In palude con Marco Mattei
NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE Worldbeat/progressive rock/art rock
DOVE ASCOLTARLO
7D Media, Bandcamp, Spotify, Youtube, Apple Music etc.
Qui tutti i link
LABEL 7D Media / MP & Records
PARTICOLARITA’ Disco di un chitarrista, composto quasi interamente al piano.
CITTA’ McKinney (TX), Roma (ITA
L’INTERVISTA
Come è nato Age of Fragility?
Dopo Out of Control, uscito nel 2021 e caratterizzato da una grande varietà di generi, volevo fare un disco più coerente, che approfondisse il filone aperto da brani come Would I Be Me o More Intense, concentrandomi maggiormente sulle influenze world music e art rock.
Un’altra idea alla base del disco era quella di cercare un equilibrio tra semplicità e complessità. Se tutti gli elementi di un brano restano in un territorio familiare per l’ascoltatore, il risultato rischia di diventare prevedibile; se invece sono tutti fuori, l’ascolto può diventare difficile ed alienante. Per questo, nella scrittura, ho considerato aspetti come armonia, melodia, ritmo, suono, arrangiamento e missaggio, facendo in modo che alcuni rimanessero più vicini alle convenzioni compositive e che altri si spingessero verso territori meno battuti. In questo modo la musica resta accessibile, ma al tempo stesso mantiene viva l’attenzione.
Come mai questo titolo? … è così?
l titolo Age of Fragility sintetizza il tema dell’album. Viviamo un’epoca in cui le nostre fragilità – personali, relazionali e sociali – stanno emergendo con sempre maggiore evidenza ed è sempre più difficile ignorarle.
Insomma anche Age of Fragility è concept-album. Puoi dirci di più?
Si, anche Age of Fragility è un concept. L’idea è arrivata nel periodo del Covid e maturata subito dopo. È stato un momento che, dal mio punto di vista, ha messo in evidenza la fragilità individuale, delle relazioni e più in generale della società nel suo insieme. Così ho pensato di realizzare un album che avesse questo come filo conduttore, sviluppando i vari brani sui diversi aspetti legati alla fragilità: la solitudine, la depressione, la dipendenza emotiva, l’auto sabotaggio, la fragilità delle relazioni.
Come è stata la genesi di questo disco, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
Una volta stabilito il tema e decisa la direzione compositiva, ho iniziato a scrivere i brani. Credo che il mood che volevo creare mi abbia istintivamente portato a usare il pianoforte come strumento principale per la scrittura. A volte partivo da un’idea ritmica, altre dal testo, altre ancora dall’armonia.
Una volta completata la scrittura, ho realizzato le demo dei brani, arrangiandoli e suonando personalmente le varie parti. Diversamente dal disco precedente, in cui i musicisti hanno registrato le proprie parti separatamente, questa volta ho voluto organizzare una sessione in studio e suonare insieme, per creare maggiore coesione e interplay.
Grazie a una serie di fortunate coincidenze, a giugno 2024 sono riuscito a trascorrere cinque giorni ai Dreamland Studios di Woodstock, NY, insieme a Tony Levin, Jerry Marotta e Duilio Galioto: un’esperienza a dir poco incredibile.
Dopo aver registrato tutte le tracce di base, nelle settimane successive ho fatto diverse sovraincisioni e registrato le voci. Sono poi seguiti mesi di lavoro sul mixaggio e sul mastering, di cui mi sono occupato personalmente, fino ad arrivare alla pubblicazione.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione di Age of Fragility?
Ce ne sono davvero tantissimi. In generale, condividere lo studio con musicisti di un livello così alto è stata un’esperienza eccitante, molto proficua e anche formativa. Ma oltre a questo, ciò che ha reso quei giorni speciali è stata l’atmosfera familiare e rilassata che si è creata subito: è stata fondamentale per il risultato finale e mi ha dato la possibilità di apprezzare a pieno le qualità umane dei musicisti con cui ho lavorato.
C’è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del quale vai più fiero dell’intero disco? … quello più da live?
E’ difficile indicare il pezzo preferito. Sono legato a ciascuno di quei brani in modo diverso e per motivi diversi. Sono particolarmente orgoglioso di alcuni arrangiamenti, ad esempio quello degli archi di So Fragile o di alcuni suoni, come quelli di guitar loop usati in diversi brani. A mio parere You don’t deserve it è il brano più da live di tutto il disco.
Chi hai avuto più vicino sul piano produttivo? … artistico e no...
Sicuramente tutti i miei compagni dei De Blaise: Paolo Gianfrate, Gianni Pierannunzio e Duilio Galioto. In particolare, Duilio, oltre a contribuire alla composizione di So Fragile, mi ha dato un supporto incredibile con feedback costruttivi e parole di incoraggiamento. Grazie a lui sono riuscito a migliorare i brani e a superare diversi momenti di dubbio e difficoltà. Per questo, al di là del suo contributo come musicista, è stato davvero significativo averlo accanto anche durante il viaggio negli USA.
E poi, ovviamente, la mia famiglia, ed in particolare mia moglie. Pur non essendo musicista ha una grandissima capacità di individuare a primo ascolto cosa funziona in un brano e cosa no. Mi fido molto del suo istinto… se dice che qualcosa non funziona, è sicuramente da rivedere.
Infine, se non ti dispiace, voglio cogliere l’occasione per ringraziare Vannuccio Zanella di MP & Records e AJ Chippero e Trey Gunn di 7D Media per il loro grandissimo supporto per la pubblicazione e promozione del disco.
Copertina particolare, onirica, ecologia, come quella del disco precedente…. Come è nata? Chi l’ha pensata così?
Rispetto al disco precedente ho voluto mantenere l’approccio surreale, simbolico ed evocativo. Ho lavorato con diversi grafici richiedendo la presenza, appunto, di questi elementi e riferimenti forti al tema del disco. Tra le varie proposte ho scelto questa. Non voglio entrare nei dettagli perché credo che ogniuno debba trovare la propria interpretazione ma mi hanno colpito, oltre all’impatto visivo e l’atmosfera contemplativa, i tanti particolari che evocano vulnerabilità, isolamento, e la fragilità dell’esperienza umana.
Come presenti dal vivo il disco?
Ho presentato il disco il giorno della sua uscita al Forte Festival di Civitavecchia, con una formazione ridotta che comprendeva Duilio Galioto al Wurlitzer, Gianni Pierannunzio alla batteria elettronica e me alla voce, e, a seconda dei brani, alla chitarra, al basso o al bouzouki. Ho anche fatto un paio di interventi chitarra e voce in altre occasioni.
Sto cercando di mettere insieme una band completa per poter eseguire i brani con arrangiamenti più ricchi, ma non è semplice trovare spazi disposti a proporre musica originale.
Altro da dichiarare…
Fabrizio Cremonesi ha scritto: “Age of Fragility pretende ascolto e restituisce emozione”. Credo che in queste parole abbia colto perfettamente il mio intento. L’album offre diversi piani di ascolto e può mostrare nuovi dettagli ogni volta che lo si ascolta. Mi piacerebbe che chi decidesse di ascoltarlo lo facesse nella sua interezza, un po’ come si faceva con i dischi negli anni ’70: dedicando un paio di passaggi e leggendo i testi. Sono convinto che in questo modo si riesca a cogliere molteplici sfumature ed a provare un forte coinvolgimento emotivo.
Etichette: 7D Media, Age of Fragility, Art Rock, In palude con ..., Intervista, Marco Mattei, MP & Records, Progressive-rock, Roma, Texas, Worldbeat
8 Commenti:
Marco Mattei torna in palude con un nuovo disco, che come il precedente è un concentrato acido di suoni, parole, voci, strumenti del mondo...internazionalismo in musica, giusto per semplificare.
Un disco semplice e allo stesso modo complesso questo Age of Fragility ... titolo impeccabile per raccontare questo periodo fragile, fragilissimo, come dice, a ragione, Marco nell'intervista.
Non è invece fragile il suo progetto musicale, legato dal modo di arrangiare la sua musica (in tutti i sensi).
Da questo punto di vista il pezzo più rappresentativo potrebbe essere Insomnia. Un pezzo molto particolare, che parte tranquillo, per poi aprirsi a una varietà di suoni e parole incredibili. A me ha ricordato, in parte, Vangelis.
Nella seguente A Trick of the Mind ci sono una chitarra acustica e una voce youngiane. Rock dalle venature folk che incanta per la sua semplicità ....strepitoso il violino che salta fuori all'improvviso.
Archi gran protagonisti anche in So Fragile altro pezzone con una tensione emotiva data dalla voce, dal modo di cantare oppure dalle tastiere (o da tutto l'insieme).
Ecco, ho detto le mie tre canzoni preferite di un album molto intenso e diversificato, che sì, va ascoltato con attenzione, come si faceva una volta, tenendo il cd in mano, rigirandoselo, leggendo i testi, ammirando la copertina ...
Troppe cose da fare? Direi che se lo facevamo con gusto una volta, con i vinile e le cassette, si può tornare a farlo oggi, con il cd... provate a iniziare con questo!
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