mercoledì 5 novembre 2014

Il giovane favoloso

L'ho visto appena è uscito, con Elle, domenica 19 ottobre (arrivati al cinema per un pelo, per pura fortuna: un'altra vettura liberava il posto e io mi ci infilavo dentro; tutto intorno non c'era manco un buco). Non pensavo sarebbe durato in calendario tanto, con molti post di amici blogger, spettatori di ogni età (in particolare giovani) a riempire la buia sala. Non mi sarei mai aspettato un successo così, proprio per la bravura/tensione morale di Martone e dell'attore Elio Germano (omaggiato da me anni fa, leggete qui), da sempre lontani da facili successi di cassetta. E poi un film su Leopardi, un poeta, anzi il poeta più importante d'Italia (e non solo...). Invece, a tre settimane dall'uscita, i cinema si riempiono per Il giovane favoloso ... allora, non tutto è perduto.
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sabato 4 ottobre 2014

Il Pasolini secondo Abel Ferrara


Cazzo, cazzo vaffanculo... figa, figa vaffanculo ... cazzo, cazzo, vaffanculo... figa, figa, vaffanculo. L'ho visto da una settimana, ma mi continua a ribalzare in mente questa canzoncina, questo slogan, questo mantra dal film Pasolini di Abel Ferrara. Si tratta di una scena onirica, forte, la parte più bella di questo film sconclusionato, trash, irricevibile, carnascialesco, da vedere assolutamente proprio per questi motivi.
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giovedì 29 dicembre 2011

Elogio di Luca Guadagnino - prima parte


Questo mese, come da tradizione, è velocissimo. Forse perchè le ferie sono divertenti, e quando ci si diverte il tempo vola. Questo mio dicembre è stato divertente, anche perchè ho visto un bel po' di film di Luca Guadagnino, è ho capito che per il cinema italiano non tutto è perduto. Guadagnino è un grande, capace di saltare senza problemi dal cinema di finzione al documentario fino all'opera lirica (in questi giorni mette in scena nella mia città il Falstaff di Verdi, e se avessi avuto tempo e soldi sarei andato a vedere pure quello). Il 7 dicembre è stato omaggiato in un cinema dove vado spesso, con due film, Melissa P. del 2005, e Io sono l'amore del 2009 e io avevo un biglietto omaggio (un sentito grazie alla cassiera del cinema).
Conoscevo di fama il libro di Melissa Panarello, e avevo già visto in televisione questa trasposizione, facendo allora zapping in quanto mi sembrava banale e noiosa. Al cine è stata invece una visone diversa. Il film ha preso spessore, mi è sembrato un modo molto delicato e buono di trattare l'argomento, che, come saprete, è quello della scoperta del sesso da parte di una ragazza e del suo scontrarsi con gli adulti. Un film buono, devo dire, un ritratto centrato dei giovani d'oggi, del parlare con cognizione di causa di Internet, delle chat e di un nuovo mondo vecchio. Una film buono anche grazie ad un bel cast a partire dalla protagonista spagnola Marìa Valverde, a Gerarldine Chaplin nella parte della nonna anticonformista (è lei quella dei cento colpi di spazzola prima di andare a dormire, del sottotitolo del libro), e di giovani promettenti attori in ruoli minori (Elio Germano, Alba Rohrwacher, Claudio Santamaria).
Grandissimo cast anche nell'altro film visto di seguito, Io sono l'amore, per me, lo dico subito, un capolavoro da vedere assolutamente. Lo sarebbe anche se fosse un film muto, grazie alla bellezza della Milano ripresa dal regista siciliano: l'apertura sotto la neve è uno dei migliori inizi della storia del cinema, al pari di Manhattan e Uccellacci e uccellini; ma non solo, anche la Milano d'estate, certi suoi scorci mai visti, oppure la campagna ligure dove si incontrano i due amanti motore del film. Mi è sembrato di vedere le immagini raccontare una storia, come dovrebbe succede sempre. 
L'ambiente di Io sono l'amore è quello di una ricca famiglia di industriali del tessile, raccontata nei suoi rapporti di amicizia e di sesso. In particolare le donne della famiglia sono le più vive, a partire dalla moglie del rampollo designato, un russa apparentemente fredda (è Tilda Swinton), che si rivelerà per nulla fredda nei rapporti carnalissimi con il giovane cuoco (Edoardo Gabriellini) amico del figlio. I suoi incontri d'amore nella campagna vicino alla vecchia casa destinata a diventare un ristorante di grido della famiglia, sono da cineteca, un vero idillio nei campi, e Guadagnino mostra una rara capacità nel riprendere scene di sesso (poco italiana, direi). Ma è meravigliosa anche la seduzione precedente a questo, nata dai piatti speciali preparati dal giovane cuoco. L'altra donna viva è la sempre ottima Alba Rohrhwacher, qui nel ruolo della figlia del rampollo, scopertasi lesbica e ribelle (sarà l'unica a piangere l'allontanamento della madre, ma non aggiungo altro per non rovinarvi la visione). Il rampollo è interpretato forse dal nostro più grande attore teatrale vivente, sicuramente il più sperimentale e sconvolgente, Pippo Delbono. Viene designato a capo dell'azienda la notte della nevicata dal padre ormai alla fine (Gabriele Ferzetti); la porterà in borsa per poi venderla a degli arabi che la smembreranno. Nessun rispetto per il lavoro e i lavoratori (a parte un debole tentativo di uno dei figli, memore della passione del nonno, non un santo, ma uno che credeva nel lavoro).  Colpo di scena finale che non racconterò, con un crescendo drammatico mirabilmente creato quasi solo con le immagini. Insomma, un film stilisticamente e ideologicamente impeccabile, paragonato da alcuni a Pasolini e Visconti, per me assomiglia solo ad un grande: Luca Guadagnino. Il film è del 2009 e mostra perfettamente la crisi, la decadenza morale e fisica, nonché economica, del capitalismo europeo, quasi come fosse la nobiltà del '700.
Mi sono spellato le mani ad applaudire Guadagnino presente in sala. Ha parlato brevemente della sua attività attuale, di regista dell'opera Flastaff, cosa inedita per lui. Poi ha presentato un film di un cineasta a lui caro, Jonathan Demme, in passato da Guadagnino analizzato in alcuni articoli. Il film previsto era Qualcosa di travolgente, che quando uscì nel 1986, ha raccontato, non riuscì a vedere perchè troppo poco in cartellone nella sua Palermo (come nella mia Verona). Uno dei migliori film di Demme per me, prima del successo planetario de Il silenzio degli innocenti (un cult per Guadagnino, meno per il sottoscritto). Colpo di scena della serata: il film previsto, probabilmente causa uno scambio di pizze, non c'è. Al suo posto un vecchio film in bianco e nero. Non chiedetemi il titolo, perchè me ne sono andato alla ricerca di un bar per bere dell'acqua (avevo in corpo dal pomeriggio solo una birra e un caffè, ma ero sazio di vero cinema ...).

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venerdì 1 aprile 2011

Cinema: La fine è il mio inizio

Ho voluto vedere subito questo film per diversi motivi. Sono un pacifista integrale, lo sapete, anche perché circa dieci anni fa ho incontrato Terzani mentre leggeva le sue Lettere contro la guerra. La pellicola, uscita oggi, ritrae il Terzani degli ultimi giorni di vita, quando chiamò accanto il figlio Folco per scrivere insieme a lui l’ultimo libro, La fine è il mio inizio.
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martedì 27 luglio 2010

Leggere in ricordo di Terzani

Per vedere alcune delle piazze dove si potrà partecipare cliccare qui!!
Tra i miei video preferiti nel mio canale YouTube ALLYDIEGO ho aggiunto il trailer (per ora in tedesco) de La fine è il mio inizio, con Bruno Ganz ed Elio Germano, in autunno in Italia.

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mercoledì 26 maggio 2010

Intervista a Dino Fumaretto

L’intervista di questa sera è con Dino Fumaretto, ma potrebbe intervenire a suo nome Elia Billoni, visto che il surreale cantautore mantovano ha nominato Elia quale suo unico e fedele interprete almeno dal 2005. Oppure interverranno entrambi, o solo Dino Fumaretto…confusione. E chi è il musicante ritratto nella foto? Dino o Elia? O Nanni Moretti da giovane?... o Elio Germano? Partire con delle domande nella presentazione vuol dire fare la presentazione nelle domande? Non sarà facile, me la sento.
Di sicuro è che La vita è breve e spesso rimane sotto è firmato da Dino Fumaretto (anche se, leggo nel libretto interno, voce, pianoforte, tastiere e armonica a bocca sono di Elia Billoni), la label è La Famosa Etichetta Trovarobato e il disco, uscito da pochi mesi è stato registrato da Andrea Rovacchi al Bunker Studio di Rubiera (dove è passato Enrico Gabrielli che ha prestato per un intero pomeriggio le sue orecchie). Insomma, come si capisce, a dominare è il surreale, come nelle canzoni di Dino/Elia… Jekyll/Hyde? Bruneri/Canella? Siamo ancora nel Novecento? Aiuto, ci siete? Uno, due, tre …
VAI AL SUO MYSPACE http://www.myspace.com/dinofumaretto
VAI AL SUO SITO http://www.dinofumaretto.com/

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giovedì 25 dicembre 2008

Come dio comanda, il cinetorrone di Salvatores

Ha detto bene Vergassola nella trasmissione della Dandini, dove la scorsa settimana era ospite proprio Gabriele Salvatores: Come dio comanda è un cinetorrone, di quelli belli duri. Ti colpisce, ti stende come certe canzoni di de Andrè. E proprio al cantautore genovese il regista milanese ha fatto riferimento riguardo ai personaggi del film (quasi tutti uomini), personaggi con molte sfaccettature, fondamentalmente negativi, neri.
Inevitabilmente anche il film si rivela dalle molte sfaccettature, tanto che quando esci dalla sala cinematografica non sai dire se ti è piaciuto fino in fondo. Veramente, sono combattuto: è il miglior film di Salvatores o il suo peggiore? La realtà rappresentata è troppo carica di luoghi comuni oppure no? Il profondo nord-est (vero protagonista della pellicola, anche se, giustamente, il cineasta ha detto che ormai è tutta l’Italia così) con le villette, i centri commerciali, un benessere diffuso, ma con delle sacche di povertà e disagio che possono sfociare in tragedia, è troppo sociologico? Lo stesso dicasi per le studentesse disinibite, con iPod sempre in funzione, diligenti a scuola, pornodive in privato …
E gli attori? Il mio giovin attore italico preferito, Elio Germano, non calca troppo la mano nel disegnare Quattro Formaggi, ex operaio diventato pazzo in seguito ad un incidente sul lavoro?
Lavoro che non c’è più, se non per gli stranieri, perché i padroni attuali possono sfruttare e ricattare come credono la manodopera dell’est o del sud del mondo … Potrei continuare all’infinito perché Come dio comanda è un film pensante (e fa pensare); però è anche girato da dio, costruito bene nella scrittura (Ammaniti è ancora pieno di schegge pulp, speriamo non se ne liberi), montato superbamente, con Filippo Timi dalla recitazione “a togliere” (per compensare quella di Germano?), e il giovanissimo Alvaro Caleca come protagonista che vede e capisce (quasi) tutto. Lui è il personaggio più vero (possibile che nei film ambientati nel mio nord-est, vedi Mazzacurati, solo dai ragazzini non escano caricature, come se gli adulti fossero tutti tagliati con l’accetta? Siamo così?).
Poi c’è Fabio De Luigi, uscito da un cinepanettone (faccio fatica a non ridere quando è in scena, anche se è un serio assistente sociale, ma mi ricordo troppo il grande comico …), Angelica Leo/cappuccetto rosso nel bosco, altro bel giovane volto da segnarsi sull’agendina …
Insomma, dopo una settimana di rimuginamenti mi sembra uno dei migliori film di Salvatores. Un cinetorrone da mangiare. O mi sbaglio?

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domenica 9 novembre 2008

Elogio per Elio Germano

Per me Elio Gemano è il nostro più grande giovane attore. Non ha paura di fare il cattivo, di entrare in personaggi neri come la pece, pieni di rabbia e disgusto, di rischiare facendo scelte coraggiose. Saranno i tempi da “non è un paese per vecchi”, sarà la sua faccia d’angelo, saranno i ruoli del nostro cinema che girano, ma di certo il giovane attore sta inanellando una serie indimenticabile di personaggi contradditori e pestiferi. E poi alla fine anche se il film non è bello, ha delle pecche, si poteva perdere, resta sempre la sua interpretazione. Vedi, ad esempio, Mio fratello è figlio unico, vedi Tutta la vita davanti, due tra i peggiori film dei rispettivi autori, dove però rimane la sua faccia, le sue scenate, la sua forza iconoclasta. Non è il caso di Il passato è una terra straniera, di Daniele Vicari, tratto da un romanzo di Carofiglio. Questo è un film maiuscolo, e oltre alla sua interpretazione resta quella (minore, ovviamente, nessuno riesce a stargli dietro) dell’altro protagonista, Michele Riondino (parente di David?) e un malessere che ti porti fuori dalla sala cinematografica per almeno un paio d’ore. Ma è un malessere positivo, salutare direi, creativo. In questa discesa agli inferi nel gioco d’azzardo, nella droga, nella violenza, si cade in piedi. Non c’è falso moralismo nel raccontare, c’è azione, c’è cinema, c’è vita. Sì, a me è parso un film vivo, tanto che mi pareva di avere gli attori lì a due passi da me. Oltre a Germano e Riondino, resta Chiara Caselli, presenza sofisticata e allo stesso tempo forte del nostro cinema (lei riesce a tenere testa, per un po’, a Germano). Resta una Bari notturna e acida, resta una Barcellona (ancora Barcelona, va forte quest’anno al cine) vitale e godereccia, bella, dove i due italiani portano la tristezza e la bassezza del nostro paese. Resta certo sarcasmo, i soldi facili nascosti nei libri di Marx ed Engles (io li avrei fatti mettere in quelli di Gramsci), la musica di Teho Teardo (lo stesso de Il Divo) mai invadente, restano certi scoppi di rabbia incontrollata di Germano che manco Joe Pesci in Quei bravi ragazzi
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