In palude con Ottodix
NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE: Elettronica, sinfonica, ambient, fantascienza d’autore
DOVE ASCOLTARLO Spotify, iTunes, Youtube, CD Digipax Deluxe
LABEL - VREC Music Label
PARTICOLARITA’: Concept album tra scienza, fantascienza e attualità
DATA DI USCITA 14/04/2023
L’INTERVISTA
Come è nato Arca?
Ciao,
Arca è nato come conseguenza quasi diretta al precedente Entanglement e ai suoi ragionamenti sui rischi globali di diffusione dei problemi ambientali (es. pandemie) e delle catastrofi. Oltre alla mia passione per le notizie costantemente in arrivo dalla NASA sulle conquiste di Marte e i piani per portare l’uomo nel cosmo, ci sono stati due motivi fondamentali: uno appunto, l’accresciuto sentore di un’apocalisse diffusa imminente, tra guerre, virus, tracolli economici, migrazioni bibliche, scioglimenti di ghiacciai e surriscaldamento globale, l’altro la mia frequentazione con architetti utopisti del Padiglione Italia “Resilient Communities” della Biennale di Architettura di Venezia, dove suonai nel 2021 con la band e dove portai un progetto di arte contemporanea, tuttora in corso, che gemella l’Italia con i 6 continenti e incrocia con loro dati ambientali in tempo reale.
Da una parte dunque l’idea di una catastrofe mondiale, dall’altra l’idea di progettare l’architettura utopistica di una gigantesca nave spaziale per inscenare una migrazione di massa dal pianeta. Una struttura con ambienti resilienti appunto, dove poter stoccare il succo del nostro sapere e della nostra memoria e il DNA di tutte le forme di vita per sperare di portarle altrove in nuovi habitat.
Come mai questo titolo?
Come ti ho descritto, “Arca” è una nave spaziale-mondo immensa (a forma di tartaruga), che rappresenta un backup totale e globale della vita e dell’uomo. Il tema del backup e dell’oblio mi è molto caro da sempre. L’Arca di Noah (o Noè) non era nient’altro che il primo grande backup della vita ipotizzato dall’uomo nella fantasia. L’idea di creare ambienti di stoccaggio di dati, DNA, coloni - cosmonauti, backup di archivi botanici ecc mi è stata data da vari articoli letti sulla presenza sempre maggiore di depositi di dati e anche ad esempio di semi. Il Global Seed Vault delle isole Svalbard ne è un esempio, scavato sotto i ghiacci per preservare i semi delle piante mondiali in caso di catastrofi ambientali e nucleari.
Come è stata la genesi dell’album, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
Come sempre accade (e sempre di più) nei miei concept, molto faticosa e pianificata, ma stando bene attenti a lasciare molti spazi all’intuizione e alla creatività “di getto”. Per fare queste cose apparentemente inconciliabili, io ho un sistema che mi sono fatto. Preparo la mente all’argomento in modo metodico, mirato. Creo solo una griglia sulla carta e nella mente, una tracklist di canzoni ipotetiche che parlano di certi argomenti precisi, come fossero dei grandi cesti in cui lanciare in futuro delle idee. Poi inizio a leggere cose su queste tematiche un po’ liberamente, accumulando spunti interessanti e giochi di parole a tema. Li “lancio” via via nei cesti corrispondenti e li lascio sedimentare lì, raggruppati per argomenti.
Alla fine mi metto al piano e inizio a strimpellare idee in libertà e sviluppando temi musicali che potrebbero evocare quei singoli temi. Le parole, una volta educato il cervello a certe terminologie e immagini o metafore “a tema” arrivano e si incatenano, a volte in modo sorprendente, evocando anche involontariamente quei mondi immaginati.
Per Arca poi, ho dovuto immaginare interi habitat-canzone totalmente di fantasia, dove ambientare le singole canzoni. E’ stato come fare un film, scriverlo, girarlo, disegnare (letteralmente) le scene e i fondali e idearci una colonna sonora.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione del disco?
Di solito una mia canzone è molto stratificata e ponderata. Il Brano “Utopia” invece mi è venuto fuori in pochissimo tempo ed è una delle tracce più potenti della mia discografia, ero stupito di come certe cose venissero quasi a galla da sole. Poi ovviamente ci sono gli aneddoti delle registrazioni durante la residenza al Teatro Marchionneschi di Guardistallo con Flavio Ferri e Aiazzi e il pianista Loris Sovernigo che ha dato un importante valore aggiunto e caratteristica al sound “fanta-retro” di questo lavoro utilizzando il pianoforte a coda. Abbiamo fatto a fine residenza un concerto con un diluvio universale all’esterno in questo teatrino che imbarcava acqua dalle scale, finestre e pioveva perfino in palco!
Un Diluvio è un preludio formidabile per Arca
Se fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?
Più concept di così non so cosa potrei fare o dirti, che non ti abbia già detto.
Posso solo aggiungere che Arca è il mio tributo in età adulta al genio di Miyazaki e alla sua fantascienza pedagogica, distopica e ambientalista che ha cresciuto molti della mia generazione. Mi piacerebbe che il pubblico si immaginasse le atmosfere di "Conan il ragazzo del futuro" ascoltandolo. E’ un disco per i nostri figli, un mea culpa generazionale. L’adolescenza e l’infanzia hanno una grande importanza nella prima parte di questo album, che immagina la vita di ragazzi a cui potrebbe essere tolta la Terra e la natura e la cui vita potrebbe essere totalmente in balìa di habitat artificiali.
C’è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del quale vai più fiero di Arca? … che ti sembra ideale da fare live?
Tra i miei preferiti sicuramente Memorandom e Utopia, ma una menzione particolare la faccio per la title track “Arca”, che guarda caso si intitolava originariamente “Indastria is meeting”. E’ un brano composto con il chitarrista fondatore Antonio Massari nel lontanissimo 1992 con un testo totalmente diverso, una demo sepolta in archivio che aveva un sound particolare tutto suo ed evocava mondi analoghi a quelli di Arca (Indastria è la città-stato del nemico di Conan). Qui ho riscritto con impegno il testo originale usando lo spelling veloce per dare molti dettagli sulla città sferica di Arca e il suo sole artificiale al centro, che ho immaginato occupare il corpo centrale della gigantesca tartaruga. Sono molto contento di averla salvata dall’oblio in modo così pertinente. Era il suo momento... a 30 anni esatti dalla sua nascita. A volte certe canzoni hanno una genesi eterna.
A livello produttivo chi citare? VREC?
Beh no, VREC è la label che ha pubblicato il disco, la produzione artistica è mia e di Flavio Ferri. Siamo arrivati al terzo album assieme e stavolta il suo impegno è stato davvero immenso e fondamentale. La sfida che volevo per Arca era un viaggio continuo d’ascolto dentro la stazione spaziale, quindi abbiamo creato come collegamento per le 9 canzoni degli interludi strumentali fondamentali per creare l’effetto soundtrack. Ho utilizzato voci narranti di Laura Marini (colei che negli spettacoli fa visuals live con lavagna luminosa) che Flavio ha trasformato in una voce da hostess robot AI, che ti accompagna dentro l’Arca e descrive le “teche” che conservano il DNA di batteri, funghi, piante e animali. Flavio ha montato il lunghissimo e complesso album lavorandolo come un’unica traccia-monster la tracklist e dando quindi una fluidità di passaggi tra una song e un interludio, perfette. Il contributo di Loris Sovernigo al piano poi ha arricchito il tutto con improvvisazioni, valorizzando il piano a coda presente nel teatro dove ci eravamo rinchiusi. La traccia fantasma in coda ad Utopia è una deriva interplanetaria dell'immaginazione, un lungo addio malinconico alla Terra con uno strumento antico nei titoli di coda di un film di fantascienza.
Copertina molto particolare, futuristica… ma anche attuale. Come è nata? Chi l’ha pensata così?
Io, occupandomi anche di arti visive è importante che dia sempre anche la versione visiva del mondo sonoro che propongo.
La tartaruga spaziale ha il corpo centrale costituito dalla città sferica di Arca e un anello con 6 distretti attorno dove l’ascoltatore è accompagnato. Le “teche” di cui sopra sono i condotti - interludi dell'anello che portano da un distretto-canzone all’altro. Sono rispettivamente i 4 arti, la testa e la coda della tartaruga e rappresentano i distretti-habitat essenziali per la vita dell’uomo in cattività, tra scienza, spiritualità, arte, salute, tecnologia, robotica e natura.
Un lavoro di grafica e architettura che mi ha portato via molto tempo, ma di cui sono soddisfatto. La sua forma è della Chelonia Mydas, una testuggine migrante che vive tantissimi anni e naviga a lungo da sola nel mare. Come nel cosmo. Il nostro “barcone” su cui trovarci tutti un giorno migranti su vasta scala, africani, russi, cinesi e americani.
Come presenti il disco dal vivo?
Con uno spettacolo di cui vado molto fiero e che sta impattando in modo sorprendente sul pubblico e anche nelle scuole. L’inserimento delle voci narranti anche live, la lavagna luminosa, la grande sfera su cui proiettiamo i visuals che ho personalmente montato, gli arrangiamenti per archi e il quartetto e la band garantiscono non un concerto, ma un vero spettacolo con momenti di musica, immagini e divulgazione scientifica. Torni a casa con un’esperienza filosofica completa, al di là della musica. Ed è per tutti.
Altro da dichiarare?
Sì.
Con mia grande
sorpresa, il concept Arca è stato subito accolto dalla città di Venezia e il
DVRI (Distretto Veneziano Ricerca Innovazione) con cui stiamo organizzando
eventi interdisciplinari, uno per ogni settore della tartaruga, in istituti di
ricerca, fondazioni, università e musei. Una cosa davvero importante che ha
preso proprio il nome di "ArcaVenice", dedicata alla città
maggiormente a rischio di "diluvio".
Abbiamo portato il concerto al CNR di Venezia e al Conservatorio nella storica sala concerti di Palazzo Pisani, mentre a settembre partirà la mia personale “Habitat, Backup Estinzione” di arte contemporanea e sonificazioni del DNA alla Fondazione Bevilacqua La Masa dove si potranno anche vedere illustrazioni originali dell'artwork del cd.
Cosa sono le
sonificazioni? Traduzioni in suono di dati alfa numerici, statistici,
ambientali, scientifici ecc.
Già, perché su Arca negli interludi potete ascoltare anche tappeti sonori
ottenuti tramutando in suono, "sonificando" le sequenze del DNA di
animali in estinzione o estinti. E ovviamente della tartaruga.
Etichette: Ambient, Arca, Elettronica, Entanglement, Fantascienza, Giovani musicanti e disoccupati, In palude con ..., Intervista, NASA, Ottodix, Treviso, Veneto, Vrec, Vrec Music, Vrec Music Label
11 Commenti:
Finalmente ritorna in palude l'amico Ottodix, più volte in palude nel corso degli anni, e tra gli ospiti del mio primo libro "Giovani, musicanti e disoccupati".
Finalmente perché il disco è uscito ad aprile, e riporto l'intervista solo oggi, perché ho voluto gustarmi bene il disco, una sorta di seguito di Entanglement, complesso e godibile come da suo marchio di fabbrica.
Un disco che non è semplicemente un disco, ma un progetto multidimensionale, come spiega bene nell'intervista Ottodix.
Un disco bello nella sua complessità di suoni e concetti filosofici, che è difficile dividere in signoli pezzi, ma per questo ci provo.
Tra le mie canzoni prferete metto Muse, pezzo futurista, che sembra un classico dell'alternative fin dal primo ascolto.
Molto intensa anche Memorandom, con tante parole dentro, ritmo, sinfonia, piano... frasi che restano, colpiscono e si può ben capire perché sia tra i suoi preferiti.
Non posso dimenticare la title-track, dalla genesi così lunga, come ci ha raccontato nell'intervista il musicante trevigiano: elettronica che si insinua nella mente, testi elevati/elevanti come la musica.
Non posso, ovviamente, non amare Utopia: testo filosofico, elettronica sofisticata, campionamenti e poesia... è anche uno dei miei preferiti, oltre ad essere suo.
Ma è tutto un disco da scoprire a ogni ascolto. A ogni ascolto riserve sorprese nuove. Salite sull'Arca, ormai non c'è più tempo.
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