sapore di un classico, fin dalle prime pagine, perché sembra già un film (inevitabile pensare a Battiston, mentre lo si legge), perché racconta un bel pezzo di storia d'Italia, Porto Marghera e le lotte operaie, una città industriale nata cento anni fa, sul finire della Grande Guerra, perché lo fa con una coscienza e conoscenza di classe. E poi la storia (che incontra la Storia) è davvero appassionante. Si rimane con gli occhi incollati alle pagine del libro fino alla fine. Una bella impressione.
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venerdì 27 ottobre 2017

Finché c’è prosecco c’è speranza, buona la prima

In settimana siamo stati al Cinema Kappadue, uno dei pochi cinema rimasti in città, a vedere l'anteprima di Finché c'è prosecco c'è speranza, dell'esordiente Antonio Padovan, presente in sala con gran parte del cast, Battiston in testa, e molti giovani apprezzati tecnici. 
Il prosecco, come si intuisce dal titolo, anzi, le splendide colline del prosecco, sono il perfetto scenario di questo giallo di provincia, un giallo come se ne facevano una volta. Una provincia veneta profonda, con al centro un conte tanto affascinante quanto anticonformista interpretato da Rade Serbedzija. Produce prosecco di qualità, poco, ma buono, ci tiene a dire; contro l'eccesso di produzione, fa riposare un campo all'anno con spirito bio che sarebbe piaciuto all'anarchenolgo Veronelli. Nemico giurato dei potenti della zona, che vediamo sfidare all'inizio del film, si rifugia nella sua cantina con la giovane amante, poi stappa l'ultima bottiglia ... e nel piccolo cimitero del paese si toglie la vita. Perché? ... 
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giovedì 2 marzo 2017

Locandine cult: tutto - Mazzacurati

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mercoledì 2 marzo 2016

Ricordo di un cineasta: Carlo Mazzacurati

Carlo Mazzacurati oggi avrebbe 60 anni.
Penso quanto era bello andare a vedere
i suoi film.
I suoi film uscivano sempre in primavera,
oppure, mi pare di ricordare, di averli visti
sempre in primavera.
Di primavera profumavano i film di Mazzacurati,
fin dal suo folgorante esordio cult, Notte italiana,
con Messeri, Giulia Boschi, i gemelli Ruggeri.
Lo andai a vedere con mio fratello e la sua morosa,
in un cineclub con le poltroncine verdi (no padano),
ora chiuso.
Poi cercai di non perdere nessuna sua altra pellicola,
da Il prete bello a Il toro, da La lingua del santo a La
sedia della felicità.
Tra i miei preferiti Vesna va veloce, La giusta distanza,
La Passione, ma ogni suo film era divertente, con un
sacco di attori e attrici, tutti molto amici.
Me lo vedo andare a mangiare con Battiston o Diego
Abatantuono, tra una ripresa e l'altra, o con Silvio
Orlando e Marco Messeri, Citran.
Le attrici, tutte molto carine, con lui hanno fatto il
loro miglior film: penso alla Smutniak o alla Sansa,
Valentina Lodovini, Isabella Ferrari, la Capotondi.
Vorrei vedere tutti i suoi film in una rassegna tv,
non solo quelli usciti al cinema, ma anche certi
doc su Zanzotto, Meneghello, Rigoni Stern.
... è chiedere troppo?

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sabato 21 giugno 2014

Il mondiale no, che palle ... altri 3 film

Ieri pomeriggio, verso le 18, ero in bici. C'era un silenzio irreale attorno al lago. Gente seduta ai tavolini, megaschermi accesi, uomini che smettevano di lavorare, donne con il tricolore in evidenza, in mezzo a turisti (tedeschi e olandesi perlopiù) ignari. Nella salita verso casa, dentro ad una valle sempre troppo fresca, ho incontrato solo donne. Solo allora ho capito che stava per iniziare la partita della nazionale. Questo per ribadire il mio disinteresse per il mondo pallonaro, scusate il mio snobismo radicale, è più forte di me. Meglio il cinema. Questa volta, consiglio di ri(vedere) Smetto quando voglio (cult italico dell'anno, finalmente pure io l'ho recuperato), Nymphomaniac I e II (film atteso, che non ha deluso le attese) e Locke (bella sorpresa british...  ne ho letto poco in giro, perché?).

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sabato 3 maggio 2014

L'ultimo film di Mazzacurati

La sedia della felicità è l'ultimo film di Mazzacurati, l'ultimo veramente. Il regista padovano non ne farà più, essendo morto ad inizio anno di questo triste 2014, triste per la scomparsa di molti artisti geniali (qui un mio post). La sedia della della felicità è una farsaccia romantica, una commedia molto divertente e strampalata, al pari del suo precedente La Passione. A differenza di questa,  ambientata in Toscana, ritorna a girare nel suo Veneto, dalla campagna alla montagna, la laguna, i centri commerciali, le ville, i fiumi, le espressioni dialettali  ... un ritorno alle origini, in questo un ritorno alle prime pellicole. 
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sabato 1 febbraio 2014

Carlo Mazzacurati, un ricordo

Faccio fatica a credere che Carlo Mazzacurati sia morto. Per me Mazzacurati rappresenta il Nuovo Cinema Italiano. Quando sento parlare di lui, ripenso a quel suo primo film, Notte italiana, con Marco Messeri finalmente in un ruolo di protagonista, la bella Giulia Boschi, credo all'esordio (poi ha fatto pochi altri film), i gemelli Ruggeri, che allora andavano forte in tv (la nuova comicità italiana), il mitico Remo Remotti. Un film che anticipava tangetopoli, si disse poi, io non credo, almeno non solo. Un film sul nord-est, i schei, i soldi facili, sugli intrallazzi tipici dove gira il denaro: dove c'è il capitalismo c'è corruzione. Ma non voglio buttarla in politica. Notte italiana era un film poetico, volava alto. Un film notturno anche, adatto al cinema, alla buia sala cinematografica. Infatti, dopo la prima visione al cinema, non credo di averlo più visto (forse solo nel passaggio su Rai 3 di qualche anno dopo). Al cinema faceva parte di una rassegna sul Nuovo Cinema Italiano, assieme a Domani accadrà, di Lucchetti. Infatti associo sempre i due film, i due gggiovani cineasti italiani. Lo andai a vedere con mio fratello e la sua morosa, in un cineclub con le poltroncine verdi (niente a che fare con l'identità padana e altre balle, era così da sempre), ora chiuso da anni.
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sabato 23 novembre 2013

Zoran, la via italiana al cult-movie

Volevo scrivere qualcosa su due pellicole francesi con ragazze anti-tempo delle mele (La vita di Adele e Giovane e bella, da vedere assolutamente), ma l'altro giorno mi sono imbattuto in questo film, e ho l'urgenza di gridarne la sua immensa bellezza. Zoran, mio nipote scemo è una commedia indipendente italica ambientata nell'estremo nord-est (Friuli, vicinissimo al confine sloveno), dove per riscaldarsi si beve parecchio. Chiapperi quanto si beve! Il paesaggio è buona parte del film, con le sue colline nebbiose, le viti sterminate, le osterie fuori moda piene di amici di bacco, cori con canzoni esaltanti il vino contro l'acqua (la beve el can, cantano). Altra buona parte del film (la più grossa), è Giuseppe Battiston, nel ruolo della sua vita (come il Lebowski per Jeff Bridges), cioè quello di Paolo Bressan, cattivo ubriacone a metà strada tra un personaggio di un romanzo russo di una volta (il Novecento), e tanto buon cinema d'autore rock (dai Coen ad Aki Kaurismaki) ... citerei pure Bukowski, ma poi dite sono fissato con Hank.
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sabato 2 novembre 2013

Una scorpacciata di film 3

La prima neve di Andrea Segre
Racconto morale tra le montagne trentine. Film incantevole, del documentarista vero Segre, passato da qualche anno anche al film di finzione (ma sempre con i piedi nella realtà). Umanista convinto, conoscitore della Storia e delle storie, dopo l'esordio Io sono Li (purtroppo non l'ho visto), con una giovane orientale a Chioggia, passa con La prima neve a raccontare la storia di un profugo del Togo, fuggito dalla Libia in fiamme. L'uomo viene mandato in Trentino, nella fiabesca Valle dei Mocheni, e la sua vita precaria si incrocia con altre vite precarie di montanari: un ragazzino problematico senza padre, la madre di questo, con sensi di colpa e molte rinunce, suo nonno, saggio del villaggio (la legna ti scalda tre volte, insegna, quando la tagli, quando l'accatasti, e quando la bruci). La prima neve è quella che cadrà alla fine del film, con le storie che sembrano appianarsi, rilassarsi sotto di essa, ma, immaginiamo, non scomparire. La pellicola è in parte sottotitolata (quando parlano nello stretto dialetto della Valle dei Mocheni, comprensibile in molto nord Italia), presenta attori professionisti (Jean-Christophe Folly, Anita Caprioli, Giuseppe Battiston), accanto a non professionisti, però non si nota la differenza per la bravura di Segre. Anche in questo mi ha ricordato il cinema del primo Olmi, e del purtroppo poco noto Franco Piavoli. Da vedere (qui il sito del film per vedere dove lo danno).

VOTO 

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domenica 28 novembre 2010

Cinema – stagione 2010/3

Wall Street di Oliver Stone
Sottotitolo: Il denaro non dorme mai. Io cambierei in, Gli anni ’80 non sono mai finiti. Ed è l’unico appunto che muovo alla pellicola, molto più di un semplice sequel. Assieme al film della Coppola e a quello di Fincher, rappresenta il capitalismo come è oggi (un trittico imperdibile). Qui c’è Gekko, duro dell’alta finanza, uscito dal carcere come Belushi in The Blues Brothers, solo che ad accoglierlo non trova Dan Aykroyd, ma solo il suo vecchio grosso cellulare a segnare un’epoca. Trova poi una società più incattivita e più vorace di lui, in preda a crisi economiche continue autoalimentanti. C’è il mondo dorato della borsa pieno di figli di puttana, c’è una figlia carina e di sinistra che lo odia, c’è un cast stellare, c’è una colonna sonora impeccabile con canzoni di David Byrne e Brian Eno, c’è una romantica storia d’amore, un blog impegnato, le energie alternative, citazioni cinefile (notata la suoneria del cellulare dell’immenso Eli Wallach?) … insomma, c’è la palude di oggi. Per questo dico: COLPO DI CODA.
IL Sito Italiano DEL FILM
La passione di Carlo Mazzacurati
Per me il cinema italiano è Carlo Mazzacurati. Ricordo quando da ragazzo andai a vedere il suo esordio, grandissimo, Notte Italiana, in un cineclub ormai morto e sepolto. Poi non mi sono perso un Mazzacurati. La mia passione per i giovani musicanti è seconda solo a quella per i cineasti. Sì, perché il buon Carlo a cinquant’anni suonati (e una dozzina di film), continua ad essere considerato un giovane (buon per lui). Come il regista del film interpretato da Silvio Orlando, uomo in crisi al quale succede un fatto inaspettato. La sua casa in maremma perde acqua dalle tubazioni e causa un danno incalcolabile ad un affresco, il sindaco del paese per questo lo ricatta: o dirige la sacra rappresentazione pasquale o parte la denuncia. È l’inizio di una farsaccia, poco mazzacuratiana, ma che alla fine non delude. A tenerla in piedi un attore sempre più grande (e grosso), cioè Giuseppe Battiston (occhio alla sua entrata in scena, con canzone di un gruppo passato sul blog), e un’attrice dell’est ormai indispensabile al nostro cinema, Kasia Smutniak. Non sono nei ruoli principali, ma alla fine ti restano dentro.
SUL WEB LA PASSIONE di Carlo Mazzacurati
Quella sera dorata di James Ivory
Ecco un gran bel film senza sbavature: atmosfera misteriosa, personaggi strani, attori tagliati per la parte. Incursione sudamericana ai giorni nostri per James Ivory, che affascinato dall’omonimo romanzo di Peter Cameron, abbandona i film in costume per inseguire la storia morbosa di un giovane ricercatore universitario. Il ragazzo vuole scrivere la biografia di un defunto scrittore uruguayano autore di un solo libro (di culto, ovvio), per questo va a trovare i suoi eredi, cercando di avere la loro collaborazione. Trova la giovane vedova, l’amante dello scrittore e la bambina avuta con lui, l’eccentrico fratello gay e il fidanzato orientale. Trasformeranno la sua vita e la visione del mondo. Su tutti la dolce Charlotte Gainsbourg e la villa immersa nel verde rigoglioso. Piacerà anche a chi poco sopporta Ivory.
SUL WEB Quella Sera Dorata LEGENDA
Colpo di coda
Coda tesa
Codì, Codì
Nella palude
Affondo

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venerdì 7 maggio 2010

CINEMA: Cosa voglio di più

Ho trovato utile e necessario Cosa voglio di più. In questa Italia dominata dal gossip e da una crisi economico-politica-culturale senza precedenti, Soldini prende due borghesi piccoli piccoli (si sarebbe detto negli anni Settanta), che in realtà sono ormai dei proletari, e racconta la loro storia di sesso e fuga dagli obblighi matrimoniali senza moralismo e inibizioni. Ad accompagnarlo splendidi interpreti, a partire da Favino e dalla Rohrwacher, attrice del nostro cinema più colto, per la prima volta sexy e carnale.
Ho detto raccontare, ma ho usato un termine sbagliato per Soldini: i suoi film sembrano pezzi di vita che ci sono prima dell’inizio della narrazione e continuano dopo (fateci caso), ma non per questo sono dei documentari. Non è un entomologo che osserva la vita dell’impiegata annoiata, del marito pacioccone (Giuseppe Battiston il nostro Orson Welles) la cui massima trasgressione è leggere la biografia di Jim Morrison sognando un viaggio a Parigi sulla sua tomba, dell’amante di lei, cameriere tuttofare per tirare avanti la famigliola con moglie e due bambini. Soldini molto semplicemente piazza la cinepresa nella sua Milano per riprendere le cose mentre avvengono, come un Truffaut con la sua camera-stilo.
A differenza di Truffaut e di tantissimi bravi registi italici, gira però, con scioltezza e perfezione, scene di sesso senza timidezza, ma con il giusto rigore e la perfetta geometria. Dai baci dietro al portone, al primo rapporto interrotto nell’ufficio di lei, al motel con tanti specchi (viene in mente il bagno di Palazzo Grazioli), alla fuga in un paese esotico, non c’è un centimetro di carne in più e manco uno in meno. Metafora della nudità della classe media senza più nulla? Sarebbe troppo facile. È la storia che aveva davanti in quel momento, molto semplice. Altro merito del regista milanese, e non da questo film, è il raccontare il mondo femminile come quasi nessuno mai (forse Truffaut). Non solo la protagonista, ma anche le altre donne della pellicola sono il vero motore di tutto. Mentre gli uomini sono passivi, giocano di rimessa, fanno gli spettatori, sono le donne a prendere l’iniziativa. Sono loro che vogliono di più. Non è quindi una domanda “Voglio di più?”, ma un’affermazione… di libertà, di ricerca della felicità proprio oggi, con la crisi e tutte le balle che ci girano attorno: vogliamo il pane e le rose e i tulipani. Da qui nasce lo scontro, da qui può nascere una nuova narrazione.Parlando sul blog con alcuni musicanti, dicevo che le loro canzoni mi ricordavano il cinema di Mazzacurati e di Soldini. Devo dire di aver trovato conferma di questo guardando Cosa voglio di più. Non solo per il brano di Battisti all’origine del titolo, ma perché ogni pezzo di film potrebbe ispirare una canzone di una giovane band: i trentenni di oggi, la fuga, una vita noiosa da cambiare, lui e lei contro tutto/tutti, il sesso, un viaggio lontano, il lavoro che non c’è, il lavoro pagato poco. Pure la colonna sonora richiama certo pop-rock intimista di casa nostra. Del resto una canzone registra le cose mentre avvengono, che poi continuano anche quando è finita … come un film di Soldini.
In analisi finale, ho trovato il film anche molto politico, senza la pesantezza del cosiddetto film-impegnato. Come detto prima, piazzando la cinepresa in un punto della città si possono mostrare cose senza voler dimostrare nulla, ma alla fin fine facendolo. Mi spiego: mostrare dei personaggi che tradiscono nonostante la crisi economica, e sono costretti a fare delle acrobazie economiche (non solo fisiche) per farlo, è, oggi, intrinsecamente politico; nel Palazzo del potere, almeno quello filtrato dal gossip dell’ultimo anno, fanno di tutto e di più senza badare a spese. Altra scena emblematica è quella del marito cacciato dalla moglie, costretto a vivere in auto (tragica realtà per molti, non per tutti, sottolineo, non per tutti). Da vedere assolutamente, come il Draquila in uscita oggi (l’altra faccia della stessa medaglia?).
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