Simone Pagiotti
La melodia dei perdenti
Ass. Culturale Il Foglio
L'ho letto quasi tutto in treno, dall'Italia verso Berlino, dove
l'ho finito; è stato un bene, La melodia dei perdenti è un
libro da leggere tutto d'un fiato, si lascia leggere veramente così.
Vorresti sapere come va finire questa storia di un trentenne senza
aspirazioni e ideali, lasciato dalla sua ragazza alle soglie del
matrimonio (dovevano decidere solo la data). Il giovane sprofonda in
una depressione che lo porta a farsi prima licenziare, per poi
vagare in un grande nulla fatto di bevute, prostitute, liti,
allontanandosi sempre più dalla sua città, Perugia. Una città che
odia. Questo è il lato più affascinante, ma anche, alla lunga, il
più noioso, questo odio punk verso tutto e tutti, senza avere uno
straccio di alternativa è pesante.
La sua ex non si è comportata bene con lui
(l'ha lasciato senza un motivo, rifiuta ogni risposta, ogni
richiesta di chiarimento, cerca solo avventure, salvo poi ... ), ma
lui stesso, vista la passività e "comodità", non è esente da colpe.
Senza contare che pure lui si comporta male con altri: la grassa
barista con la quale instaura un qualche rapporto (ma solo quando ha
bisogno, solo di carattere mangereccio e sessuale, poi la snobba),
il figlio del suo ex datore di lavoro (l'unico suo vero amico,
contro il quale vomita tutto il giusto disgusto per gli anni di
lavoro, "giusto" sì, ma lui, sempre vicino, non era il giusto interlocutore).
Questo odio per la città lo porta verso la campagna, la campagna
umbra dove vivono i nonni. Lì ricomincia a vivere facendo il
contadino, ritrovando quella verità, anzi, genuinità del rapporto
con la terra, ritrovando forse l'amore, per la badante dei nonni
(però ad un certo punto parte per il Perù, al capezzale del padre
malato ... forse tornerà in primavera), trovando la durezza
dell'inverno, con le sue perdite dolorose.
La melodia dei perdenti
(il titolo è ispirato da un motivetto imparato dal nonno, uomo tutto
d'un pezzo, brusco e attaccato alla terra), è un esordio simpatico e di buona
lettura. Ha però dei limiti, quale il fatto siano passati alcuni
anni dalla sua scrittura (mamme e nonne così, danno l'impressione
essere di qualche anno fa: 5/10 anni?), l'eccessivo odio contro
tutto e tutti è troppo marcato, e alla fine stroppia. Buona invece
la costruzione di questo personaggio senza qualità, il narrare le
sue bevute e avventure sessuali, il cercare di smascherare le
dinamiche borghesi attraverso i suoi fallimenti. In copertina c'è un
uomo lontano dalla città, si vede anche un gatto. Si tratta di
Gastone, il gatto trovato in campagna, con il quale instaura un bel
rapporto, il migliore del romanzo. Da leggere.
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