In palude con Araputo Zen
NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE prog/etnica/classic rock/fusion/jazz
DOVE ASCOLTARLO qui
LABEL SoundFly/No Words
PARTICOLARITA’ giusto interplay fra strumenti acustici e suoni elettrici
CITTA’ Napoli
DATA DI USCITA novembre 2021
L’INTERVISTA
Come è nato Majacosajusta?
Majacosajusta è il nostro secondo album in studio dopo l’ album di esordio Hydruntum uscito nel 2016. Nasce dall’esigenza di portare avanti il nostro lavoro di musica inedita e di ricerca. In questo nuovo disco, a differenza del primo che esplora sonorità completamente acustiche attingendo da generi musicali popolari come il manouche, il tango e la musica balcanica, la ricerca prende spunto e naviga con decisione verso un tipo di suono sicuramente più elettrico. Ascoltando attentamente si riconosce una chiara ricerca della tensione musicale senza tralasciare uno dei nostri punti di forza che è appunto la melodia nelle composizioni. Volendo etichettare la musica che componiamo potremmo identificarla come Ethno/Prog.
Perché questo titolo?
Il titolo Majacosajusta nasce per gioco ma nel gioco parliamo di una cosa molto seria che riguarda i sogni, le ambizioni e la voglia di mettersi in gioco senza compromessi. Majacosajusta è un modo per dire che vale la pena nella vita seguire la propria strada e la propria vocazione per quanto difficile possa essere. Sopratutto se si crede in qualcosa e quella cosa è fatta di nobili ideali, bisogna avere il coraggio e la forza di perseguire poiché crediamo, specie nel momento storico in cui viviamo, che il mondo abbia assoluto bisogno di bellezza e di contenuti che non siano fini a se stessi.
Come è stata la genesi del disco, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
Non esiste una genesi del disco o meglio la genesi affonda le radici quando siamo nati come gruppo dieci anni fa. Non abbiamo deciso a tavolino in che modo dovessimo suonare nel secondo disco o che strada percorrere. Siamo musicisti e suoniamo ciò che ci piace per cui le composizioni nascono semplicemente dalla voglia di continuare a esplorare la musica. Non vi è un genere che rincorriamo, motivo per cui non riusciamo a identificarci in un solo genere. Il nostro è la musica e cerchiamo di farla al meglio delle nostre possibilità.
Questo disco è sicuramente il frutto di tutta la nostra esperienza passata. E un connubio di cinque elementi che decidono di portare avanti un progetto, cosa molto difficile tra l’altro. Il prossimo potrebbe essere un disco pop oppure neoclassico o chissà quale altra piega potrà prendere. In fondo il bello di una band è proprio questo. In questo caso cinque elementi che mettono in gioco le proprie esperienze sia di vita che musicali fondendo il tutto in un insieme unico e personale.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione dell’album?
Ci sono tante cose che sono accadute durante la registrazione del disco. Abbiamo avuto la fortuna di avere un bravissimo co/produttore artistico, Pietro Santangelo, sassofonista di un gruppo che amiamo molto quali gli Slivovitz nonchè sassofonista dei Nu Genea e direi non per ultimo del suo magnifico Pietro Santangelo quintett. Abbiamo avuto la possibilità di registrare in uno studio rinomato e bellissimo, l’Auditorium 900, con un bravo fonico che è Fabrizio Piccolo. Non è stato facile registrare questo disco perché i brani richiedono molta concentrazione e perizia tecnica. Ma è stato bello accorgersi di come siamo migliorati nel tempo anche in studio. Per registrare un buon disco bisogna essere infallibili e avere le idee molto chiare. È un lavoro, quello in studio, che ti mette davanti ai tuoi limiti e questo è un bene se si vuole migliorare sia tecnicamente che a livello espressivo. Ricordo che durante le sessioni di registrazione molti musicisti venivano a trovarci anche solo per un saluto e per spronarci a dare il meglio. Ci sono dei momenti molto intensi che si vivono durante la registrazione e forse proprio in questi momenti viene fuori il “gruppo”. Quando le cose si fanno difficili ci si invoglia a vicenda, ci si abbraccia quando esce qualcosa di bello, si soffre e si gioisce insieme per un bene più grande che per noi è la musica. Tutto questo approccio collaborativo è impagabile. Non si può fare nulla di grande se si è soli.
Se Majacosajusta fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?
Questa è una domanda a cui non saprei rispondere. Credo che ognuno dei componenti degli Araputo ci veda qualcosa. Non possiamo negare però che il disco parli sicuramente dei vicoli di Napoli, città in cui viviamo e irrimediabilmente fonte di grande ispirazione. Parla del mare e in particolare del mare di Procida che tanto ci accomuna per una serie di vicissitudini e accadimenti abbastanza importanti che hanno segnato la nostra amicizia e il nostro modo di “suonare”. Parla di tantissime cose. Parla delle difficoltà che affrontiamo svolgendo un lavoro affatto semplice in un contesto che non ti aiuta particolarmente. In ultima analisi parla di vita. Una trasposizione di tutto quel che ci capita utilizzando le note come linguaggio. Se proprio dovessimo pensare a un concept, mi viene in mente il mare. Il mare inteso come viaggio e destinazione. Il mare che può scuoterti durante una tempesta, metafora che simboleggia perfettamente il difficile cammino e le difficoltà che possiamo incontrare durante la nostra esistenza. Il mare inteso anche come luogo che ti culla, dove puoi sentirti libero nonostante tutto. Insomma il mare.
C’è qualche pezzo che preferite? Qualche pezzo del quale andate più fieri dell’intero disco? … quello più da live?
Siamo molto affezionati a tutti i brani e proviamo piacere a suonarli durante un live poiché ogni brano parla di qualcosa. Tra i brani cui teniamo particolarmente vi è sicuramente Algheritmi di Bruno Belardi, il contrabbassista. Ha un tema molto particolare che si ripete all’interno di più “stanze”. Rispetto al primo disco ci sono nuovi strumenti come l’Hangdrum utilizzato da Pasquale Benincasa. Inizia con un arpeggio di chitarra (Valerio Middione) quasi classico potremmo dire, con il tema che è suonato dal violinista Alfredo Pumilia proseguendo dolcemente verso una tensione ricercata che termina con la ripetizione del tema in pieno stile progressive. Un brano molto interessante compositivamente parlando è Vefio. Qui forse ritroviamo la vera natura degli Araputo. Un brano molto mediterraneo che ha un giusto interplay fra strumenti acustici e suoni elettrici. Credo possa essere un buon sunto di quel che cerchiamo di suonare. Un'alternanza non scontata di suoni tra la tradizione e la ricerca personale. Fra quelli che “funzionano” durante il live troviamo proprio Majacosajusta, con un’andatura coinvolgente che termina con una improvvisazione vocale che è un’altra novità nelle nostre composizioni.
Come è stato produrre Majacosajusta? Chi più vicino dal punto di vista produttivo?
Produrre Majacosajusta come dicevo non è stato semplice. Ha richiesto tanto tempo e vari accorgimenti che attuavamo ad ogni live per poi arrivare al risultato finale. Dal punto di vista della produzione artistica gli Araputo funzionano come una vera e propria band. I brani sono scritti da me che sono il chitarrista e da Bruno Belardi. Alcuni brani sono già finiti ma la maggior parte delle volte si porta un’idea, un canovaccio, sul quale si lavora tutti insieme. Nel momento creativo ognuno espone la propria idea e ci si lavora fin quando non ci riteniamo soddisfatti e contenti. È un processo lento ma molto interessante nel quale ognuno può imparare dall’altro sia dal punto di vista compositivo che dal punto di vista tecnico. Dico sempre che non esistono gli Araputo Zen se non attraverso questa fusione tra i membri.
Come è nata questa copertina? Veramente forte!
La copertina è stata pensata e creata completamente da Gabriele Cernagora che ha lavorato utilizzando la tecnica del collage. Gabriele oltre ad essere un nostro grande amico è una persona che stimiamo dal punto di vista artistico. Anch’egli è musicista, suona il clarinetto e vi invito a visitare la sua pagina Instagram per rendervi conto del gran livello delle sue opere. Abbiamo sempre voluto collaborare fin quando non si è presentata l’occasione e siamo stati subito catturati dalle sue idee. Le foto sono di Sabrina Cirillo mentre per quanto riguarda l’impaginazione ci siamo affidati al lavoro di Gaia Giannini.
Come presentate dal vivo il disco?
Per quanto riguarda il live, in quanto musicisti ci preoccupiamo maggiormente di suonare al meglio le composizioni senza troppi fronzoli.
La musica indipendente ai tempi della Pandemia… come se la passa?
Posso dire che il nostro disco ha avuto
dei grandi ritardi proprio per colpa della
pandemia.
L’uscita è purtroppo slittata di un paio di anni. Fortunatamente abbiamo
trovato una
buona etichetta, la NOWORDS di Bruno Savino, che ci ha dato la possibilità
di
presentare il disco proprio nel luogo in cui è stato registrato.
Che dire…
la musica indipendente se la passa male. Facciamo tanti sforzi che spesso non
vengono
ripagati rispetto a quanto viene investito. Al di là della situazione tragica
in cui
versa tutto
il mondo dell’arte, Napoli è sempre stata una fucina di
grandi
talenti e di musica di qualità che purtroppo non viene troppo considerata. Sono
tante le
cose che non funzionano ma noi continuiamo a crederci e andiamo avanti per
la nostra
strada… Majacosajusta per l’ appunto.
Etichette: Araputo Zen, Campania, Fusion, In palude con ..., Intervista, Jazz, Majacosajusta, Napoli, No Words, Prog, Progressive, SoundFly
12 Commenti:
Gran piacere ospitare i palude gli Araputo Zen, per la loro musica, per questo loro nuovo secondo disco, che mi è piaciuto un sacco subito, e per le belle parole riferite al titolo del disco.
Riporto parte del loro commento riguardo al titolo del disco: "... una cosa molto seria che riguarda i sogni, le ambizioni e la voglia di mettersi in gioco senza compromessi. Majacosajusta è un modo per dire che vale la pena nella vita seguire la propria strada e la propria vocazione per quanto difficile possa essere. "
Ascoltate Majacosajusta la canzone che chiude l'album e ha dato il titolo allo stesso, ascoltate tutto Majacosajusta e capirete il senso del discorso. Concordo poi, è una cosa molto seria seguire le proprie ambizioni.
Drummond nel vento apre in modo esemplare, è proprio un pezzo dove si fondono rumori, del mare e della natura, con una musica che è sempre più potente, non solo ne ritmo che sale, ma in tutta l'orchestrazione...
Vefio è un altro gran bel pezzo, e si capisce perché è citato anche dalla band come uno dei preferiti: gran ritmo, quasi caraibico, la chitarra al meglio della forma, anzi, essa riesce a dare forma al pezzo... provate ad ascoltarlo.
Ma è da citare anche Algheritmi, con una gran chitarra, poi il violino a seguire e il gran ritmo, per un pezzo veramente senza tempo. Dilatato, che ti pare di volare ...
(In)Sanità poi, pezzo rilassato/rilassante con in primo piano il violino, ma con la chitarra elettrica che arriva a un certo punto e sconvolge il tutto, dando un senso rock che prima non c'era.
Un gran disco da ascoltare dall'inizio alla fine ... niente parole, ma una musica che vi lascerà senza parole.
Majacosajusta una filosofia di vita sotto forma di musica.
Mi sembra proprio un lavoro interessante e suonato molto bene (per il poco che ci capisco io 😬)
Bravi
E poi Majacosajusta è quasi il refrain delle nostre vite
😀
Ci capisci, ci capisci Alberto, sia sulla musica, sia sul refrain...
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