sabato 1 dicembre 2018

In palude con AABU

NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE Senza fronzoli, senza sovrastrutture, senza metafore. Tutto in faccia e rumoroso.
DOVE ASCOLTARLO … su spotify, soundcloud, sui cari vecchi CD … dove preferite!
LABEL indipendenti
PARTICOLARITA’ Provoca urla incontrollabili in chi lo ascolta
SITO FB
CITTA’ Bologna
DATA DI USCITA 09 novembre 2018
L’INTERVISTA
Come è nato Abbiamo Ancora Bisogno di Urlare?
Abbiamo Ancora Bisogno di Urlare nasce dai concerti e le esperienze personali del periodo in cui stavamo facendo promozione al nostro primo disco, Basta Scegliere.
Ci guardavamo attorno senza trovare una luce né nel mondo musicale né nei nostri mondi privati.
Senza un’idea chiara di cosa potesse riservarci il futuro, l’unica cosa a cui siamo riusciti ad aggrapparci sono le canzoni, urlare dentro un microfono e sputare fuori la rabbia accumulata.  
Perché questo titolo?
Abbiamo Ancora Bisogno di Urlare è anche un acronimo di aabu, il nome della nostra band. Quando ce ne siamo resi conto, è stato un quadrare del cerchio troppo bello per essere ignorato.
È lo specchio di ciò che stavamo affrontando ed è la nostra identità. Non potevamo chiedere di meglio.
Come è stata la genesi del disco, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
Il disco nasce in due momenti precisi.
Il primo è un pranzo di band, senza strumenti, a casa. Abbiamo parlato e ci siamo ritrovati con gli stessi pensieri da voler esprimere e la stessa idea sonora da inseguire. Una comunione di intenti precisa, perfetta, che non ha richiesto il minimo sforzo di adattamento.
E poi c’è stato lo studio, con la scelta di registrare tutto in analogico, in presa diretta, senza metronomo, senza editing e correzioni post. Quello che sentite siamo noi, nel bene e nel male, con i nostri pregi e i nostri difetti.  
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione dell’album?
Finito di scrivere le canzoni del disco, abbiamo deciso di chiamare in saletta tutti i nostri amici. Abbiamo messo ognuno di loro davanti a una macchina da presa e gli abbiamo chiesto di urlare, senza pensare ad altro. Si sono presentati in tantissimi, e ogni urlo si portava dentro una storia diversa, un’attitudine fisica personale, una somma di paure e ansie e necessità di far uscire tutto che ci ha lasciati di stucco.
È stata una delle giornate più intense della nostra vita, e tutti andavano via ringraziandoci per avergli dato modo di urlare in quel modo. Ma ancora oggi pensiamo di dover essere noi a ringraziare loro, perché ci hanno davvero fatto un regalo incredibile.
Se Abbiamo Ancora Bisogno di Urlare fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?
L’idea di concept album ormai è abbastanza obsoleta, ma è chiaro che questo disco ha un fil rouge.
Tutte le canzoni parlano di dolore, paura, delusione, disillusione.
Non ci sono soluzioni in questo disco e non c’è speranza, abbiamo volutamente scelto di non dare cure ma solo raccontare i sintomi.
Questo è il momento in cui realizzi che le cose non vanno e per un po’ resti semplicemente a guardare, senza volere o potere agire per cambiare il corso degli eventi. Urli e basta.
C’è qualche pezzo che preferite? Qualche pezzo del quale andate più fieri dell’intero disco? … che vi piace di più fare live?
Non abbiamo preferenze nette, questo disco ci piace tantissimo perché l’abbiamo scritto insieme, senza produttori, senza consigli esterni, senza confrontarci col mondo.
Sono 12 canzoni che raccontano gli aabu, 12 figli che non potremmo mai mettere in ordine di preferenza.
Come è stato produrre Abbiamo Ancora Bisogno di Urlare? Chi avete avuto più vicino, dal punto di vista produttivo?
Come dicevamo prima, questo disco è stato bellissimo da produrre perché ha dato forma all’identità del nostro progetto e ha rinsaldato un legame umano fra noi 5 che adesso è inossidabile e impossibile da scalfire. Abbiamo fatto cerchio, ci siamo chiusi in una stanza e ci siamo stretti l’uno all’altro.
Copertina in linea con le vostre consuete grafiche molto anni ‘70, con quel volto che urla ... come è nata? Di chi è opera?
Anche la copertina, insieme al progetto grafico del booklet, è farina del nostro sacco. Ideata e realizzata interamente da noi aabu.
È il risultato di quella giornata passata a urlare insieme ai nostri amici. Quando abbiamo guardato quelle foto era già tutto chiaro, non mancava niente. Andava solo trovata una soluzione grafica, ma i contenuti erano già tutti pronti.
Come presentate dal vivo il disco?
Il nostro suono live, oggi, rispecchia al 100% il suono del disco. Il nostro primo album era iper-prodotto, aveva tantissimi colori e sfumature che dal vivo erano irriproducibili, e infatti la resa era troppo diversa dal prodotto finito.
Qui, consci di quell’esperienza, abbiamo scelto di non avere niente che non potessimo riprodurre: se venite a sentirci dal vivo, sentirete esattamente quello che c’è su disco, ma con ancora più energia e bisogno di urlare.
Altro da dichiarare?
Seguiteci sulle nostre pagine social, in particolare Instagram. E urlate, sfogatevi, tirate fuori tutto ogni giorno.
Non tenetevi niente dentro e starete ogni giorno meglio.

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13 Commenti:

Alle 1 dicembre 2018 alle ore 23:49 , Blogger Alligatore ha detto...

Gran ritorno in palude degli AABU, band originale dell'attuale panorama alternative italico.

 
Alle 1 dicembre 2018 alle ore 23:50 , Blogger Alligatore ha detto...

Originale per le scelte, l'estetica, l'etica, e un certo rock che può ricordare i primissimi Litfiba ...

 
Alle 1 dicembre 2018 alle ore 23:54 , Blogger Alligatore ha detto...

Sì, un disco teso, forte, incazzato, rock maledettamente alternative-rock ... rabbia ggggiovane, che in certo senso può ricordare i giovani Litifida.

 
Alle 1 dicembre 2018 alle ore 23:56 , Blogger Alligatore ha detto...

Preferite? Difficile dirne una, come giustamente dicono loro nell'intervista. Sono 12 loro figli, tutti uguali, tutti belli a mamma sua ...

 
Alle 1 dicembre 2018 alle ore 23:59 , Blogger Alligatore ha detto...

Da ascoltare esterno potrei dire Tutte le cose sbagliate, pezzo dal gran ritmo, dalla gran vibra, gran rabbia rock, chitarre taglienti, ritmica possente, testo molto bello, da sottoscrivere parola per parola ...bel modo di iniziare.

 
Alle 2 dicembre 2018 alle ore 00:00 , Blogger Alligatore ha detto...

Tutte le canzoni che vengono dopo mantengono queste premesse, con una progressione davvero forte, sia nei suoni sia nelle parole.

 
Alle 2 dicembre 2018 alle ore 00:06 , Blogger Alligatore ha detto...

Tra le più "forti", anche se forti sono tutte, potrei ricordare anche Io sono un'ombra, gran bel ritmo, bel cantato, testo molto interessante, che cresce nella durezza musicale con un basso che impazza e nel testo senza speranza.

 
Alle 2 dicembre 2018 alle ore 00:09 , Blogger Alligatore ha detto...

Forse è il pezzo più rappresentativo ...

 
Alle 2 dicembre 2018 alle ore 00:10 , Blogger Alligatore ha detto...

Ma potrei citarvi anche Camilla, forse il meno rapprestativo, almeno musicalmente, perché pezzo lento, più cantato, con musica meno forte e un testo tra Tenco e Il Teatro degli Orrori.

 
Alle 2 dicembre 2018 alle ore 00:11 , Blogger Alligatore ha detto...

Stessa cosa si potrebbe dire per la title-track, messa in fondo: riflessiva, lenta, pervasa di un pessimismo cosmico, con chitarre a spargere sale sulle ferite raccontate dalla canzone.

 
Alle 2 dicembre 2018 alle ore 00:12 , Blogger Alligatore ha detto...

Degna conlusione di un disco tutto da ascoltare ... ascoltatemi!

 
Alle 2 dicembre 2018 alle ore 13:13 , Blogger Sergente Elias ha detto...

... e poi rispecchia i nostri tempi in cui c'è veramente tanta voglia di urlare.

 
Alle 2 dicembre 2018 alle ore 13:39 , Blogger Alligatore ha detto...

Ben detto Elias, ma queste urla sono urla d'artista, niente a che fare con il teatrino della politica ;)

 

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