NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE Rock
LABEL Antropotopia
PARTICOLARITA’
CITTA’: Ravenna
DATA DI USCITA 16/02/2018
Come è nato Tornado?
Tornado è nato come un’evoluzione del nostro progetto, lo stile caratterizzato da
trame melodiche incisive e familiari è
riconoscibile ma il risultato è molto diverso dai lavori precedenti: i suoni sono più densi, l’
uso dell’elettronica è più determinante pur non essendo la caratteristica
saliente. L’aspetto che emerge, fin dal primo ascolto, è forse quello di un
nuovo utilizzo della voce, caratterizzata da un unisono di timbro maschile e
femminile; fino ad ora, infatti, la voce femminile aveva avuto solo un ruolo
marginale nelle nostre canzoni mentre, in Tornado,
ho sentito che dovevo dare più evidenza alla neutralità di genere dei miei
testi che parlano dei fatti della vita. Questa voce femminile è stata la strada
che ho scelto.
Perché questo titolo?… molto forte.
Brevemente, un ripasso sulla
genesi di un tornado: una corrente d’aria calda e una corrente d’aria fredda si
incontrano e iniziano a creare un vortice, un elemento unico che potrebbe
prendere la forma di un tornado. Proprio mentre stavamo registrando il disco,
nell’estate del 2017 a Ravenna, le due
correnti di aria calda e fredda hanno preso la forma di un vero tornado che ha
distrutto alberi secolari e macchine appena acquistate; non era mai successo
prima, perciò ho preso questo evento come un segno…un po’ come quando nasce tuo
figlio e la sua faccia ti suggerisce il suo nome: le voci diverse nel timbro e nell’espressività che si
uniscono in un effetto a tratti straniante, e poi la batteria e il basso che si
inseriscono a sostenere il vortice con ritmi incalzanti dal carattere quasi festoso e “dance anni ‘80”,in
costante contrasto con i testi scuri e poco rassicuranti e poi… il vento
dell’elettronica… il titolo non poteva che essere questo.
Come è stata la genesi del cd, dall’idea iniziale alla
sua realizzazione finale?
L’inizio non è stato propriamente
un’idea, direi piuttosto un desiderio. Suonando i brani di Gigantic, il lavoro precedente, abbiamo sentito di volere più
suono, di essere meno concettuali avvicinandoci al ritmo, alla matericità e
all’immediatezza; volevamo essere meno costretti e più liberi. I due anni di
preparazione sono iniziati col dare forma a delle idee strumentali per lo più melodiche
sulle quali abbiamo costruito gli arrangiamenti, tutti realizzati a quattro
mani;sono stati due anni in cui abbiamo trascorso davvero tanto tempo insieme.
Le parole sono l’unico aspetto che ho curato in totale autonomia e sono una
sintesi dei suoni che gli strumenti mi hanno suggerito e dei pensieri e delle
riflessioni che gli avvenimenti privati e collettivi mi hanno influenzato. I
testi completi sono arrivati alla fine, negli ultimi giorni e forse, anche per
questo lungo processo che ne ha caratterizzato la genesi,sono così sintetici e,
allo stesso tempo, densi di interpretazioni possibili. La lingua utilizzata è
l’inglese perché la musica che facciamo mi suggerisce questa lingua.
Anche la parte strumentale risultamolto
versatile all’ascolto lasciando spazio all’immaginazione; ci sono suoni
nascosti che, una volta individuati, prendono forma sullo sfondo. In
registrazione volevamo ottenere un risultato fresco, che non facesse sentire il
peso dei due anni di lavoro che sono stati necessari per la realizzazione dei
brani; così abbiamo scelto di registrare tutti allo stesso tempo con Coletti che
ha avuto un ruolo importante nel sostenere la scelta di non lavorare a tracce
separate.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante
la lavorazione del disco?
L’episodio saliente l’ho già
raccontato, mi riferisco al tornado che ha colpito Ravenna la scorsa estate, direi che, fortunatamente, non ci sono stati
altri episodi di tale rilevanza.
La cosa più curiosa e che, devo
ammettere, mi ha lasciato più
soddisfatto, è stato riscoprire le altissime doti culinarie di Mattia Coletti:
durante la registrazione del disco precedente Mattia si era già palesato come ottimo chef,
motivo che ha influito non poco nella scelta di continuare la collaborazione
artistica con lui ma quest’anno ha raggiunto un livello ancora superiore e
credo che si possa sentire anche ascoltando il disco. L’ingrediente segreto di Gigantic
era la scorza d’arancia, questa volta con Tornado,
e non è un caso, la cucina ha beneficiato dell’utilizzo del minipimer. Per consentire a Coletti di
potersi esprimere al massimo abbiamo scelto di registrare il disco in casa
poiché negli studi di registrazione non è sempre possibile avere una cucina.
Se questo cd fosse un concept-album su cosa sarebbe? …
tolgo il fosse?
Si il “fosse” si può togliere: il
legame tra i braniè nelle melodie che giocano su tonalità vicine o che si
ricombinano nelle loro parti e si esplicitano nei testi che raccontano di
scelte difficili di personaggi che non riescono più ad aderire agli imperativi
familiari e sociali determinando, così, la propria tragica fine.
C’è qualche pezzo che preferite? Qualche pezzo del
quale andate più fieri di Tornado?… che vi piace di più fare live?
Credo che ognuno di noi abbia il
suo pezzo preferito quello in cui sente di riconoscersi maggiormente. Per
quanto mi riguarda mi piace molto suonare i primi due pezzi Gone
e Happyness,
scritto con la y perché così mi è stato suggerito dal testo. Questi due brani
sprigionano una grande energia e quando li suono sento che mi si muovono … le
gambe. Ho sempre amato molto ballare e la musica che fa ballare e pensare allo
stesso tempo mi attrae ancora. Credo che Jenny apprezzi Mexico forse perché è
molto attaccata al senso letterale e non metaforico della canzone che dice di
voler superare il muro per il Messico.
A produrre voi Mattia Coletti con Antropotopia. Come mai con loro? Altri nomi da citare attorno/dentro/inparte
al disco?
Una presenza determinante in
questo disco è stata quella di Francesco Tedde, l’incontro con lui è avvenuto col
lavoro di sonorizzazione di The Great Withe Silence
con cui è iniziata la collaborazione tra Rigolò e il Collettivo
la Melassa; l’amicizia è scaturita di conseguenza anche se per alcuni di
noi è stato un ritrovarsi dopo tanti anni. Durante la registrazione di Tornado
Francesco è stato costantemente presente e partecipe; ha potuto ascoltare i
pezzi nel loro farsi digitale con un orecchio non condizionato da un ascolto
ripetutoe, siccome conosceva abbastanza bene il nostro stile e i
nostri intenti,ha potutodarci dei suggerimenti utili. La sua presenza ha poi
consentito un lavoro di spessore sulle parti elettronichetanto che attualmente
è diventato parte integrante del progetto e, quando sarà possibile ci
accompagnerà nei live. I suoi interventi, così come la sua presenza durante la
registrazione ci ha dato molta energia e ci ha fatto divertire riuscendo a
contagiarci conil suo cinismo buono e la sua ironia.
Brando è l’autore dei disegni del
videoclip e il protagonista principale; le sue immagini e un commento di
Francesco alla fantasiosa distruzione che trasmettono,hanno suggerito l’idea
del video: niente è così assurdo da non essere già stato pensato o ancor più
tristemente realizzato dagli esseri umani; nel video la luce diventa così
oscurità. Il videoclip di Borders
è stato girato e prodotto dai fratelli Tedde per Antropotopia,un
progetto che nasce come scuola del cinema e che ora produce anche progetti
musicali; Francesco e suo fratello Alessandro ne sono i fondatori, hanno lavorato per realtà
molto importanti in campo teatrale ma
non solo.
I principi alla base di questo
progetto, che indica un luogo per gli uomini, ci ha fatto sentire molto vicini
e abbiamo voluto entrare a farne parte, con l’auspicio di poter contribuire
così anche alla produzione di tanti nuovi progetti che condividano con noi
questa attitudine.
Brando è figlio mio e di Jenny,
direi che la nostra grande famiglia è stata molto importante e non possiamo non
citare Emma, sua sorella maggiore, che ha sempre collaborato con noi ed ora si
vive la sua adolescenza. Un’altra persona da ricordare è Brian Deck non della
famiglia ma sicuramente personaggio di rilievo in questa produzione:
quest’estate mentre era in tour con i Califone
l’ho incontrato, ci siamo conosciuti, gli ho prestato un mio effetto in cambio
di una cena; il suo lavoro per il
mastering di Tornado
è stato il frutto della stima sincera nei confronti del nostro lavoro e della
nostra musica.
Copertina molto indie-rock, con questo
incantevole/incantato volto di donna?...Come è nata e chi è l’autore?
Non vorremmo che Margherita
Manzelli, autrice della copertina e pittrice di fama internazionale con quadri
esposti al MOMA si
offendesse per l’indie-rock attribuito al suo disegno. In realtà non è
indie-rock nemmeno la musica, senza offesa, ma a me il termine indie-rock non è
una definizione in cui mi riconosco. Preferisco definire la musica dei Rigolò
dipendente dal contesto in cui prende vita e dagli incontri con le persone che
sentono di volersi far coinvolgere.
Come presenterete dal vivo Tornado?
Siamo molto contenti di iniziare
questa nuova avventura di Tornado e quindi
sicuramente lo presenteremo con entusiasmo e con tanta voglia di farlo
conoscere cercando di mantenerci aderenti al disco ma rendendo speciale il live
con parti inedite. Stiamo studiando un lavoro sulle luci perché anche gli
aspetti visivi siano guidati come quelli uditivi, ma questa è una sorpresa. Penso
che l’ascolto dal vivo sia un’esperienza importante nel
nostro caso e alla quale sono molto legato e che suggerisco. La mia faccia è
molto performativa. Vi ho convinti?
Altro da dichiarare?
Un ruolo importante in questo momento è quello di Alessandro Favilli
di Promorama
che ha scelto di aiutarci e si cura di una parte per noi più difficile quella
della promozione. Ci piace molto fare la musica ma ancora nonostante l’età e
l’esperienza non siamo diventati bravi imprenditori di noi stessi.
Etichette: Antropotopia, Califone, Emilia Romagna, Francesco Tadde, Gigantic, In palude con ..., Intervista, Margherita Manzelli, Mattia Coletti, MOMA, Promorama, Ravenna, Rigolò, Rock, Tornado
8 Commenti:
Per me è un gran onore, e piacere ospitare in palude i Rigolò, band di Ravenna dal respiro internazionale giunta al quarto album.
Coprodotto da Mattia Coletti, che ne ha curato anche la fase di missaggio, e da Brian Deck, che si è occupato del mastering, è un disco intenso, pieno di belle cose.
Si, otto pezzi tra i quali è difficilissimo scegliere ... perché farlo poi? Quando un disco piace, piace tutto, o quasi.
Che dire allora? Con una pistola puntata alla testa direi Gone per la tensione e l'elettricità di una chitarra nella notte, la voce ipnotica di Jenny e Andrea, coppia anche nella vita (e si sente), tutto il pathos ... gran bel modo di entrare in scena, non c'è che dire.
Poi direi Borders dal passo lento e felpato, per un rock ipnotico e tenebroso, nervoso, a descrivere i pensieri di un uomo che si scontrano con i luoghi comuni di una società.
Direi anche Two tickets to fly, che mi ricorda l'introspezione alla The The, con quelle tastierine, il cantato apparentemente rilassato, il violoncello distorto ...
E poi direi anche del pezzo che chiude l'album, Bon voyage dal bel ritmo sparato, più di tutte, sia nelle voci, nelle chitarre, nel cantato vero e proprio ... starebbe bene nel finale di un film del vecchio Wenders o Guadagnino o Assayas. Del resto i Rigolò sono da sempre abituati a lavorare con le immagini in movimento (e si sente).
Buona visione ... anzi, buon ascolto con i Rigolò.
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