In palude con Dagger Moth
NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE fatico molto ad autoetichettarmi . . .
Rock elettrico et alternativo [Alligatore]
DOVE ASCOLTARLO su bandcamp
LABEL autoprodotto
PARTICOLARITA’ non è sulle piattaforme streaming come Spotify, ecc… ma solo sui miei canali Bandcamp e Youtube
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CITTA’ Ferrara
DATA DI USCITA 3 ottobre 2022
L’INTERVISTA
Come è nato The Sun Is A Violent Place?
È nato durante il primo lockdown del 2020, mi sono ritrovata con molto tempo libero, tante idee nel cassetto e una certa angoscia da sfogare, un mix perfetto per dar forma a un nuovo lavoro. Appena ho capito che le traversie che ci attendevano sarebbero state lunghe e complesse ho deciso di far di necessità virtù e focalizzare gran parte della mia attenzione su qualcosa di costruttivo…e questo mi ha certamente aiutata a restare un po’ in equilibrio.
Come mai questo titolo? …molto forte.
Nasce dal fascino che esercitano su di me molte tematiche in campo astronomico, in questo caso hanno influito letture e documentari sull'attività solare, tanto violenta quanto vitale.
Mi catturava inoltre l'idea che come titolo potesse offrire suggestioni differenti per poter divagare fra riflessioni e metafore a vari livelli. Spesso le cose che più diamo per scontate ci espongono costantemente al mistero.
Come è stata la genesi di questo disco, dall’idea iniziale alla sua
realizzazione finale?
Quei giorni hanno lasciato segni indelebili sulle vite di tutti e involontariamente li ho documentati. Avevo iniziato lavorando a vecchie bozze, che ho poi spesso stravolto o che son finite per diventare "generatrici" di altri brani (magari salvando solo un riff o una melodia di voce o un effetto). Ho poi deciso di registrare tutto in solitaria, a casa, con pochi mezzi ma molto tempo e curiosità a disposizione. Questo mi ha consentito di fare e disfare più volte, di sperimentare con il suono, di curare i dettagli a livello di produzione. Per una serie di casualità sono poi entrata in contatto con Victor Van Vugt e ho finalizzato il mix a distanza con lui, tra Berlino e Ferrara.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione di The Sun Is A Violent Place?
Onestamente non ricordo episodi particolari legati al lavoro sul disco, a tutt'oggi lo percepisco ancora come un flusso, molto lungo, tortuoso, che si è dipanato per rivoli, sospeso e minuzioso. È stata la mia bolla per teletrasportarmi in un “altrove” e ora spero che possa esserlo per chi ascolta.
Se The Sun Is A Violent Place fosse un
concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?
No no, lascialo pure, l'idea alla base non era quella di fare un concept. Ma sicuramente tutti i brani sono permeati da suggestioni comuni, come ti dicevo prima, soprattutto un senso di sospensione, di attesa, di incertezza e incredulità, fra sorpresa, angoscia e una calma piatta solo apparente. Erano ovviamente gli stati d'animo tipici di quel periodo, almeno per me, e sono finiti declinati in mille suoni.
C’è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del quale vai più fiera dell’intero disco? … quello più da live?
Con la resa live ancora mi sto confrontando, perché ho iniziato da poco a portare in giro i nuovi brani sul palco, e non è un set facile da gestire in solitaria. Forse uno di quelli a cui sono più affezionata è proprio il pezzo di apertura, Church without God, che porta con sé un senso di vuoto, un'identità rubata e un vacillare continuo; inoltre a livello ritmico è arricchito dalla collaborazione del mio talentuoso amico Fabrizio Baioni.
Perché un disco autoprodotto e autofinanziato? ...
Perché è così che ho sempre lavorato e da anni ormai mi sembra l'unico modo per fare quello che voglio come voglio, senza compromessi, ovviamente con tutti i limiti del caso. Non escludo in futuro di cercare un supporto "esterno" a questo mio approccio ma non è facile trovarne un sostegno costruttivo, onesto e davvero utile a lungo termine per progetti di nicchia come questo, che non hanno mire mainstream, né per i numeri e per l’indole. Quindi la soluzione più agile mi è sempre sembrata investirci di mio, tanto comunque la tendenza a impiegare olio di gomito non mi manca.
Copertina molto suggestiva, cinematografica quasi. Come è nata? Chi l’ha pensata così?
L'amico Davide Pedriali, fotografo a cui mi affido da anni. Non amo stare davanti all'obiettivo ma con Davide è diverso, perché c'è confidenza, complicità e il tutto è scandito da grasse risate. Facciamo sul serio ma non ci prendiamo sul serio. Non essendo dotata di grande immaginazione visiva so che posso condividere con lui impressioni e un indirizzo generale, poi dalla sua fantasia non uscirà mai qualcosa di scontato o volgare. Così è stato anche per queste nuove immagini, frutto di un pomeriggio estivo - ma grigio - su una spiaggia dell'Adriatico.
Come presenti dal vivo il disco?
Da dieci anni ormai presento i brani sola sul palco, destreggiandomi fra campioni di elettronica, loop live, chitarre, effetti, voci.. tanti tanti pedali da controllare, tante parti da incastrare. Più che un concerto una prova di multitasking a livello olimpionico :)
Altro da dichiarare…
La gestazione di questo album è stata già di per sé un viaggio, lungo, faticoso ma costellato da mille sorprese. Vediamo a quale nuovo viaggio mi porterà la sua uscita, tra concerti, collaborazioni e deviazioni inaspettate... sono molto curiosa.
Etichette: Alternative Rock, Autocoscienza, Autoproduzione, Berlino, Dagger Moth, Davide Pedriali, Emilia Romagna, Ferrara, In palude con ..., Intervista, Rock, The Sun Is A Violent Place
14 Commenti:
Ecco un altro figlio dei lockdown, questo magico dischetto prodotto in autarchia da una cara amica, Dagger Moth, che ho il piacere di ospitare questa sera in palude per l'ennesima volta (non mi perdo un suo disco dal 2013...).
Un disco che parla di noi, questo The sun is a violent place, con i segni indelebili lasciati da quei giorni incredibili sulla nostra debole psiche. Importante per un'artista errabonda come lei, rielaborali.
Otto pezzi per niente facili, che ti rimbomabano nelle orecchie, come degli echi non tanto lontani dei tempi spiazzanti della pandemia, che ci hanno riscritto dentro. Questo senti dalle pulsioni elettronico-alternative-rock di Dagger Moth.
E allora vai con Church without God, stordente, classico inizio alla Dagger Moth: un cantato che è declamato, una melodia sotto un rumore di suoni, con la coda finale che diventa un mantra voce/chitarra per poi tornare con quei suoni sintetici che sono il vero e proprio suo marchio di fabbrica.
Come del resto il pezzo seguente, Afloat, altro pezzo di contaminazione elettronica più rock, che in cuffia senti spostarsi tatticamente nelle orecchie in modo liquido e si fa sempre più rumoroso, con la sua voce ad addolcire il tutto (ma non troppo).
E che dire di Automatic Dream Glow: esplosioni quasi kraut, a tratti sensuali, a tratti tristi, di certo sognanti come ci suggerisce il titolo... un sogno che ricorda, in certi momenti, Badalmenti. Nel cantato e nella progressione ritmica, nello spezzare il ritmo e ricominciare con una melodia diversa. Più e più volte nel corso dei quasi cinque minuti del pezzo.
E siamo solo ai primi tre pezzi... che dire degli altri.
Da citare tutti, ma in particolare Days to unglue, pezzo che racconta l'attesa di quei giorni, con inquietudine, data da suoni industriali, ma apparentemente tranquilli, con quel suono calmo, quasi monotono della chitarra (rotto dai suoi giochini elettronici, che dovreste vedere quando ci gioca dal vivo... ).
E poi Minefield, ancora un brano di attesa, con un andamento solenne, quasi funereo, anche se come spesso accade (sempre?) con delle aperture incredibili e un finale davvero dilaniante (non ne senso di Bob, proprio dilaniante).
Ma è tutto un disco da ascoltare, un disco con i suoi perché The sun is a violent place, titolo che dice molto, se non tutto.
In primis mi sono innamorato della sua scrittura, i suoi testi sono profondi, diretti, poche parole usate come rasoiate taglienti, parole sussurrate e respirate ma per niente tranquillizzanti ed una voce suadente e quando occorre più glaciale perfetta per le sonorità interessantissime che propone. Un disco raffinato forse direbbero gli "espertoni" io trovo che abbia un'atmosfera rarefatta, avvolgente ma non serena, anzi... È come essere tra le spire di un boa, e capire che nonostante sia pericoloso restare dove ci si trova, è cmq dove devi essere per non vivere con la benda sugli occhi. Titoli di grande impatto a partire da quello scelto per l'album. Forse anzi senza forse, la migliore artista presentata qui da te almeno tra quelle molte che ho ascoltato. Sono tra le spire del boa eppure non ho mai respirato così bene.
Grazie Daniele, si vede che l'hai ascoltata bene e concordo in pieno con la tua teoria. Aggiungo, come si untisce leggendo l'intervista, che fa tutto (o quasi da sola) e anche sul palco è spesso in solitaria. Dovresti vederla, lei, la chitarra e un bel po' di aggeggi elettronici con i quali gioca alla grande. Sì "essere tra le spire di un boa, e capire che nonostante sia pericoloso restare dove ci si trova, è cmq dove devi essere per non vivere con la benda sugli occhi." Del resto, se pensi che è stato scritto nel periodo pandemico, tu capisci bene, molto bene ;)
Ti avevo già preceduto 😊 ed ho anche trovato un suo pezzo solo strumentale fatto live da urlo....
Bene, ora ti manca di vederla live, cosa che ti consiglio spassionatamente.
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