Oggi mi sento un
gonzo journalist. Oggi ho incontrato un mito vivente. L’ho incontrato quasi per caso, dopo averlo cercato inutilmente. Oggi ho incontrato Quentin Tarantino e sono riuscito, finalmente, a donargli la pin dell’Alligatore …
Sono entrato in un locale caratteristico e ho visto subito il suo berretto (il berretto che c’è in tante versioni nel sottovalutatissimo
Jackie Brown). Vuoi vedere che c’è Quentin, mi sono detto. Ho gironzolato nel piccolo bar di montagna (con tanto di corna di cervo appese, fucile di Hemingway, legna scoppiettante) e ho visto il papà di
Pulp Fiction seduto da solo, in un angolo. Beveva del caffé con delle paste. Mi sono avvicinato, poi, con il mio povero inglese mi sono presentato. Quando ha sentito che vengo dall’Italia ha cominciato a parlarmi di Lucio Fulci, che adora. E poi di Barbara Bouchet, che straadora …
È vero, non dico niente di nuovo, Tarantino sul cinema di casa nostra ha delle idee tutte sue (del resto, uno che si è formato in un negozio di noleggio videocassette negli States anni ‘80 cosa può aver visto? Antonioni? Pasolini?). Ma almeno conosce un sacco di nomi del nostro cinema stracult, e per uno statunitense è già molto, visto la loro chiusura culturale.
Ovviamente ho chiesto a Quentin di posare con una delle mie pins. Non ha voluto per una questione di diritti fotografici, da quello che ho capito. Ma almeno ha accettato di immortalare il suo berretto con l’ormai mitica pin. Ho chiesto quante possibilità di vittoria ha
Riprendimi, ma lui non ha detto nulla, anche se è nell’altra giuria e non deve “giudicare” il bel film di Anna Negri.
Tarantino è veramente come lo vedi. Un icona pop vivente.
In questi giorni di festival mi sono visto un sacco di documentari. Sì perché quella dei documentari sembra essere la nota dominante del festival (o almeno del mio festival; trai tanti film è difficile muoversi).
Non potevo mancare alla visione di
Gonzo: The Life and Work of Dr. Hunter S. Thompson, di Alex Gibney. Personaggio a tutto tondo Hunter S. Thompson, esperto di droghe e armi, pazzo come un cavallo e come il quadrupede capace di macinare strada senza fermarsi mai; il padre del
gonzo journalism è l’uomo ideale per un documentario avvincente. Grande amico di Johnny Deep (c’è il suo zampino in tutto il film), pezzo meno riconciliato della controcultura a stelle e strisce, Hunter S. Thompson sembra un personaggio inventato. Difficile capire dove finisce l’arte e comincia la vita (anche viceversa).
Sempre a proposito di controcultura Usa (anzi, controcultura punto e basta), segnalo
Patti Smith, Dream of Life di Steven Sebring, noto fotografo al debutto cinematografico. Il film è un misto ben congegnato di immagini di repertorio, sogni, testimonianze. Nonostante abbia gli elementi classici del doc su personaggi noti (magari di quelli in campo musicale) sembra avere un qualcosa in più: forse, quel qualcosa in più, è solo la sacerdotessa del rock (accidenti, mi sono perso il suo concerto, non me lo perdonerò mai …).
Quotazioni in crescita per
Riprendimi. L’Alligatore continua a fare il tifo per Anna Negri, non perché italiana ma perché la precarietà ha preso tutti noi, ed è bello vedere in un film anche degli artisti precari (di solito si pensa che la gente di cinema sia ricca); la precarietà è dei giornalisti, come dei musicanti, degli attori come dei telefonisti del call center …
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