Una serata da dimenticare per Michael Stipe e compagnia cantante in Arena, a Verona, quella di ieri sera. Decisamente pessima per l’acustica, il coinvolgimento del pubblico, la forza e il sentimento.
Si presentano sul palco con mezz’oretta di ritardo accademico, dopo l’apertura più che buona di The Editors, giovani inglesi da tenere d’occhio e il dandy postmoderno di Athens invita quasi subito il pubblico (che non aspettava altro) ad alzarsi in piedi. Davanti a me un muro. Non vedo un cazzo. Mi alzo pure io per un paio d’interpretazioni dal loro freddo ultimo cd, ma poi mi siedo solo per ascoltare. L’acustica è pessima, da teatrino di provincia (meglio che i signori che dirigono la baracca cerchino di sistemarla, credo non dovrebbero mancare i soldi, visti i prezzi praticati). Vedo dei giovani sculettanti e sento della pessima musica. Se andavo al night mi divertivo di più spendendo di meno…
Sono noto per tenermi tutto dentro, avere molta pazienza ed essere uno pacifico, ma quando sbotto, sbotto di brutto; decido così di far abbassare il ragazzino di fronte a me dopo un po’, toccandolo sulla schiena con un dito e dicendoli chiaro e tondo che “non vedo un cazzo, siediti, per favor”. Balbetta che tre quarti dell’Arena è in piedi (grazie Stipe), ma si siede, vista e considerata la mia bruttissima faccia, quella di un amico accanto e il clima da “non è un paese per vecchi” che si respira in Italia (ripeto, sono pacifico, non farei del male ad una mosca, ma un po’ di rispetto per chi ti siede dietro ci vuole, anche ad uno sbragato concerto rock). Lo spettacolo continua fiacco, col ragazzino che ogni tanto si volta, timoroso di qualche gesto inconsulto dalle sue spalle (ma chi, io?). Poi i REM tirano fuori una sfilza di classici, e tra questi molti dal grandissimo Automatic For The People (l’ho consumato quel vinile a forza di ascoltarlo, non ci credete?), ma la musica cambia di poco. Anzi, sia alza di poco e il pubblico con lei (e pure il ragazzino, invitato dalla sua ragazzina, prende forza e ricomincia a sculettare). Perfetto. Mi alzo pure io, dopo aver constatato che quelli dietro a me sono in piedi, e mi godo la fine del concerto. Stipe gigioneggia, si avvicina al pubblico, ammicca da bravo attore, butta fuori dei discreti numeri uno. Scende pure tra il pubblico, che lo tocca tutto contento. Mike Mills gironzola con consueta simpatia, ma non emoziona più di tanto. Il migliore è l’inossidabile Peter Buck, fermo, impassibile, lui e la sua chitarra una cosa sola.
I REM chiudono con Man On The Moon, apprezzabile come sempre. Intanto in lontananza si vedono dei lampi, la luna si è abilmente nascosta dietro le nubi e Michael ricorda il suo meritorio sostegno ad Amnesty.
Questa volta mi avete deluso REM, ma rimango ancora dalla vostra parte. Spero sia stata solo una nota stonata, ho contato fino a mille prima di buttare giù il pezzo …
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