sabato 1 ottobre 2016

Per vent’anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare



Durante le nostre recenti vacanze in Sardegna, la
prima cosa fatta è stata visitare la Casa Museo di
Antonio Gramsci, il nostro più grande intellettuale
degli ultimi duecento anni o forse più.

Antonio Gramsci era nato in Sardegna, in quel di
Ales, e si era trasferito poi a Ghilarza, sempre in
Sardegna, dove c’è la sua Casa Museo, quella
da noi visitata con molto piacere.

La casa si trova al centro del paese ed è facile da
trovare: posta su due piani, ha un piccolo giardino
ricco di piante mediterranee, un tetto di paglia, un
pozzo per l’acqua interno, come una volta.   

Siamo stati accolti da una ragazza carina, brava e
appassionata della materia, si vedeva che non era
lì per caso: ci ha detto cosa c’è nella casa, poi un
paio di cose sul fondatore del PCI.

In una bella giornata di sole, abbiamo letto su dei
tabelloni girevoli le tappe della vita di Gramsci, con
le sue famose lettere in evidenza, poi sfogliato dei
vecchi numeri de l’Unità, de L’Ordine Nuovo …

Abbiamo comprato un paio di magliette con il suo volto,
parlato con la ragazza che ci aveva accolti, brava nel
raccontarci di iniziative: con degli occhioni così grandi,
sembrava uscita dal fumetto Nino mi chiamo.

La cosa che più mi ha colpito è stata la frase incisa
nei piani alti, dove si trova la camera e articoli degli
ultimi anni di vita nel carcere, frase pronunciata
dal P.M. Isgro nel processo del 1928.

“Per vent’anni dobbiamo impedire a questo cervello di
funzionare”, così pensavano i fascisti del nostro più
grande intellettuale. Lo temevano veramente tanto
da finire per assassinarlo di carcere.   

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