Il disco nasce da un’idea di suono. Un trio jazz classico, ma al posto del
pianoforte c’è la mia arpa. E il suono che avevo in mente era proprio quello
del contrabbasso lirico di Paolino Dalla Porta e della batteria sempre
funzionale e creativa di Stefano Bagnoli. Per un’idea un po’ surreale ci voleva
un concept surrealista, ed è per questo che mi sono affidata a René Magritte.
Giocoso surrealismo che vede qui i suoni al posto delle immagini. Suoni reali
tangibili ma anche onirici, folli e fuori contesto, surreali appunto.
Perché questo titolo?
Nel celebre dipinto di Magritte si
vedeva chiaramente una pipa e una scritta che la negava: “Cecin'est pas une pipe”. Il dipinto si
chiamava l’inganno delle
immagini. Nel mio disco diventa l’inganno dei suoni (The Treachery of Sounds – prima traccia). Lo dichiaro nelle note di
copertina “Questa non è un’arpa. Non è
sicuramente l’arpa angelica, magica e rilassante, che ritroviamo
nell’immaginario collettivo. E allora questa non è un’arpa: è la mia voce, il
mio suono. È uno strumento che sa graffiare, sa avere ritmo, groove. È
straniante ma a volte anche morbida e dal suono rotondo...”
Il titolo è anche una provocazione
ironica: ascoltatemi senza pregiudizi.Per tutti quelli che da sempre mi dicono che non avrebbero mai
immaginato che un’arpa potesse suonare così! Sembra un piano! Sembra una
chitarra! Non sembra un’arpa!
E allora This is not a Harp.
Come è stata la genesi
dell’album, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
Era nella mia testa da anni. Ma giaceva
sommerso. A fine agosto 2019, durante i seminari di Nuoro Jazz ho proposto il
progetto a Paolino Dalla Porta e Stefano Bagnoli (anche loro come me docenti
dei seminari) e sono stati entusiasti. Io ero al settimo cielo. E mi sono messa
a scrivere, con una nuova energia, con le competenze che ho acquisito negli
ultimi 6 anni; era da tanto che non facevo uscire un disco a mio nome. Una
nuova idea di arpa (o non-arpa) anche per me.
Poi ci siamo incontrati per provare i
brani e capire se si poteva andare avanti, c’è stata subito una forte sintonia
musicale. D’altronde con musicisti di tale esperienza e talento è per me come
guidare una Ferrari.
Quindi un po’ di tempo per raffinare il
tutto e poi la registrazione all’INDIEHUB di Milano a fine gennaio, quando
giravano le primissime paure Covid. Ricordo che si scherzava tanto su questo.
A febbraio sono andata in Sardegna per
missare e masterizzare da Marti Jane Robertson, cara amica ma anche unica
fonica che riesce a fare della mia arpa la non-arpa che voglio. Suono intenso,
corposo e un missaggio di suoni che ti sembra di avere i tre strumenti davanti
a te. So che il 90% ascolterà la mia musica dalle casse del computer o peggio,
ma mi piace pensare al 10% che mette delle buone cuffie o che ascolta da un
buon impianto.
Poi c’è stata la quarantena e il buio.
Ma verso fine aprile, con il discografico (Max De Aloe)e il grafico (Gianluca Brugnetti) ci siamo
messi al lavoro a distanza, con tempi lunghi e il disco è uscito a fine giugno.
Qualche episodio che è rimasto
nella memoria durante la lavorazione di This is not a Harp.?
Abbiamo registrato in 2 giorni, prima
gli otto brani, poi come ultime le pillole di improvvisazione, di un minuto
l’una circa. Momenti di totale libertà ispirata però ai quadri di Magritte.
Decalcomania, Time Transfixed, Personal Values e altri quadri surreali erano la
nostra unica partitura. Follie musicali, ci siamo divertiti a interpretare
Magritte. Come nel caso di Decalcomania, dove Stefano Bagnoli mi ha proposto di
improvvisare sulla batteria elaborata in reverse, straniante, ma molto
intrigante. La mia anima free si è liberata.
Se This is not a Harp. fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il
fosse?
This is not a Harp è un omaggio a Magritte,
al surrealismo, al gioco di immagini e suoni. Il cdè per intero concepito come un quadro
surrealista. Ci sono otto oggetti reali, veri (otto brani originali nostre
composizioni) e 4 elementi stranianti e non coerenti (pillole di
improvvisazione). Sarebbe da ascoltare per intero nell’ordine di scaletta,
anche se sono cosciente che questo oggi non accade quasi mai.
Inoltre, sono da considerare parte
dell’album i video surreali di Simone Memè, visual designer poetico che si è
divertito a interpretare la mia musica e le mie idee. Si trovano tutti sul mio
canale YouTube.
C’è qualche pezzo che
preferite? Qualche pezzo del quale andate più fieri dell’intero disco? … che vi
piace di più fare live?
Ah, LIVE, che bella parola desueta! A
parte gli scherzi, il prossimo concerto è il 19 agosto al festival di Nuoro
Jazz e non vediamo l’ora! Non c’è un brano preferito, davvero non è importante
quale brano suoniamo, ma il come. Se ci sono le condizioni tecniche per suonare
bene, il resto va liscio come l’olio ed è gioia pura. Sopratutto con musicisti
così, che ti fanno galleggiare liberamente.
A livello produttivo Barnum … chi altri?
Ah, PRODUZIONE, che
altra bella parola desueta! This is not a Harp è prodotto da me e dalla Barnum.
È un’etichetta discografica indipendente che Max De Aloe ha fortemente voluto e
che produce pochi dischi l’anno, accuratamente scelti e selezionati. Ormai
sappiamo che i dischi sono oggetti superati, ma noi ci crediamo ancora e
cerchiamo di farli al meglio. Come è nata questa copertina? … chi dietro alla
grafica di This is not a Harp., tanto semplice e affascinante?
Qui torna Magritte. Gianluca Brugnetti è
un grafico molto bravo, ha curato anche il mio sito e altri lavori che ho fatto
in precedenza. La mia idea era quella del quadro della pipa di Magritte, ma non
volevo che fosse troppo didascalico. Gianluca ha saputo andare oltre e
interpretare le mie idee al meglio. Eravamo in tempi di Covid e in quarantena,
quindi è stato tutto molto strano… il surrealismo lo stavamo vivendo. Avevo
tantissimi dubbi su tutto, non è stato semplice ma sono felicissima del
risultato.
Come presentate il disco dal
vivo?
Lo presenteremo in tutte le sue parti,
con i brani e le improvvisazioni radicali, probabilmente lo spazio per
l’interplay prenderà più spazio e vedremo insieme dove ci porterà. Se poi ci
sarà la possibilità di proiettare delle immagini, saranno i video di Simone
Memè a farci da quinte e ad interagire con noi.
Gran piacere ospitare in palude questa sera il Marcella Carboni Trio, con questo disco di chiara ispirazione surrealista, come si può ben capire dal titolo. Questa non è un'arpa, richiamando il famoso Questa non è una pipa di magritteiana memoria.
Perché l'arpa della Carboni è un'arpa, ma se ascoltate bene il disco sembra tante cose, e la sua caparbietà nell'usarlo come uno strumento jazz con(vince).
Accompagnata da due mostri sacri del jazz, Paolino Della Porta al contrabbasso e Stefano Bagnoli alla batteria, ha fatto un bel disco da ascoltare possibilmente su cd (e per chi possiede il cd, ci sono contenuti extra dati da una pass personale, che arricchiscono il disco ancora di più).
E allora parliamone, anche se è difficile dire un pezzo preferito rispetto a un altro, ma ci provo, dicendo The Wheel, fiabesco e allo stesso tempo concreto: jazz classico sì, con l'arpa veramente magica, che sembra un piano, sembra altri strumenti, sembra una voce ...
Mentre The Treachery of Sounds, la prima traccia dell'album sembra la colonna sonora di un bel film italiano, con qualcosa di morriconiano, se mi è permesso scomodare il maestro.
Insomma un disco tutto da ascoltare ... e vedere: andate sul video messo in fondo o su link datto dalla stessa Marcella Carboni nell'intervista, per vedere le geniali invezioni visive di Simone Memè abbinate ai brani del disco. Di un bello più bello!
Critico rock del web. Pacifista integrale.
Collaboratore del sito della nota agenda
Smemoranda dalla lontana estate del 2003 e del Frigidaire cartaceo dall'autunno 2009. Dall'aprile 2017 collabora anche con Il Nuovo Male, e dall'estate del 2017 con il portale I Think Magazine, dall'autunno 2018 con MeLoLeggo.it. A gennaio 2018 fonda con Elle il sito L'ORTO DI ELLE E ALLI . Metà veneto, metà altoatesino (la mamma è dello stesso paese di Lilli Gruber), è nato nei primi anni Settanta, il giorno del compleanno di Jack Kerouac.
12 Commenti:
Gran piacere ospitare in palude questa sera il Marcella Carboni Trio, con questo disco di chiara ispirazione surrealista, come si può ben capire dal titolo. Questa non è un'arpa, richiamando il famoso Questa non è una pipa di magritteiana memoria.
Perché l'arpa della Carboni è un'arpa, ma se ascoltate bene il disco sembra tante cose, e la sua caparbietà nell'usarlo come uno strumento jazz con(vince).
Accompagnata da due mostri sacri del jazz, Paolino Della Porta al contrabbasso e Stefano Bagnoli alla batteria, ha fatto un bel disco da ascoltare possibilmente su cd (e per chi possiede il cd, ci sono contenuti extra dati da una pass personale, che arricchiscono il disco ancora di più).
Ma iniziate ad ascoltarlo da spotify, poi vorrete il disco fisico (tra l'altro un gran bel cartonato blu).
E allora parliamone, anche se è difficile dire un pezzo preferito rispetto a un altro, ma ci provo, dicendo The Wheel, fiabesco e allo stesso tempo concreto: jazz classico sì, con l'arpa veramente magica, che sembra un piano, sembra altri strumenti, sembra una voce ...
Poi direi Mindful, altro pezzo jazz, ma anche world, e qui l'arpa mi sembra sia un charango ... pura magia.
Poi dico The False Mirror, forse il più surreale(ista) del mazzo, da Alice nel paese delle meraviglie, con l'arpa che sembra una chitarra.
Ma l'arpa non sembra mai un'arpa vi chiederete? Forse in Reasonance, pezzo che sembra la colonna sonora (jazz) di un classicone a stelle e strisce.
Mentre The Treachery of Sounds, la prima traccia dell'album sembra la colonna sonora di un bel film italiano, con qualcosa di morriconiano, se mi è permesso scomodare il maestro.
Insomma un disco tutto da ascoltare ... e vedere: andate sul video messo in fondo o su link datto dalla stessa Marcella Carboni nell'intervista, per vedere le geniali invezioni visive di Simone Memè abbinate ai brani del disco. Di un bello più bello!
Grazie Alligatore!
In tempi come questi la palude conforta.
Alla prossima!
Grazie a te per essere passta in palude.
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