venerdì 4 marzo 2016

Letti a Berlino: La melodia dei perdenti

Simone Pagiotti
La melodia dei perdenti
Ass. Culturale Il Foglio
L'ho letto quasi tutto in treno, dall'Italia verso Berlino, dove l'ho finito; è stato un bene, La melodia dei perdenti è un libro da leggere tutto d'un fiato, si lascia leggere veramente così. Vorresti sapere come va finire questa storia di un trentenne senza aspirazioni e ideali, lasciato dalla sua ragazza alle soglie del matrimonio (dovevano decidere solo la data). Il giovane sprofonda in una depressione che lo porta a farsi prima licenziare, per poi vagare in un grande nulla fatto di bevute, prostitute, liti, allontanandosi sempre più dalla sua città, Perugia. Una città che odia. Questo è il lato più affascinante, ma anche, alla lunga, il più noioso, questo odio punk verso tutto e tutti, senza avere uno straccio di alternativa è pesante.
La sua ex non si è comportata bene con lui (l'ha lasciato senza un motivo, rifiuta ogni risposta, ogni richiesta di chiarimento, cerca solo avventure, salvo poi ... ), ma lui stesso, vista la passività e "comodità", non è esente da colpe. Senza contare che pure lui si comporta male con altri: la grassa barista con la quale instaura un qualche rapporto (ma solo quando ha bisogno, solo di carattere mangereccio e sessuale, poi la snobba), il figlio del suo ex datore di lavoro (l'unico suo vero amico, contro il quale vomita tutto il giusto disgusto per gli anni di lavoro, "giusto" sì, ma lui, sempre vicino, non era il giusto interlocutore). Questo odio per la città lo porta verso la campagna, la campagna umbra dove vivono i nonni. Lì ricomincia a vivere facendo il contadino, ritrovando quella verità, anzi, genuinità del rapporto con la terra, ritrovando forse l'amore, per la badante dei nonni (però ad un certo punto parte per il Perù, al capezzale del padre malato ... forse tornerà in primavera), trovando la durezza dell'inverno, con le sue perdite dolorose.
La melodia dei perdenti (il titolo è ispirato da un motivetto imparato dal nonno, uomo tutto d'un pezzo, brusco e attaccato alla terra), è un esordio simpatico e di buona lettura. Ha però dei limiti, quale il fatto siano passati alcuni anni dalla sua scrittura (mamme e nonne così, danno l'impressione essere di qualche anno fa: 5/10 anni?), l'eccessivo odio contro tutto e tutti è troppo marcato, e alla fine stroppia. Buona invece la costruzione di questo personaggio senza qualità, il narrare le sue bevute e avventure sessuali, il cercare di smascherare le dinamiche borghesi attraverso i suoi fallimenti. In copertina c'è un uomo lontano dalla città, si vede anche un gatto. Si tratta di Gastone, il gatto trovato in campagna, con il quale instaura un bel rapporto, il migliore del romanzo. Da leggere.

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