In palude con Jolanda Moletta
NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE Vocal Ambient, Sperimentale
DOVE ASCOLTARLO qui
LABEL Ambientologist
PARTICOLARITA’ Album multimediale per sola voce
CITTA’ Berlino
DATA DI USCITA 13.07.2022 - Luna Piena
L’INTERVISTA
Come è nato Nine Spells?
Nine Spells nasce come progetto multimediale. Si tratta di nove brani, accompagnati da nove collage, nove animazioni degli stessi collage e nove video. È un album realizzato interamente con la mia voce. Ho deciso di utilizzare solo la voce in quanto strumento primordiale, libera da alfabeti e dalle parole di ogni lingua. La voce può connettersi con parti nascoste ma sempre presenti in noi e nel mondo. Col canto, senza parole, si può esprimere quello che non si può o non si riesce a dire. Il progetto è dedicato alle mie antenate. Un brano per ogni antenata, dalla più vicina alla più lontana, di cui ancora conserviamo qualche ricordo.
Come mai questo titolo? …che vuol dire?
La traduzione del titolo è ‘Nove Incantesimi’. L’inglese mantiene il gioco di parole tra lo spelling linguistico e la parola ‘incantesimo’. In Italiano il gioco di parole tra ‘canto’ e ‘incanto’ é altrettanto significativo. La musica e il canto sono una delle forme di ‘magia’ più potenti. Possono influire sulle emozioni, risvegliare i ricordi, guarire ferite nascoste, possono farti viaggiare nel passato alimentando desideri e speranze. Il titolo si riferisce a tutte queste potenzialità.
Come è stata la genesi del disco, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
Tutto è cominciato improvvisando con dei loop di voce dal vivo. Durante i concerti della mia band She Owl, creavo un intermezzo corale per sola voce. Mi sono ritrovata più volte in uno stato di coscienza completamente diverso in cui il tempo si dilatava. Mi è sembrato di avere trovato un tesoro inaspettato, qualcosa di prezioso. Così ho deciso di seguire, come un’esploratrice, la mappa che era stata tracciata in quei momenti.
Ho registrato e mixato il disco in completa solitudine in Italia, nella casa in cui sono cresciuta, lungo un arco di tre-quattro mesi. Ho usato solo la mia voce, cercando di espanderla il più possibile, nei toni e nelle sfumature, ai limiti della sua estensione. Mentre componevo e registravo i brani del disco ho lavorato ai collage usando le foto della mia famiglia. Ho creato nove animazioni digitali per questi collage, e nove video ispirati ai personaggi e alle tematiche di ogni brano. Sono stati mesi molto intensi di ricerca, mi sono imposta di dedicarmi completamente a questo progetto.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione di Nine Spells?
Durante la lavorazione sono successe alcune sincronicità particolari. Ogni volta che le incontro so di essere sulla strada giusta. Mentre lavoravo a ‘Spell VII: To Ephemeral Stars’, dedicato alla mia prozia, ricevo la telefonata di mia madre: era stata contattata al mattino da una studentessa dell’Università di Torino in cerca di informazioni… proprio sulla prozia! Sapevo che all’inizio dello scorso secolo si era laureata in lingue e letterature straniere, ottenendo la cattedra di spagnolo, ma ignoravo fosse stata la prima donna a laurearsi in quell’ambito all’Università di Torino. La studentessa stava scrivendo una tesi che parlava anche di lei. È una coincidenza significativa, che accorcia le distanze tra il nostro mondo e quello di chi ci precede di quasi cent’anni.
Se Nine Spells fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?
Nine Spells é una storia che contiene una storia che contiene un’altra storia. I livelli di lettura di questo disco sono tanti. Al livello personale si tratta delle mie antenate, delle loro storie, dei loro sogni. C’è poi un livello ulteriore, più nascosto, che si rivolge a chi ascolta: è un percorso simbolico che attraversa gli elementi, rappresentato nei video da una discesa nel sottosuolo e da una risalita verso le stelle, fino a raggiungere - o a tornare - all’adesso, nel momento che stiamo vivendo. Esiste un'interpretazione più universale, ma è più affine a un percorso trasformativo, basato sull’ascolto dell’album dall’inizio alla fine.
C’è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del quale vai più fiera dell’intero disco? … quello più da live?
Sono affezionata a tutti i brani, per ragioni diverse. A livello emotivo scelgo Spell I, forse perché é il primo che ho composto per questo progetto, quello che mi ha dato l’energia per iniziare e portarlo avanti. Un brano che non vedo l’ora di provare dal vivo é Spell III, più sperimentale e ritmato. Con la giusta acustica in una chiesa o in un teatro, credo che Spell VIII abbia il potenziale di creare un’atmosfera unica.
Come è stato produrre da sola questo tuo disco? Perché si può dire l’hai fatto da sola?
Non potevo fare altrimenti. Ho passato ore a registrare la mia voce, a sperimentare, ma anche a meditare sulle storie della mia famiglia, da sola nella casa dove sono cresciuta. Non avrei potuto fare una cosa del genere in nessun altro posto o con altre persone intorno. Tantissime tracce partono da un’improvvisazione: ho provato diversi effetti con pazienza, cercando di dare spazio e tempo al brano per ‘fiorire’ spontaneamente. Ho creato un ambiente particolare per lavorare, con foto e materiale, lettere, in penombra e in solitudine: non avevo mai lavorato così prima d’ora! Sono abituata al lavoro in studio con altri musicisti, a raggiungere un risultato in un arco di tempo ben delimitato, al tempo condiviso con amici e colleghi. Queste registrazioni le ho condivise con dei ricordi e dei fantasmi, ma sono i miei ricordi e i miei fantasmi. È stato un lavoro interiore profondissimo che però mi sta già ripagando.
Copertina che colpisce per la sua classicità. Come è nata? Chi l’ha pensata così?
La bambina nella foto é mia nonna paterna. Portava il mio nome… o io porto il suo, dipende dai punti di vista. Mi piaceva l’idea di avere una sua foto in copertina, con il nostro nome condiviso. Ho creato questo collage con una delle sue foto che preferisco. Il suo sguardo è così intenso da arrivare fino a me al di là del tempo e dello spazio.
Come presenti dal vivo il disco?
Non ho ancora avuto modo di presentarlo dal vivo, ma stiamo cercando di organizzare dei concerti in luoghi speciali e insoliti. Vorrei poterlo suonare in spazi aperti, in montagna per esempio.
Altro da dichiarare…
Riconnettersi con le proprie radici e rafforzarle aiuta a navigare nelle tempeste che stiamo attraversando. Gli alberi con radici profonde e solide sono quelli che resistono alle tempeste. Ho cercato di rafforzare le radici del mio albero genealogico, e spero che siano abbastanza solide da sorreggermi. Spero che chiunque legga queste righe, si senta ispirato a iniziare una ricerca simile, verso qualcosa che possa sostenere e nutrire nel profondo.
Etichette: Ambientologist, Antenati, Berlino, Germania, Giovani musicanti disoccupati, In palude con ..., Intervista, Jolanda Moletta, Luna piena, Nine Spells, Piemonte, She Owl
9 Commenti:
Molto bello ospitare in palude Jolanda Moletta, già in palude diverse volte con il suo progetto denominato She Owl, e oggi qui con questo disco del tutto particolare, fatto con la sua sola voce...
Sì, nove tracce alla ricerca delle proprie radici, delle proprie antenate, come spiega bene nell'intervista: un lavoro di ricerca e un lavoro sulla voce. Entrambi molto in profondità.
Quindi la voce usata esplicitamente come uno strumento musicale, per nove pezzi intensi, inevitabilmente tra il mistico e il sensuale.
Quale la canzone o le canzoni preferite di Nine Spells? Non è per niente difficile scegliere.
La mia preferita è Spell VIII: Now, sei minuti dilatati/dilatanti profondamente veri. Commovente discesa dentro se stessa, a tratti Blonde Redhead.
Ma anche Spell IV: A Home of Clouds and Skies, con la voce assoluta protagonista, che sale, gioca, fa come degli echi. Mistica.
E poi direi Spell II: Daydream and Nightbloom una voce pura, cristallina, un qualcosa di naturale come una cascata, per poi trasformarsi in un mantra.
Giustamente Jolanda cita Spell I: Let the Waves In: suggestivo, a tratti morriconiano (il più maledetto e sperimentale anni Settanta/Ottanta).
Ma è inutile aggiungere che è un disco che va ascoltato tutto, anzi, visto e ascoltato tutto. Brava Jolanda Moletta.
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