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lunedì 26 agosto 2024

In palude con Swanz The Lonley Cat

NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO

GENERE Dark Ambient, Elettroacustica, Industrial, Folk, Noise

DOVE ASCOLTARLO Preferibilmente sul cd. O sul Bandcampdi EEEE

LABEL EEEE/Totenschwan

PARTICOLARITA’ È una sorta di radiodramma, a tratti, o una colonna sonora immaginaria

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CITTA’ Torino

DATA DI USCITA 25 gennaio 2024

L’INTERVISTA

Come è nato Macbeth?

Oltre che lavorare come musicista di sessione in progetti altrui e portare avanti la mia band, i Dead Cat in a Bag, così come il mio progetto solista a nome Swanz The Lonely Cat, mi capita spesso di essere impegnato a comporre musica per il teatro. Mi è stata commissionata una colonna sonora e io l’ho realizzato. Poi, però, ho pensato che il materiale potesse essere utilizzato per qualcosa di più complesso e organico. Così ho raccolto i suoni, i temi, i monologhi e ho realizzato qualcosa che sta tra la colonna sonora e il radiodramma. Discostandomi anche dal folk noir del mio disco precedente. All’inizio era quasi drone music. Più tardi l’armonia ha preso il sopravvento, visto che un po’ di melodia si affacciava dalla grotta. E ancora in seguito il rumore ha riportato in equilibro questa specie di incubo. In alcuni momenti mi pareva che si avvicinasse a certe formule sonore di Scott Walker, in altri a Nico. Però ho comunque utilizzato strumenti tradizionali ed etnici, come il mio amato banjo e il duduk. E un bel po’ di chitarra e armonium, oltre all’elettronica e a oggetti vari, adatti alla musica concreta.

Come mai un progetto così?

A volte ho voglia di fare proprio il cantautore, altre volte mi piace vedere che cosa capita se lascio da parte le parole e mi concentro sulla musica. In fondo, anche coi miei Dead Cat ho sempre avuto una predilezione per il suono. Che è forse ciò che ci discosta da altre band che usano i timbri del Tex-Mex, del Bluegrass o del Blues; siamo sempre stati più espressionisti e poco lineari. Questa volta ho voluto sfogare anche la mia passione per l’harsh-noise e il field recording.

Come è stata la genesi di questo disco, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?

Come ho detto, avevo realizzato una suite. La seconda, che nel disco è la prima, è venuta dopo. Volevo che il disco raccontasse tutto il dramma di Shakespeare. E lo racconta due volte, solo che la seconda volta è come se fosse un requiem, dopo la battaglia finale. Una cosa simile a Faustmusik dei cari vecchi Neubauten. Avevo appena terminato con la band un disco di canzoni più tradizionali del solito. Che mi piace molto, in verità, ma… be’, c’è stata la pandemia. La claustrofobia è diventata inevitabile.

Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione di Macbeth?

Ho fatto tutto da solo: composizione, produzione, registrazione, mixaggio. Quindi non ci sono stati episodi di tipo relazionale. Forse, quando ho registrato il furgone della raccolta del vetro e l’ho passato attraverso il fuzz ho sorriso un po’. Ma è un disco solitario, anche se a tratti pare orchestrale. Il rapporto più stretto è stato col testo e… che possiamo dire sul Macbeth? È una delle tragedie più cupe, più nichiliste e spietate. Avevo già cantato Shakespeare in The Clouds, che era un riadattamento con ritorno all’origine di Cosa sono le nuvole di Modugno (con testo di Pasolini, dall’Otello). Ma lì ero nel folk, nell’accoramento, nel canto. Qui ho solo mugugnato o gridato. Sono tornato attore, per certi versi. Mi è capitato più volte di cimentarmi, devo dire, sia a teatro che in altri ambiti (ultimamente, ho fatto pure una pubblicità). Però sono al massimo un caratterista. Ho una voce strana, una faccia strana… sono strano, diciamolo. Per il Macbeth, però, vado bene.

Se questo disco fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il forse?

Se questo non è un concept, non vedo quale altro significato possa avere il termine in questione. 

Quale dei due brani preferisci? C’è un motivo?

È un po’ come chiedere a qualcuno con due figli a quale dei due voglia più bene. Ci va molto amore per fare un flusso di 23 minuti senza pensare: ma che diavolo sto facendo? Li amo entrambi e il disco è l’insieme delle due parti.

Come è stato produrre Macbeth? Chi citare?

Com’è stato? Libertà assoluta. E una certa angoscia. Quella non manca mai.

Copertina molto affascinante, molto impressionante... Come è nata? Chi l’ha pensata così?

Per i Dead Cat ho sempre curato la fotografia. Per Swanz The Lonely Cat, invece, mi affido a Plastikwombat, uno studio con cui collaboro. Ora, io ho una collezione di animali imbalsamanti. Non di pregio: parlo di roba che trovi ai mercatini e che ti pare voglia essere salvata. Non sono d’accordo con la pratica in sé e non vorrei mai un animale ucciso per me, per farne un soprammobile. Tra tutto ciò che ho, c’è un corvo, animale importante nel Macbeth. Abbiamo fatto un video, che è anche arrivato in finale in un festival con Kenneth Branagh in giuria, che si chiama Shakespeare Shorts. Il video si intitola All Is But Toys. La musica è presa dal disco. Ovviamente, sono state fatte anche delle foto, durante le riprese. La zampa del corvo era perfetta per la copertina. 

Come presenti dal vivo il disco?

Per ora non l’ho presentato dal vivo perché mi pare che ogni suono sia dove deve essere e sia insostituibile. Mutatis mutandis, non puoi suonare il Quartetto per Archi ed Elicotteri di Stockhausen senza gli elicotteri. E neanche senza gli archi. Be’, io dovrei portare un armonium, come minimo, più percussioni… Forse un giorno deciderò di estrapolare delle basi e strutturerò i monologhi e le parti soliste in modo da poter avere un senso dal vivo. Al momento sto viaggiando con un altro spettacolo, un recital sugli alberghi. Sono appena tornato dal festival CHAMOIsic e devo dire che sono contento. Sul palco, mi sono anche commosso a vedere il pubblico commuoversi. Per il Macbeth, sogno persone angosciate. Be’, dai, più o meno.

Altro da dichiarare…

Sì: avendo svariati progetti, ho pubblicato per diverse etichette. E mi sono trovato bene. Non esiste solo il mainstream, per fortuna, e anche i lavori più astrusi hanno i loro canali. In questo caso, ho scelto di non comparire su Spotify, che può far scoprire cose nuove, ma che non rispetta gli artisti come dovrebbe. Oltre al fatto che fa scomparire chiunque non appartenga a una realtà come quella delle major in un mare magnum indistinto. Giudicare i dischi dagli ascolti mensili è un’assurdità, considerando la pervasività delle playlist. Io preferisco ancora uscire in cd o anche in vinile. E orientarmi con la critica, che ancora esiste, nonostante l’ingerenza degli uffici stampa. Non è la solita lamentela da artista di nicchia: io nella nicchia sto benissimo e anzi, coi Dead Cat ho partecipato a festival con un pubblico di migliaia di persone, il che significa che la nicchia è ampia. Questo, però, non in Italia. Il che mi ha fatto pensare. La via per creare e ascoltare musica in qualche modo nuova… c’è. Ma occorre abbandonare la pigrizia che i mezzi di comunicazione ci stanno gettando addosso. Con Internet, abbiamo a disposizione tutto. Posso ascoltare l’ultima hit di qualche ragazza che balla sensualmente o recuperare tutto Ligeti; posso ascoltare la band del momento, che magari replica stilemi passati, o immergermi nell’archivio di Alan Lomax. Sta anche a me fare lo sforzo. E poi, possibilmente, comprare i dischi. Custodire il rapporto con l’oggetto fisico. E, se qualcuno dovesse uscire col solito: “Ciao, boomer!”, be’, che si fotta. 


 

8 commenti:

  1. Torna l'intervista in palude, torna con Luca Andriolo, musicista vero, a parte, con un sacco di progetti e collaborazioni all'attivo (per restare in palude, ha collaborato con i dischi di Tommaso Varisco e Stella Burns.

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  2. Qui, questa notte, è venuto come Swanz The Lonely Cat’s e il progetto avventuroso di musicare il Macbeth ... sì, il Macbeth.

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  3. Ne è uscito un disco con due lunghe composizioni, A Walking Shadow, ventotto minuti e rotti. In questo lasso di tempo di passa dall'elettronica primordiale con lamenti e tensioni a un organetto magico, che fa virare presso il folk-rock elettronico, a pulsioni elettroniche industrial, un rock duro per poi tornare all'organetto folk...

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  4. Altro pezzo è Machbeth Suite, venticinque minuti e rotti di tensione, elettronica minimale, un rumorismo senza speranza, con momenti di quiete ed esplosioni per un umanità senza speranza...

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  5. Serata in palude piena di suggestioni e rimandi, che dimostrano che la vera musica indipendente passa sempre da qui... si legga l'intervista e ascolti il disco (su Bandcamp) per capire cosa intendiamo io e Luca.

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  6. Grazie di essere voluto passare di qui Luca!

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