Manuel
Rinaldi, Faccio quello che mi pare
Autoproduzione
Bel titolo sfrontato, come la divertente immagine che campeggia in copertina.
Manuel Rinaldi è così, provocatorio, nei testi come nella musica fortemente punk-rock.
Almeno cerca di esserlo, e in parte ci riesce, in parte no. Questo ribellismo
alla fin fine suona troppo di facciata, il rocker emiliano (è di Guastalla) non
mi convince del tutto: troppo luoghi comuni contro cui andare, troppa vibra
incazzosa.
Dieci pezzi di rock che ti fa saltellare e
mai star fermo. Invece dovrebbe cercare di farci star fermi più spesso, perché
le canzoni migliori sono le più riflessive, le più pensanti: Non far finta di niente, dove invita all’impegno,
alla lucidità per cercare di cambiare le
cose e la chitarra si gode tutta, oppure Non ho capito, dove si chiede cosa si deve fare per star bene (anche
qui la chitarra si apprezza di più), oppure nel primo pezzo, Lo stato dei soldi, che cita
musicalmente i Nirvana più gajardi, per gridare la sua rabbia contro la società
mercificata (e qui ci sa tutta, ma è la prima), dove contano solo i soldi (da
dare …).
In analisi finale dico: non mi dispiace, ma deve cercare di
essere meno clone di Vasco Rossi, cercando invece percorsi più personali. Conosce
la strada, i mezzi li possiede, potrebbe diventare un buon musicante e non l’ennesimo
rocker emiliano … chi vivrà vedrà.
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