Erano
tanti anni che non producevo un album, dal 2003. L'ultima autoproduzione era
finita in cantina e mi dicevo di averci messo un crocione sopra, mai più
dischi! (ne ho fatti tre in tutto, puoi capire, a fronte delle centinaia di
canzoni tuttora inedite che ho scritto). Ma intanto continuavo a scrivere,
comporre, mettere insieme progetti e situazioni musicali (canzoni per
spettacoli teatrali, un quartetto vocale femminile, Le Core, e poi progetti di
scrittura della canzone in musicoterapia, progetti con attori e tanto altro).
Ho sempre faticato tanto a instaurare un benché minimo rapporto con la
discografia. Mi si diceva che ero poco di nicchia. O troppo di nicchia. O non
di nicchia né commerciale. Difficile da etichettare, il mio linguaggio musicale
risultava sempre molto facile da comprendere per chi veniva ai concerti e
invece impossibile da comprendere da chi la musica la impacchetta e la vende. E
poi io sono una provinciale, caratterialmente poco entrante, timida. Nel 2018 a
un certo punto, dopo aver terminato un lungo ciclo di lavoro nel laboratorio di
scrittura della canzone con pazienti psichiatrici,dopo aver fatto tanto cantare gli altri, ho
deciso che era tempo di tornare a cantare le mie canzoni. Sentivo che potevo
trovare una sintesi di tutto il materiale accumulato negli anni. C'è dentro una
canzone (Basso Albertino) che è datata 1990 credo, forse prima, nella
parte musicale e con un testo invece più recente. E poi c'è Italia,
che invece l'ho scritta proprio a ridosso della registrazione. C'è La
valigia dello straniero, che è una tappa fondamentale del mio percorso
artistico. C'è La mente vuole amore, che ho cantato molto dal vivo dal 2016 al
2018 in un reading-concerto accompagnandomi al piano. Ho chiamato un amico che
ha uno studio a Perugia (Entropya) e gli ho chiesto se poteva far sentire ad
Ares Tavolazzi alcune mie canzoni che avevo registrato in un live con Ramberto
Ciammarughi nel 2015. Avrei sempre voluto il tocco di questo musicista nella
mia musica, perché è un artista che ha attraversato un mondo musicale talmente
ampio che non avevo dubbi sul fatto che avrebbe capito cosa faccio. Infatti
Ares ha detto che avrebbe partecipato volentieri al progetto. Poi ho chiamato
Gwis e Paternesi e naturalmente Paolo Ceccarelli, che già conosceva alcuni
brani per averli suonati con me in altre occasioni. Ho fatto un crowdfunding
con produzioni dal basso e ho raccolto quanto serviva per la produzione.
Perché questo titolo?
Una sera andavo in macchina da sola ascoltando come
sempre Radio 3, e non ricordo se Arturo Stalteri o qualcun altro abbia parlato
della Teoria degli affetti nella
musica barocca. L'espressione in sè mi ha colpito subito. Ogni mia canzone
evoca un suo particolare affetto. Sono tutte diverse, eppure sono tutte parti
di una teoria, la mia, la teoria della mia vita in un certo senso. La
restrizione che si attribuisce nell'estetica musicale a questa pratica del
periodo barocco, ragione per cui fu abbandonata nei secoli successivi, e cioè
che alla fine diventa riduttivo scrivere per suscitare un “affetto”, che sia
malinconia o gioia, a me è piaciuta subito. In teoria si può scrivere a
comando. In realtà il risultato è sempre una faccenda che riguarda gli affetti,
le emozioni profonde, diremmo oggi. Però a voler essere proprio onesta io
questo titolo l'ho scelto perchè mi piace come suona, poi ho indagato sul suo
significato. Da poco ho letto un'intervista a uno storico famoso, Niall
Ferguson, il quale dice che il nostro mondo oggi somiglia a quello del XVII
secolo. Quindi direi che ho scelto un titolo attuale.
Come è stata la genesi dell’album, dall’idea iniziale
alla sua realizzazione finale?
Sapevo solo due cose con certezza: non volevo
arrangiare i brani se non in minima parte e avevo in mente un album dal sapore
live. Non volevo arrangiare per una certa credo sotterranea volontà di
omaggiare un modo di fare la musica che appartiene sia al mondo popolare più
arcaico che a quello colto, in cui non si teme l'improvvisazione. L'improvvisazione
può dare adito ad ansie ai maniaci del controllo, ma non a me. Ho capito nella
vita che più mi abbandono e più ricevo dagli altri. Con gli artisti è molto
così. Sapevo che se avessi voluto controllare ogni particella della canzone non
avrei avuto da loro il tocco dell'improvvisazione, la musica che si fa
facendola, che è un fenomeno umano affascinante e ricco di significati che
vanno ben al di là della struttura di una canzone. È un omaggio che non è
pedissequa ripetizione con qualche attualizzazione di stilemi propri del canto
popolare, e pure quando faccio un blues non è un blues, ma è proprio un suonare
quello che mi pare avendo un riferimento preciso nel cuore. Poi volevo un disco
live. Mi ricordavo una volta di un racconto fatto da Ellade Bandini in una cena
al festival Suoni delle Dolomiti. Raccontava come si facevano i dischi negli
anni sessanta. Si mangiava molto, diceva, si beveva molto, si stava insieme e
così nascevano le idee, la musica. Era un mondo analogico. La musica che nasce
dall'incontro, questo volevo. Siamo stati in studio un giorno e mezzo. Tanto ci
è voluto per fare questo album. Abbiamo mangiato molto. Ogni canzone è stata
suonata un paio di volte, massimo tre. Tutti insieme. Poi sono tornata a rifare
le parti cantate perchè quando ho registrato avevo un busto, mi ero appena
operata un'ernia e non mi reggevo bene in piedi, avevo la voce molto fiacca.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante
la lavorazione di Teoria degli affetti?
Ares Tavolazzi e Alessandro Paternesi che ballano il
valzer. L'accoglienza di Entropya che è come stare a casa. Il primo contatto,
la mattina. Che suoniamo? Abbiamo iniziato con La mente vuole amore. E venuta via liscia e credo che abbiamo
capito che sarebbe stato un lavoro così, senza dirci tante parole. Io ho
parlato pochissimo.
Se fosse un concept-album su cosa sarebbe? … anche a
posteriori?
Mi salverò da questa domanda dicendo che sulla
definizione di concept-album ci sono pareri controversi. Ho trovato questo su
wikipedia: l'autore Jim
Cullen lo descrive come "una raccolta di canzoni distinte ma
tematicamente unificate il cui insieme è maggiore della somma delle sue parti”.
Potrei avere scritto un concept-album senza essermene accorta. Queste canzoni
sono tematicamente unificate dal modo in cui è stato deciso di registrarle e
dal linguaggio uniforme che i musicisti hanno creato. Che appartiene proprio a
questo singolo lavoro.
C’è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del
quale vai più fiera dell’intero disco? … che ti piace di più fare live?
Mi piace molto Se tu, il brano che apre l'album. Ma poi non posso dire una cosa del
genere, sono legata a ogni canzone in modo diverso e diversamente appassionato.
Nel live mi diverte molto fare Travolto dalla piena di te stesso,
un testo che non è mio nel senso che ho rielaborato alcune frasi dal Cimbelino di Shakespeare per scrivere
una canzone sul tradimento. Quando la canto ora mi diverto. Quando l'ho scritta
invece ci piangevo. E mi piace Italia, anche se ha un verso molto
duro che quasi ho paura di cantare. Ma l'Italia è un paese molto duro.
Il disco è prodotto da Dodicilune.
Come vi siete incontrati? Come ti sei trovata con loro?
L'incontro
è avvenuto grazie ad Ares, che mi ha messo in contatto con Gabriele Rampino. Ci
siamo incontrati a Bologna, ci siamo stati simpatici e anche se loro si
occupano più di jazz e hanno un nome importante per un mercato di appassionati
del genere, hanno anche una collana adatta a prodotti come il mio.Mi sono trovata bene e mi sono affidata a loro
per la distribuzione.
Molto particolare la copertina, sembra l’immagine di
una commedia. Come è nata? Chi è l’autore?
L'autrice è la fotografa Isabella Sannipoli. Mi
servivano delle foto per un'altra cosa, non sapevo che sarebbe uscita la
copertina dell'album quel giorno. Lei mi ha messo un grammofono di fronte, per
puro caso (siamo sempre all'improvvisazione). Quando poi ho visto la foto ho
pensato all'immagine de La voce del
padrone, storica etichetta discografica. C'è un cagnolino accanto a un grammofono.
Lui ci guarda dentro, curioso. Io l'abbraccio. Quindi è una copertina che
racchiude significati, il che mi pare corrisponda all'anima del disco. C'è
anche un rimando a Battiato, autore che ho amato molto. E la voce del padrone è
anche quella voce a cui non si può disobbedire, in questo caso il padrone è la
musica. Mi tiranneggia da una vita, in pratica, e io continuo ad amarla.
Come presenti dal vivo il disco?
Per ora abbiamo avuto solo due presentazioni, poi si è
bloccato tutto a causa del covid. Faremo un concerto al Teatro Romano di Gubbio
il 24 luglio nel festival Umbria in voce, di cui duro la direzione artistica.
Poi non saprei. C'è la parte dolente, il trovare un'agenzia di booking. Con un
organico del genere non dovrebbe essere complicato ma siccome io sono
sconosciuta lo è, per cui vedremo. La cosa bella e per me preziosa è che i
musicisti sono disponibili a suonare dal vivo queste musiche in un concerto che
per ora è stato molto divertente fare. Io sto in mezzo e canto, loro suonano, una
cosa semplice. Leggo pure una poesia. Una sola, abbastanza lunga, che fa parte
di una delle mie cento sillogi inedite.
Altro da dichiarare?
Mi pare di avere parlato anche troppo.
Taglia pure, se vuoi. Ora rileggo.
Cantautrice classica, fin dalla voce, dalle tematiche, dai suoni, dai compagni di viaggio in questo Teoria degli affetti: Ares Tavolazzi al contrabbasso, Alessandro Gwis al piano, Alessandro Paternesi alla batteria, Paolo Ceccarelli alle chitarre...
Ancella del sorriso sembra la più ispirata. Invita la figlia, alla quale è dedicata, a non arrendersi alle cose pronte della vita, ma continuare a ridere e cantare le proprie melodie. Cantautorato puro.
Lasciamo che il vento lavori è una canzone energica/energetica con un testo tanto essenziale quanto diretto e un ritmo dato dal piano. Perfetta nella sua semplicità.
Ma forse il pezzo che mi piace più di tutti è quello scritto più di recente, Italia: lamento surreale e non ottimista, intrinsecamente politico (sulla deriva dell'Italia ai tempi di Salvini).
Ma è tutto un disco da ascoltare questo della cantautrice toscana ... con i grilli che cantano e il cielo grigio, come oggi, è perfetto. Provate ad ascoltarlo ora!
Critico rock del web. Pacifista integrale.
Collaboratore del sito della nota agenda
Smemoranda dalla lontana estate del 2003 e del Frigidaire cartaceo dall'autunno 2009. Dall'aprile 2017 collabora anche con Il Nuovo Male, e dall'estate del 2017 con il portale I Think Magazine, dall'autunno 2018 con MeLoLeggo.it. A gennaio 2018 fonda con Elle il sito L'ORTO DI ELLE E ALLI . Metà veneto, metà altoatesino (la mamma è dello stesso paese di Lilli Gruber), è nato nei primi anni Settanta, il giorno del compleanno di Jack Kerouac.
11 Commenti:
Significativo ospitare in palude oggi, in questa giornata di luglio che sembra autunno, Claudia Fofi, che è così: autunnale, ma con un certo fuoco.
Cantautrice classica, fin dalla voce, dalle tematiche, dai suoni, dai compagni di viaggio in questo Teoria degli affetti: Ares Tavolazzi al contrabbasso, Alessandro Gwis al piano, Alessandro Paternesi alla batteria, Paolo Ceccarelli alle chitarre...
Undici canzoni scritte nel corso degli anni, che hanno poi trovato una giusta sistemazione in questo disco.
Ancella del sorriso sembra la più ispirata. Invita la figlia, alla quale è dedicata, a non arrendersi alle cose pronte della vita, ma continuare a ridere e cantare le proprie melodie. Cantautorato puro.
Lasciamo che il vento lavori è una canzone energica/energetica con un testo tanto essenziale quanto diretto e un ritmo dato dal piano. Perfetta nella sua semplicità.
Ma forse il pezzo che mi piace più di tutti è quello scritto più di recente, Italia: lamento surreale e non ottimista, intrinsecamente politico (sulla deriva dell'Italia ai tempi di Salvini).
Bella anche La mente vuole amore, scherzosa e divertente sulle cose da fare per vivere bene, delle sue idee sulla vita con un bel piano protagonista.
Ma è tutto un disco da ascoltare questo della cantautrice toscana ... con i grilli che cantano e il cielo grigio, come oggi, è perfetto. Provate ad ascoltarlo ora!
Mi correggo, cantautrice umbra, non toscana :)
Cogli nel segno. Sono nata a novembre ma ho un cuore estivo. Grazie per l’ospitalità e per il tuo attento ascolto
Ciao Claudia, grazie a te per essere passata in palude e per la tua musica.
Alla prossima.
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