Mostri è nato da una
esigenza di ricerca di identità sonora che su me stesso non facevo da tempo. Nei
miei album a nome Francobeat ho sempre
privilegiato la parola, i concetti, i temi da trattare e per rispetto alla
parola ho agito con generi diversi senza curarmi troppo dell’impianto sonoro
che poi in definitiva è quello che ti permette di rispondere alla fatidica
domanda: “ma che genere fai?”.
E allora ho ripreso in mano il mio genere di origine: l’elettronica. Ho
spesso dato questo mio linguaggio nei dischi di altri in veste di produttore
artistico, penso principalmente all’esperienza nei Santo barbaro e recentemente
con Houdini Righini nel suo ultimo Lascaux.
In mezzo, avendo uno studio di registrazione, ho acceso molte volte le mie
macchine analogiche al servizio di altri.
L’idea di fare un album elettronico tutto mio mi galvanizzava ma per
concentrarmi solo sui suoni ho deciso di prendere a prestito canzoni altrui e
la scelta di prendere quelle dei grandi cantautori che sapevano scrivere mi
sembrava un buon modo per studiare più a fondo la forma cantautorale italiana
che ho sempre lambito senza approfondire troppo.
E così son partito, un po’ per gioco. E il gioco si è fatto subito molto
divertente e interessante. Mi sono sentito libero di sperimentare protetto dai
bellissimi brani che avevo scelto e che trovavo mi raccontassero intimamente.
Perché questo titolo?
Mostri sta per mostri
sacri del cantautorato italiano, quelli che sanno raccontare loro stessi nelle
canzoni e che inevitabilmente stanno raccontando un po’ anche te. Il
passo successivo è stato notare come chi scrive a volte nelle canzoni liberi i
propri mostri interiori. A mio avviso la canzone italiana soffre a tratti di un
eccesso di poesia, di metafore, di meccanismi che cercano di dire senza dire,
alludono alle emozioni come fosse un modo per dare al pubblico la possibilità
di interpretare. È una visione, ma a me interessa di più la pornografia della
sincerità totale, del racconto diretto senza troppi paroloni o nascondigli
narrativi.
È solo così che il mostro prende vita e solo così puoi guardarlo dritto
negli occhi e decidere se sconfiggerlo, fartelo amico, scambiarci due parole,
offrirgli un drink, o massacrarlo a martellate in testa per liberartene.
Non so se le canzoni debbano necessariamente avere questo ruolo ma trovo
che la forma di narrazione diretta, quasi discorsiva, possa essere un modo per
raccontare meglio la tua esperienza di vita, soprattutto se ne hai vissuta
tanta e se, anche grazie al ruolo che hai come “artista”, sei riuscito a vedere
e provare cose che non tutti hanno la possibilità di vedere e provare. Perché
nasconderle o renderle contorte?
Credo che sia l’esercizio più difficile in assoluto per chi scrive le
canzoni, molto più che infilare 3/4 accordi e trovare una bella melodia che si
possa cantare sotto la doccia.
Per cui ho liberato questi “Mostri” come primo passo, accostando le mie
sensazioni e pensieri più intimi alle parole che mi emozionavano. Se riesco a
capire il meccanismo magari riesco a liberare anche le mie, di parole.
Come è stata la genesi dell’album, dall’idea iniziale
alla sua realizzazione finale?
Inizialmente è stata una ricerca sulle canzoni in cui il cantautore
riusciva a scrivere canzoni sovrapponendo la sua figura di uomo a quella di
artista con la massima sincerità, semplicità e crudezza possibile.
Contemporaneamente non volevo andare a scartabellare tra autori di nicchia o
poco noti proprio perché il mio intento voleva essere un po’ divulgativo,
cercare i grandi e famosi che erano riusciti a scrivere canzoni con questa
attitudine.
Devo dire che la ricerca non aveva prodotto i risultati sperati, tanto più
che la mia conoscenza in materia di cantautorato italiano non era tanta. Ne ho
approfittato proprio per colmare un po’ di lacune e per osservare attentamente
il modo in cui questi mostri sacri scrivevano.
Ho subito provato empatia per alcuni e forti dubbi su altri, seppur
blasonati e apprezzatissimi da tutti.
Alcune canzoni mi sono sbattute in faccia quasi per caso, altre le sono
andate a cercare. Per non farmi condizionare troppo da valutazioni prettamente
musicali ho cominciato a fare una ricerca leggendo solo i testi delle canzoni
che non conoscevo minimamente. Devo dire che in questo modo mi sono potuto concentrare
molto di più sull’aspetto narrativo e qualche brano l’ho ascoltato solo dopo
averne letto solo il testo.
A mano a mano si è creato ancora una volta un concept, modello a me
evidentemente caro, dove mi sono ritrovato con canzoni che parlavano principalmente
di amore, di vita, della condizione dell’artista, delle relazioni, dei ricordi
che suscitano le canzoni rispetto al momento in cui sono state colonna sonora
della tua vita.
È così ho cominciato a nutrire quelle parole coi miei suoni, le ho accudite,
stravolte, amate, odiate e fatte mie.
Nonostante si tratti di musica elettronica, che spesso viene visto come un
genere tra il nichilista e il narcisista, ho iniziato a buttare giù gli
arrangiamenti con pochi elementi tutti controllati dalle mani, senza computer,
senza programmazioni infinite, come avere una chitarra tra le mani. Per fortuna
riesco a non avere una grande distanza tra quello che ho in testa a quello che
realizzo con i suoni. Vantaggi dell’esperienza che mi hanno portato a vestire
queste canzoni in un lasso di tempo piuttosto breve rispetto ai miei precedenti
lavori. Un modo come un altro per restituire quella sincerità che ho avvertito
nelle canzoni originali nei suoni che stavo presuntuosamente creando per quelle
parole e quelle melodie che avevo scelto per rappresentarmi.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante
la lavorazione di Mostri?
Il primo che mi viene in mente è quando registrai la voce di Più di così no. Lavoravo in studio con
un gruppo. Finii tardi, forse erano le 2 di notte passate, ma avevo voglia di
cantare. La base provvisoria era pronta e la voce che avevo era lì come guida
un po’ traballante ma chiara. Quando buttai il pezzo a tutto volume in cuffia
erano ormai le 4 del mattino e avevo una voce particolarmente baritonale,
complici le svariate sigarette che avevo fumato durante un’intera giornata di
lavoro. Così ho sfidato la mia estensione godendomi ogni singola parola. È
durante quella notte che ho capito che avrei voluto il contributo della voce di
mia moglie, Sabrina Rocchi, che cantava e da tempo aveva smesso. Lo faceva a
livello professionale, in un mondo che non le piaceva e non era il suo e da lì
decise di smettere. È stato un modo per farla ritornare al piacere del canto ed
ora stiamo facendo un disco insieme, un tributo a Jula De Palma, una strepitosa
cantante degli anni ‘50 e ‘60 che ha fatto cose con gente come Gorni Kramer e
Lelio Luttazzi. Ma questa è un’altra storia di cui magari se ne parlerà tra un
po’.
Un altro momento che ricordo bene è quando cantai il primo pezzo a cui ho lavorato:
Io sono uno di Tenco. Ho fatto una
take sola, fregandomene se fosse la take della vita.
Memore dell’inizio di Silente is sexy
degli Einsturzende Neubauten ho voluto citare quel suono di sigaretta che si accende,
e così andò. Mi accesi la sigaretta e cominciai a cantare, fino alla fine. La
sigaretta in mano mi si spense e la finii riascoltando la take di voce senza
rifarla.
Se fosse un concept-album su cosa sarebbe? …
potrebbe esserlo?
Come detto probabilmente è un concept sulla vita e sull’amore, due cose che
coincidono totalmente. In fondo sono concetti universali e senza tempo e le
canzoni che ne parlano risultano sempre attuali più di quelle che parlano di
denuncia politica o sono critiche rispetto al mondo esterno in cui è stata
composta. Questo è anche uno dei motivi per cui non ho potuto affrontare altri
grandi cantautori che più spesso erano attenti, con grande autorevolezza e
spirito critico, al mondo esterno che stavano vivendo (il primo che mi viene in
mente è Gaber, per esempio, che non ho affrontato in questo disco ma del quale
ho voluto interpretare un paio di brani in passato). Mi interessava più il
personale viaggio interiore e nelle canzoni, infine, la cosa più difficile da
raccontare è proprio il tema dell’amore anche quando l’amore è quello per le
proprie passioni come la musica, l’arte, la capacità di scrivere parole
luminose.
Se è un concept è proprio sulla capacità di raccontarsi senza mettersi
davanti, semplicemente concedendosi la rara lucidità di raccontare emozioni che
senti tue e che in realtà sono universali.
C’è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del
quale vai più fiero dell’intero disco? … che ti piace di più fare live?
Sono molto legato a Più di così no
di Ciampi che anche dal vivo diventa un bel viaggino trip-hop e che spesso
canto con mia moglie quando riesce a essere con me nei concerti.
Dal vivo tutti i pezzi cambiano forma e più spesso mi ritrovo a buttare
fuori i miei mostri soprattutto in brani come L’animale di Battiato, forse il brano manifesto del “cantautorave”
assieme a Sono buono degli Skiantos.
Nel disco posso dire che sono piuttosto orgoglioso di come ho sbrigato la
pratica De Andrè in Verranno a chiederti del nostro amore mettendoci molto di
mio, togliendo tutta la poesia e il sentore Brassensiano portandolo a una
modernità di suono che a tratti mi ricorda un Lou Reed che fa un pezzo per la
colonna sonora di Blade runner.
Nonostante non ami De Andrè, per motivi miei che non sto qui a dire sennò mi
dilungherei troppo, quel pezzo nel disco mi suona proprio bene, mi emoziona
anche per il fatto che non so nemmeno distinguere se sono io a cantarlo o meno,
cosa che invece non accade in Io sono uno
di Tenco dove mi ci sento dentro fino al collo.
CosaBeat studio a produrre. Non riesco a
immaginarti con un’altra etichetta. E tu? Altre realtà dietro a Mostri da
citare?
Cosabeat è il mio marchio di fabbrica da
produttore artistico. Ho realizzato diversi dischi in questo ruolo e non conto
più quelli che ho registrato per altri negli anni di attività. Non è una vera e
propria etichetta ma semplicemente una bandiera che porta avanti progetti di
qualità. Oggi dobbiamo necessariamente correre un po’ da soli per poter
coinvolgere anche altri intorno a te contagiati dall’entusiasmo e dalla
passione per le cose che si vanno a creare. Per Mostri ho chiesto a Sferacubica di aiutarmi nella comunicazione
dell’uscita del disco perché fare i dischi è piuttosto semplice ma comunicarlo
al mondo lo è meno, soprattutto oggi dove il rumore di fondo è sempre molto
alto e per farsi notare si tende a dover urlare più forte degli altri o ad
avere la trovata geniale e “virale” per farsi notare.
In questo senso mi ha aiutato anche
l’agenzia di comunicazione Meraveja, che si occupa di
social-media e produzione di contenuti per molte attività, con un occhio al
ruolo del lato umano nel modo di comunicare via web. È loro la produzione
dietro al video di Più di così no e
speriamo di poterne fare altri.
Grande aiuto anche da Luca Guidi che fa
capo al progetto Gravity Sessions, una serie di live filmati in un altro luogo simbolo della scena romagnola
che è il Loretta di Santarcangelo che altro non è che la
sede della Ribéss Records, etichetta corsara e coraggiosa che da
sempre lavora sulla qualità delle cose che produce anche in termini di
packaging e artwork dei loro progetti.
Insomma, intorno a me vedo cose belle e
relazioni umane profonde e proficue fatte di scambi di idee, di lunghe
chiacchiere e amabili conversazioni su tutto il mondo che ci gira intorno.
Copertina molto semplice e diretta, in linea,
ironicamente con il titolo. Come è nata e chi è l’autore?
La copertina l’ha disegnata mio figlio qualche anno fa. Ancora forse solo
ne parlavo e non so se qualcosa di quel che dicevo abbia scatenato quel
disegno. Fatto sta che nei bambini il fascino per i mostri, i dinosauri, gli
strani esseri fiabeschi è sempre molto presente. Mio figlio disegnava spesso
cose del genere e un giorno ho trovato quel disegno con tanto di scritta. Il
titolo del disco lo avevo già scelto e non ho potuto pensare altro che fosse la
copertina perfetta. Mi piaceva anche l’idea che il mostro fosse qualcosa di
naturale e non spaventoso, semplicemente esiste, ci conviviamo e magari ci giochiamo
anche un po’. Sono molto felice che sia nata una cosa tra me e mio figlio senza
che glielo abbia chiesto. Oggi glielo dico che in ogni intervista mi chiedono
chi sia l’autore della copertina e lui si schernisce, cambia argomento come se
fosse un qualcosa di naturale. Forse è solo timido ma credo sia contento anche
lui di questa cosa, come lo sono io.
Come presenti dal vivo il disco?
Sono spesso da solo, ma quando ci sono le condizioni ho l’onore di essere
accompagnato da Gianni Perinelli al sax baritono e altre diavolerie come
armonium, percussioni e aggeggi elettronici. Un altro è Marco Frattini, un
grande batterista col quale ci divertiamo molto a giocare con la poliritmia per
incentivare il ballo. Ovviamente non sempre posso portarmeli dietro, per mille
motivi, e da solo devo ricorrere all’uso del computer. Non metto cose fissate,
ogni volta tutto cambia e la mia ricerca dal vivo diventa “far sbagliare il
computer” e mettermi nella condizione di fragilità che è la grande ricetta per
far sì che un live diventi emozionante sia per chi lo suona che per chi lo
ascolta. Ed è dal vivo che tutto prende quella forma di ballo, di pulsazioni
vitali con bassi profondi a ricordarci che tutto passa dal cuore per arrivare
alle gambe e alla testa.
Altro da dichiarare?
Godetevi i miei Mostri a tutto
volume e ballate nudi in casa.
Gran piacere ospitare in palude NADDEI, che non è stato mai ospite personalmente in palude, ma c'è stato tante volte con i dischi ai quali a preso parte come produttore (é Francobeat).
Poi, perché anche se è un progetto iniziato prima, sembra un disco indipendente fatto oggi, ai tempi del Coronavirus: fatto in casa, con la copertina, bellissima, nata da un disegno del figlio ... geniale (leggete nell'intervista come lo racconta)
Ma leggetela tutta l'intervista, un'intervista fiume della quale sono molto soddisfatto ... ovviamente ascoltate Mostri, visto che ha preso canzoni molto originali di mostri sacri della nostra canzone ...
Il Tenco di Io sono uno, pezzo celebre e molto sentito, resta anche a distanza di tempo dopo averlo ascoltato. Una versione a togliere come Tenco avrebbe gradito.
Il Ciampi di Più di così no: una versione ipnotica cantata in coppia con la moglie Sabrina Rocchi, come dice nell'intervista. Prende, prende bene ... con la sua ipnotica malinconia.
Naddei definisce questo disco "cantautorave" e nell'intervista dice che il pezzo più "cantautorave" è L'animale di Battiato. E subito dopo Sono buono degli Skiantos. Se ascoltate capirete il perché ... del resto Battiato è il più elettronico dei nostri cantautori.
Sono buono è perfetta, con l'enfasi a togliere di Freak Antoni (solo lui riusciva questa cosa impossibile) ricalcata alla perfezione. Bellissimo il testo, tra l'altro, con tutta quella ironia fortr. Musicalmente molto danzereccio, stile U2 di Discotheque (il ritornello Sono Bono, sono bono, che sia un caso?)
Ma vi potevo dire Io sto bene, dei CCCP, o Verranno a chiederti del nostro amore di De André o Fame di Graziani, o quel pezzo di Conte che non conoscevo (Un vecchio errore) o Gaetano di Tu, forse, non essenzialmente tu, o Io, sì proprio iodi Federico Fiumani... insomma, tutte.
Critico rock del web. Pacifista integrale.
Collaboratore del sito della nota agenda
Smemoranda dalla lontana estate del 2003 e del Frigidaire cartaceo dall'autunno 2009. Dall'aprile 2017 collabora anche con Il Nuovo Male, e dall'estate del 2017 con il portale I Think Magazine, dall'autunno 2018 con MeLoLeggo.it. A gennaio 2018 fonda con Elle il sito L'ORTO DI ELLE E ALLI . Metà veneto, metà altoatesino (la mamma è dello stesso paese di Lilli Gruber), è nato nei primi anni Settanta, il giorno del compleanno di Jack Kerouac.
11 Commenti:
Gran piacere ospitare in palude NADDEI, che non è stato mai ospite personalmente in palude, ma c'è stato tante volte con i dischi ai quali a preso parte come produttore (é Francobeat).
Poi, perché anche se è un progetto iniziato prima, sembra un disco indipendente fatto oggi, ai tempi del Coronavirus: fatto in casa, con la copertina, bellissima, nata da un disegno del figlio ... geniale (leggete nell'intervista come lo racconta)
Ma leggetela tutta l'intervista, un'intervista fiume della quale sono molto soddisfatto ... ovviamente ascoltate Mostri, visto che ha preso canzoni molto originali di mostri sacri della nostra canzone ...
Manca solo Guccini.
Dunque canzoni, quali le mie preferite? Tutte, potrei dire e chiudere il discorso lì, ma sarebbe troppo facile.
Il Tenco di Io sono uno, pezzo celebre e molto sentito, resta anche a distanza di tempo dopo averlo ascoltato. Una versione a togliere come Tenco avrebbe gradito.
Il Ciampi di Più di così no: una versione ipnotica cantata in coppia con la moglie Sabrina Rocchi, come dice nell'intervista. Prende, prende bene ... con la sua ipnotica malinconia.
Tenco e Ciampi in versione elettronica, sono perfetti, forse perché immortali, quindi cantabili in qualsiasi modo.
Naddei definisce questo disco "cantautorave" e nell'intervista dice che il pezzo più "cantautorave" è L'animale di Battiato. E subito dopo Sono buono degli Skiantos. Se ascoltate capirete il perché ... del resto Battiato è il più elettronico dei nostri cantautori.
Sono buono è perfetta, con l'enfasi a togliere di Freak Antoni (solo lui riusciva questa cosa impossibile) ricalcata alla perfezione. Bellissimo il testo, tra l'altro, con tutta quella ironia fortr. Musicalmente molto danzereccio, stile U2 di Discotheque (il ritornello Sono Bono, sono bono, che sia un caso?)
Ma vi potevo dire Io sto bene, dei CCCP, o Verranno a chiederti del nostro amore di De André o Fame di Graziani, o quel pezzo di Conte che non conoscevo (Un vecchio errore) o Gaetano di Tu, forse, non essenzialmente tu, o Io, sì proprio iodi Federico Fiumani... insomma, tutte.
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