NOTE
SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE alternativa, elettronica, trip hop
DOVE ASCOLTARLO di sottofondo in una stanza buia o in
macchina mentre si guida da soli: in entrambi i casi di notte … a partire da qui
LABEL La Bionda Records
PARTICOLARITA’ disco notturno, il più delle volte non
segue il classico formato canzone pop.
CITTA’ Bologna
DATA DI USCITA 22 gennaio 2018
L’INTERVISTA
Come è nato Hai mangiato un uomo?
Stavamo registrando un altro disco insieme ad altri
componenti che in realtà spero sia il successore di quello attuale poiché ha
alcuni temi in comune; io e Fab però ci siamo resi conto che volevamo sigillare
un periodo vissuto, scuro, spesso
solitario, fatto di buio, notte, locali scuri e suoni sporchi. Qualcosa che
avesse a che fare più con noi due e con un nostro periodo. E’ incredibile,
quando registri qualcosa sigilli un periodo. E’ difficile avere il tempo di
suonare qualcosa che stai vivendo nell’immediato presente.
Perché questo titolo? … un
titolo forte.
Hai mai
mangiato un uomo? è
un verso di una delle canzoni portanti dell’album, Come andar di notte.
Parla dei pensieri che ti vengono in testa mentre vaghi da solo e talvolta non
ti ritrovi. Hai a che fare con domande strane dentro di te. Hai mai
mangiato un uomo? vuol dire in un certo senso “Hai veramente pensato a
quella cosa? Hai veramente ipotizzato quella cosa impronunciabile in pubblico?
Ti sei mai chiesto quanto puoi essere cattivo? Non hai mai avuto paura di
spingerti oltre?”. Non è un inno alla violenza, semmai una riflessione su
come possa essere lì in agguato e proprio dentro te. Se sei consapevolmente
buono è perché spesso sei già stato un cattivo. Ti fideresti mai di una persona
che non ha mai sbagliato nella vita? Ecco, il disco parla di questo limite,
dello stare lì lì per sbagliare. A meno che non ti fermi e per farlo a volte
bisogna farsi delle domande forti. Comunque non ho mai mangiato un uomo, mi
tengo la domanda. Non ancora.
Come è stata la genesi del cd,
dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
Una mattina Fab mi disse:
“Perché non proviamo a registrare liberamente in quello studio nel nostro
quartiere (la Bolognina), lo Studio Spaziale?” Per liberamente intendeva
portare alcune tracce non per forza finite e registrare il processo creativo
durante il quale esse venivano portate a termine, delle sessioni in presa
diretta in cui ogni brano viene suonato più e più volte finché non raggiunge
uno stadio soddisfacente, tutto dal vivo e non a tracce cronologicamente separate.
Questo perché talvolta mentre improvvisi o suoni dal vivo escono fuori cose
molto intime, istintive e sincere, direi a volte primitive. Sarebbe bello
immortalarle, noi lo abbiamo fatto proprio con questo album. “Non si può
vietare in un deserto” è una lunga attesa di 12 minuti; è la sessione di una
canzone portata avanti liberamente: la sentite crescere, non ci sentivamo di
tagliarla. Chi la ascolta dice che si lascia trasportare.
Qualche episodio che è rimasto
nella memoria durante la lavorazione del disco?
Il brano Fotografia finito sul disco è la primissima sessione di una
canzone che non esisteva: Fabio durante una pausa iniziò a suonare degli
accordi. “Fab, vai avanti” gli dissi, mentre cercavo un paio di fogli con dei
testi che in realtà parlavano dello stesso ricordo. Iniziai a cantare. La
canzone si concluse. Nel frattempo Roberto aveva registrato tutto. Ci siamo
guardati e abbiamo riso: era nato qualcosa in quel preciso momento. Tenemmo
questa prima take. Era impulsività pura. Che altro? Alla fine di Un seme, brano che invece esisteva già,
Rob disse un “Wow”: è una semplice canzone ma molto diretta.
Se questo cd fosse un
concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?
Eh
eh, sì, togliamo il “fosse”. E’ un concept album. E’ sull’istintività notturna
che ha ognuno di noi. E’ liberare la mente come se fosse in una gabbia e
lasciarla vagare come un animale sull’asfalto. Parte con tre domande, finisce
in un deserto. Nel durante attraversa la strada, incontra studenti all’inizio
della loro curiosità (L’età dell’innocenza), ricordi che non vanno più
via come l’immortalato sorriso della Mona Lisa (Fotografia), dolcezza (Un
seme) e pensieri altrui (Neve).
E’ la mente quando vaga da sola per la città: esci di casa e finisci in
un deserto, mettiamola così.
C’è qualche pezzo che
preferite? Qualche pezzo del quale andate più fieri di Hai mangiato un uomo? … che vi piace di più fare live?
Direi
Fotografia. La partenza nel live è cambiata abbastanza, è una buona
intro. Senti il cielo come me viene via liscia o anche Come andar di
notte: un buon modo di congedare il pubblico. Su disco ci piace molto Non
si può vietare in un deserto, e io personalmente penso sia una delle cose
migliori che abbiamo fatto; dal vivo però è dura riproporla, ma non a livello
tecnico, in fondo anche quella del disco è “dal vivo”: deve esserci
l’intenzione giusta.
La
Bionda Records a produrre. Come è nata questa collaborazione? Altre importanti da citare?
Questi ragazzi credevano in
noi. Forse a volte sembrano i soli a farlo, anche se non è così. Anche il
nostro ufficio stampa ha creduto in noi. Ci siamo detti tutti “proviamoci, non
è un disco facile, ma proviamoci”.
Copertina elettrica, direi in
linea con la vostra musica? Come è nata e chi l’autore?
L’estate scorsa stavo facendo
ascoltare in auto il disco non ancora ultimato a un mio amico, Stefano dei The
Marigold. Mi disse: “Sembra di stare sui viali di Milano la notte”, io lo corressi
scherzando: “Di Bologna!”. “Avete già una copertina?” così gli feci vedere
questa foto che aveva fatto Stella, la compagna di Fab: era il nostro divano in
cucina, il luogo dove spesso componiamo (io e Fab siamo coinquilini e la nostra
casa è una sorta di sala prove sempre attiva; in quel periodo Stella viveva con
noi), con una lampada anni 70 della proprietaria di casa di fianco, una
chitarra acustica poggiata e qualche cavo di sintetizzatori. Con il titolo “Hai
mai mangiato un uomo?” sovrapposto sembrava una stanza di albergo di un film di
David Lynch, come se presagisse la scena di un omicidio. Quel divano era così
vuoto, dava un senso di assenza. Un’idea interessante. Nel complesso però non
aveva un’aria “elettronica”, sembrava suggerire più un disco country e lì
pensai un po' commercialmente: se fosse finita su Spotify gli amanti della
elettronica non ne sarebbero stati attratti per appartenenza di genere, rischiavamo
di attirare persone che pensavano a un altro genere e di deluderli e non quelle
che erano veramente interessate. Penso sempre a quel detto: “Se vuoi fare
l’artista ragiona come un commercialista” - dal punto di vista burocratico - e
a un disco un po' difficile bisognava dare una piccola mano. Così mi ricordai
di una foto fatta dal fotografo Gianluca Scerni a dei fuochi d’artificio: vedi
il movimento delle luci nel cielo notturno. Una foto che non ha avuto ritocchi
o non troppi, come la musica del disco che abbiamo registrato. Nell’insieme
l’effetto non era subito riconducibile a dei fuochi d’artificio ma a delle luci
al neon. Movimento nella notte. “Erano questi i colori che mi hanno suggerito
il disco, scuri, acidi” mi disse Stefano, così pensammo di tenerli. Il buon
vecchio divano finì all’interno del libretto ma con noi sopra. Quella fu l’idea
iniziale della copertina: mostrare noi nel nostro “luogo di lavoro” ma
sembravamo un po' i Kings of Convenience e anche qui comunicare qualcosa di
acustico non era buono. Un po' rimpiango ancora quella meravigliosa foto del
divano, diceva molto. Spero che prima o poi la utilizziamo per qualcosa.
Come presenterete dal vivo Hai
mangiato un uomo?
I
brani sono tutti “attaccati”, è stato tutto pensato come fosse un enorme dj set
suonato dal vivo, si passa da un pezzo all’altro non fermando mai la drum
machine ma alterando i tempi e le tonalità. Qualcosa ti ho già detto ma mi
piacerebbe raccontarti il tutto con la scaletta degli ultimi live. Spoileriamo.
1) La partenza: una versione live più scandita con tastiere anni 80. La
partenza è un buon tema per iniziare un live, non trovi? La partenza.
Subito dopo si passa al brano Intro dove su un tappeto di sole tastiere
vengono rivolte al pubblico le tre domande: “Hai mai colpito un uomo? Hai mai
ucciso un uomo? Hai mai mangiato un uomo?”; così parte improvvisamente Senti
il cielo come me per fare muovere i presenti e si riatterra su Fotografia.
In quest’ultima sono libero dagli strumenti, così mentre canto pesco dal
pubblico un ospite “a sorpresa”: è Susanna Regazzi, la voce femminile che puoi
sentire in alcuni brani del disco. Da qui Neve e Non si può vietare
in un deserto. Seguono poi anche alcuni brani vecchi come Il quarto uomo
sulla luna e Gli anni luce ma attenzione! Nel durante viene eseguito
anche un brano inedito. A volte chiudiamo con Come andar di notte, a volte
con Un seme. Ricordo la versione di Un seme al Ribalta, a
Vignola: ero stanco di stare dietro la tastiera così presi la chitarra
elettrica di Fab e la suonai, ne uscì una versione dalle intenzioni punk. E
pensare che sul disco è dolce.
Altro da dichiarare?
Stiamo
montando le date: chiamateci, fateci suonare, non ci chiama nessuno, non siamo
pop e ci odiano, vogliamo venire!
Etichette: Alternativa, Bologna, Elettronica, Emilia Romagna, Hai mangiato un uomo?, iBerlino, In palude con ..., Intervista, La Bionda Records, Pop, Ribalta
12 Commenti:
Disco notturno, adatto a una nottata di pioggia come questa ... perfetti questi iberlino.
Gruppo autenticamente alternativo, senza tirarsela e con molta ironia, ha fatto un disco semplice e diretto, quanto intrigante e ricercato. Impossibile?
Ascoltate le 9 tracce e non vi sembrerà tanto impossibile.
Da breve, implacabilmente breve Intro, che sta bene all'inizio (credo anche dei concerto), a Senti il cielo come me, pezzo ottimista, fuori dal tempo e dallo spazio ...
Da La partenza elettronica futuristica, ritmica con un testo filosofico, il piano a dare il ritmo a Neve, pezzo dove c'è un bel gioco voce maschile/femminile, un gran ritmo e una chitarra mantrica ...
Poi Fotografia, pezzo alternative, intimo, scavato, molto La Crus prima maniera ...
L'età dell'innocenza è un gran bel pezzo di alternative-rock elettrico, mentre Un seme sembra un pezzo da cantautore classico, nel suo voce/piano ...
In chiusura due pezzi dilatati, i più lunghi dell'album, con i sette minuti ci Come andar di notte che volano in un lampo, e il gran finale, mistico e sensuale con ironia Non si può vietare un deserto di dodici minuti e rotti ...
Ho voluto citarle tutte, perché è un disco da ascoltare tutto d'un fiato ...senza cali di tensione. Fatelo!
Ascoltato .. è vero che c'è il buio .... e il buio mi piace.
Mi fa piacere che lo hai colto, perché è una sensazione vera, tangibile, ascoltandolo ... e allora ti sarà piaicuto, ne sono certo.
Si !
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