mercoledì 3 agosto 2011

Borracce magiche

Con la bici quest'anno niente grandi record (sono solo a 1404 km, dal 23 aprile, circa 400 in meno rispetto l'anno scorso). Qualche caduta, già sapete, qualche stop per il freddo e la pioggia, il mal di schiena che è tornato il giorno dopo una seduta dalla fisioterapista (dopo i massaggi, bisognerebbe stare fermi, mi ha detto in seguito, mentre io avevo fatto una ventina di km e pure una lunga nuotata nelle gelide acque del lago). Comunque sono ripartito, altri massaggi, (con qualche scena tipo Soul Kitchen), altri km, altre storie da raccontare...


Ma non vi volevo parlare di questo, volevo parlavi di quelle magiche borracce della foto. Le ho comprate su Internet ad inizio stagione, e non riuscirei a starne senza. Basta bottiglie di plastica (ne ho prese due anche per il lavoro, più piccole e con disegni/scritte psichedelici, ci metto il tè verde). Insomma, bastano piccoli gesti, per ridurre i rifiuti. Io con questo ho eliminato circa trecento bottiglie di plastica all'anno. Fatelo anche voi, vedo troppa plastica ancora in giro.

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domenica 19 settembre 2010

Cercasi massaggiatrice così …

Forse è stato lo stare a nudo per troppo tempo durante questa bella intervista fatta dall’amica Stefania248 sul suo blog (leggi Intervista all'Alligatore), forse la gentilezza ad una collega alla quale si era incastrata una merendina nel maledetto e pesantissimo erogatore di merendine (ci penso io basta scuoterlo …), forse sarà settembre, il più crudele dei mesi, o l’età, o i troppi giri in bici o …è che sono bloccato dal mal di schiena e non potrò andare a Siena a questa cosa meravigliosa: Ciclomundi (http://www.ciclomundi.it/). Se siete liberi andateci per me, io intanto cerco una massaggiatrice brava come quella del filmato che ho messo tra i miei video preferiti nel mio canale YouTube ALLYDIEGO tratto da Soul Kitchen, geniale film della scorsa stagione di Fatih Akin. Ne conoscete una così?

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sabato 3 aprile 2010

CINEMA: Happy Family

È un bel ritorno alla commedia questo Happy Family per Gabriele Salvatores. Un film leggero e spensierato, se volete lo sia, ma in realtà con un’idea forte sulle realtà virtuali da far impallidire il suo Nirvana (e chi vive al pc, come tutti noi, lo potrà ben capire).
Si può parlare senza imbarazzo di metacinema grazie al personaggio di Fabio “Buster Keaton” De Luigi, aspirante scrittore di cinema che davanti al suo pc (o dietro) scrive il film in visione, quello di due famiglie strane, strane quasi come i Tenenbaum di Wes Anderson. Indimenticabile la variopinta colonna sonora di quel film, forse una delle migliori della storia del cinema, mentre Happy Family ha “solo” Simon and Garfunkel, giusto per dare leggerezza e ritmo al film (e ci riesce, la colonna sonora è uno dei punti forti della pellicola).
Metacinema si diceva. Come non dirlo? Senza paura di usare paroloni. Le due famiglie decidono di incontrarsi a cena, perché i loro due figli sedicenni hanno deciso di sposarsi: lui è un dandy secchione (sarebbe un perfetto Tenenbaum, non solo per l’abbigliamento), lei una dark-baby (Tim Burton le ha insegnato come vestirsi). A questa cena invitano pure lo scrittore, entrato in contatto con loro grazie ad un incidente con la bici. Sì, i suoi protagonisti lo invitano a cena, interagiscono con lui, parlano, litigano perché vuole finire la storia in modo insulso, reclamano più battute, si innamorano, vanno ad un concerto… insomma, senza scomodare Pirandello, siamo ad una trovata del miglior Allen (ma, perché non citarlo, anche di un certo Nichetti, cineasta troppo dimenticato).
La cena lunga e complessa serve a spengere l’idea assurda del matrimonio e a delineare i caratteri delle due famiglie: quella alto borghese (Buy/Bentivoglio) con lui avvocato di successo affetto da un cancro maligno e quella proletaria (Signoris/Abatantuono) con lui libero spinellatore che consegna in giro per il mondo navi per ricchi nababbi. Insegnerà a farsi le canne all’avvocato (non se ne era mai fatta una Bentivoglio, ma, con quegli occhietti, è difficile crederlo) e lo porterà in un viaggio in barca a vela verso Panama; un viaggio definitivo, bellissimo, da sogno. Ritorna la coppia Diegone/Bentivoglio per la gioia di molti.
Ma non è finita con i personaggi: c’è la madre dell’avvocato (Corinna Agustoni, debitamente invecchiata) e la giovane figlia della Buy (la giovane emergente Valeria Bilello). La ragazza, pianista molto dotata, vivrà una bella storia d’amore con lo scrittore del suo film. Notevole la scena del concerto, con lei al piano e la città di Milano notturna e in bianco e nero come la Manhattan di Woody Allen, però con molti lavoratori, immigrati, poveracci (mi fa venire in mente Kamikazen, ma non ricordo il perché; dovrò rivedere il secondo film di Salvatores, un cult da riscoprire, da rivedere tutti).
Happy Family è geometricamente perfetto, nel suo chiudersi come un cerchio, con l’inquadratura dell’appartamento dello scrittore incasinato, pieno di libri, oggetti, dischi (solo Simon and Gafunkel… Gabriele, quanta buona musica anche oggi, leggi il mio blog!), cioè tutti gli attrezzi usati per scriverlo (non basta gooooogle), compresa la vicina di casa della quale è segretamente innamorato; chi scrive, più o meno professionalmente, capirà.
Perfetto il timido e impacciato De Luigi, pure nella “deviazione” grottesca dell’incontro con la massaggiatrice orientale (molto richieste oggi nel cinema comico europeo di qualità, come ricordo nello splendido Soul Kitchen). E questo è un vero film di qualità, con un regista con in testa un’idea di cinema e quindi anche di società. Lo senti, senza perdere la leggerezza...

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sabato 20 febbraio 2010

CINEMA: La prima cosa bella/Soul Kitchen

Se avete voglia di canzoni andate al cinema lasciate perdere la tv. In questi primi mesi dell’anno ho visto due film “ispirati” da una canzone meritevoli di una visione. La prima cosa bella di Virzì, per esempio, pellicola adatta a saziare il vostro appetito nazionalpopolare: canzonette pop del passato come quella del titolo, sagre strapaesane, rotocalchi rosa, amanti focosi e/o impacciati davanti a donne innocenti e un po’ puttane.
È il mondo visto dal piccolo Mastandrea (per questo da grande diventa un fallito e triste poeta pulp?), e dalla sorellina/Claudia Pandolfi (per questo da grande diventa una moglie repressa di un vigile logorroico che tradisce con il suo capo?). La madre di questi due, da giovane è Micaela Ramazzotti, ormai specializzata in donne di popolo, rozze e goderecce, ma alla fin fine molto umane. Da anziana è interpretata da Stefania Sandrelli, ormai morente, ma sempre pronta a divertirsi con niente e a ficcarsi nei guai.
Tra presente e passato Virzì racconta questa donna frivola e bella, cacciata dal marito e alla disperata ricerca di un tetto (per questo disponibile con i molti uomini che ne approfittano). Il film ha un buon ritmo, passa agevolmente dall’Italia anni ‘70° a quella di oggi, grazie anche a delle facce giuste e a una colonna sonora spiazzante e diversa dal solito (non i grandi pezzi dei Settanta, ma canzonette da musica leggera, quelle preferite dalla protagonista).
La prima cosa bella si mantiene sul livello della commedia all’italiana classica. Certo, non inventa nulla, ma ricorda quel misto di cinismo e umanità dei Monicelli e dei Risi ai quali si ispira (e omaggia pure direttamente). Come sempre cult Marco Messeri.

Una perfetta commedia europea è invece Soul Kitchen, di Fatih Akin. Qui, per sfortuna, la canzone dei Doors ispiratrice del film non c’è (costi vertiginosi ne hanno impedito l’inserimento, ha detto il cineasta in un’intervista), ma c’è un protagonista che assomiglia al vecchio Jim MorrisonAdam Bousdoukos, autore assieme al regista della sceneggiatura).
Scenario del film è il Soul Kitchen, ristorante che sembra un Centro sociale occupato. È gestito da Zinos, giovane di origine greca perseguitato dalla sfiga: la bionda fidanzata se ne va a fare la giornalista in Cina, il fratello esce dal carcere e sconvolge la sua vita, un nuovo chef con idee innovative sconvolge i suoi clienti e un fottuto mal di schiena lo tormenta.
Si ride dall’inizio alla fine, si ride di pancia, si ride fino alle lacrime. Mi sono sorpreso a ridere sguaiatamente senza inibizioni di fronte alle sventure del protagonista; non mi succedeva da anni al cinema. Memorabile la scena del massaggio con imbarazzante erezione o quella nella sala d’attesa dello strano guaritore da dove provengono urla impressionanti (è capitata pure a me una cosa simile: io però ero quello che urlava).
Giustamente premiato al festival di Venezia con il Premio Speciale della giuria (finalmente si premia il cinema comico) è un cult-movie con la forza trascinante di Blues Brothers. Tra una risata e l’altra ti racconta la nostra Europa multiculturale nell’Amburgo in trasformazione, con speculazione edilizia, tentativi di fottere il fisco (in tutti i sensi), locali notturni di tendenza, giovani musicanti…
Occhio alla massaggiatrice interpretata dall’attrice ungherese Dorka Gryllus (era presente pure nel memorabile Irina Palm): sarà risolutiva. La prossima volta che avrò mal di schiena cercherò lei.
Interessante il Sito Italiano

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