Questo mese, come da tradizione, è velocissimo. Forse perchè le ferie sono divertenti, e quando ci si diverte il tempo vola. Questo mio dicembre è stato divertente, anche perchè ho visto un bel po' di film di Luca Guadagnino, è ho capito che per il cinema italiano non tutto è perduto. Guadagnino è un grande, capace di saltare senza problemi dal cinema di finzione al documentario fino all'opera lirica (in questi giorni mette in scena nella mia città il Falstaff di Verdi, e se avessi avuto tempo e soldi sarei andato a vedere pure quello). Il 7 dicembre è stato omaggiato in un cinema dove vado spesso, con due film, Melissa P. del 2005, e Io sono l'amore del 2009 e io avevo un biglietto omaggio (un sentito grazie alla cassiera del cinema).

Conoscevo di fama il libro di Melissa Panarello, e avevo già visto in televisione questa trasposizione, facendo allora zapping in quanto mi sembrava banale e noiosa. Al cine è stata invece una visone diversa. Il film ha preso spessore, mi è sembrato un modo molto delicato e buono di trattare l'argomento, che, come saprete, è quello della scoperta del sesso da parte di una ragazza e del suo scontrarsi con gli adulti. Un film buono, devo dire, un ritratto centrato dei giovani d'oggi, del parlare con cognizione di causa di Internet, delle chat e di un nuovo mondo vecchio. Una film buono anche grazie ad un bel cast a partire dalla protagonista spagnola Marìa Valverde, a Gerarldine Chaplin nella parte della nonna anticonformista (è lei quella dei cento colpi di spazzola prima di andare a dormire, del sottotitolo del libro), e di giovani promettenti attori in ruoli minori (Elio Germano, Alba Rohrwacher, Claudio Santamaria).

Grandissimo cast anche nell'altro film visto di seguito, Io sono l'amore, per me, lo dico subito, un capolavoro da vedere assolutamente. Lo sarebbe anche se fosse un film muto, grazie alla bellezza della Milano ripresa dal regista siciliano: l'apertura sotto la neve è uno dei migliori inizi della storia del cinema, al pari di Manhattan e Uccellacci e uccellini; ma non solo, anche la Milano d'estate, certi suoi scorci mai visti, oppure la campagna ligure dove si incontrano i due amanti motore del film. Mi è sembrato di vedere le immagini raccontare una storia, come dovrebbe succede sempre.
L'ambiente di Io sono l'amore è quello di una ricca famiglia di industriali del tessile, raccontata nei suoi rapporti di amicizia e di sesso. In particolare le donne della famiglia sono le più vive, a partire dalla moglie del rampollo designato, un russa apparentemente fredda (è Tilda Swinton), che si rivelerà per nulla fredda nei rapporti carnalissimi con il giovane cuoco (Edoardo Gabriellini) amico del figlio. I suoi incontri d'amore nella campagna vicino alla vecchia casa destinata a diventare un ristorante di grido della famiglia, sono da cineteca, un vero idillio nei campi, e Guadagnino mostra una rara capacità nel riprendere scene di sesso (poco italiana, direi). Ma è meravigliosa anche la seduzione precedente a questo, nata dai piatti speciali preparati dal giovane cuoco. L'altra donna viva è la sempre ottima Alba Rohrhwacher, qui nel ruolo della figlia del rampollo, scopertasi lesbica e ribelle (sarà l'unica a piangere l'allontanamento della madre, ma non aggiungo altro per non rovinarvi la visione). Il rampollo è interpretato forse dal nostro più grande attore teatrale vivente, sicuramente il più sperimentale e sconvolgente, Pippo Delbono. Viene designato a capo dell'azienda la notte della nevicata dal padre ormai alla fine (Gabriele Ferzetti); la porterà in borsa per poi venderla a degli arabi che la smembreranno. Nessun rispetto per il lavoro e i lavoratori (a parte un debole tentativo di uno dei figli, memore della passione del nonno, non un santo, ma uno che credeva nel lavoro). Colpo di scena finale che non racconterò, con un crescendo drammatico mirabilmente creato quasi solo con le immagini. Insomma, un film stilisticamente e ideologicamente impeccabile, paragonato da alcuni a Pasolini e Visconti, per me assomiglia solo ad un grande: Luca Guadagnino. Il film è del 2009 e mostra perfettamente la crisi, la decadenza morale e fisica, nonché economica, del capitalismo europeo, quasi come fosse la nobiltà del '700.

Mi sono spellato le mani ad applaudire Guadagnino presente in sala. Ha parlato brevemente della sua attività attuale, di regista dell'opera Flastaff, cosa inedita per lui. Poi ha presentato un film di un cineasta a lui caro, Jonathan Demme, in passato da Guadagnino analizzato in alcuni articoli. Il film previsto era Qualcosa di travolgente, che quando uscì nel 1986, ha raccontato, non riuscì a vedere perchè troppo poco in cartellone nella sua Palermo (come nella mia Verona). Uno dei migliori film di Demme per me, prima del successo planetario de Il silenzio degli innocenti (un cult per Guadagnino, meno per il sottoscritto). Colpo di scena della serata: il film previsto, probabilmente causa uno scambio di pizze, non c'è. Al suo posto un vecchio film in bianco e nero. Non chiedetemi il titolo, perchè me ne sono andato alla ricerca di un bar per bere dell'acqua (avevo in corpo dal pomeriggio solo una birra e un caffè, ma ero sazio di vero cinema ...).
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