In palude con Swanz The Lonley Cat
NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE Dark Ambient, Elettroacustica, Industrial, Folk, Noise
DOVE ASCOLTARLO Preferibilmente sul cd. O sul Bandcampdi EEEE
LABEL EEEE/Totenschwan
PARTICOLARITA’ È una sorta di radiodramma, a tratti, o una colonna sonora immaginaria
CITTA’ Torino
DATA DI USCITA 25 gennaio 2024
L’INTERVISTA
Come è nato Macbeth?
Oltre che lavorare come musicista di sessione in
progetti altrui e portare avanti la mia band, i Dead Cat in a Bag, così come il
mio progetto solista a nome Swanz The Lonely Cat, mi capita spesso di essere
impegnato a comporre musica per il teatro. Mi è stata commissionata una colonna
sonora e io l’ho realizzato. Poi, però, ho pensato che il materiale potesse
essere utilizzato per qualcosa di più complesso e organico. Così ho raccolto i
suoni, i temi, i monologhi e ho realizzato qualcosa che sta tra la colonna
sonora e il radiodramma. Discostandomi anche dal folk noir del mio disco
precedente. All’inizio era quasi drone music. Più tardi l’armonia ha preso il
sopravvento, visto che un po’ di melodia si affacciava dalla grotta. E ancora
in seguito il rumore ha riportato in equilibro questa specie di incubo. In
alcuni momenti mi pareva che si avvicinasse a certe formule sonore di Scott
Walker, in altri a Nico. Però ho comunque utilizzato strumenti tradizionali ed
etnici, come il mio amato banjo e il duduk. E un bel po’ di chitarra e
armonium, oltre all’elettronica e a oggetti vari, adatti alla musica concreta.
Come mai un progetto così?
A volte ho voglia di fare proprio il cantautore, altre
volte mi piace vedere che cosa capita se lascio da parte le parole e mi
concentro sulla musica. In fondo, anche coi miei Dead Cat ho sempre avuto una
predilezione per il suono. Che è forse ciò che ci discosta da altre band
che usano i timbri del Tex-Mex, del Bluegrass o del Blues; siamo sempre stati
più espressionisti e poco lineari. Questa volta ho voluto sfogare anche la mia
passione per l’harsh-noise e il field recording.
Come è stata la genesi di questo disco, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
Come ho detto, avevo realizzato una suite. La seconda,
che nel disco è la prima, è venuta dopo. Volevo che il disco raccontasse tutto
il dramma di Shakespeare. E lo racconta due volte, solo che la seconda volta è
come se fosse un requiem, dopo la battaglia finale. Una cosa simile a Faustmusik
dei cari vecchi Neubauten. Avevo appena terminato con la band un disco di
canzoni più tradizionali del solito. Che mi piace molto, in verità, ma… be’,
c’è stata la pandemia. La claustrofobia è diventata inevitabile.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione di Macbeth?
Ho fatto tutto da solo: composizione, produzione,
registrazione, mixaggio. Quindi non ci sono stati episodi di tipo relazionale.
Forse, quando ho registrato il furgone della raccolta del vetro e l’ho passato
attraverso il fuzz ho sorriso un po’. Ma è un disco solitario, anche se a
tratti pare orchestrale. Il rapporto più stretto è stato col testo e… che
possiamo dire sul Macbeth? È una delle tragedie più cupe, più nichiliste e
spietate. Avevo già cantato Shakespeare in The Clouds, che era un riadattamento
con ritorno all’origine di Cosa sono le nuvole di Modugno (con testo di
Pasolini, dall’Otello). Ma lì ero nel folk, nell’accoramento, nel canto. Qui ho
solo mugugnato o gridato. Sono tornato attore, per certi versi. Mi è capitato
più volte di cimentarmi, devo dire, sia a teatro che in altri ambiti
(ultimamente, ho fatto pure una pubblicità). Però sono al massimo un
caratterista. Ho una voce strana, una faccia strana… sono strano, diciamolo.
Per il Macbeth, però, vado bene.
Se questo disco fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il forse?
Se questo non è un concept, non vedo quale altro significato possa avere il termine in questione.
Quale dei due brani preferisci? C’è un motivo?
È un po’ come chiedere a
qualcuno con due figli a quale dei due voglia più bene. Ci va molto amore per
fare un flusso di 23 minuti senza pensare: ma che diavolo sto facendo? Li amo
entrambi e il disco è l’insieme delle due parti.
Come è stato produrre Macbeth? Chi citare?
Com’è stato? Libertà assoluta. E una certa angoscia.
Quella non manca mai.
Copertina molto affascinante, molto impressionante... Come è nata? Chi l’ha pensata così?
Per i Dead Cat ho sempre curato la fotografia. Per
Swanz The Lonely Cat, invece, mi affido a Plastikwombat, uno studio con cui
collaboro. Ora, io ho una collezione di animali imbalsamanti. Non di pregio:
parlo di roba che trovi ai mercatini e che ti pare voglia essere salvata. Non
sono d’accordo con la pratica in sé e non vorrei mai un animale ucciso per me,
per farne un soprammobile. Tra tutto ciò che ho, c’è un corvo, animale
importante nel Macbeth. Abbiamo fatto un video, che è anche arrivato in finale
in un festival con Kenneth Branagh in giuria, che si chiama Shakespeare Shorts.
Il video si intitola All Is But Toys. La musica è presa dal disco.
Ovviamente, sono state fatte anche delle foto, durante le riprese. La zampa del
corvo era perfetta per la copertina.
Come presenti dal vivo il disco?
Per ora non l’ho presentato dal vivo perché mi pare
che ogni suono sia dove deve essere e sia insostituibile. Mutatis mutandis, non
puoi suonare il Quartetto per Archi ed Elicotteri di Stockhausen senza gli
elicotteri. E neanche senza gli archi. Be’, io dovrei portare un armonium, come
minimo, più percussioni… Forse un giorno deciderò di estrapolare delle basi e
strutturerò i monologhi e le parti soliste in modo da poter avere un senso dal
vivo. Al momento sto viaggiando con un altro spettacolo, un recital sugli
alberghi. Sono appena tornato dal festival CHAMOIsic e devo dire che sono
contento. Sul palco, mi sono anche commosso a vedere il pubblico commuoversi.
Per il Macbeth, sogno persone angosciate. Be’, dai, più o meno.
Altro da dichiarare…
Sì: avendo svariati progetti, ho pubblicato per diverse etichette. E mi sono trovato bene. Non esiste solo il mainstream, per fortuna, e anche i lavori più astrusi hanno i loro canali. In questo caso, ho scelto di non comparire su Spotify, che può far scoprire cose nuove, ma che non rispetta gli artisti come dovrebbe. Oltre al fatto che fa scomparire chiunque non appartenga a una realtà come quella delle major in un mare magnum indistinto. Giudicare i dischi dagli ascolti mensili è un’assurdità, considerando la pervasività delle playlist. Io preferisco ancora uscire in cd o anche in vinile. E orientarmi con la critica, che ancora esiste, nonostante l’ingerenza degli uffici stampa. Non è la solita lamentela da artista di nicchia: io nella nicchia sto benissimo e anzi, coi Dead Cat ho partecipato a festival con un pubblico di migliaia di persone, il che significa che la nicchia è ampia. Questo, però, non in Italia. Il che mi ha fatto pensare. La via per creare e ascoltare musica in qualche modo nuova… c’è. Ma occorre abbandonare la pigrizia che i mezzi di comunicazione ci stanno gettando addosso. Con Internet, abbiamo a disposizione tutto. Posso ascoltare l’ultima hit di qualche ragazza che balla sensualmente o recuperare tutto Ligeti; posso ascoltare la band del momento, che magari replica stilemi passati, o immergermi nell’archivio di Alan Lomax. Sta anche a me fare lo sforzo. E poi, possibilmente, comprare i dischi. Custodire il rapporto con l’oggetto fisico. E, se qualcuno dovesse uscire col solito: “Ciao, boomer!”, be’, che si fotta.
Etichette: EEEE, In palude con ..., Intervista, Macbeth, Piemonte, Swanz The Lonley Cat, Torino, Totenschwan
8 Commenti:
Torna l'intervista in palude, torna con Luca Andriolo, musicista vero, a parte, con un sacco di progetti e collaborazioni all'attivo (per restare in palude, ha collaborato con i dischi di Tommaso Varisco e Stella Burns.
Qui, questa notte, è venuto come Swanz The Lonely Cat’s e il progetto avventuroso di musicare il Macbeth ... sì, il Macbeth.
Ne è uscito un disco con due lunghe composizioni, A Walking Shadow, ventotto minuti e rotti. In questo lasso di tempo di passa dall'elettronica primordiale con lamenti e tensioni a un organetto magico, che fa virare presso il folk-rock elettronico, a pulsioni elettroniche industrial, un rock duro per poi tornare all'organetto folk...
Altro pezzo è Machbeth Suite, venticinque minuti e rotti di tensione, elettronica minimale, un rumorismo senza speranza, con momenti di quiete ed esplosioni per un umanità senza speranza...
Serata in palude piena di suggestioni e rimandi, che dimostrano che la vera musica indipendente passa sempre da qui... si legga l'intervista e ascolti il disco (su Bandcamp) per capire cosa intendiamo io e Luca.
Grazie di essere voluto passare di qui Luca!
Grazie a te!
Grazie ancora a te Andrea.
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