martedì 7 gennaio 2025

In palude con Vittorio Nistri e Filippo Panichi

NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO

GENERE   Sperimentale, elettroacustica, musica da camera, noise, avant-qualcosa

DOVE ASCOLTARLO qui, ma meglio su Lp o cd

LABEL Snowdonia Dischi

PARTICOLARITA Una ricetta sonora rischiosa (tanta improvvisazione di elettronica anarchica e rumorista, abbinata a tanta scrittura melodica per ensemble di archi e fiati) - ma, stranamente, ha funzionato

SITO INSTAGRAM FB Ancora no, forse in futuro (Fb Vittorio Nistri Fb Filippo Panichi)

CITTA’ Firenze

DATA DI USCITA 1 novembre 2024

L’INTERVISTA

Come è nato questo vostro disco?

Vittorio: a Firenze è esistito, fino a pochi anni fa, un luogo di ritrovo per appassionati di pensiero alternativo e arte “off the beaten tracks”. Si chiamava Studio Rosai, e, tra le altre cose, ospitò il primo live della Deadburger Factory. Adesso non c’è più (e nemmeno Fabio Norcini, il caro amico che lo gestiva).

Fu frequentando lo Studio Rosai che Filippo ed io ci siamo incontrati, ed abbiano iniziato a interessarci ciascuno alle produzioni dell’altro. Facevamo cose molto differenti, ma animate dallo stesso interesse per i suoni “altri”, e dallo stesso desiderio di sperimentare (anche se la sperimentazione era incentrata prevalentemente per Filippo sull’improvvisazione radicale, e per me sulla ricerca di strutture compositive non convenzionali).

Inoltre, allo Studio Rosai fece la sua prima mostra un giovane e talentuoso pittore calabrese, Beppe Stasi. Filippo ed io stringemmo rapporti anche con lui, e ci ripromettemmo che, prima o poi, avremmo unito le nostre forze per un lavoro in comune. Questo album è l’avverarsi di quella promessa.

Come mai senza un titolo? Per dire: noi siamo le nostre canzoni?

Filippo: all’inizio avevamo in mente alcuni possibili “working titles”, ma a un certo punto ci sembrava che non rappresentassero più quello che stavamo realizzando. Questo disco è soprattutto l’incontro tra due persone e i loro rispettivi mondi musicali, con le loro intersezioni e le zone sconosciute.

Come è stata la genesi di questo disco, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?

Vittorio: Abbiamo iniziato a distanza, scambiandoci files durante i vari lockdown, e dopo abbiamo proseguito di persona. Alcuni brani sono partiti da registrazioni di impro di Filippo, altri da armonie/melodie mie che avevo registrato con piano o synth. Nel corso del lungo periodo di gestazione, i brani sono venuti a definirsi poco a poco, spontaneamente, assecondando gli stati d’animo del periodo che sia io che Filippo stavamo passando.

Dal momento che, per questo album, mi sono venute fuori molte partiture per altri strumenti, c’è stata poi tutta una fase di session con altri strumentisti, chiamati a suonarle ed interpretarle (Enrico Gabrielli a clarinetti e sax, Giulia Nuti alla viola, Silvia Bolognesi al contrabbasso, Pietro Horvath al violoncello, Edoardo Baldini al trombone).

Determinante, infine, il mixaggio di Giacomo Fiorenza (già alla consolle con Deadburger Factory e Ossi), che ha lavorato su questo album con un coinvolgimento totale, forse perché gli ricordava qualcosa di Egisto Macchi, che è uno dei suoi miti

Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione del cd?

Filippo: ah la mia memoria è un po’ labile e la lavorazione del disco è durata 4 anni... scherzo. Citerei le numerose session di improvvisazione che abbiamo fatto per il disco, o per rilassarci mentre ci lavoravamo, e quelle alle quali Vittorio mi ha invitato, pur essendo destinate ad altri lavori.

Ci siamo divertiti molto anche a realizzare la foto per l’interno del libretto, dove ci siamo noi in quella sorta di paesaggio marziano che è in realtà un’ex miniera di rame, un luogo nel grossetano chiamato Roste di Boccheggiano.

C’è qualche pezzo che preferite? Qualche pezzo del quale andate più fieri dell’intero disco? … quello più da live?

Filippo:Tutto il disco” è la prima risposta che mi era venuta in mente, perché ha un suo svolgimento e una coerenza che mi rendono difficile scegliere un brano. Comunque uno dei miei preferiti è Prove tecniche di solitudine, forse quello dove il mio contributo è più minimale: mi sono imparato tutte le parti del brano, le ho registrate con vari strumenti per poi decidere che…. andava benissimo com’era. Ho aggiunto solamente dei field recordings, un po’ particolari perché ho registrato frequenze normalmente non udibili all’orecchio umano. Insetti e pipistrelli registrati in un parco vicino a casa mia. Il processo di per sé esclude i suoni che normalmente sentiamo.

Poi vado particolarmente fiero del suono di chitarra di Maya Deren Blues e mi sono divertito molto a registrarla.

Come brano più da live forse ti direi lo stesso, ma stiamo studiando come proporre il disco dal vivo, quindi potrei cambiare idea.

Copertina e tutto il digipak completo e molto elegante ... Come è nato tutto questo? Chi l’ha pensato così?

Vittorio: dietro alle scelte e alla cura (un po' maniacale, mi sa) di cover / booklet / confezione c’è il mio amore per gli artwork – che tu Diego già conosci, avendo visto cosa ho imbastito in precedenza per gli album di Deadburger Factory e Ossi. Io resto ancorato all’idea (oggi anacronistica, ma pazienza) di disco come “opera totale”. Inoltre, l’impegno profuso nell’artwork è il mio modo per ringraziare coloro che, mentre la smaterializzazione dilaga nella musica (come del resto in tanti altri aspetti della nostra esistenza), ancora acquistano dischi in forma fisica: mi piace cercare di dare loro qualcosa di appagante non solo da ascoltare ma anche da guardare, leggere, tenere in mano, riporre su uno scaffale.

Per la copertina avevo in mente due opzioni: un pianeta incombente, in rotta di collisione come il “Melancholia” di Von Trier, visto dalla superficie del pianeta in pericolo (sul quale fossero visibili con tracce umane ma nessun essere umano); e un faro perduto in una situazione indefinita (avvolto nella nebbia? galleggiante nel cosmo?), che proietta la sua luce ma non trova niente da illuminare. Beppe Stasi ha scelto la prima opzione e l’ha sviluppata magnificamente, con vero tocco visionario.

Le illustrazioni del booklet sono state un’idea del geniale grafico Gabriele Menconi (ormai per me un collaboratore primario e irrinunciabile): sono macro-ingrandimenti di mini-porzioni di pochi centimetri quadrati del dipinto di copertina, e rivelano il caos – irriducibile, imprevedibile, ma anche bellissimo - che si cela nel tocco umano di un pittore, e che è lo stesso della nostra esistenza tutta.

Infine, mia l’idea, nell’edizione in vinile, di attaccare il booklet con colla tipografica alla parte interna del gatefold. Volevo ottenere una sorta di “libro d’arte”, del quale il gatefold costituisse la copertina cartonata.

Snowdonia in cabina di regia… Chi altri?

Vittorio: Snowdonia per me è un culto assoluto. La dedizione all’arte di Cinzia e Alberto, così totale e incompromissoria, dovrebbe essere dichiarata patrimonio dell’umanità.

 

Come presentate dal vivo il disco?

Filippo: come ho detto prima ci stiamo lavorando, ma sicuramente ci saranno delle sezioni di improvvisazione tra e durante i brani, e arrangiamenti diversi, perché ci piacerebbe che il live non fosse una semplice riproduzione del disco, ma potesse rendere l’idea anche del processo che ha portato al lavoro finito.

Vittorio: per portare dal vivo questo album serve un ensemble abbastanza numeroso. Presumibilmente un settetto: oltre a Filippo e me, due archi, due fiati, e Silvio Brambilla (il drummer degli Ossi) che piloterà suoni strani con un octapad. Non sarà facile, ma ci proveremo.

Altro da dichiarare…

Vittorio: la collaborazione tra Filippo e me proseguirà, anche in altre forme. Nel 2025 dovrebbe vedere la luce un cofanetto triplo di roba sperimentale, intitolato “Tre lati di un cerchio”, che uscirà a mio nome ma dove Filippo sarà molto presente (direi, in oltre metà dei brani). Sto lavorando anche al secondo album degli Ossi, e pure qui Filippo sarà ospite in alcuni brani, oltre che coautore di uno. Aggiungo che, proprio la scorsa settimana, Filippo ed io abbiamo fatto un concerto a sorpresa, sotto altro nome, di pura sperimentazione ambient-noise in duo (quindi, una cosa molto diversa dal disco), e non escludo che questa esperienza possa ripetersi.

 


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12 Commenti:

Alle 7 gennaio 2025 alle ore 21:55 , Blogger Alligatore ha detto...

Prima intervista in plaude del 2025, con un disco uscito sul finire del 2024 questo di Vittorio Nistri e Filippo Panichi. Un gran bel modo per iniziare l'anno in palude, per la sua sperimentalità radicale.

 
Alle 7 gennaio 2025 alle ore 22:00 , Blogger Alligatore ha detto...

Del resto da Vittorio Nistri, polistrumentista d'avanguardia, come Panichi, chitarrista principe dell'improvvisazione, cosa aspettarsi di meno? Vittorio poi, lo conosco da anni, perché è passato di qui con i suoi tanti progetti da Deadburger agli Ossi e lo scorso anno l'ho pure apprezzato dal vivo in un festival dove mi occupavo della musica.

 
Alle 7 gennaio 2025 alle ore 22:04 , Blogger Alligatore ha detto...

Ma andiamo a questo disco senza titolo e con una copertina magica, anzi, psicomagica come la musica in essa contenuta.

 
Alle 7 gennaio 2025 alle ore 22:09 , Blogger Alligatore ha detto...

Si tratta di un progetto Snowdonia, quindi curato nei minimi particolari, sia il vinile, sia il cd. Copertina stupenda, poi ripresa dentro al libretto del cd (io ho quello, ma sono sicuro che il vinile sarà ancora meglio). Ne parlano abbastanza nell'intervista, io ora vi dico della musica.

 
Alle 7 gennaio 2025 alle ore 22:14 , Blogger Alligatore ha detto...

Difficile dire il preferito tra questi nove strumentali, ma ci provo andando in ordine... il primo che mi colpisce di più (un pochino di più, perché siamo sempre su livelli elevati) è Maya Deren Blues per la sua magia tra la chitarra di Panichi, il clarinetti basso di Enrico Gabrielli e tutte le diavolerie di Vittorio Nistri, dal piano elettrico al vibrafono al sintetizzatore ai campionamenti a iosa.

 
Alle 7 gennaio 2025 alle ore 22:21 , Blogger Alligatore ha detto...

Poi direi Sheriff in Tiraspol per il gran ritmo e i fiati a fare la loro porca figura (sempre Gabrielli, qui ak sax tenore, e il giovane Edoardo Baldini al trombone), le improvvisazioni chitarristiche di Panichi e ancora Nistri tra organo farfisa, synth, percussioni campionate e no e basso di origini Soft Machine. Bello poi l'articolo nel libretto che spiega di cosa si parla, anzi, da dove è nato sto pezzone!

 
Alle 7 gennaio 2025 alle ore 22:34 , Blogger Alligatore ha detto...

Cito anche Segreti dove viene fuori il virtuosismo di Nistri ancora una volta. Si destreggia tra piano normale e backwards (c'è scritto così, che è?), organo vox, sintetizzatori Minimoog originale anni '70 e Nordwave, glitches e piatto di batteria su nastro analogico. E Panichi non è da meno con la chitarra elettrica (anche rovesciata con e-bow e slide, con Crodino bottleneck).

 
Alle 7 gennaio 2025 alle ore 22:37 , Blogger Alligatore ha detto...

Ok, qui cito cosa trovo scritto sul bellissimo libretto, ma dovete sentire che suoni. E il bello che Vittorio crea questi suoni elettrici con diavolerie analogiche create da lui, con cose assurde ma vere, e che suoni ragazzi!

 
Alle 7 gennaio 2025 alle ore 22:39 , Blogger Alligatore ha detto...

Questo si inserisce anche e sopratutto sul discorso contro l'Intelligenza Artificiale, fatta dagli autori del disco insieme alla label Snowdonia, e a tutti i collaboratori, da chi ha suonato a chi a fatto la copertina e l'artwork.

 
Alle 7 gennaio 2025 alle ore 22:41 , Blogger Alligatore ha detto...

Un disco che dimostra che non si può sostituire l'essere umano con la macchina, grazie alla precisa scelta di una elettronica fatta interamente a mano...

 
Alle 8 gennaio 2025 alle ore 00:57 , Anonymous Anonimo ha detto...

Il piano "backwards" è un piano acustico registrato sulla base mandata alla rovescia (come veniva fatto con certe chitarre dell'era psych). Quando torni a mandare il pezzo nella direzione giusta, si sente prima il riverbero del piano e poi l'attacco, come se il suono venisse dallo spazio e si schiantasse sulla Terra

 
Alle 8 gennaio 2025 alle ore 01:05 , Anonymous Anonimo ha detto...

Filippo non è certo da meno come diavolerie analigiche, ha suonato ringhiere di inox, inventato costruito e suonato un set di molle elettrificate, ecc ecc! Ci siamo trovati alla grande in questa avventura sonica

 

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