In palude con Monofonic Orchestra
NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE INCATALOGABILE
DOVE ASCOLTARLO su vinile, assaggiandolo qui
LABEL PLASTICA MARELLA
PARTICOLARITA’ in vinile colorato e in digitale , le copertine dell’edizione in vinile sono ognuna unica, dipinte a mano e stickerate in modo differente una dall’altra
CITTA’ MILANO
DATA DI USCITA 06/06/2022
L’INTERVISTA
Come è nato Carnival – The Roger Stanza Sessions?
Nasce dall’incontro con Mauro Tondini, dalla stima reciproca e dalla nostra comune passione per i sintetizzatori analogici, così due anni fa abbiamo deciso di iniziare a lavorare insieme, poi abbiamo invitato alcuni ospiti (come Stefano Di Trapani, il duo post-industriale ODRZ e il chitarrista Francesco Zago) e infine abbiamo dato l’intero progetto al nostro amico Roger Stanza che ha tagliacucito, rieditato e remixato il tutto. Se vogliamo essere ancora più specifici possiamo dire che io mi sono occupato per lo più dei contenuti musicali, Mauro di quelli sonori, Roger della forma definitiva del progetto e Roberto Giannotti dell’artwork anch’essa componente fondamentale di Carnival. Naturalmente le rispettive aree di competenza non è che avessero proprio paletti rigidissimi…alla fine ogni passaggio è stato felicemente condiviso da tutti.
Perché questo titolo?
Perché dal 5G siamo tornati a tempi ridicolmente Beethoveniani. Perché lo spaesamento di questi ultimi anni ci ha fatto sentire spesso come vivessimo dentro un Carnevale grottesco, dove verità e paradosso si sovrapponevano tutti i giorni a tutte le ore e ad ogni minuto del giorno e della notte, mentre la sanità andava in tilt, i governi andavano in tilt e l’informazione andava in tilt e il lavoro andava in tilt e il mondo e i suoi equilibri andavano in tilt e le maschere da clown di politici e opinionisti all’improvviso iniziavano a disfarsi in diretta televisiva mostrandio fatalmente i denti da vampiro e gli occhi di ghiaccio rivelando così ciò che in fondo tutti sapevamo già: che in ogni sorriso di carta di questi (si fa per dire) “tutori” del bene comune c’è sempre un bel cospicuo tornaconto personale, che se ne fa un baffo di sangue, sudore e lacrime.. degli altri. Un Carnevale horror coi botti, dove si è ballato, farfugliato a vanvera, urlato, delirato e riso sguaitamente. Una festa triste come la corruttela virale generata dai bonus per restyling di palazzi, palazzine e palazzetti anch’essi in maschera a rifarsi il trucco, perché conta solo l’aspetto e non il marciume interiore. Un party malinconico di burocrati impauriti e imbriachi di boria che vantano il coraggio che non hanno e millantano soluzioni mai accertate, mentre fuori dilaga la Morte Rossa come nell’Allan Poe più classico. Cosa possiamo fare quindi se non lanciare i nostri innocui coriandoli? Non sono certo missili, è soltanto musica. Leggerissima, fino a un certo punto. Frivola, solo in apparenza. Se la vita è un ballo in maschera, balliamo con le maschere che dicono la verità. Mai con quelle che la nascondono.
Come è stata la genesi del disco, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
(vedi sopra).
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione dell’album?
Lo stupore allucinatorio con cui Mauro ed io abbiamo ascoltato per la prima volta il nostro lavoro dopo che Roger Stanza ci aveva messo le mani e poi, tutti e due all’unisono: cazzo è un’altra cosa, ma che figata !!
Se Carnival fosse un concept-album…
Se Carnival fosse un concept-album sarebbe come quegli album che favoleggiavi di poter ascoltare dal vivo ma sapevi già che non avrebbe avuto alcun senso o che non sarebbe mai stata la stessa cosa, e andava bene così. Un desiderio non consumato che restava sogno, talmente tenace che qualsiasi interpretazione futura avrebbe mai potuto scalfire. Il disco stesso era l’esperienza definitiva che iniziava e si concludeva con l’ascolto. Un ascolto così profondo e totalizzante che nemmeno la teatralizzazione più ardita avrebbe mai potuto lontanamente avvicinarsi alla potenza evocativa della tua stessa immaginazione lanciata a briglia sciolta.
C’è qualche pezzo che preferite? Qualche pezzo del quale andate più fieri dell’intero disco? Personalmente vedo Carnival come un carro allegorico lanciato a velocità folle sull’ipocrisia della cosiddetta industria dell’intrattenimento italiota. Che parte con un fou rire incasellato da lanci di batteria quasi prog e termina con un soulsonico Funk you, very much a metà strada tra un Grazie di cuore e un altrettanto accorato Vaffa. Per me è quindi molto difficile scegliere un brano preferito, perché sarebbe un po’ come perdere i pezzi del carro prima che giunga a destinazione.
Come è stato produrre Carnival? Chi più vicino dal punto di vista produttivo?
Come un laboratorio aperto, con periodi consecutivi molto concentrati e poi lunghe pause di sedimentazione, riscrittura, limatura eccetera, e poi ancora due/tre giorni di fila poi giorni off e così via…Un lavoro individualmente collettivo che io Mauro, Roger e Giannotti abbiamo condiviso, in fondo, in egual misura.
Come è nata questa copertina?
Un lampo di genio di Roberto Giannotti, un arcicopertina che è al tempo stesso una non-copertina, come Carnival del resto si potrebbe benissimo definire, in un certo senso, remix di un non-disco.
Come presentate dal vivo il disco?
Come si può facilmente evincere dall’ultima risposta, stiamo al contrario valutando svariate possibilità per come non-presentarlo.
Altro da dichiarare?
Vostro onore, dichiaro di essere parzialmente estraneo ai fatti, ma totalmente colpevole.
Etichette: Alternativa, Carnival, Giovani musicanti e disoccupati, In palude con ..., Intervista, Maurizio Marsico, Maurizio Tondini, Monofonic Orchestra, Musica moderna, Plastica Marella, Roger Stanza, Stefano Di Trapani
12 Commenti:
Gran piacere ospitare in palude la Monofonic Orchestra guidata dal mio amico Maurizo Marsico, anzi, il mio guru personale (tra l'altro sua l'intro al mio piccolo libro Giovani ...).
Motore infaticabile di iniziative musicali ai margini, tra musica moderna e musica elettronica, musica classica e rock, funk, jazz e chi più ne ha ... e con una testa pensante come pochi nell'ambiente musicale.
Come lui, fatico a dire un pezzo preferito rispetto ad un altro, ma non mi sottraggo a questo gioco, perché qui sta la bellezza del mio "mestiere".
Potrei dire Satellite of Love, la versione più rivoluzionaria che abbiate mai sentito. Destrutturata ma con un cuore pompante sangue vero. Nocciolo del disco? Può essere, ma anche no ... a tratti coomovente
Potrei dire Transeurope Express acido, robotico, nostalgico, un giochetto che sembra fin troppo serio, inquietante, ma senza peso specifico (c'è di mezzo l'Europa).
Potrei dire Clockwork Orango Overture giocattoloso estremo, con una pianola che fa cose incredibili, omaggio estremo ad Arancia Meccanicaxxx e i piedinon riescono a stare fermi
Potrei dire Funk You, finale divertito/divertente, tra lo sberleffo e il virtuosistico come il titolo lascia intuire. Sembra la colonna sonora di un bel film, inizia solo dopo aver ascoltato tutto questo incredibile disco
Un disco così forte che ha fatto piovere in questa calda serata d'estate... così da farmi scappare dal balcone.
Forza della Monfonic Orchestra! ... che sconvolge gli elementi e le più banali previsioni.
Funk You, avrei voluto intitolarla Funk you very much ma per un refuso, il titolo è andato in stampa senza l'accrescitivo ! Znort
Spero renda ugualmente l'idea...
Cos sarebbe l'arte senza i re-fusi?
Sì fondiamoli tutti ed in particolare i re bemolle che sono già mezzo squagliati
Posta un commento
Iscriviti a Commenti sul post [Atom]
<< Home page