domenica 17 marzo 2013

Promised Land, un film da vedere


È un gioiellino di film, capace di raccontare l’oggi come pochi altri narrando semplicemente i nudi fatti. Mi ha sorpreso molto di non vederlo incensato come si dovrebbe in giro per la blogosfera, e ho trovato le dichiarazioni di Matt Damon a Berlino 2013, dove è stato presentato con successo, immodeste (tra l’altro è un progetto suo, scritto da lui assieme all’attore John Krasinski, anche lui presente nel film, doveva essere l’esordio nella regia del bravo ragazzo americano, ma per troppi impegni ha ceduto il posto all’amico regista). Così è diventato un film di Van Sant, tra i suoi migliori accanto ai “minori”, da me amatissimi Da Morire, Elephant, Paranoid Park
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sabato 3 dicembre 2011

30: Bukowski, i Coen e la pizza


Da: jacopo@30.it

A: lorenzo@30.it

Data invio: lunedì 3 dicembre 2001 18.51

Oggetto: La ragazza della domenica


C’è sempre la luna splendente quando esco con lei. Che strano modo di iniziare un e-mail, dirai. Chissà cosa diranno quelli del grande fratello? Non mi riferisco alla trasmissione televisiva, ma a quei spioni che ci tengono tanto alla mia corrispondenza. Saranno contenti come matti, visto che gli offro tanto materiale di lavoro. O forse saranno incazzati se è un lavoro stupido/noioso come il mio. Lasciamo stare, continuiamo con le note dolci. Sì, caro Lorenzo, ieri sera è stata una bella serata. Il sabato Teresa è sempre impegnatissima, non vuole uscire, mentre la domenica la trovo libera, felice, disponibile. Vorrà dire che la ribattezzeremo La ragazza della domenica, parafrasando un vecchio film di Comencini. Mi raccomando, mantieni il segreto.

Ieri pomeriggio verso le sei sono andato da lei. Poi siamo usciti a mangiare una pizza nella nostra pizzeria (ormai la pizzeria vicino alla casa di Stefania è diventata la nostra pizzeria).

"Io prendo una pizza con le patate, con tanto rosmarino", ha ordinato lei al cameriere.

"Io la prendo margherita", ho detto per evitare di fare sempre le stesse cose.

Ho preso questa anche perché non avevo molta fame. Forse per l’agitazione di uscire nuovamente con lei.

"La fanno buona qua, è una delle pizzerie dove la fanno meglio", ha cominciato a discorrere lei sgranocchiando un grissino.

"Già…Grazie per il libro di Bukowski".

"Di niente. L’hai pagato, no?".

"Sì, ma l’ho pagato meno di quello che avrei dovuto. È un libro raro, quasi introvabile. Di Buk buttano fuori tanti libri ogni anno, ma quelli vecchi non li ristampano. È un peccato".

"Bukowski è uno scrittore che ha molto seguito. Non immaginavo. Da quando me ne hai parlato tu mi sono accorta che è molto letto".

"Si, perché è lo scrittore più attuale che c’è. La nostra società è completamente americanizzata. Lavoretti precari, follie, megasupermercati…".

"… l’Italia è un paese ancora chiuso su molte cose. Si è americanizzata prendendo il peggio dell’America e ha mantenuto il suo di peggio".

"Per esempio?".

"La cultura. Chi tenta di fare qualcosa di culturale è guardato come un pazzo. Se dici che stai scrivendo un libro ti chiedono: ma quanti soldi prendi?".

"E dalle altre parti del mondo è diverso?".

"Si, certo", mi ha detto quasi incazzata. "In Inghilterra se tu dici che stai scrivendo un libro ti chiedono di vederlo. Vogliono leggerlo! Ti fanno i complimenti".

"Anche se il libro non gli piace?", l’ho presa in giro per evitare di cominciare a parlare dei miei racconti; sai che è un argomento tabù.

Per fortuna sono arrivate le pizze. Lei l’ha mangiata più velocemente di me. Aveva una fame.

"Mi daresti il tuo numero di cellulare", mi ha chiesto lei. "Magari ne ho bisogno. Tu come hai fatto ad avere il mio?".

"Ascoltando la tua segreteria telefonica. Il mio è 3…".

"Ho voglia di andare al cinema. Tu che sai tutto, cosa fanno di bello?".

"Io andrei a vedere L’uomo che non c’era dei fratelli Coen".

"Wow! Sì, andiamo a vederlo? Sono veramente grandi i Coen. Non esistono altri così".

Siamo andati a vedere il film subito dopo la pizza. Seconda serata in pizzeria, seconda serata al cinema io e lei. Il film dei Coen è piaciuto ad entrambi. In sintesi: con la solita maestria i Coen ci fanno entrare nella squallida vita di un barbiere impassibile, taciturno, con la voglia repressa di uscire dal suo stato (un grande Billy Bob Thornton). L’ometto ricatta un amico che se la fa con la propria moglie (pensa te che ridicolo). Un bel giorno litiga con il ricattato e per caso lo uccide. La colpa cade sulla moglie del barbiere stesso mentre lui sembra farla franca, ma…ma il barbiere viene alla fine accusato per un delitto commesso da un altro. Sarcastico apologo sulla cecità della giustizia? Decisamente. Ottimo, anche se a volte eccessivamente perfetto. Bianco e nero d’autore.

Teresa ha voluto stare dentro nel cinema fino alla fine dei titoli di coda. Voleva sapere in che zone degli Stati Uniti è stato girato L’uomo che non c’era. Degli scenari inediti di un’America decisamente originale. Altro punto a favore dei Coen. Mi è piaciuto molto starle seduto accanto mentre tutti gli altri lasciavano la sala. È stato l’inizio di qualcosa di importante.

Nella prossima e-mail il seguito della serata.

A presto.

CineJac

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giovedì 27 ottobre 2011

Cinema: cult-movie di oggi




La pelle che abito di Pedro Almodóvar
Uno dei migliori “manifesti” contro la vivisezione, perché ti fa sentire cosa prova l’animale (uomo, in questo caso), ad essere vittima di esperimenti di un barone universitario (il bel tenebroso Banderas), freddo e preciso, animato da vendetta e con il sogno di ri-creare la bella moglie tragicamente scomparsa. Per me, che non mi perdo un Almodóvar dal 1988 (e ho poi recuperato i primi), è uno dei suoi migliori. Un po’ ricorda Légami!, ma non si ride molto, anzi, non si ride. È un almodramma a tinte fosche, imperdibile.
Drive di Nicolas Winding Refn
Non lo volevo vedere. Credevo fosse il solito remake del cinefilo esaltato. Poi ho letto sul blog di Le recensioni di Robydick, Napoleone, Belushi, Keoma questa entusiastica rece Le recensioni di Robydick, Napoleone, Belushi, Keoma: Drive e non ho resistito. Ho fatto bene, perché è un vero e proprio cult-movie, e resterà a lungo nei nostri occhi. Di gran lunga migliore dell’originale. E come i grandi film si presta anche a visioni più ironiche, come quella dell’amico musicante Felix Lalù, leggi qui "Drive (2011)", che lo trasforma in scult.
This Must Be The Place di Paolo Sorrentino
Solo vedendo i manifesti, con Sean Penn truccato come Robert Smith, si può pensare sia un cult-movie. In effetti lo è per la prima parte, quella ambientata in Irlanda, nella villa dove la rockstar Cheyenne si è ritirata. Atmosfera eccentrica, quasi come ne Tanenbaum, una moglie spiritosa di professione pompiere (Frances McDormand al massimo delle forma, vincerà l’Oscar), un’amica dark che tratta come una figlia (è la figlia vera di Bono degli U2), dei giovani musicanti alla ricerca del segreto del successo. Poi muore il papà della rockstar, lui ritorna così nella sua New York, incontra l‘amico David Byrne (una delle migliori "cose" della parte States) e cerca di portare a termine la caccia al nazista iniziata dal padre, ebreo a suo tempo umiliato in un lager. Il film diventa un road-movie, come ne abbiamo già visti. Di culto resta Harry Dean Stanton, nella parte dell’inventore delle valige con le ruote. Sul canale YouTube ALLYDIEGO (cliccateci sopra) un David Byrne d’annata.

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