giovedì 16 maggio 2024

In palude con Massimiliano Larocca

NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO

GENERE   dark crooner folk

DOVE ASCOLTARLO sul giradischi J  qui per assaggiarlo

LABEL  Santeria Records / La Chute dischi

PARTICOLARITA’   crepuscolare, twilight zone

INSTAGRAM FB  

CITTA’  Firenze

DATA DI USCITA   20 ottobre 2023

 

L’INTERVISTA

Come è nato Dàimōn?

E’ un disco che rinnova e prosegue la collaborazione con Hugo Race. Nella nostra testa è il secondo capitolo di una trilogia che si andrà a completare presumibilmente tra 2 o 3 anni, tanto mi ci vuole abitualemente per scrivere un disco e concepire con lui un’idea di produzione.

Abbiamo rimesso quindi in moto la nostra macchina produttiva, che significa soprattutto Romagna per quanto mi riguarda oramai da una decina di anni. Coinvolgendo quindi tutta quella “scena” che comprende Antonio Gramentieri, Roberto Villa, Diego Sapignoli, Franco Naddei, Giacomo Toni….

E registrando totalmente in analogico allo studio “L’Amor Mio Non Muore” di Forlì

Come mai questo titolo? … che vuol dire?

Il concetto di “Daimon” attraversa Mitologia e Filosofia (con Socrate e Platone) e arriva fino alla psicanalisi di James Hillman che ne “Il Codice dell’Anima” ha fatto uno studio molto stimolante in proposito.

Nello specifico, il riferimento è al Mito di Er così come ci viene raccontato da Platone ne “La Repubblica”: il daimon è il “demone custode” che custodisce e incarna l’immagine e il destino scelti dalla nostra anima.

Il disco non “racconta” ovviamente questo, ma lo sceglie come filone narrativo: quello del percorso di vita “a ritroso”, alla ricerca di questa immagine “iniziale”, e soprattutto del rapporto con l’”invisibile” che è dentro e fuori di noi – amore, morte, Bene, Male, Dio e Diavolo.

Come è stata la genesi di questo disco, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?

La genesi è stata in prima istanza narrativa, con l’idea di dare un seguito concettuale al disco precedente, “Exit / Enfer”. Che era un disco molto scuro, notturno, con pochissima luce che idealmente rappresentava una discesa nell’Ade come primo capitolo della trilogia. Sapevamo quindi che per “Daimon” le scelte produttive avrebbero dovuto essere diverse, sia nei suoni che negli arrangiamenti, per restituire i nuovi “luoghi” delle canzoni, questa terra di mezzo scelta per il secondo capitolo.

Ed ecco alcuni elementi nuovi per la mia musica: il respiro delle orchestrazioni e la voce femminile di Federica Ottombrino, che sono direi gli aspetti che caratterizzano maggiormente il disco.

Ecco quindi che le scelte sono state di natura musicale, ma anche narrativa. Perché la musica è anche, o soprattutto, narrazione in sé e per sé.

Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione di Dàimōn?

-Nella memoria è rimasta soprattutto la modalità di registrazione, esperienza antica ma nuova allo stesso tempo – se pensiamo che per un buon 70% il disco è stato inciso dal vivo mentre le bobine giravano, esattamente come si facevano un tempo i (grandi) dischi.

Un approccio che ti porta naturalmente a valorizzare in egual misura i “pieni” e i “vuoti” della musica a cercare la take con la “narrazione” migliore piuttosto che la performance perfetta.

Se Dàimōn fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?

Non so dirti se è strettamente un “concept” album nel senso di “Quadrophenia” o “S.F.Sorrow”, probabilmente no.

Ma è certamente un disco che lega una narrativa ad un “concetto” come ti dicevo prima. Estendendo: nel raccontare il rapporto col nostro daimon, si racconta il rapporto con l’invisibile. Tutto questo nella società dell’algoritmo, nel mondo “binario” che ci sotringe ad essere costantemente visibili e sondati per scopi di potere economico e commerciale.

E’ una società che ha rimosso il “terzo elemento”, il risultato di tesi/antitesi, ed è proprio questo elemento rimosso ed invisibile che questo disco vuole raccontare.

C’è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del quale vai più fiero dell’intero disco? … quello più da live?

“Non saremo più gli stessi”, che è stato anche il primo singolo di lancio, è un soul battistiano che dal vivo ha davvero un grande impatto anche grazie alla voce di Federica Ottombrino che sul palco prende ancora più campo rispetto al disco.

Il mio pezzo preferito è però “Giorni di Alcione” sia per la sua natura drake-iana sia perché rappresenta per me un passo di scrittura e di sintesi molto importante: poche immagini acquerellate per raccontare uno stato dell’anima.

La Chute/Santeria Records a produrre. Come mai con loro?

La Chute Dischi è l’etichetta nata dall’associazione musicale fiorentina di cui faccio parte, La Chute, appunto. E’ l’idea di un nuovo “consorzio” di autoproduzioni che possa cooperare sotto tutti gli aspetti di questo impossibile mestiere.

Un progetto che Audioglobe, e la sua etichetta Santeria, ha abbracciato da subito per rafforzare dapprima la nostra scena locale fiorentina/toscana ma con l’idea di estendere la collaborazione anche extra-regione

Copertina molto suggestiva, d’altri tempi…. Come è nata? Chi l’ha pensata così?

Anche per le copertine abbiamo voluto riprendere l’idea della “trilogia” sacra, ed ecco il perché di 3 cover diverse: 1 per il vinile, 2 per il cd.

Le ha realizzate Enrico Pantani facendo riferimento come da nostre chiacchierate tanto all’arte sacra toscana del 4/500 quanto alle icone russe

Tre immagini sacre - la natività, l’angelo, il demone custode – che invitano ad una scelta: scegli la copertina che preferisci, scegli l’immagine che più ti rappresenta, scegli il tuo daimon appunto.

Come presenti dal vivo il disco?

Dal vivo si trasforma ulteriormente, asciughiamo il suono e diamo maggior spazio a Federica Ottombrino che mi affianca e suona molti strumenti.

Assieme a lei Diego Sapignoli e Roberto Villa alla ritmica e Pippo Boni ai synth. E’ un sound credo molto originale, ed un concerto che vive di dinamiche molto particolari dove le due voci e le due presenze frontali (io e Federica) andiamo sia in parallelo che in contrasto.

Venite a vederci (e sentirci) per credere.

Altro da dichiarare…

Fuck streaming! Fuck spotify!

 


 

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mercoledì 8 maggio 2024

Il giardino delle vergini suicide a 25 anni dall'uscita


Non so perché non abbia mai visto prima di questa sera Il giardino delle vergini suicide, credo di avere visto tutti i film di Sofia Coppola, che adoro, tranne questo. Mi piacciono di lei anche i film contestati, tipo Bling Ring o Somewhere, ma questo suo esordio è potentissimo. La storia delle cinque sorelle suicide, perché soffocate da una famiglia borghese tradizionalista americana, è super. Non è tanto la storia, o almeno non solo la storia, magari già sentita in forme diverse in molti film della contestazione, ma è lo stile. Si vede il suo stile, che poi porterà avanti in tutte le opere successive. C'è uno spirito anarchico e una cultura rock ben amalgamanti, da sembrare la stessa cosa. La colonna sonora degli AIR è superba, ti resta dentro come le immagini, le carrellate, i volti delle ragazze bionde, a partire dalla più grande, interpretata da Kirsten Dunst allora diciassettenne, diventata poi grande in altri film indimenticabili della Coppola (Marie Antoinette su tutti). Perfetti nei ruoli di genitori conservatori il grande James Woods e la brava Kathleen Turner. Anche loro volti che restano impressi, come quelli dei ragazzini, inconsapevoli testimoni delle tragedie, ma anche inconsapevoli della vita. Il giardino delle vergini suicide è un film che ti resta dentro, anche dopo alcune ore. Senti ancora la musica, quella musica, le immagini al rallentatore, le festa a scuola. Uno dei migliori esordi della Storia del Cinema accanto a I 400 colpi di Truffaut. Ringrazio la Cineteca di Bologna per il restauro a venticinque anni dall'uscita.
 

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giovedì 2 maggio 2024

da Smemo: Dischi per cominciare bene il 2022


 

Continuo a pubblicare cose apparse sul sito di Smemoranda che oggi non c'è più, purtroppo. Torno al 2022, quando pubblicai quattro recensioni a inizio anno a quattro dischi della scena indipendente, che mi piace ricordare. Uno al disco di Fabiana Martone, che omaggiava Joni Mitchell, un'altra al cantautore impegnato veramente Marco Sonaglia, un'altra ancora al disco del duo al femminile Fede 'N' Marlen, che suoneranno domani a Verona presso Osteria ai Preti (ancora il tour di presentazione del disco da me recensito, qui o qui la rece al concerto del 3.5.2024), e infine al disco di Frank Bramato, musicante tanto geniale quanto indefinibile. In fondo alla rece l'intervista fatta su questo blog poco prima.

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