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venerdì 13 aprile 2018

In palude con iBerlino

NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE alternativa, elettronica, trip hop
DOVE ASCOLTARLO di sottofondo in una stanza buia o in macchina mentre si guida da soli: in entrambi i casi di notte … a partire da qui
LABEL La Bionda Records
PARTICOLARITA’ disco notturno, il più delle volte non segue il classico formato canzone pop.
CITTA’ Bologna
DATA DI USCITA 22 gennaio 2018
 L’INTERVISTA
Come è nato Hai mangiato un uomo?
Stavamo registrando un altro disco insieme ad altri componenti che in realtà spero sia il successore di quello attuale poiché ha alcuni temi in comune; io e Fab però ci siamo resi conto che volevamo sigillare un periodo vissuto,  scuro, spesso solitario, fatto di buio, notte, locali scuri e suoni sporchi. Qualcosa che avesse a che fare più con noi due e con un nostro periodo. E’ incredibile, quando registri qualcosa sigilli un periodo. E’ difficile avere il tempo di suonare qualcosa che stai vivendo nell’immediato presente.
Perché questo titolo? … un titolo forte.
Hai mai mangiato un uomo? è un verso di una delle canzoni portanti dell’album, Come andar di notte. Parla dei pensieri che ti vengono in testa mentre vaghi da solo e talvolta non ti ritrovi. Hai a che fare con domande strane dentro di te. Hai mai mangiato un uomo? vuol dire in un certo senso “Hai veramente pensato a quella cosa? Hai veramente ipotizzato quella cosa impronunciabile in pubblico? Ti sei mai chiesto quanto puoi essere cattivo? Non hai mai avuto paura di spingerti oltre?”. Non è un inno alla violenza, semmai una riflessione su come possa essere lì in agguato e proprio dentro te. Se sei consapevolmente buono è perché spesso sei già stato un cattivo. Ti fideresti mai di una persona che non ha mai sbagliato nella vita? Ecco, il disco parla di questo limite, dello stare lì lì per sbagliare. A meno che non ti fermi e per farlo a volte bisogna farsi delle domande forti. Comunque non ho mai mangiato un uomo, mi tengo la domanda. Non ancora.
Come è stata la genesi del cd, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
Una mattina Fab mi disse: “Perché non proviamo a registrare liberamente in quello studio nel nostro quartiere (la Bolognina), lo Studio Spaziale?” Per liberamente intendeva portare alcune tracce non per forza finite e registrare il processo creativo durante il quale esse venivano portate a termine, delle sessioni in presa diretta in cui ogni brano viene suonato più e più volte finché non raggiunge uno stadio soddisfacente, tutto dal vivo e non a tracce cronologicamente separate. Questo perché talvolta mentre improvvisi o suoni dal vivo escono fuori cose molto intime, istintive e sincere, direi a volte primitive. Sarebbe bello immortalarle, noi lo abbiamo fatto proprio con questo album. “Non si può vietare in un deserto” è una lunga attesa di 12 minuti; è la sessione di una canzone portata avanti liberamente: la sentite crescere, non ci sentivamo di tagliarla. Chi la ascolta dice che si lascia trasportare.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione del disco?
Il brano Fotografia finito sul disco è la primissima sessione di una canzone che non esisteva: Fabio durante una pausa iniziò a suonare degli accordi. “Fab, vai avanti” gli dissi, mentre cercavo un paio di fogli con dei testi che in realtà parlavano dello stesso ricordo. Iniziai a cantare. La canzone si concluse. Nel frattempo Roberto aveva registrato tutto. Ci siamo guardati e abbiamo riso: era nato qualcosa in quel preciso momento. Tenemmo questa prima take. Era impulsività pura. Che altro? Alla fine di Un seme, brano che invece esisteva già, Rob disse un “Wow”: è una semplice canzone ma molto diretta.
Se questo cd fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?
Eh eh, sì, togliamo il “fosse”. E’ un concept album. E’ sull’istintività notturna che ha ognuno di noi. E’ liberare la mente come se fosse in una gabbia e lasciarla vagare come un animale sull’asfalto. Parte con tre domande, finisce in un deserto. Nel durante attraversa la strada, incontra studenti all’inizio della loro curiosità (L’età dell’innocenza), ricordi che non vanno più via come l’immortalato sorriso della Mona Lisa (Fotografia), dolcezza (Un seme) e pensieri altrui (Neve).  E’ la mente quando vaga da sola per la città: esci di casa e finisci in un deserto, mettiamola così.
C’è qualche pezzo che preferite? Qualche pezzo del quale andate più fieri di Hai mangiato un uomo? … che vi piace di più fare live?
Direi Fotografia. La partenza nel live è cambiata abbastanza, è una buona intro. Senti il cielo come me viene via liscia o anche Come andar di notte: un buon modo di congedare il pubblico. Su disco ci piace molto Non si può vietare in un deserto, e io personalmente penso sia una delle cose migliori che abbiamo fatto; dal vivo però è dura riproporla, ma non a livello tecnico, in fondo anche quella del disco è “dal vivo”: deve esserci l’intenzione giusta.
La Bionda Records a produrre. Come è nata questa collaborazione? Altre importanti da citare?
Questi ragazzi credevano in noi. Forse a volte sembrano i soli a farlo, anche se non è così. Anche il nostro ufficio stampa ha creduto in noi. Ci siamo detti tutti “proviamoci, non è un disco facile, ma proviamoci”.
Copertina elettrica, direi in linea con la vostra musica? Come è nata e chi l’autore?
L’estate scorsa stavo facendo ascoltare in auto il disco non ancora ultimato a un mio amico, Stefano dei The Marigold. Mi disse: “Sembra di stare sui viali di Milano la notte”, io lo corressi scherzando: “Di Bologna!”. “Avete già una copertina?” così gli feci vedere questa foto che aveva fatto Stella, la compagna di Fab: era il nostro divano in cucina, il luogo dove spesso componiamo (io e Fab siamo coinquilini e la nostra casa è una sorta di sala prove sempre attiva; in quel periodo Stella viveva con noi), con una lampada anni 70 della proprietaria di casa di fianco, una chitarra acustica poggiata e qualche cavo di sintetizzatori. Con il titolo “Hai mai mangiato un uomo?” sovrapposto sembrava una stanza di albergo di un film di David Lynch, come se presagisse la scena di un omicidio. Quel divano era così vuoto, dava un senso di assenza. Un’idea interessante. Nel complesso però non aveva un’aria “elettronica”, sembrava suggerire più un disco country e lì pensai un po' commercialmente: se fosse finita su Spotify gli amanti della elettronica non ne sarebbero stati attratti per appartenenza di genere, rischiavamo di attirare persone che pensavano a un altro genere e di deluderli e non quelle che erano veramente interessate. Penso sempre a quel detto: “Se vuoi fare l’artista ragiona come un commercialista” - dal punto di vista burocratico - e a un disco un po' difficile bisognava dare una piccola mano. Così mi ricordai di una foto fatta dal fotografo Gianluca Scerni a dei fuochi d’artificio: vedi il movimento delle luci nel cielo notturno. Una foto che non ha avuto ritocchi o non troppi, come la musica del disco che abbiamo registrato. Nell’insieme l’effetto non era subito riconducibile a dei fuochi d’artificio ma a delle luci al neon. Movimento nella notte. “Erano questi i colori che mi hanno suggerito il disco, scuri, acidi” mi disse Stefano, così pensammo di tenerli. Il buon vecchio divano finì all’interno del libretto ma con noi sopra. Quella fu l’idea iniziale della copertina: mostrare noi nel nostro “luogo di lavoro” ma sembravamo un po' i Kings of Convenience e anche qui comunicare qualcosa di acustico non era buono. Un po' rimpiango ancora quella meravigliosa foto del divano, diceva molto. Spero che prima o poi la utilizziamo per qualcosa. 
Come presenterete dal vivo Hai mangiato un uomo?
I brani sono tutti “attaccati”, è stato tutto pensato come fosse un enorme dj set suonato dal vivo, si passa da un pezzo all’altro non fermando mai la drum machine ma alterando i tempi e le tonalità. Qualcosa ti ho già detto ma mi piacerebbe raccontarti il tutto con la scaletta degli ultimi live. Spoileriamo. 1) La partenza: una versione live più scandita con tastiere anni 80. La partenza è un buon tema per iniziare un live, non trovi? La partenza. Subito dopo si passa al brano Intro dove su un tappeto di sole tastiere vengono rivolte al pubblico le tre domande: “Hai mai colpito un uomo? Hai mai ucciso un uomo? Hai mai mangiato un uomo?”; così parte improvvisamente Senti il cielo come me per fare muovere i presenti e si riatterra su Fotografia. In quest’ultima sono libero dagli strumenti, così mentre canto pesco dal pubblico un ospite “a sorpresa”: è Susanna Regazzi, la voce femminile che puoi sentire in alcuni brani del disco. Da qui Neve e Non si può vietare in un deserto. Seguono poi anche alcuni brani vecchi come Il quarto uomo sulla luna e Gli anni luce ma attenzione! Nel durante viene eseguito anche un brano inedito. A volte chiudiamo con Come andar di notte, a volte con Un seme. Ricordo la versione di Un seme al Ribalta, a Vignola: ero stanco di stare dietro la tastiera così presi la chitarra elettrica di Fab e la suonai, ne uscì una versione dalle intenzioni punk. E pensare che sul disco è dolce.
Altro da dichiarare?
Stiamo montando le date: chiamateci, fateci suonare, non ci chiama nessuno, non siamo pop e ci odiano, vogliamo venire!

12 commenti:

  1. Disco notturno, adatto a una nottata di pioggia come questa ... perfetti questi iberlino.

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  2. Gruppo autenticamente alternativo, senza tirarsela e con molta ironia, ha fatto un disco semplice e diretto, quanto intrigante e ricercato. Impossibile?

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  3. Ascoltate le 9 tracce e non vi sembrerà tanto impossibile.

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  4. Da breve, implacabilmente breve Intro, che sta bene all'inizio (credo anche dei concerto), a Senti il cielo come me, pezzo ottimista, fuori dal tempo e dallo spazio ...

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  5. Da La partenza elettronica futuristica, ritmica con un testo filosofico, il piano a dare il ritmo a Neve, pezzo dove c'è un bel gioco voce maschile/femminile, un gran ritmo e una chitarra mantrica ...

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  6. Poi Fotografia, pezzo alternative, intimo, scavato, molto La Crus prima maniera ...

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  7. L'età dell'innocenza è un gran bel pezzo di alternative-rock elettrico, mentre Un seme sembra un pezzo da cantautore classico, nel suo voce/piano ...

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  8. In chiusura due pezzi dilatati, i più lunghi dell'album, con i sette minuti ci Come andar di notte che volano in un lampo, e il gran finale, mistico e sensuale con ironia Non si può vietare un deserto di dodici minuti e rotti ...

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  9. Ho voluto citarle tutte, perché è un disco da ascoltare tutto d'un fiato ...senza cali di tensione. Fatelo!

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  10. Ascoltato .. è vero che c'è il buio .... e il buio mi piace.

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  11. Mi fa piacere che lo hai colto, perché è una sensazione vera, tangibile, ascoltandolo ... e allora ti sarà piaicuto, ne sono certo.

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