sabato 20 marzo 2010

CINEMA: L’uomo che verrà

Mi ero dimenticato che il cinema fosse anche una forma d’arte, con L’uomo che verrà l’ho riscoperto (questo basterebbe per consigliarlo a tutti coloro che vogliono riconciliarsi con il cinema e/o con la vita e potrei fermarmi qui; ho un po’ di pudore a parlare di questa pellicola, forse perché ne sono geloso, vorrei tenerla tutta per me).
È recitato in dialetto bolognese con sottotitoli, ma si capisce senza difficoltà, perché parla con le immagini. Non è una frase fatta, chi l’ha visto, come me avrà guardato poco i sottotitoli, anche se quel dialetto non è il suo o è lontanissimo da suo.
È un rigoroso film sui nazisti e la loro sanguinaria occupazione italiana dopo l’otto di settembre, con l’eccidio di Marzabotto in conclusione. Ma allo stesso tempo L’uomo che verrà è un normale film sulla vita (pare strano) di un borgo contadino, con il passare delle stagioni, i suoi riti e miti, la fienagione, la neve, l’uccisione del maiale… sembra un Piavoli con più azione.
È onesto intellettualmente. Ci sono questi nazisti che pretendono tutto, sono violenti e arroganti, anche se (altro merito della pellicola) non sono tagliati con l’accetta, non sono tutti cattivissimi come in quella canzone degli ODP. E pure i partigiani non sono tutti uguali. Sentiamo senza dubbio che il bene è dalla loro parte, ma ci sono differenze e costretti dalla Storia uccidono pure loro.
L’uomo che verrà è il bambino nato qualche giorno prima quella carneficina irrazionale. È uno dei pochi superstiti, salvato dalla sorellina, bambina muta, motore del film. Forse è lei la vera unica protagonista, con quel viso espressivo al massimo, con il suo esserci quasi sempre. Accanto a lei grandi attori, che pur non essendo tutti bolognesi, recitano senza difficoltà in quel dialetto. Su tutti la sempre più brava Maya Sansa, nel ruolo dolente della madre dell’uomo che verrà. E poi Stefano Bicocchi, Vito … me lo ricordavo comico muto assieme ai Gemelli Ruggeri, Patrizio Roversi e Susy Blady, e ora lo ritrovo qui, nel ruolo tristissimo e paradossale di uomo in fuga dalla città per paura delle bombe che capita in uno dei più brutti inferni del ‘900, Marzabotto appunto.
Ma sono tutti meravigliosi gli attori presenti. Dai vecchi ai bambini, dai protagonisti ai comprimari. Delle facce contadine da cinema pasoliniano che ti chiedi dove sia andato a pescarle oggi. E poi il paesaggio, protagonista assoluto. Questi campi di battaglia dove si affrontano i partigiani, fazzoletto rosso al collo, passioni forti, e i nazisti, inquadrati in un meccanismo infernale (mi chiedo, come hanno fatto a ridursi così, con tutti quei grandi pensatori che hanno avuto? …inspiegabile, ma questo vale anche per l’Italia, a pensarci bene e il discorso mi porterebbe fuori…). Altra nota, è la presenza di preti e chiese nell’Emilia laica, da non crederci. Preti coraggiosamente schierati contro i nazisti, preti che finiranno male, anche loro rinchiusi e trucidati in quel cimitero. Lontano da Spike Lee e lontanissimo da Tarantino (gli ultimi due cineasti cimentatesi con un tema così grande), è da vedere assolutamente. È sicuramente il film dell’anno. Ma i blog che di solito fanno classifiche come faranno? Prodotto nel 2009 è uscito ad inizio 2010…un bel problema filosofico.

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lunedì 15 dicembre 2008

CINEMA: 3 film per scansare il cinepanettone e vivere felici

L’ospite inatteso di Thomas McCarthy
Vi verrà voglia d’imparare a suonare il tamburo dopo aver visto il film e vi chiederete cosa è successo alla nostra società dal 2001 in poi.
Uno spento professore universitario da alcuni anni vedovo, si reca ad un convegno a New York. Trova il suo appartamento occupato da una bella coppia di immigrati senza permesso di soggiorno, affittato loro da un truffatore. Dopo un attimo di smarrimento decide di dare ai due ospitalità in attesa di una nuova sistemazione. Impara così a suonare il tamburo (lui, che stava imparando a suonare da cani il piano) e sviluppa una bella amicizia. Ma un brutto giorno, uno dei due immigrati cade vittima di un controllo, finendo poi in un centro di permanenza temporanea. Il professore lotta con tutte le forze per ottenere la liberazione dell’amico, conosce la sua bella madre, si scontra con una politica assurda, antiumana.
Il film ha fatto il giro dei festival, è stato lodato e amato. Finalmente è giunto a noi. Non è bello perché è buono, ma per il rigore nell’esecuzione, nei personaggi perfetti (su tutti Richard Jenkins, caratterista conosciuto per i film con i fratelli Coen, qui nella parte della sua vita e Hiam Abbass, attrice che abbiamo visto recentemente e vedremo in molti film d’autore) nell’atmosfera di cinefilia pura tipo le prime pellicole di Scorsese e Coppola, o nei personaggi del Jack Nicholson più indipendente. E poi il fascino beat del Greenwich Village, volete mettere…
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Il giardino di limoni di Eran Riklis
Grande metafora sullo stallo (a dire poco) del problema dei palestinesi cacciati dalle loro terre, abbandonati dalla comunità internazionale, non aiutati dai vicini arabi, con dei politici neanche lontanamente somiglianti al leader Arafat, che tra errori umani aveva portato loro un po’ di speranza. C’è tutto questo e altro ancora nella kafkiana vicenda della povera donna (ancora interpretata da Hiam Abbass), costretta ad estirpare la sua piccola piantagione di limoni perché il suo nuovo vicino di casa è il ministro della difesa israeliano. Poi c’è l’assurdità di un muro in costruzione (la scena finale, che non racconto, è da antologia della Storia del cinema, ed è lì la grande metafora), la solidarietà tra donne, la burocrazia di uno stato militare, i pregiudizi, la mancanza d’amore della nostra società, il sesso e la politica … Non è un film carino, educato (come potrebbe, visto l’argomento?), ma forte e deciso. Un film come lo girerebbe Buñuel se fosse vivo oggi in Palestina…
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La felicità porta fortuna di Mike Leigh
Non ci resta altra via che il disordine, cantavano i Soon alcuni anni fa. Sembra pensarla così la dolce ed estroversa maestra trentenne interpretata da Sally Hawkins (premiata a Berlino 2008), libera e gioconda come un personaggio del Free Cinema inglese. Affronta e supera le difficoltà della vita ridendo come una pazza: dal furto della sua bici, al rapporto difficile con l’insegnate di guida frustrato e paranoico, dai problemi con i bambini ai quali insegna al fisioterapista che l’aggiusta. Si diverte con le amiche e con la collega con la quale divide l’appartamento, frequenta un corso di flamenco, inizia una bella storia con l’assistente sociale della scuola, cerca di capire un barbone incontrato di notte, ride della sorella tutta perfettina, con il maritino e il figlio in arrivo …tutti episodi di una vita che scorrono senza sosta, senza farsi ingabbiare nel film. Questa è la forza della commedia scoppiettante diretta da un maestro come Mike Leigh, che guarda ai maestri Lindsay Anderson, Karel Reisz, Tony Richardson … Liberatorio.
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