Pagine

domenica 26 luglio 2020

In palude con Marcella Carboni Trio


NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE JAZZ
DOVE ASCOLTARLO Spotify e Compra ildisco
LABEL Barnum for Art
PARTICOLARITA’ Surreale
SITO 
CITTA’ Cagliari/ROMA
DATA DI USCITA 26/06/2020
L’INTERVISTA
Come è nato questo disco, This is not a Harp.?
Il disco nasce da un’idea di suono. Un trio jazz classico, ma al posto del pianoforte c’è la mia arpa. E il suono che avevo in mente era proprio quello del contrabbasso lirico di Paolino Dalla Porta e della batteria sempre funzionale e creativa di Stefano Bagnoli. Per un’idea un po’ surreale ci voleva un concept surrealista, ed è per questo che mi sono affidata a René Magritte. Giocoso surrealismo che vede qui i suoni al posto delle immagini. Suoni reali tangibili ma anche onirici, folli e fuori contesto, surreali appunto.   
Perché questo titolo?
Nel celebre dipinto di Magritte si vedeva chiaramente una pipa e una scritta che la negava:Ceci n'est pas une pipe”. Il dipinto si chiamava l’inganno delle immagini. Nel mio disco diventa l’inganno dei suoni (The Treachery of Sounds – prima traccia). Lo dichiaro nelle note di copertina “Questa non è un’arpa. Non è sicuramente l’arpa angelica, magica e rilassante, che ritroviamo nell’immaginario collettivo. E allora questa non è un’arpa: è la mia voce, il mio suono. È uno strumento che sa graffiare, sa avere ritmo, groove. È straniante ma a volte anche morbida e dal suono rotondo...”
Il titolo è anche una provocazione ironica: ascoltatemi senza pregiudizi.  Per tutti quelli che da sempre mi dicono che non avrebbero mai immaginato che un’arpa potesse suonare così! Sembra un piano! Sembra una chitarra! Non sembra un’arpa!
E allora This is not a Harp.
Come è stata la genesi dell’album, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
Era nella mia testa da anni. Ma giaceva sommerso. A fine agosto 2019, durante i seminari di Nuoro Jazz ho proposto il progetto a Paolino Dalla Porta e Stefano Bagnoli (anche loro come me docenti dei seminari) e sono stati entusiasti. Io ero al settimo cielo. E mi sono messa a scrivere, con una nuova energia, con le competenze che ho acquisito negli ultimi 6 anni; era da tanto che non facevo uscire un disco a mio nome. Una nuova idea di arpa (o non-arpa) anche per me.
Poi ci siamo incontrati per provare i brani e capire se si poteva andare avanti, c’è stata subito una forte sintonia musicale. D’altronde con musicisti di tale esperienza e talento è per me come guidare una Ferrari.
Quindi un po’ di tempo per raffinare il tutto e poi la registrazione all’INDIEHUB di Milano a fine gennaio, quando giravano le primissime paure Covid. Ricordo che si scherzava tanto su questo.
A febbraio sono andata in Sardegna per missare e masterizzare da Marti Jane Robertson, cara amica ma anche unica fonica che riesce a fare della mia arpa la non-arpa che voglio. Suono intenso, corposo e un missaggio di suoni che ti sembra di avere i tre strumenti davanti a te. So che il 90% ascolterà la mia musica dalle casse del computer o peggio, ma mi piace pensare al 10% che mette delle buone cuffie o che ascolta da un buon impianto.
Poi c’è stata la quarantena e il buio. Ma verso fine aprile, con il discografico (Max De Aloe)  e il grafico (Gianluca Brugnetti) ci siamo messi al lavoro a distanza, con tempi lunghi e il disco è uscito a fine giugno.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione di This is not a Harp.?
Abbiamo registrato in 2 giorni, prima gli otto brani, poi come ultime le pillole di improvvisazione, di un minuto l’una circa. Momenti di totale libertà ispirata però ai quadri di Magritte. Decalcomania, Time Transfixed, Personal Values e altri quadri surreali erano la nostra unica partitura. Follie musicali, ci siamo divertiti a interpretare Magritte. Come nel caso di Decalcomania, dove Stefano Bagnoli mi ha proposto di improvvisare sulla batteria elaborata in reverse, straniante, ma molto intrigante. La mia anima free si è liberata.
Se This is not a Harp. fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?
This is not a Harp è un omaggio a Magritte, al surrealismo, al gioco di immagini e suoni. Il cd  è per intero concepito come un quadro surrealista. Ci sono otto oggetti reali, veri (otto brani originali nostre composizioni) e 4 elementi stranianti e non coerenti (pillole di improvvisazione). Sarebbe da ascoltare per intero nell’ordine di scaletta, anche se sono cosciente che questo oggi non accade quasi mai.
Inoltre, sono da considerare parte dell’album i video surreali di Simone Memè, visual designer poetico che si è divertito a interpretare la mia musica e le mie idee. Si trovano tutti sul mio canale YouTube.
C’è qualche pezzo che preferite? Qualche pezzo del quale andate più fieri dell’intero disco? … che vi piace di più fare live?
Ah, LIVE, che bella parola desueta! A parte gli scherzi, il prossimo concerto è il 19 agosto al festival di Nuoro Jazz e non vediamo l’ora! Non c’è un brano preferito, davvero non è importante quale brano suoniamo, ma il come. Se ci sono le condizioni tecniche per suonare bene, il resto va liscio come l’olio ed è gioia pura. Sopratutto con musicisti così, che ti fanno galleggiare liberamente.
A livello produttivo Barnum … chi altri?
Ah, PRODUZIONE, che altra bella parola desueta! This is not a Harp è prodotto da me e dalla Barnum. È un’etichetta discografica indipendente che Max De Aloe ha fortemente voluto e che produce pochi dischi l’anno, accuratamente scelti e selezionati. Ormai sappiamo che i dischi sono oggetti superati, ma noi ci crediamo ancora e cerchiamo di farli al meglio.
Come è nata questa copertina? … chi dietro alla grafica di This is not a Harp., tanto semplice e affascinante?
Qui torna Magritte. Gianluca Brugnetti è un grafico molto bravo, ha curato anche il mio sito e altri lavori che ho fatto in precedenza. La mia idea era quella del quadro della pipa di Magritte, ma non volevo che fosse troppo didascalico. Gianluca ha saputo andare oltre e interpretare le mie idee al meglio. Eravamo in tempi di Covid e in quarantena, quindi è stato tutto molto strano… il surrealismo lo stavamo vivendo. Avevo tantissimi dubbi su tutto, non è stato semplice ma sono felicissima del risultato.
Come presentate il disco dal vivo?
Lo presenteremo in tutte le sue parti, con i brani e le improvvisazioni radicali, probabilmente lo spazio per l’interplay prenderà più spazio e vedremo insieme dove ci porterà. Se poi ci sarà la possibilità di proiettare delle immagini, saranno i video di Simone Memè a farci da quinte e ad interagire con noi.
Altro da dichiarare?
Mi dichiaro colpevole.

12 commenti:

  1. Gran piacere ospitare in palude questa sera il Marcella Carboni Trio, con questo disco di chiara ispirazione surrealista, come si può ben capire dal titolo. Questa non è un'arpa, richiamando il famoso Questa non è una pipa di magritteiana memoria.

    RispondiElimina
  2. Perché l'arpa della Carboni è un'arpa, ma se ascoltate bene il disco sembra tante cose, e la sua caparbietà nell'usarlo come uno strumento jazz con(vince).

    RispondiElimina
  3. Accompagnata da due mostri sacri del jazz, Paolino Della Porta al contrabbasso e Stefano Bagnoli alla batteria, ha fatto un bel disco da ascoltare possibilmente su cd (e per chi possiede il cd, ci sono contenuti extra dati da una pass personale, che arricchiscono il disco ancora di più).

    RispondiElimina
  4. Ma iniziate ad ascoltarlo da spotify, poi vorrete il disco fisico (tra l'altro un gran bel cartonato blu).

    RispondiElimina
  5. E allora parliamone, anche se è difficile dire un pezzo preferito rispetto a un altro, ma ci provo, dicendo The Wheel, fiabesco e allo stesso tempo concreto: jazz classico sì, con l'arpa veramente magica, che sembra un piano, sembra altri strumenti, sembra una voce ...

    RispondiElimina
  6. Poi direi Mindful, altro pezzo jazz, ma anche world, e qui l'arpa mi sembra sia un charango ... pura magia.

    RispondiElimina
  7. Poi dico The False Mirror, forse il più surreale(ista) del mazzo, da Alice nel paese delle meraviglie, con l'arpa che sembra una chitarra.

    RispondiElimina
  8. Ma l'arpa non sembra mai un'arpa vi chiederete? Forse in Reasonance, pezzo che sembra la colonna sonora (jazz) di un classicone a stelle e strisce.

    RispondiElimina
  9. Mentre The Treachery of Sounds, la prima traccia dell'album sembra la colonna sonora di un bel film italiano, con qualcosa di morriconiano, se mi è permesso scomodare il maestro.

    RispondiElimina
  10. Insomma un disco tutto da ascoltare ... e vedere: andate sul video messo in fondo o su link datto dalla stessa Marcella Carboni nell'intervista, per vedere le geniali invezioni visive di Simone Memè abbinate ai brani del disco. Di un bello più bello!

    RispondiElimina
  11. Grazie Alligatore!
    In tempi come questi la palude conforta.
    Alla prossima!

    RispondiElimina
  12. Grazie a te per essere passta in palude.

    RispondiElimina

AAAATenzione, il captcha (il verificaparole) è finto, non serve immetterlo. Dopo il vostro commento, cliccate direttamente su PUBBLICA COMMENTO. Se siete commentatori anonimi, mi dispiace, dovete scrivere il captcha ...