NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE Post-rock
LABEL Manita Dischi
PARTICOLARITA’ Post Rock in
italiano
CITTA’ Vari paesi della provincia
di Caserta
DATA DI USCITA 13 Ottobre 2017
L’INTERVISTA
Come è nato Manifesto
della chimica romantica?
Dopo i primi live fatti un po’
dove capitava, abbiamo sentito l’esigenza di palchi e spazi più grandi e adatti al nostro
modo di fare musica. Il nostro live ha momenti di pressione sonora davvero
forti e in qualche occasione abbiamo avuto difficoltà a suonare in posti
piccoli. Così abbiamo pensato che avere un disco ben prodotto, con una buona
promozione ci avrebbe permesso di suonare in posti più adeguati alle nostre
esigenze. Da qui è nata la collaborazione con Massimo De Vita (Blindur) che ci ha aiutati a registrare quello che
già in qualche modo suonavamo dal vivo.
Perché questo titolo? … è anche il titolo di uno dei
pezzi più intensi del disco.
Il significato del titolo è il filo conduttore di tutti i testi del disco.
Una visione scientifica e materialistica della vita con tanto romanticismo di
sottofondo. Ci affascinava tanto l’idea che la title
track del disco fosse un brano strumentale, una sorta di manifesto
del nostro modo di fare musica.
Come è
stata la genesi del cd, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
Dopo pochi mesi dalla nascita del gruppo abbiamo deciso di registrare tutto
il materiale per fare una sorta di punto della situazione, per capire in parole
povere a che punto eravamo. Parte di questo lavoro è diventato pilastro
portante del disco: siamo partiti da questa sorta di demo e abbiamo cominciato a
lavorare con Massimo sulla produzione vera e propria del cd, dalla scelta dei
suoni a quei piccoli particolari di produzione che rendono un lavoro di getto,
come quello fatto del 2015, un vero e proprio disco.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante
la lavorazione del disco?
Sicuramente la prima prova di pre-produzione! Massimo è un amico prima che
il nostro produttore e c’è davvero un rapporto profondo che va oltre quello
musicale. Ma la prima prova è stata un disastro, al punto che abbiamo anche
valutato l’idea di non lavorare insieme. Fortunatamente l’ostinazione di tutti
a fare questo disco ha reso questo aneddoto solo una cosa divertente da
raccontare. Il segreto di un bel disco, a nostro parere, sta proprio nella
sinergia che si viene a creare tra band e produttore.
Se questo
cd fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?
Sì, possiamo togliere il “fosse”. In questo cd abbiamo cercato di far
immergere l’ascoltatore nel nostro mondo, fatto di viaggi, di mari profondi, cieli
stellati, di vita in provincia, di un domani che sarà sicuramente più bello di
ieri. Non è un caso che le prime parole del disco siano “trascura il disordine,
ignora la polvere” e le ultime “le grandi città non sono fatte per me”. Il
viaggio come moto perpetuo e il ritorno ad una casa, quella di sempre, quella
in cui siamo cresciuti.
C’è qualche pezzo che preferite? Qualche pezzo del
quale andate più fieri di Manifesto
della chimica romantica? … che vi piace di
più fare live?
Jules Verne è sicuramente il brano che
pensiamo ci rappresenti di più per ciò che concerne il nostro immaginario. Dal
vivo invece i brani che ci divertiamo di più a suonare sono I treni e le
scie, Il
principio di Archimede, Le regole della
resa incondizionata: quelli che in pratica hanno le esplosioni
dinamiche più forti. In fondo, nonostante le apparenze, ci piace fare casino!
A produrre Manita Dischi. Come vi siete incontrati e
come avete lavorato insieme?... altri da citare a livello produttivo?
Con Manita Dischi c’è stata un’intesa immediata. Massimiliano
Barba, factotum di Manita, ci ha scoperti per caso
e dopo due incontri telefonici avevamo già deciso di lavorare insieme. Il disco
era già pronto quando abbiamo iniziato la nostra collaborazione, ma già dalla
scelta dei videoclip o della comunicazione il supporto dell’etichetta è stato
totale. Cosa molto rara al giorno d’oggi!
Massimo De Vita che abbiamo
menzionato più volte, ha curato la produzione artistica, Paolo Alberta ha
curato i missaggi, mentre il mastering è stato fatto da Biggi, storico fonico
negli storici studi dei Sigur Ros.
Copertina ermetica, sembra un essere sul fondale di un
mare … ci ho beccato? Come è nata e chi l’ha fatta e/o pensata così?
La copertina in verità è un’immagine astratta che in qualche modo ricorda
un fondale marino o una barriera corallina.
Il nostro batterista è un bravissimo illustratore e cura tutte le nostre
grafiche. Questa cosa ci porta ad avere già all’interno del gruppo un
immaginario ben chiaro e definito che è parte integrante e fondamentale della
band.
Come
presentate dal vivo Manifesto della chimica romantica?
Il live è molto fedele al disco. In verità abbiamo fatto quasi il
procedimento inverso cercando di registrare tutto quello che poi avremmo
suonato dal vivo. Il lavoro di produzione è stato quasi tutto incentrato sulla
performance live, con pochissime sovraincisioni o parti che dal vivo non
possiamo riprodurre.
Per ciò che riguarda il concerto vero e proprio ci sono le nostre maglie a
righe a cui siamo molto affezionati a richiamare il tema marinaresco.
Altro da dichiarare?
E’ la prima intervista in cui non ci chiedono perché vi
chiamate Malmö, grazie mille! :D
Etichette: Blindur, Campania, Caserta, In palude con ..., Intervista, Malmö, Manifesto della chimica romantica, Manita Dischi, Post-Rock, Sigur Ros
9 Commenti:
Gran bel modo di iniziare in palude il 2018, con un disco che ho ascoltato molto e con piacere sul finire del 2017.
I Malmö sono un algida band campana di autentico post-rock italico, cantato con patos e una gran resa in italiano.
Dieci pezzi intensi in questo loro Manifesto della chimica romantica, che piace ascoltare in auto o quando cucino, ma che mi accorgo, quando ascolto e basta, che non è semplice musica di sottofondo, anche se può esserla.
Gran bell'inizio con L'alba di un giorno di festa. Potente, possente, incandescente, con basso e batteria a darci dentro e un testo ecologico da vero rock malinconico italico.
Bella poi anche Il principio di Archimede, cullante pop-song che m fa pensare addirittura ai Cure tra piene e vuoti, la vibra che sale. Bella anche A chi è lontano testo intimo e allo stesso universale, con un gran bel ritmo e tastiere in coda che non scordi ... è tra i miei pezzi preferiti del disco.
Ma potrei citare tra le preferite anche la title-track, strumentale possente dal ritmo che sale, partendo piano come una lenta nevicata per finire con la grandine. Gran merito, in tutto questo, alle chitarre.
Da citare anche La deriva pezzo più calmo, canzone d'amore senza rime baciate (per fortuna), con stilettate elettriche in coda, e I treni e le scie, pezzo finale, che come gli altri, esplode inesorabile, grazie a piano, voce, chitarre, gran ritmo ...
Jules Verne è una canzone corale, sia nei suoni, sia nel cantato, capisco perché la citano come preferita ... gran pathos, gran pathos.
Come tutto il disco, del resto. Ascoltatemi: ascoltatelo!
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