NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE synthpop
DOVE ASCOLTARLO (in parte o
tutto) spotify, apple
music, deezer, su youtube invece è possibile trovare il video del primo singolo
estratto, Di me di noi di te.
LABEL lapidarie incisioni
PARTICOLARITA’
CITTA’: Roma
DATA DI USCITA 29 giugno 2017
Come è nato Il momento di pensare alle cose?
È la raccolta delle canzoni simbolo di un lungo e
densissimo periodo della mia vita, iniziato indicativamente due anni fa e non
so bene se finito, a dire il vero. Volevo racchiudere una piccola grande crisi
esistenziale, tipicamente borghese, drammatica e per nulla drammatica,
all’interno di qualcosa di tangibile. Con l’obiettivo personalissimo di
lasciarmela alle spalle e dare una direzione alla mia esistenza. Non è andata
esattamente così, però è venuto fuori un disco, che comunque è qualcosa di mio
e rimarrà nel mondo più a lungo di me, forse, almeno fisicamente.
Perché questo titolo, … un titolo importante, da
cantautori …
È la rivisitazione di una delle frasi conclusive di Into the Wild
di Jon Kakauer. Lì si parla d’altro, della
frattura tra società e natura. Mi è rimasta impressa comunque e ho voluto
provare a riadattarla al mio caso. È una frase ambigua, come il concetto che
racchiude: pensare alle cose significa essere pragmatici? Essere produttivi? Uscire
dalla bolla dei primi vent'anni di vita e iniziare a darsi una forma sociale,
umana ecc.? Un po' di tutto questo, credo. Attraverso questo disco mi piacerebbe
comunicare con tutti coloro che ad un certo punto si sono scontrati con una
sensazione del genere. "che faccio? chi sono? cosa vuole la (mia) storia
da me?"
Come è stata la genesi del cd, dall’idea iniziale alla
sua realizzazione finale?
Avevo questi pezzi sparsi tra il computer e il telefono e
questa esigenza di raccontarmi in qualche modo: ho chiesto al mio amico
Pietro Paroletti (Sala Tre studio), talento cristallino, con cui avevo già
realizzato un album (rimasto inedito), cosa ne pensasse di ritentare. Abbiamo
ritentato senza troppo riflettere. La versione definitiva di ognuno dei brani è
lo sviluppo diretto dei provini. Nessuna distinzione tra la fase di
preproduzione e quella di produzione, è tutto figlio del momento. Una forma
rapidissima di realizzazione, o anche, volendo, una forma lentissima di
improvvisazione. Ci tenevo molto che fosse così, volevo che il disco
rispecchiasse per filo e per segno l’esigenza espressiva che avevo di
raccontare spontaneamente, lasciando spazio ai pensieri così come li avevo
pensati.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante
la lavorazione del disco?
Ricordo nitidamente il momento in cui mi sono reso conto
di quale aspetto avrebbe avuto il disco. Era il primo giorno, stavamo lavorando
alla title track, Il momento di pensare alle cose. Pietro (Paroletti) ha
messo dal cellulare Nikes
di Frank Ocean e ha detto "la famo così". Poi ovviamente non è venuto
niente di lontanamente simile, ma per me è come se da quel momento si fosse
creata un'idea comune, una linea guida condivisa.
Se questo
cd fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?
Il concept
alla base è la crisi meravigliosamente normale di un ragazzo alla ricerca di un
posto nell'universo dove andarsi a rannicchiare, di una prospettiva da
acquisire. In amore, in amicizia, nella vita
universitaria/lavorativa/nessuna-delle-due, nelle scelte e nelle non scelte.
C’è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del
quale vai più fiero di Il momento di
pensare alle cose? … che ti piace di più fare live?
La risposta a entrambe le domande è senza dubbio il momento di pensare alle cose. È la
canzone da cui tutto è partito, la prima ad essere stata scritta e la prima su
cui abbiamo lavorato in studio. Racconta una conversazione disordinata tra me e
un amico, che si è tenuta a san Lorenzo, in un bar rosa che faceva dei cocktail
incredibili e poi ha chiuso all'improvviso. La conversazione è durata circa
cinque mesi e poi si è bruscamente interrotta. Il tema era "cosa ne faccio
di me stesso". Quando la suono dal vivo mi sento in quel bar rosa.
Come è stato a livello produttivo fare
il cd? Da chi i contributi maggiori?
L'abbiamo fatto in tre: io, Pietro Paroletti, che non
solo è il produttore ed è mio amico dal liceo, ma ha anche suonato la maggior
parte degli strumenti e Leone Albinati, anche lui amico di tutta una vita, che
ha suonato il basso e collaborato agli arrangiamenti. Riuscire a realizzare un
disco lavorando con gli amici di sempre è una fortuna che auguro a
chiunque faccia musica. È un modo di scavarsi dentro, e secondo me il risultato
finale lo rispecchia, nel bene e nel male.
Copertina con un te molto riflessivo … che pensa alle
cose, forse. Come è nata e chi l’ha fatta e/o pensata?
L'ha realizzata Eleonora Danese, che è bravissima e ha
fatto anche la copertina di t.i.n.a. dei Moblon per Bravo Dischi. La foto
l'ha scattata Niccolò Barca. sembra che io stia pensando alle cose, è vero. in
realtà stavo guardando un pallone di quelli della Champions League, con le
stelle, in un campo di calcio abbandonato sotto la tangenziale, e pensavo per
lo più a come calciarlo per non fare la figura del coglione davanti al
fotografo. Non sarebbe sbagliato obiettare che anche questo in un certo senso
significa pensare alle cose.
Come presenti dal vivo questo album?
Ci atteniamo abbastanza fedelmente agli arrangiamenti del
disco. Siamo in quattro (Edoardo, Brandon, Leone, Guglielmo: voce-chitarra, tastiere-synth,
basso, batteria). Nelle prossime settimane uscirà un nuovo video che presenteremo il 15 settembre al Fauno 3.0 di Roma (aggiornamenti su instagram e facebook).
Altro da dichiarare?
Mi sa che sono già stato abbastanza prolisso …
Etichette: Bravo Dischi, Cantautorato, Edoardo Baroni, Fauno 3.0, Frank Ocean, Il momento di pensare alle cose, In palude con ..., Intervista, Into the Wild, Jon Kakauer, Lapidarie Incisioni, Moblon, Pop, Roma, Synth-pop
10 Commenti:
Otto pezzi facili, di un nuovo interessante cantautore romano, ironico e disincantato, che in questo disco d'esordio canta l'amore, soprattutto l'amore, perso ...
Otto pezzo così, nati proprio in seguito ad una delusione d'amore, a un periodo di incertezze, non solo sentimentali ... come dice nell'intervista,
Fatti personali che, travalicando la propria biografa, diventano canzoni che stanno in piedi ... con il giusto peso da dare alle cose, quando ci si pensa.
E così la title-track, ispirata da quel capolavoro letterario poi grande film di Sean Penn, Into the Wild, dal testo minimalista con l'elettronica inevitabilmente presente ...
Approfondisce l'estraneità a questo mondo in un pezzo emblematicamente intitolato Pazzo, intimo voce/piano.
Racconta bene della sua generazione con Germania, lo smarrimento di una generazione, con disincanto ...
Chiude il disco con un pop-rock da nuovi cantautori, che scorre perfetto e sbarazzino tra voce, chitarre e coretti (s'intitola Sempre così).
Credo sia un esordio promettente, un nome da segnarsi questo Edoardo Baroni, un fuoco che brucia sotto ... vediamo se s'incendia (o continuerà a bruciare sotto, per volontà).
Bellissima copertina e come capisco le esigenze personali di una persona che ha le qualità di metterle in musica con testi per fortuna originali e diversi dal solito amore e cuore.
Bellissima l'idea di " Into the wild " , per chi la sente interiormente è naturale.
A me è piaciuto, vediamo il seguito!
Bacione Alli
Grande Nella, sei riuscita a sintetizzare in poche righe l'essenza di questo disco, ma non mi sorprendo, essendo esperta e appassionata di musica come me. Concordo con la tua chiosa: A me è piaciuto, vediamo il seguito!.
Al prossimo disco.
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