sabato 31 maggio 2008

Nuovi modi di fare musica: Hot Gossip su myspace


La rivoluzione di Internet è una Rivoluzione permanente (sarebbe piaciuta un sacco a Trotsky), dove lo sperimentare, lo sconvolgere, il creare cose nuove (o il rifarle …) non ha limiti. Prendete il power-trio adrenalinico degli Hot Gossip, alle prese con le registrazioni del loro nuovo album per Ghost Records. Hanno deciso di mettere sul loro myspace una serie di brevi filmati per documentarne le registrazioni. C’è musica ma non solo: imprevisti, scazzi, scherzi, interviste improvvisate in strada, la bici …
I filmati, tutti raccolti sotto il titolo Crafting New Songs potete vederli qui http://www.myspace.com/hotgossip
Buona visione.

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martedì 27 maggio 2008

Ciao Sidney


Questa mattina, quando ho sentito la notizia, mi è preso un colpo: morto Sidney Pollack. Incredibile, la scorsa settimana, passeggiando per la mia città, avevo incontrato un turista somigliante un sacco a lui. Del resto, a Verona, qualche anno fa, Pollack era venuto veramente, ospite del Festival Schermi d’Amore. In quell’occasione, avevo visto una sfilza di suoi film (i primi, quelli della New Hollywood): Ardenne ’44 un inferno, film di guerra psichedelico, Non si uccidono così anche i cavalli, forte pellicola sulla grande depressione, Yakuza, thriller violento con un grande Robert Mitchum, I tre giorni del Condor, denuncia delle storture della CIA, ma anche quelli post-La mia Africa, come il mastodontico Havana.
Pollack era un grande conoscitore della macchina cinema, da regista ad attore (indimenticabile in Eyes Wide Shut, l’ultimo fondamentale Kubrick) a documentarista (girò il suo unico documentario, quello sulla vita dell'architetto e suo personale amico Frank O. Gehry, nel 2005) ad interprete di serie televisive, produttore, inventore di festival (c’è anche il suo zampino nel Sundance dell’amico Redford), giurato in varie rassegne cinematografiche. Insomma, il cinema, senza di lui, sarà molto diverso …

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lunedì 26 maggio 2008

Il Chievo in Serie A, i mussi ritornano a volare nel ciel …


"Quando i mussi volerà, faremo il derby in serie A". I mussi, in dialetto veronese, sono gli asini, divenuti uno dei simboli del Chievo Verona in seguito a questa battuta dei tifosi dell’altra squadra cittadina, che nutrivano seri dubbi sulla possibilità si vedere il Ceo nella massima serie. Ora i mussi sono ritornati a volare e questo mi piace. Non farò un discorso retorico su di un calcio a misura d’uomo, sulle famiglie allo stadio e sulla squadra di quartiere, pulita, con bilanci piccoli piccoli contro le grandi multimiliardarie, Davide contro Golia e via sbrodolando... Il calcio è un concentrato di interessi economici, politici, mafiosi troppo forte per risanarsi con una favola di squadra. È solo un illusione, però è bello vedere degli mussi volare nel ciel …

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giovedì 22 maggio 2008

Intervista ai Dadamatto


Se la ridono da matti i Dadamatto. Probabilmente non sanno cosa gli aspetta questa sera, nella ormai consueta intervista in diretta sul mio blog. Saranno torchiati a dovere con domande a raffica senza censure … Ovviamente si scherza, come saprete bene sono un alligator cortese, che non morde. Il power-trio marchigiano non ha quindi nulla da temere e può ridere di gusto. Del resto domani, 23 maggio 2008, esce il loro secondo album, Il derubato che sorride, con ben due etichette indipendenti, Records! S’il Vous Plait e About A Boy Records e la distribuzione di Self. Il titolo del cd, tratto da una nota canzone di Modugno e Pasolini, simboleggia la reazione del fantomatico uomo contemporaneo alla precaria condizione di vita e alle innumerevoli prese nel culo a cui è costretto a sottostare (tutti noi siamo grandi esperti in materia…). Il disco, registrato da Mattia Coletti durante le vacanze di natale 2007 in una casa immersa nell'Appennino umbro-marchigiano, più precisamente a Varano di Camerino (Mc) un borgo medievale del '300, e mixato dallo stesso Mattia a Falconara Marittima (An) è una prova matura dove un rock massiccio con profonde radici punk si fonde abilmente con il meglio del nostro cantautorato più ironico. Ma non voglio dirvi altro, perché i tre ragazzi mi sembrano stanchi di aspettare.
Vai qui per sentire la band http://www.myspace.com/dadamattometal
Qui www.rsvprecords.com e qui www.myspace.com/aboutaboyrecords per conoscere le due loro etichette.
Benvenuti, se siete pronti partiamo con la prima domanda …

Chi sono i Dadamatto?

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lunedì 19 maggio 2008

LIBRI: Le radici e le ali. La storia dei GANG


Ho letto le prime pagine di questo libro e me ne sono subito innamorato. Non solo perché io sono cresciuto a pane e Gang, dai primi dischi cantanti in inglese alla memorabile svolta del cantare in italiano, non solo perché leggo sempre tutto quello che scrive Gianluca Morozzi (qui nelle vesti di curatore del libro insieme al musicista Lorenzo “Lerry” Arabia), non solo per i 25 anni di parole di lotta e suoni di battaglia (dal rock al folk, dal punk al cantautorato di classe …), ma perché questo libro profuma cultura. Cultura rock, certo, ma anche Cultura punto e basta. Quella che manca tanto oggi al nostro paese, ignorante, incattivito, falso, volgare. Una vera e propria boccata d’ossigeno per questi giorni grigi di un Italia senza più passioni.
E allora proviamo a ripartire dai Gang, da Marino Severini che racconta la sua storia con interventi di fan storici, noti e meno noti (Paolo Rossi, Cisco, Claudio Lolli, Freak Antoni, Elio …), foto e tutto quello che serve per fare un’autobiografia di culto.
Le radici e le ali. La storia dei Gang - a cura di Lorenzo Lerry Arabia e Gianluca Morozzi, Fernandel, Ravenna 2008, pp.176, € 13,00.

PRIME PRESENTAZIONI E INCONTRI CON IL PUBBLICO
Badate bene, non comuni presentazioni letterarie, ma veri e propri spettacoli in cui Marino e Sandro Severini (il nucleo originale del gruppo dei Gang) suoneranno insieme a Gianluca Morozzi e Lerry Arabia, parlando del libro e della loro esperienza di musicisti.

Bologna, martedì 20 maggio
Libreria Feltrinelli International, via Zamboni 7, ore 18
Intervengono Roberto Freak Antoni e Claudio Lolli

Filottrano (Ancona), venerdì 23 maggio

Firenze, mercoledì 28 maggio
Libreria la Cité, ore 21
Relatore Ernesto De Pascale

http://www.fernandel.it/

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venerdì 16 maggio 2008

Intervista alle Cherry Lips


No, non avete sbagliato sito. Anche se la foto potrebbe trarre in inganno, non siete capitati in un sito hard, almeno non in quel senso. Sì perché le splendide Cherry Lips, intervistate questa sera in diretta sul mio blog, hard lo sono davvero, hard-rock però. Se le trovate interessanti su foto dovreste vederle (e soprattutto sentirle) dal vivo. Oppure ascoltare il loro omonimo esordio, dato alle stampe per l’indipendentissima Andromeda Relix di Verona, come loro, come me. Sì, ma sia ben chiaro, non c’è parentela, non le conosco, mai incontrate o viste di persona, purtroppo, a parte in un concerto la scorsa estate dove loro erano sul palco e io sotto, in visibilio, con un bel pubblico urlante. E così vivo è pure il loro cd. Bello a partire dall’estetica (sembra un piccolo vecchio vinile nero pece), con dieci perle di rock duro, a tratti dolce, a tratti amaro, come la vita. Ma non voglio anticiparvi troppo, perché le sento avvicinarsi, piegarsi per entrare nel blog e accomodarsi vicino all’Alligatore…
Benvenute, ora possiamo partire con la prima domanda.
Vai al loro myspace site...
Vai alla loro label http://www.andromedarelix.com/intro.htm
PRIMA DOMANDA
Chi sono le Cherry Lips?

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Rocco Tanica, mi fido di te …


Ho sempre apprezzato l’ironia e l’intelligenza di Rocco Tanica, ironia e intelligenza che dimostra anche con questo “comunicato”, attraverso il quale si scusa pubblicamente con Massimo Bubola. Avendo dato risalto alla notizia precedente, mi sembra giusto riportare anche le parole di Rocco, divertenti e corrette. Bravo Rocco!

Nel disco di Fabrizio De André "Le Nuvole" c'è una canzone splendida che si chiama "Don Raffaé". La musica è di Fabrizio e di Mauro Pagani. Le parole sono di Massimo Bubola, che spesso non viene citato tra gli autori del brano. Perché succede questo? Perché gli smemorati non abitano solo a Collegno; cittadini d'Italia come il sottoscritto, a volte capita che caschino dal pero della distrazione e riassemblino i ricordi come pare a loro; nel farlo, inciampano nelle sviste e ci fanno una figura un po' così. Io stesso nel corso di un'intervista televisiva ho risposto ad alcune domande sulla mia collaborazione, come pianista e arrangiatore, ad alcune canzoni de "Le Nuvole". Parlando di "Don Raffaé" ho ricordato Fabrizio De André e Mauro Pagani, poi mi sono aggrovigliato (succede a noi anzianotti, arzilli ma anzianotti) e non ho citato Massimo Bubola. Che è come parlare dell'acqua e non nominare l'idrogeno. Massimo me lo ha fatto notare su queste pagine e io non posso che dargli pienamente ragione. Il capolavoro di "Don Raffaé" è frutto del lavoro di una squadra eccellente, una di quelle squadre che andrebbe ricordata mandando a memoria l'intera formazione. Io non l'ho fatto, mi dispiace e mi scuso per questo con Massimo e con coloro che sono stati raggiunti da un'informazione incompleta, messa in giro con un po' di sciatteria da chi, come me, beve l'acqua e si dimentica dell'idrogeno.
Rocco Tanica
(Altre note sul sito http://delrock.it/)

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giovedì 15 maggio 2008

No Fabio Fazio, no…


No Fabio Fazio, non si deve fare, mi hai deluso… ospitare Jovanotti che canta Rimini, in una versione personalissima, e dimenticarsi entrambi (pure tu Jova…) di citare il coautore, Massimo Bubola, cantautore veronese che non ha certo bisogno di presentazioni, è stato grave (altro che Travaglio). Lo hanno fatto, purtroppo, in una puntata importante, quella dedicata ad Emergency.
Bubola, presente sulla scena musicale da più di trent’anni, ha, tra le mille cose, collaborato ai testi di tutto l’album Rimini (1978) e de L’indiano (1981). Canzoni come Rimini, appunto, ma anche Fiume Sand Creeck (indimenticabile) e Andrea (sì, Andrea).
In questi giorni, parecchio incazzato, Bubola ha diffuso un comunicato, che in coda dice questo: - Se un collega scrittore di canzoni come Jovanotti e un conduttore televisivo come Fazio, che da sempre ama la canzone d’autore, incorrono in questi gravi errori e in questa pericolosa superficialità, c’è veramente da essere preoccupati per gli altri, come, ultimamente, Rocco Tanica componente del gruppo “Elio e le storie tese” che nella puntata de “ Le invasioni barbariche “ del 18 aprile, mi ha tolto dagli autori di Don Raffae’ attribuendo la canzone solo a De Andrè e a Mauro Pagani, quando Pagani ha co-firmato soltanto la musica con Fabrizio, invece il sottoscritto, veronese, il testo in napoletano, e scusate se è poco.-
No, non è certo poco. Trovo quella canzone un piccolo gioiello, e mi fa molto piacere saperla scritta da uno della mia città. Una città che ha un sacco di difetti, dall’assassinio della banda neonazi in giù, ma anche qualche pregio. Uno di questi è sicuramente Massimo Bubola, con un nuovo cd in circolazione, il diciottesimo della sua serie, intitolato Ballate di Terra & d'Acqua. Consigliatissimo, come tutti i suoi precedenti e futuri.
Vai al suo sio ufficiale http://www.massimobubola.it/home.asp

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domenica 11 maggio 2008

Emergency questa sera da Fazio




Fabio Fazio dedicherà a Emergency l'intera puntata di Che tempo che fa di questa sera, domenica 11 maggio. Sarà ospite in studio Gino Strada che presenterà le attività dell'associazione e la nuova iniziativa "Adotta Emergency, adotta un ospedale". Durante la puntata e' previsto un collegamento in diretta con il Centro chirurgico di Emergency a Kabul a cura di Maso Notarianni di Peacereporter. Verrà poi trasmesso un breve video su Sunia, la prima paziente operata presso il Centro Salam di cardiochirurgia, inaugurato un anno fa in Sudan. Jovanotti sarà ospite musicale della serata. Rai 3 ore 20,25.

Durante tutta la puntata di Che tempo che fa sarà a disposizione unnumero di telefono dedicato - 199.203010 - al quale risponderanno i volontari di Emergency per dare informazioni sull'ADOZIONE DI UNOSPEDALE e su tutte le altre modalità di sostegno ai progetti dell'associazione.

Costi telefonata al minuto: 0,31 cent da fisso, max 0,48 cent dacellulari + scatto alla risposta).

Ho pubblicato questo comunicato perchè Emergency mi è simpatica e approvo e sostengo tutte le sue iniziative.

Per chi non ha tempo per la tv e vuole saperne di più http://www.adottaunospedale.org/

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sabato 10 maggio 2008

Gli asini pedalano … e a volte volano

Oggi inizia il Giro d’Italia, corsa ciclistica a tappe sempre appassionante. La maggior attrattiva, oltre al fatto agonistico, sono gli splendidi scenari, che tra un marchio e l’altro, si godono. E poi i campioni del pedale, molto meno fighetti dei loro colleghi pedatori, spesso raccontati dai nostri musicanti; dalla Bartali di Conte alla Gianni Bugno 2000 degli amici Winter Beach Disco, a tante altre (si potrebbe fare una raccolta di due tre cd). Ora, un altro mio grande amico, ha scritto una canzone per un ciclista: si tratta del cantautore emiliano Guido Foddis, che ha dedicato la sua nuova Gli asini pedalano ad uno splendido ciclista, al quale auguro di vincere il giro. È Marzio Bruseghin (un nome da ciclista vero, così vero che sembra inventato): montanaro, allevatore di asini e produttore di prosecco (come non tifare per lui?).
Avrei da dire un sacco di cose su gli asini, animali fondamentali, umili e intelligenti, ma ho finito la retorica e vi lascio scaricare la canzone di Foddis (un gioiellino da cantautore classico) o guardare il mio video, con il sottoscritto in montagna in fuga con la bici da un toro. È una storia vera...
SCARICA LA NUOVA CANZONE
'GLI ASINI PEDALANO'
Vai al sito di Guido Foddis per capire tutta la storia http://www.guidofoddis.it/

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giovedì 8 maggio 2008

La rece: The Low Lows, Shining Violence


Una copertina molto David Lynch periodo Velluto blu, con ragazza nuda distesa languidamente sul nulla, un pettirosso su di un ramo, un teschio, tante api e una piccola scimmia. E pure il titolo è molto lynchiano, Shining Violence. E la musica?, vi chiederete a questo punto. La musica non è da meno, ricca di atmosfere cinema, ballate elettriche con organetto, trombe ed emozioni vere.
Titoli rivelatori come Raining in Eva dal passo malinconicamente lento, Modern Romance corale e trascinante (un felice tradimento dell’originale degli Yeah Yeah Yeahs), Tigers struggente folk psichedelico (se Dylan fosse giovane suonerebbe così) con armonica e voce nasale, Five Ways I Didn’t Die danzereccio dalle atmosfere malate, tanto malate che sarebbe stato perfetto nell’ultimo film dei fratelli Coen, Honey dilatata coda dolce come suggerisce il titolo.
Un lavoro attento al cuore e alla mente che piacerà tanto ai fans di Nick Cave quanto a quelli di Neil Young, agli appassionati di cinema di cultura rock (non solo Lynch, ma anche Jarmush, Wenders …) e ai lettori di Carlo Lucarelli. Insomma, quelli con i miei stessi gusti.
The Low Lows, Shining Violence – Monotreme/Goodfellas, 2008

VAI AL LORO SITO http://www.thelowlows.net/

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martedì 6 maggio 2008

Solo oggi sconti fino al 50% sul sito minimum fax

Non mi pagano nulla, manco in natura per questo spot. Mi hanno rifiutato la pubblicazione di un paio di manoscritti nel corso degli anni (forse tre), ma nonostante questo continuo a seguirli e a comparare, quando ho quattro soldi, i loro libri; soprattutto in occasione della Giornata Mondiale del Libro, cioè oggi, che vendono quasi tutte le loro pubblicazioni al 50%.
Hanno un bel catalogo di cultura Rock, se capite cosa intendo. Se qualcuno ne vuole approfittare, legga sotto tutte le indicazioni e i link (vale solo per oggi 6 maggio 2008). È un consiglio da amico, non una marchetta (non le faccio mai scritte …).

Leggi qui tutti i dettagli dell'offerta.

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giovedì 1 maggio 2008

Buon viaggio Albert


Come saprete, martedì notte è partito per l’ultimo viaggio Albert Hofmann. Aveva 102 anni, ma non sarà ricordato solo per questo record, egli infatti è lo scopritore dell’LSD. Scoperta quasi casuale, avvenuta nella primavera del 1943, che ha influito in maniera determinante sull’arte e la scienza del secolo scorso. La Cultura, soprattutto la Cultura Rock, non sarebbe stata la stessa senza di lui. Ecco perché mi pare giusto riproporre un mio racconto, già apparso sul sito di Smemoranda in occasione del compleanno n.100 di Albert Hofmann: Un bambino difficile ma esemplare.
Si tratta di una cover di un famosa novella di fantascienza di Fredric Brown. Parte del titolo è preso in prestito da LSD, Il mio bambino difficile, magnifico libro dello stesso Hofmann, nel quale lo scienziato svizzero ci parla della sua fortunosa scoperta, facendoci partecipi dei successivi test, degli incontri con artisti e scienziati, delle ricerche in Messico per cercare la stretta parentela tra LSD e funghi allucinogeni, delle sue perplessità sull’uso ludico del prodotto. Da leggere assolutamente questo libro.

INTANTO LEGGI LA MIA COVER


Un bambino difficile ma esemplare


Finalmente un lavoro anche per me, bambino difficile alle soglie dei trent’anni. Chiamarlo lavoro è forse un’esagerazione, ma non mi viene in mente nessun altro termine al momento e allora lascio la pagina così.
L’avevo trovato sul giornale nella rubrica LAVORO&IMPIEGO, per l’appunto.
Diceva:

ANNUNCIO VIETATO

ai figli di papà;

agli sfaticati;

ai mediocri.

RISERVATO A

giovani determinati;

svegli;

con le palle

Non è che m’interessasse particolarmente lavorare per un tipo che spediva un annuncio del genere, ma desideravo tanto vederlo in faccia. Doveva essere un cazzone di quelli belli grandi ‘sto qua, però dotato di fantasia. Si fantasia, avete capito bene. Dico questo, perché i cazzoni come lui solitamente si limitavano a scrivere il classico quanto assurdo e poco coraggioso ASTENERSI PERDITEMPO, in fondo all’annuncio. Lui no, desiderava far sapere ai suoi futuri dipendenti che li voleva giovani, determinati, svegli, e soprattutto con due palle grosse così. Niente figli di papà, sfaticati e mediocri, per carità. Meglio capirsi al volo. In questo modo non si rischia di perdere tempo. Come si dice? Il tempo è denaro, no?
Così decisi di andarlo a vedere questo cazzone.
Baffettini grigi, capelli radi e pancetta nascosta male. Un architetto che stava ristrutturando delle casupole, dove vi aveva dimorato della povera gente fatta allontanare con la forza. Voleva costruire un grosso centro commerciale con tanto d’appartamentini fichi per gente fica.
“È la tua prima occupazione, mi hai detto?” s’informò lui dopo le solite presentazioni.
“Si. Ho lasciato l’università e da allora non ho fatto più nulla di concreto… a parte qualche lavoretto.”
“Bravo, è così che si deve fare. Anche questo è un lavoretto, non so se mi spiego… Insomma, per farla breve, tu devi ripulire per bene questi appartamenti: staccare prese, lampadari, ecceteraeccetera, e gettare tutto dalla finestra. Devono venire svuotate completamente queste catapecchie. Ci metterai un paio di giorni… tre al massimo. Ti pagheremooo… alla fine. Ti pagheremooo…” non gli veniva la parola.
“In nero.” l’aiutai a completare la frase.
“Proprio così. Mi hai rubato le parole di bocca. Poi, la settimana prossima, se avremo bisogno ancora di te, ti richiameremo ecceteraeccetera. Lascia i tuoi dati alla segretaria: nome, cognome, indirizzo ecceteraeccetera… e non ti preoccupare se in giro vedi qualche squatter. Gli abbiamo scacciati dai nostri appartamentini, qualcuno di loro forse tenterà di rientrare… Comunque, in zona ci saranno sempre delle volanti pronte ad intervenire… A dire la verità, lo squatter è solo uno. Gli altri sono tutti dei vecchietti ecceteraeccetera che non hanno opposto nessuna resistenza. Non ti preoccupare, non rischi la pelle ecceteraeccetera.”
“Non vorrei rischiare le palle…sono giovane, determinato e…” buttai lì per ridere.
“Si, si,” disse senza darmi ascolto. “Vai pure dalla segretaria, poi al lavoro. Sono contento per te e un po’ t’invidio, giovane alle prime armi…ah, ah, ah!”

M’invidiava l’architetto Ecceteraeccetera. Chissà se m’invidiava pure il puzzo di chiuso degli appartamentini, i ragni giganteschi che vi dimoravano con le loro artistiche ragnatele e la brutta impressione di toccare qualche scorpione ogniqualvolta raccattavo su qualcosa. Sarà stata forse una paura assurda la mia, ma quando prendevo in mano giornali impolverati, libri ammuffiti o quadri incollati ai muri, temevo sempre di svegliare dal suo letargo quel temibile insetto.
Nel primo appartamento il Che mi fissava dalla parete. Un Che Guevara moltiplicato per nove. Non quello classico, in nero su sfondo rosso, divenuto uno dei poster più gettonati della storia, ma uno in stile pop-art, alla maniera di Andy Warhol. Forse una riproduzione di un suo lavoro, chi lo sa? Un Che Guevara di tutti i colori, privato della mitica scritta HASTA LA VICTORIA SIEMPRE.
Molto probabilmente mi trovavo nell’ex dimora del temutissimo squatter: qualche libro di filosofia, alcuni volumi di fantascienza con Philip K. Dick a farla da padrone, musicassette doppiate di musica etnica, una foto di Genova 2001 con dei giovani che portavano un’enorme bandiera del Che (quello classico, stavolta). Niente armadio e niente comodini nell’enorme stanza da letto. Solo un lettone matrimoniale al centro e un vecchio pesantissimo comò accanto.
Anche la sala da pranzo, l’annesso salottino, il piccolo bagno, si presentavano quasi completamente spogli. Meglio così: liberai il tutto in fretta e furia ricevendo i complimenti dell’architetto Eccetteraeccetera passato a controllarmi.
Dopo la prima, sistemai la catapecchia di un anziano signore. Anche questa appariva molto piacevolmente nuda; solo logori mobili distribuiti male e una parete rivestita quasi completamente dalle foto in bianco e nero di una giovane donna. Poteva benissimo essere la moglie dell’anziano ex inquilino, quella donna. Non vi si trovavano foto recenti, ma solo immensi sorrisi d’epoca in bei vestiti preparati per l’occasione.
Che fosse morta da parecchi anni?
Non c’erano né libri né riviste, che tristezza. A rendere la dimora ancora più fosca notai alcune gabbie vuote per uccelli, un mazzo di strane carte e un’infinità di scatolette di medicinali. Controllai tutte le scatolette con una pignoleria inedita: alcune di queste presentavano una data di scadenza molto vecchia. Ne trovai una prodotta in Svizzera addirittura nel 1964. Si leggeva a malapena il nome: DELYSID (ndr nome commerciale dell’LSD quando veniva legalmente venduto dalla casa farmaceutica elvetica Sandoz).
A cosa serviva? mi domandai incuriosito.
Non l’avevo mai vista prima questa medicina. La lunga e stretta confezione del DELYSID conteneva alcune fiale incolori da 0,1 mg. Mentre cercavo di estrarne una dal suo alloggiamento, la scatola lunga e stretta mi sfuggì di mano, scivolò sul pavimento rompendosi dannatamente in mille fragili vetri. Il liquido gironzolava libero e gioioso dopo molti anni di prigionia. Se ne poteva trovare un po’ sulle mie scarpe, qualche goccia sui jeans e tutto il resto deliziosamente per terra.
Cercai di raccattare la poltiglia per mezzo di una cazzuola. Con la mano, attento a non tagliarmi, spinsi i vetri su di essa. Quindi, gettai tutto in un secchio. Mi accorsi solo alla fine di una piccola ferita dalla quale usciva un po’ di sangue. Inavvertitamente presi a ciucciarmi il dito e poi ricominciai a sfacchinare.
Il lavoro di sgombero, rivelatosi più faticoso del previsto, mi spinse a adagiarmi timidamente sul logoro divano giallo vomito. Temevo fosse infestato da insetti pericolosi, forse anche scorpioni, però la stanchezza prese il sopravvento su di me costringendomi alla resa.
Sonnecchiante e vuoto me ne stavo adagiato nell’attesa della pausa pranzo. Come prime ore di lavoro mi pareva potessero bastare. Mancavano all’incirca una trentina di minuti alle dodici.
Dopo quasi un quarto d’ora una nebbiolina di fumo bluastro inondò la stanza. La sensazione di vuoto e leggerezza si faceva dentro me sempre più concreta. Mi pareva quasi di volare. Le campane annuncianti mezzogiorno risuonarono strambe, monotonamente decise:

DLOON, DLOOON, DLOOOON!

Mai prima d’ora l’annuncio della pausa pranzo mi era parso così intenso e invadente. Si, lo so, prima di allora la pausa pranzo per il sottoscritto non esisteva, essendo io un disoccupato, ma quello che intendo dire è che le campane suonavano diverse dal solito. Esse parevano partire direttamente dall’interno del mio padiglione auricolare e continuare all’infinito in una melodia lunatica, una melodia arricchita da note nuove sconosciute ai più, una melodia densa e terrificante, figlia di qualche geniale mente psichedelica. Syd Barret era forse tornato tra di noi?

DLOON, DLOOON, DLOOOON!


Ad un certo punto, le campane si rivelarono alla mia vista sostituendo il lampadario. Il soffitto mancava ed esse mi sorridevano maligne e splendenti sopra la mia testa: lassù nel cielo, con il batacchio luccicante e tutto il resto a farmi sgradita compagnia.
Che cosa mi stava mai accadendo? Ero forse allergico al lavoro? Mia madre aveva ragione allora.
Scomparse le campane e il loro fastidiosissimo rumore, mi parve di essere ritornato in me. Questa sensazione non durò molto, però. Dopo quel piccolo istante di ritrovata serenità s’innalzò improvvisa ed inaspettata la coda imponente di uno spaventoso scorpione nero. E poi tutto il suo corpo. Sulla sua schiena potevo ammirare un turbinante contrasto di perline colorate. Perline dipinte con una tonalità vivida e potente. Uno scorpione bello da morire. Uno scorpione grande da impazzire. Sempre più vicino a me.
Soffocai un gemito di terrore. Cercai di razionalizzare meglio che potevo. L’impresa si rivelò ardua di fronte a quel bestione magico e impossibile… Si, impossibile. Questa dolce parolina passata quasi per caso nel mio cervello cancellò per sempre l’immagine dello scorpione, liberando la mente mia dall’allucinante sequestro.
Mi ritrovai sul divano giallo vomito, tranquillo e sereno come non mai. Dopo le campane e lo scorpione mi potevo aspettare qualsiasi cosa. Nonostante la ritrovata serenità non riuscivo a muovermi normalmente. Mi sembrava di possedere delle gambe molli e allungate. Faticavo da matti a scorgere i miei piedi laggiù in fondo, però non mi preoccupavo della cosa perché le mani, anch’esse mostruosamente allungate, riuscivano a toccare i lacci. Quei lacci rossi e lucenti che presero l’inedita iniziativa di staccarsi dalle mie clark per imprigionarmi al divano. Mi legarono orribilmente ad esso impedendomi qualsiasi movimento autonomo. Poi nella stanza atterrò un’astronave. Una navicella spaziale di tipo classico: tondeggiante, variopinta e silenziosissima. Ne discesero due strani esseri. Il loro corpo era formato da grandi rotelle di liquirizia spruzzate di verde smeraldo.
“È vero che avete rapito la sorella di Fox Mulder?” mi saltò in mente di chiedergli non appena li vidi.
“Non conosciamo Fox Mulder,” mi rispose uno dei due extraterrestri.
La sua voce, metallica come ve l’aspettereste, mi tranquillizzò un attimo. “Inserisci l’ago nel braccio sinistro,” ordinò il capo della missione.
“Hei! Un momento. Perché mi fate questo?” gridai impaurito in un raro momento di lucidità.
“Terrestre, collabora con noi e non ti sarà torto un capello. Stiamo solo eseguendo un’analisi per saggiare le capacità fisiche della tua razza. Se corrisponderanno alle nostre esigenze invaderemo il pianeta per colonizzarlo e schiavizzare i tuoi simili. Tu diventerai un esemplare da collezione. Un’esemplare che esporremo nel nostro zoo più importante.”
“Allora non è per niente vero che voi extraterrestri siete sul nostro pianeta da molti anni e collaborate segretamente con alcuni governi occidentali. Fox Mulder si è sbagliato, chiapperi!”
“Non conosciamo questo tuo amico… Fox Mulder?”
“Non è un mio amico. È solo il protagonista di una serie televisiva molto interessante alla quale credevo ciecamente. Non la fanno più in televisione adesso. Speriamo producano qualche film per il cinema. Il primo che hanno fatto era veramente bello.”
“Non l’abbiamo visto… Allora! Il responso delle analisi del sangue?”
“Cazzarola, credo sia meglio abbandonare la terra…”
“Spiegati meglio. Cosa dicono le analisi?”
“Il suo metabolismo dipende completamente dall’LSD, la sostanza che indica la strada della verità e della saggezza.”
“LSD? Non ci voleva. Questi esseri sono molto più intelligenti di quello che credevamo. Non bisogna mai giudicare dai governanti al potere.”
“Già. È meglio che scappiamo via prima che sia troppo tardi…”
Gli extraterrestri raggiunsero la loro navicella ad una velocità incredibile, mentre i lacci delle mie scarpe ritornarono al loro posto con altrettanta rapidità.
Libero, finalmente libero. Non volevo più lavorare in questo appartamento e neppure negli altri. L’architetto Ecceteraeccetera poteva andare a farsi fottere. Qualche giovane sveglio e con le palle lo avrebbe di certo trovato. Io ne avevo abbastanza. Inforcai la mia bicicletta e raggiunsi casa in tutta calma. Un viaggetto soave, lento, esaltante. Ridevo come un imbecille senza sapere il perché. Non capivo nulla ma mi sembrava bellissimo.

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