martedì 28 marzo 2023

Non riesco a trovare la mia copia di questo fondamentale libro, "Il racconto di Fidel" , che consiglio di leggere spassionatamente, in particolare a un giovane di oggi. Capisci molto su politica e economia, perché ci siamo ridotti così male a livello sociale e ecologico (dentro c'erano alcune rice per ed evitare il tracollo prossimo venturo, poi arrivsto". Lo penso mentre sono in auto e sento della morte di Gianni Minà , il più grande giornalista italiano vivente. Questa intervista viene citata anche da Oliver Stone, come una di quelle importanti. Prefazione di un nobel come Marquez. Vabbè, questo è stato Gianni Minà: un uomo di cultura a 360 (politica, televisione, letteratura, cinema, sudamerica, cinema, musica), curioso e con una fede nel vero giornalismo. Per questo, nella Rai dei lacchè non trovava più spazio da troppi anni. Resterà sempre con noi, proprio per questo.

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venerdì 28 dicembre 2018

Salvador ridicolo su Tim Vision

In questi giorni di feste e festoni, pandori e panettoni, nebbie e nebbioni, noi ci siamo chiusi in casa, lontano da tutto e da tutti. Libri e riviste non lette durante l'anno, e cinema visto sul pc. Non abbiamo tv, quindi ci accontentiamo del piccolo schermo del pc per vedere dvd, film in streaming e, quest'anno tanti, tantissimi film su Tim Vision, la tv online della TIM.
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mercoledì 4 gennaio 2017

Un anno al cinema ... il 2016

Ecco la lista dei film visti al cinema durante il 2016. Sono ben 47, tutti visti rigorosamente sul Grande Schermo. Tre in meno rispetto al 2015, comunque un numero considerevole (con uno in più la media sarebbe stata di 1 a settimana, e non è male). Ma è la qualità quella che conta, e, rivedendo i titoli, direi che è stata anche quest'anno, alta. Il primo film visto, Carol, di Todd Haynes, è un vero gioiellino di stile e calore, come l'ultimo, Paterson, di quel Jim Jarmusch, che quando li fa belli, i film, sono belli davvero (come mi dice Lucien, in un commento sul suo blog), e questo e bello davvero. In mezzo ci sono stati il solito grande Tarantino con il suo The Hateful Eight, ma anche un deludente Alejandro Gonzăles Iňarritu, un inguardabile Tornatore, dei discreti Coen e Woody Allen. Mi è piaciuto molto il Virzì de La pazza gioia, come l'Almodovar de Julieta, come lo Stone de Snowden. Conferme anche per Pif, il solito impeccabile Ken Loach, e per Clint Eastwood tornato a piacermi con Sully. Perfetti sconosciuti e Lo chiamavano Jeeg Robot si meritano tutta la fama di cult italiani dell'anno, ma io aggiungerei anche La verità sta in cielo, di Roberto Faenza, del quale si è poco parlato (chissà perchè), e uno scult fuori dal tempo, come Tommaso, di Kim Rossi Stuart. Rimanendo in Italia, da citare assolutamente (e da vedere) Fuocoammare di Rosi, mentre fuori, direi di non dimenticare Lo stato contro Fritz Bauer del tedesco Lars Kraume e il brasiliano Aquarius, con una grandissima Sonia Braga (il film deve uscire in molte città, non fatevelo sfuggire nella vostra). La palma del miglior film dell'anno va però a Frantz, del quale ho già scritto lodandolo come merita: un capolavoro dell'era moderna. Per il resto , vi rimando alla mia listona qui sotto, con accanto i voti (da prendere con le molle, vi prego). Cliccando sui titoli colorati, piomberete diritti alla mia rece scritta a suo tempo sul blog. Buona lettura e buone visioni ... possibilmente al cinema. 

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martedì 29 novembre 2016

La Storia lo assolverà


Ho sempre pensato a Fidel Castro come a un’icona pop,
avevo cercato quella famosa foto mentre beve la Coca Cola,
ma non avendone trovate di belle, ho messo questa.

In questa si vede la bandiera del suo paese alle spalle,
un saluto al suo popolo prima o dopo uno dei suoi discorsi
fiume, che lo hanno reso famoso nel mondo.

Perché la Storia lo assolverà? Perché, bene o male, ha liberato
il suo Paese dalla tirannia, dai ricconi del nord che lo volevano
solo depredare, e questo i vicini Usa non potevano tollerare.

Ha liberato Cuba da Batista in piena guerra fredda, e questo
ha comportato una scelta di campo, discutibile quanto si vuole,
ma alla fin fine giusta per il processo rivoluzionario.

Errori ne ha commessi, certo, il suo compagno Che Guevara
è diventato un mito perché morto giovane, mentre lui è morto
anziano, nel 2016, e la Revolución invecchiava con lui.

2016 funesto anche per la famosa agenda telefonica di Gianni
Minà: mi ricordo Troisi, che scherzava con Minà sulla sua agenda
piena di nomi famosi, Cassius Clay e Fidel Castro tra i più noti …

Questo ricordo mi fa sorridere, mentre mi giro tra le mani un buon
mojito fumandomi un altrettanto buon sigaro e cerco in tv quei film 
di Oliver Stone su Fidel: Comandante e Looking for Fidel.

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giovedì 24 marzo 2016

Letti a Berlino: Storia popolare dell'impero americano a fumetti

Howard Zinn, Paul Buhle, Mike Konopacki
(traduzione Annamaria Baldassarre e Marina Lanzavecchia)
Hazard Edizioni/il manifesto
Howard Zinn è stato uno dei più importanti storici Usa, e questo libro è la versione a fumetti della sua più nota pubblicazione. Semplicisticamente potrei dirvi che racconta le malefatte del suo paese (per il quale ha pure combattuto), in giro per il mondo. Anzi, inizia a casa loro (anche se, veramente non era casa loro, ma degli indiani d'America), narrando il sanguinoso massacro di Wounded Knee. E poi la guerra contro la Spagna per "liberare" Cuba, e dopo per "liberare" le Filippine. Liberare, messo tra molte virgolette, in quanto, gli Stati Uniti, intervennero in questi stati per il loro interesse, e i paesi liberati passarono da un oppressore (la Spagna) all'altro (gli Usa). Le opposizioni rivoluzionarie cancellate, a parte chi accettava lo status quo.
Questo è uno schema, bene o male, sempre usato dalla superpotenza Usa, fino ai giorni nostri (quante operazioni chirurgiche per la libertà abbiamo visto e sentito?... quante ancora ne sentiremo?). Pochi potenti, in nome di sacri principi, hanno da sempre mandato a morire per la bandiera e le loro tasche, uomini bianchi e uomini neri (anche loro, sì, magari nelle missioni più pericolose, sono stati chiamati a esportare la democrazia). In tutte le guerre c'è questo dato di fatto, anche in quella contro Hitler. Howard Zinn in quella vi partecipò direttamente, da volontario, e lì si formò la sua coscienza pacifista: dovette eseguire l'assurdo ordine di bombardare dei tedeschi in un paesino francese, questo lo scosse dentro. Un po' come Oliver Stone in Vietnam. Già, il Vietnam, qui raccontato in modo splendido, da protagonista nel movimento pacifista (uno dei momenti più alti della controcultura). Poi gli anni '70 con il Watergate del perfido Nixon, costretto a dimettersi. Il Nicaragua, Reagan e i Bush (padre e figlio), che prima sostengono i loro dittatori, da Saddam Hussein in giù, poi, dopo averli mollati, guerra.
La guerra, il più grande business  da sempre. Questa la "lezione"di un libro davvero appassionante, che si apre con le immagini della caduta delle Torri gemelle e le successive guerre infinite di Bush jr, per chiudersi con la caduta del muro di Berlino (dove ho per caso letto il fumetto) e il nuovo Sudafrica di Mandela. Due episodi che sembravano aprire una nuova era, invece ...

La simpatica immagine di Zinn, dalla bianca chioma, salta fuori ogni tanto a spiegare alcuni passaggi, come un professore universitario per nulla noioso. Il libro, grazie anche a questo, non è per nulla didascalico, ma incalzante e davvero bello. Gli altri due autori, Paul Buhle, Mike Konopacki, già impegnati in fumetti così, hanno saputo rendere al meglio la Storia dell'impero americano. Ottima versione italiana, meritoriamente data alle stampe da Hazard Edizioni con il quotidiano il manifesto, nel 2011.

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mercoledì 26 dicembre 2012

DOSSIER TAV Una questione democratica




Questa recensione partecipa all’iniziativa Parliamo di Tav per stimolare la discussione su di una questione nodale della nostra democrazia, e in più, per chi vuole, tentare di vincere, con la propria rece, una tavola originale di questo fumetto originale. C’è tempo fino all’11 gennaio 2013. Provateci anche voi ...
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domenica 28 novembre 2010

Cinema – stagione 2010/3

Wall Street di Oliver Stone
Sottotitolo: Il denaro non dorme mai. Io cambierei in, Gli anni ’80 non sono mai finiti. Ed è l’unico appunto che muovo alla pellicola, molto più di un semplice sequel. Assieme al film della Coppola e a quello di Fincher, rappresenta il capitalismo come è oggi (un trittico imperdibile). Qui c’è Gekko, duro dell’alta finanza, uscito dal carcere come Belushi in The Blues Brothers, solo che ad accoglierlo non trova Dan Aykroyd, ma solo il suo vecchio grosso cellulare a segnare un’epoca. Trova poi una società più incattivita e più vorace di lui, in preda a crisi economiche continue autoalimentanti. C’è il mondo dorato della borsa pieno di figli di puttana, c’è una figlia carina e di sinistra che lo odia, c’è un cast stellare, c’è una colonna sonora impeccabile con canzoni di David Byrne e Brian Eno, c’è una romantica storia d’amore, un blog impegnato, le energie alternative, citazioni cinefile (notata la suoneria del cellulare dell’immenso Eli Wallach?) … insomma, c’è la palude di oggi. Per questo dico: COLPO DI CODA.
IL Sito Italiano DEL FILM
La passione di Carlo Mazzacurati
Per me il cinema italiano è Carlo Mazzacurati. Ricordo quando da ragazzo andai a vedere il suo esordio, grandissimo, Notte Italiana, in un cineclub ormai morto e sepolto. Poi non mi sono perso un Mazzacurati. La mia passione per i giovani musicanti è seconda solo a quella per i cineasti. Sì, perché il buon Carlo a cinquant’anni suonati (e una dozzina di film), continua ad essere considerato un giovane (buon per lui). Come il regista del film interpretato da Silvio Orlando, uomo in crisi al quale succede un fatto inaspettato. La sua casa in maremma perde acqua dalle tubazioni e causa un danno incalcolabile ad un affresco, il sindaco del paese per questo lo ricatta: o dirige la sacra rappresentazione pasquale o parte la denuncia. È l’inizio di una farsaccia, poco mazzacuratiana, ma che alla fine non delude. A tenerla in piedi un attore sempre più grande (e grosso), cioè Giuseppe Battiston (occhio alla sua entrata in scena, con canzone di un gruppo passato sul blog), e un’attrice dell’est ormai indispensabile al nostro cinema, Kasia Smutniak. Non sono nei ruoli principali, ma alla fine ti restano dentro.
SUL WEB LA PASSIONE di Carlo Mazzacurati
Quella sera dorata di James Ivory
Ecco un gran bel film senza sbavature: atmosfera misteriosa, personaggi strani, attori tagliati per la parte. Incursione sudamericana ai giorni nostri per James Ivory, che affascinato dall’omonimo romanzo di Peter Cameron, abbandona i film in costume per inseguire la storia morbosa di un giovane ricercatore universitario. Il ragazzo vuole scrivere la biografia di un defunto scrittore uruguayano autore di un solo libro (di culto, ovvio), per questo va a trovare i suoi eredi, cercando di avere la loro collaborazione. Trova la giovane vedova, l’amante dello scrittore e la bambina avuta con lui, l’eccentrico fratello gay e il fidanzato orientale. Trasformeranno la sua vita e la visione del mondo. Su tutti la dolce Charlotte Gainsbourg e la villa immersa nel verde rigoglioso. Piacerà anche a chi poco sopporta Ivory.
SUL WEB Quella Sera Dorata LEGENDA
Colpo di coda
Coda tesa
Codì, Codì
Nella palude
Affondo

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giovedì 21 febbraio 2008

La pin dell’Alligatore a Fidel Castro


Le ipotesi sono le più disparate. È possibile che sia stato l’amico Robert Redford a consegnarla direttamente nelle sue mani (al Sundance ne avevo date un paio, forse tre, all’autore di Leoni per Agnelli); altri sostengono ci sia stato un passaggio in più: Redford l’ha data a Sidney Pollack e Pollack l’ha portata a L’Avana in uno dei suoi shopping di sigari. I più maliziosi dicono che Oliver Stone abbia rubato la spilletta a Tarantino (sono ancora incazzati tra di loro dai tempi di Natural Borns Killers, ogni occasione è buona per farsi qualche scherzetto). C’è anche una pista tutta politica (o quasi): Naomi Campbell l’ha presa a Tarantino in una festa hollywoodiana (l’avevo detto a Quentin che sul suo berretto era poco sicura), l’ha poi regalata a Chávez e il Presidente venezuelano l’ha poi portata a Fidel. Il succo non cambia, la pin dell’Alligatore ha quasi sicuramente superato lo stupido embargo ed è ora sopra il famoso berretto di Fidel proprio nei giorni del suo annuncio. Storico.

http://www.granma.cu/italiano/2008/febrero/mar19/mensaje.html

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