giovedì 14 luglio 2016

In palude con Novanta


NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE: shoegaze, post rock, elettronica
DOVE ASCOLTARLO (in parte o tutto): QUI
LABEL: Seashell Records
PARTICOLARITA’: album digitale ed edizione limitata in cassetta
CITTA’: Milano
DATA DI USCITA: 17 giugno 2016

L’INTERVISTA

Come è nato Hello We’re Not Enemies?

Il disco è nato per necessità, come credo succeda a qualsiasi musicista. Avevo delle canzoni che reputavo potessero aggiungere qualcosa al mio percorso come Novanta e così eccoci qui. Il fatto di aver avuto con me alcuni talentuosi artisti mi ha senza dubbio facilitato il compito. Ne approfitto dunque per ringraziare In Every Dream A Nightmare Waits, Bialogard, Claudio Cataldi, Il Ragazzo Del Novantanove, Haas e Raniero Federico Neri degli Albedo. Sono tutti eccezionali: senza di loro questo disco non funzionerebbe.

Perché questo titolo? … 

Perché viviamo in un periodo storico in cui il conflitto è una costante della nostra vita, sia a livello micro, quando mandiamo mentalmente al diavolo il signore che ci frega il posto a sedere sul tram, sia a livello macro, con tutto il caos che sappiamo: terrorismo, guerre, muri e mari. C'è bisogno di empatia, di consapevolezza che ognuno ha una storia, non ci sono comparse. Quindi ehi, non siamo nemici.

Come è stata la genesi dell’album, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?

Ho iniziato a lavorare al disco un anno fa. Avevo appena composto un brano, una sorta di incrocio tra Prodigy, Nine Inch Nails e Lali Puna. Una roba davvero strana e sconcertante. Non mi convinceva molto. Poi mi sono recato in Islanda: ero in viaggio di nozze, in mezzo a panorami incredibili. Ho registrato qualche idea sul mio iPad, roba ambient per lo più. So che sembra una situazione stereotipata (e probabilmente lo è) ma è andata così, l'Islanda è magia pura e in qualche modo mi ha suggerito una direzione da seguire per il disco. Così al ritorno in Italia ho cominciato a lavorare all'album partendo da quegli spunti. Il brano stile Prodigy si è così trasformato in Melted Eyes.

Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione di Hello We’re Not Enemies?

Inizialmente il brano che poi sarebbe diventato Goðafoss lo cantavo io. Era una solenne porcheria. Avevo bisogno di qualcuno che in qualche modo risollevasse il pezzo. Così mi sono rivolto a Raniero degli Albedo. Loro li conosci, sono bravissimi. Lui è stato molto disponibile. Ci siamo visti una sera di marzo a Busto Arsizio da un amico, Davide Boccafogli, che ha registrato la voce. Ho fatto diversi giri per riuscire a individuare il luogo dell'appuntamento. Google maps mi aveva intrappolato in un loop stile "Les Revenants", ero disperatamente aggrappato all'unica tacca del telefonino e intorno vedevo solo alberi cattivi. Per fortuna Raniero, che probabilmente è un tipo più pratico di me, è riuscito non solo a individuare subito il punto d'incontro, ma mi ha anche intercettato mentre vagavo senza meta in auto. Per ringraziarlo gli ho offerto una birretta non troppo fresca che avevo portato con me. Mi sa che l'ha bevuta solo per non darmi un dispiacere.
Se questo album fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?

Toglilo pure. Come ho detto prima, è un album sull'empatia. È anche un piccolo omaggio all'Islanda e alla sua forza tranquilla. Non a caso la data di uscita è il 17 giugno, festa nazionale dell'Islanda. Consiglio a chiunque di fare un viaggio lì. A patto di non aspettarsi gente triste che ascolta post rock: quando ci sono andato io ho visto che c’erano concerti di hip hop islandese.

C’è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del quale vai più fiero dell’intero album?… che ti piace di più fare live?

Amo tutti i brani, naturalmente. Ognuno racconta un pezzetto di storia. È stato davvero complicato riuscire a fare questo disco, ho lavorato per tanto tempo sulle canzoni. Ho cercato di fare un passo in più rispetto al disco precedente, non so se ci sono riuscito ma sono felice del risultato. Che a mio avviso è un po’ meno cupo (solo un po’) rispetto ai miei lavori precedenti. Ognuna di queste tracce rappresenta un possibile punto di partenza per un ulteriore album.

A produrre, ancora una volta Seashell Records, e ancora una volta il formato particolare della cassetta. Come mai questa scelta?

Seashell Records da quando è nata si occupa di cassettine. Personalmente non sono un feticista del formato fisico ma mi piace molto la cura con cui Seashell Records si occupa delle sue uscite. È roba bella, originale, fatta a mano. Seashell Records ha poi un catalogo pieno di robe molto belle. Il disco di In Every Dream A Nightmare Waits è semplicemente stupendo, uno degli album più belli che abbia sentito negli ultimi anni. Poi c’è anche il tributo agli Slowdive, con parecchi nomi significativi della musica indipendente italiana, da Nicolò Carnesi ai MasCara. Proprio con questi ultimi è successo un episodio divertente. Erano convinti di dover fare una cover di Souvlaki Space Station, ma si sono accorti a pochi giorni dalla consegna dei brani che invece a loro era stato assegnato Machine Gun. Immagina la disperazione di tutti appena scoperto l’intoppo: loro invece come se niente fosse non hanno battuto ciglio e in brevissimo tempo hanno realizzato una delle cover più assurde ed emozionanti che abbia mai sentito.

Copertina molto suggestiva, con il titolo che straborda, come fosse un’immagine da film. Come è nata e chi è l’autore? Prima o dopo la registrazione dell’album? … durante?

La copertina è nata subito dopo la fine delle registrazioni. L’autore è Federico Lupo, che cura gli artwork per Seashell Records. Peraltro la copertina in realtà è solo una parte dell’artwork della cassetta. Ha un fascino gelido e misterioso. Mi piace questo titolo così forte e visibile, sottolinea il messaggio dell’album.

Come presenti Hello We’re Not Enemies? …

Sto lavorando a un tour autunnale, non vedo l’ora di tornare a suonare dal vivo. Penso che il nuovo album si presti bene a un’ottica live, più energica e chitarristica.

Altro da dichiarare?

Grazie caro Alligatore per il lavoro che fai in favore della musica indipendente italiana!

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7 Commenti:

Alle 14 luglio 2016 alle ore 08:49 , Anonymous Manfredi Lamartina ha detto...

Che bello ritrovarsi in palude, caro Alligatore! Grazie per la chiacchierata!

 
Alle 14 luglio 2016 alle ore 21:21 , Blogger Alligatore ha detto...

Grazie, è un piacere mio ritrovare te, con questa bella musica ...

 
Alle 14 luglio 2016 alle ore 21:23 , Blogger Alligatore ha detto...

Ieri notte, prima della messa in onda dell'intervista (programmata da qualche giorno), si è abbattuto in palude l'ennesimo temporale, con vento, tuoni, lampi e grandine ... per questo non ho potuto subito dire la mia sul disco, anzi sulla cassetta :)

 
Alle 14 luglio 2016 alle ore 21:28 , Blogger Alligatore ha detto...

Lo faccio ora ... dicendo le mie preferite: Tell a Story, elettronica sperimentale con drum machine a palla, giocattolinosa, magica, gelida e misteriosa, Blue Lagoon, tesa e incredibilmente mediterranea, pur nella sua melanconia e solennità data dal cantante australiano, Goðafoss con la mia coda che non riesce a stare ferma quando ascolto questo chitarra/voce pop-elettrico umano/umanitario, Melted Eyes, da film di Wim Wenders sul calore umano, la sua ricerca, la sua giustezza: lo senti dalla voce, lo senti dal suono ...

 
Alle 14 luglio 2016 alle ore 21:29 , Blogger Alligatore ha detto...

Che aggiungere? ... dite voi, se volete, le vostre!

 
Alle 15 luglio 2016 alle ore 08:20 , Anonymous Manfredi Lamartina ha detto...

Sai, mi fa molto piacere leggere queste tue considerazioni, soprattutto perché in qualche modo aggiungono significati e prospettive ai brani che abbiamo scritto. È qualcosa di molto bello, grazie

 
Alle 15 luglio 2016 alle ore 15:01 , Blogger Alligatore ha detto...

Grazie, ancora, grazie a te...

 

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