Durante le
nostre recenti vacanze in Sardegna, la
prima cosa
fatta è stata visitare la Casa Museo di
Antonio
Gramsci, il nostro più grande intellettuale
degli ultimi
duecento anni o forse più.
Antonio
Gramsci era nato in Sardegna, in quel di
Ales, e si
era trasferito poi a Ghilarza, sempre in
Sardegna,
dove c’è la sua Casa Museo, quella
da noi
visitata con molto piacere.
La casa si
trova al centro del paese ed è facile da
trovare:
posta su due piani, ha un piccolo giardino
ricco di
piante mediterranee, un tetto di paglia, un
pozzo per l’acqua
interno, come una volta.
Siamo stati
accolti da una ragazza carina, brava e
appassionata
della materia, si vedeva che non era
lì per caso:
ci ha detto cosa c’è nella casa, poi un
paio di cose
sul fondatore del PCI.
In una bella
giornata di sole, abbiamo letto su dei
tabelloni
girevoli le tappe della vita di Gramsci, con
le sue famose
lettere in evidenza, poi sfogliato dei
vecchi numeri
de l’Unità, de L’Ordine Nuovo …
Abbiamo comprato
un paio di magliette con il suo volto,
parlato con
la ragazza che ci aveva accolti, brava nel
raccontarci
di iniziative: con degli occhioni così grandi,
sembrava
uscita dal fumetto Nino mi chiamo.
La cosa che
più mi ha colpito è stata la frase incisa
nei piani
alti, dove si trova la camera e articoli degli
ultimi anni
di vita nel carcere, frase pronunciata
dal P.M.
Isgro nel processo del 1928.
“Per
vent’anni dobbiamo impedire a questo cervello di
funzionare”,
così pensavano i fascisti del nostro più
grande
intellettuale. Lo temevano veramente tanto
da finire per
assassinarlo di carcere.
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