martedì 23 maggio 2017

In palude con Tiziano Mazzoni


NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE folk-rock-blues
DOVE ASCOLTARLO (in parte o tutto) su tutte le piattaforme digitali e in formato fisico in tutti i negozi di dischi (è distribuito), prova su spotify
LABEL IRD International Records Distribution
PARTICOLARITA’ ospiti Pippo Guarnera (hammond) e Riccardo Tesi (organetto)
CITTA’ Pistoia
DATA DI USCITA 21 aprile 2017

L’INTERVISTA
Come è nato Ferro e carbone?
Appena dopo l’uscita di “Goccia a goccia“ ci sono stati avvenimenti importanti nella mia vita, che mi hanno segnato profondamente e che per un certo periodo mi hanno allontanato dalla musica. La nascita di mio figlio Leonardo nel 2011 e la perdita di mio padre, Angiolo, nel 2012 (a lui è dedicato il brano “Qualunque nome dirai” in “Ferro e  carbone”). Insieme al mondo che cambiava intorno a me anch’io sono cambiato e dall’atmosfera introspettiva di “Goccia a goccia”, un lavoro pervaso da un vissuto personale e intimo sono passato ad una dimensione più corale ed oggettiva. Uno sguardo diverso sulle cose e sul mondo che ha portato alla composizione dei brani di “Ferro e carbone”. Un disco fatto di storie, di personaggi, di situazioni che, eccetto l’ultimo brano “Verde torrente” e la bonus track “Ancora da imparare”, non ha mai una prospettiva personale. Un disco che addensa vite come quella del partigiano anarchico pistoiese Silvano Fedi, o del poeta-clochard Remo Cerini in “Rita e l'Angelo”. Oppure ritaglia all'interno di una tragedia come quella di Sant'Anna di Stazzema la storia d'infanzia di “La lucciola e il bambino” per poi tracciare con fermezza la vicenda delle acciaierie Lucchini in “Piombino” (da cui è tratto il verso che dà il titolo al disco).
Perché questo titolo? … come l’hai pensato?
Ferro e carbone sono i due componenti dell’acciaio. Il titolo nasce da un verso di “Piombino”, canzone ispirata alla vicenda delle storiche Acciaierie Lucchini che nel luglio del 2014 sembravano condannate alla chiusura a causa di una grave crisi economica che aveva colpito lo stabilimento e che avrebbe fatto perdere il posto di lavoro agli oltre 2000 dipendenti. Una ambientazione geografica precisa della canzone per raccontare una storia che è purtroppo tristemente comune nel nostro paese. La perdita del lavoro che diventa anche la perdita di ruolo e di un'identità. I reparti vuoti, il silenzio opprimente, la rassegnazione al fatto che pagano sempre gli stessi. E spesso per una colpa che a volte è stata solo quella di trovarsi coinvolti in un riassetto industriale che valuta più proficuo cessare o spostare un'attività altrove. La disperazione di lottare per un lavoro che è tutto ciò che si ha anche se questo significa guadagnarsi il pane in un inferno di fuoco e polvere.

Come è stata la genesi del cd, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
Ho iniziato a lavorare nello studio con Gianfilippo Boni in un'atmosfera molto familiare quasi da home recording. Sono arrivato in studio con 5 o 6 canzoni ed ho iniziato a realizzare la pre-produzione del CD componendo via, via gli altri brani tra casa e studio. Completata le pre-produzione, per la realizzazione del CD mi sono affidato ad un quartetto combo composto da Fabrizio Morganti (batteria e percussioni); Lorenzo Forti (basso); Pippo Guarnera, (hammond) e me (voce + chitarre, mandolino, 5-strings banjo e armonica).
A questo nucleo si sono aggiunti molti illustri ospiti, oltre che cari amici (Riccardo Tesi, organetto; Franco Santarnecchi, piano; Luca Marianini, tromba; Claudio Giovagnoli, sax; Mirco Capecchi, contrabbasso; Ettore Bonafé, percussioni; Mino Cavallo, quatro; Chris Brashear, violino; Gabriele Savarese, violino; Riccardo Manzi, chitarra e bouzouki; Francesco Cangi, trombone) che con il loro contribuito hanno vivacizzato ed aggiunto i giusti colori alle take.
Grande attenzione è stata dedicata al lavoro di ripresa. Molti degli strumenti utilizzati erano acustici o elettrici vintage, per cui era fondamentale restituirne la ganuinità del suono. A Gianfilippo Boni, oltre, oltre al contributo alla produzione artistica e agli arrangiamenti, va anche il merito dell’ottimo lavoro di ripresa. Ecco, direi che una delle note peculiari di questo mio nuovo lavoro è l’estrema cura del suono, ulteriormente valorizzato dalla masterizzazione, curata da Giovani Versari.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione di Ferro e carbone?
Beh, in effetti durante le riprese di episodi che mi hanno colpito ce ne sono stati più di uno. Vorrei però ricordarne due perché danno l’idea del clima di creatività e sperimentazione che si respirava durante la lavorazione del CD. Il primo riguarda “Verde torrente”. Come per alcuni altri brani, avevamo registrato più versioni anche per questo brano. Alla fine la scelta si restrinse a due versioni: una pianoforte e sax e l’altra chitarra e hammond. Quest’ultima mi convinceva di più perché c’era un impasto timbrico che mi sembrava più originale. Ma mancava ancora qualcosa, qualcosa che fosse lirico ma allo steso tempo terreno, palpabile, soffiato e quel qualcosa alla fine è stata la tromba di Luca Marianini. Luca è arrivato, si è seduto in sala e ha voluto concentrarsi per una buona mezz’ora sull’ascolto brano. Poi ha suonato cinque o sei take, alcune con la tromba, altre con il flicorno, una più bella dell’altra. Lasciandoci di stucco. Tutte bellissime!! Anche se, alla fine, abbiamo scelto “la prima”; questo perché, dopo tanti ascolti, come succede spesso è quella la take dove c’è più cuore, più emozione.
L’altro si riferisce alla bonus track, “Ancora da imparare”. Nel luglio scorso il mio caro amico Chris Brashear, violinista-chitarrista-autore attivo nella scena bluegrass ed alt-country statunitense, si trovava in Toscana per una breve vacanza. Con lui avevo già collaborato a fine anni novanta (in quel periodo viveva in Italia) e sapendo che si sarebbe trovato di nuovo a passare di qua gli avevo chiesto di registrare il suo violino su “Rita e l’angelo”, anticipandogli una demo qualche tempo prima. Registrata la sua parte, peraltro bellissima e in puro stile bluegrass (quello che volevo) nello studio di Gianfilippo Boni, ho raggiunto Chris in sala e ci siamo messi a improvvisare e a ricordare i tempi passati, così gli ho proposto di seguirmi in una canzone che avevo scritto tempo prima e che non pensavo di includere in “Ferro e carbone”. Gianfilippo ha intuito che stava per succedere qualcosa che meritava di essere ripreso ed ha premuto REC… così, in presa diretta e con un’improbabile armonica in SIb mezza stonata (ma era l’unica che avevo in quel momento), è stata registrata la canzone, che poi ci è piaciuta e abbiamo deciso di includere come bonus track, così com’era. Falsa partenza inclusa.
Se questo cd fosse un “concept-album” su cosa sarebbe? … tolgo il fosse? È …
Il movimento inteso come partenza, viaggio ma anche come cambiamento, mutamento interiore, consapevolezza, rifiuto, ribellione
La fuga per la salvezza dalle macerie di un paese in guerra (“La lucciola e il bambino”) la partenza da un terra che non ha un futuro (“Quattro barche”), il rifiuto di un mondo che ti propone valori effimeri e ti impone un ritmo insostenibile per rivendicare un passo lento ma coerente e sostenibile (“Noi camminiamo”), la consapevolezza e la ribellione del partigiano anarchico Silvano Fedi che pagò con la vita il rifiutò di obbedienza ad ogni forma di totalitarismo (“Silvano Fedi”)
C’è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del quale vai più fiero di Ferro e carbone?… che ti piace di più fare live?
È difficile dirlo! Sai, dipende un po’ dai momenti, e in “Ferro e carbone” le atmosfere si alternano in modo abbastanza deciso. Comunque direi che i brani dei quali vado più fiero sono senz’altro  “Piombino”, per quanto abbiamo già detto, “Rita e l’angelo” per il ricordo che ho del poeta Remo Cerini e “Silvano Fedi” perché racconta e riapre una vicenda mai chiarita.
Per  quanto riguarda l’emozione direi invece che il brano che mi tocca di più è “Qualunque nome dirai” perché si ispira alla vicenda di mio padre, affetto da Alzheimer, una malattia orribile che, prima di portarti via completamente, ti priva dei ricordi e dell’identità. Ho immaginato un finale pagano per questo brano, un incontro con mio padre in una sorta di campi elisi, che poi è la campagna della sua gioventù. Per questo brano c’è comunque un finale alternativo, che fino all’ultimo sono stato tentato di inserire nel CD al posto dei versi attuali, e che forse proporremo dal vivo.
Come è stato a livello produttivo fare il cd? Da chi gli apporti più importanti?
Il CD è stato autoprodotto con il contributo di Raffaello Spiti che, con Luca Iozzelli, aveva prodotto i miei precedenti lavori. Per quanto riguarda la produzione artistica sicuramente il contributo più importante è venuto da Gianfilippo Boni che ha collaborato anche agli arrangiamenti.
Infine, ma di fondamentale importanza, il supporto e il contributo della mia etichetta IRD/MRM nella cura della stampa, della distribuzione e del progetto grafico
Copertina invernale, semplice e diretta, dice cose molto vicine al disco … come è nata e chi è l’autore di quello e di tutto l’elegante progetto grafico?
Le foto sono di Antonio Candio ed il progetto grafico di Manuela Huber. Gli scatti sono stati fatti nell’ex area industriale della Leopolda, a Firenze, vecchio centro di manutenzione delle ferrovie. A qualche centinaio di metri dalla ben nota “Stazione Leopolda”, ma allo stesso tempo ad anni luce da quel mondo. Una ex area industriale, una zona di confine, dove chi ne ha bisogno può trovare, se non una sistemazione, almeno un riparo. Antonio mi ha proposto la location e sono stato subito d’accordo. L’ex area industriale divenuta adesso rifugio, una risorsa per le necessità immediate di senzatetto rappresenta una fotografia abbastanza emblematica ed eloquente del degrado e delle emergenze di questi nostri giorni. Il lavoro che abdica alla finanza, l’accoglienza che degrada in segregazione.
Manuela Huber di IRD ha poi curato il progetto grafico del CD. Che ho apprezzato moltissimo, inserendo nel booklet anche alcune mie foto di famiglia alle quali sono molto legato. In particolare la foto di mio padre su una Triumph nei primi anni ’50 ( “Il selvaggio” di László Benedek uscì nel ‘53), la foto dei miei, ancora fidanzati, che si baciano su un sentiero delle montagne pistoiesi, la foto di mia madre in bicicletta con un’amica dopo la Liberazione. Sono foto datate, ma mi servivano per gettare un ponte tra la nostra attualità e quel mondo, che sta alla base della realtà odierna e ne è causa e spiegazione. Anche se i 70 anni che ci dividono da allora ci possono sembrare oggi un’eternità, non lo sono certo in una prospettiva storica.
Altro da dichiarare?
Un punto sul quale ho lavorato molto e che mi preme sottolineare è quello della composizione dei testi, che ho scritto in italiano, e dell’estrema cura che ho posto nel loro inserimento in un contesto musicale che invece è di esplicita matrice folk/rock/blues. Volevo che tutto suonasse in modo molto naturale. E sono soddisfatto del risultato che è stato raggiunto. Un altro aspetto per me molto importante era quello di non ricorrere a stereotipi o a figure retoriche della tradizione degli storyteller americani che, sebbene di efficacia immediata, mi avrebbero limitato nello sviluppo di una poetica più attuale e genuina.


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7 Commenti:

Alle 23 maggio 2017 alle ore 01:01 , Blogger Alligatore ha detto...

Un vero piacere ospitare in palude Tiziano Mazzoni, cantautore puro, un vero piacere ospitarlo con questo gran disco, "Ferro e Carbone".

 
Alle 23 maggio 2017 alle ore 01:02 , Blogger Alligatore ha detto...

Dodici canzoni intense, tutte da ascoltare, con dei testi impeccabili e una bella serie dk strumenti musicali folk-rock da leccarsi baffi.

 
Alle 23 maggio 2017 alle ore 01:03 , Blogger Alligatore ha detto...

Un bel disco, un disco difficilmente scindibile in singoli pezzi, ma io ci provo ...

 
Alle 23 maggio 2017 alle ore 01:07 , Blogger Alligatore ha detto...

Dunque, tra le mie peferite di sicuro metto "Silvano Fedi" pezzo dai fiati sostenuti, l'hammond ... per raccontare la storia di un anarchico partigiano. Poi "Piomino", descrizione della fabbrica, delle famose acciaierie (da questa canzone il titolo dell'album).

 
Alle 23 maggio 2017 alle ore 01:09 , Blogger Alligatore ha detto...

Molto intense anche "Noi camminiamo" pezzo vero, con ritmo (cantautorato rock classico a raccontare questi anni di povertà)"Quattro barche", blues delizioso che racconta gli sbarchi immigrati come nessuno mai ...

 
Alle 23 maggio 2017 alle ore 01:13 , Blogger Alligatore ha detto...

Perché non citare "Sciogli il cane"?... con un Mazzoni mai così intimo e diretto (hammond da favola), e perché dimenticare "La lucciola e il bambino", brano dove il cantastorie viene fuori ...

 
Alle 23 maggio 2017 alle ore 01:14 , Blogger Alligatore ha detto...

E voi? ... ascoltate Mazzoni, ne vale la pena, e ditemi le preferite, se volete ...

 

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