Siamo nell’anno di grazia 1968 (si sente), maggio. Le operaie inglesi della Ford sono pagate meno dei loro colleghi maschi, lavorano in un fabbricato fatiscente in condizioni impossibili, con un caldo pazzesco (rimangono spesso in reggipetto e mutandine, ma non è per fare bunga-bunga).
I boss sindacali, tutti maschi, non le difendono, cercando sempre compromessi al ribasso. Loro capiscono il gioco, non ci stanno e iniziano uno sciopero ad oltranza, che metterà in ginocchio la Ford interrompendo tutti i settori della produzione (senza le cuciture dei sedili è difficile fare auto). Scatta il ricatto occupazionale, con le pressioni psicologiche dei maschi e quelle, in alto, dei capi della fabbrica (arrivano a minacciare di trasferire la produzione). Ma le donne tengono duro, riuscendo ad ottenere la parità salariale, grazie anche ad un accordo con il Ministro del lavoro dell’allora governo laburista di Harold Wilson, Barbara Castle (la rossa, non solo di capelli).
Il film è molto appassionante. Mostra la vera essenza del Sessantotto, cioè felice spontaneismo, rottura di un sistema vecchio, liberazione della donna, (favorita pure da un interclassismo, ben mostrato dalla pellicola), liberazione sessuale (che non è, semplicemente, andare a letto con chi mi pare), libertà e (è) partecipazione. Protagonista di We Want Sex è in particolare Sally Hawkins, mingherlina ma combattiva leader delle lavoratrici (era la protagonista anche di La felicità porta fortuna, uno dei migliori film del decennio scorso, di Mike Leigh), anche se si può definirlo un film corale, con dei bei caratteri a colorare un’epoca.
Cole dimostra un equilibrio ed una bravura rara a non cadere nel semplice vintage (colonna sonora non eccessivamente connotata), con rimandi al passato (il dramma della guerra) e luci sul futuro (occhio ai titoli di coda, con le vere protagoniste della lotta). Regista anche di L’erba di Grace e Calendar Girls, qui è al suo miglior film.
Impossibile non pensare alle analogie con lo sciopero della Fiom, alla quale dedico questa recensione. I protagonisti, sesso a parte, sono identici a quelli di oggi. Le contraddizioni capitale/lavoro si ripetono. Corsi e ricorsi storici, si dice. E chi s’inventa che la Storia è finita, dice cazzate in malafede…
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