Il
disco nasce da spunti che avevamo avuto durante il tour di Hash & Pornography e da lunghe jam sessions che abbracciano l’arco di
quasi 10 anni.
Come mai questo titolo?
Cosa vuole significare? …
Il
titolo ci è venuto in mente in studio di registrazione, probabilmente
scherzando sul fatto che per i Maya era passato parecchio tempo da quando erano
entrati in studio per registrare il primo disco… e poi perché si accostava bene
al concept su cui avevamo costruito le trame delle canzoni.
Come è stata la genesi
dell’album, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
Come
detto prima avevamo tanto materiale su cui lavorare nato durante il tour e
continuavano ad arrivare idee dalle jam che facciamo da sempre.
C’è
da dire che ognuno di noi ha esplorato strade nuove, cimentandosi su progetti
paralleli e collaborazioni, senza mai allontanarsi dal progetto Maya e portando
in sala prove idee nuove e arricchendo il bagaglio comune.
Abbiamo
voluto introdurre suoni e strumenti nuovi, sperimentare con le voci e lavorare
alle strutture delle singole canzoni con più attenzione rispetto all’album d’esordio.
Qualche episodio che è
rimasto nella memoria durante la lavorazione del disco?
Il
disco sebbene abbiamo avuto una lunga gestazione è stato realizzato in meno di cinque
giorni, non sono mancati comunque episodi particolari. Uno su cui tutti, una
testata del ‘69 a metà registrazioni ha letteralmente
preso fuoco facendo scattare l’allarme antincendio… questo ci è costato una giornata
persa perché non riuscivamo a spegnerlo!
L’allarme
però ci è rimasto! è possibile sentirlo alla fine di un brano.
Sefosse un concept-album su cosa sarebbe? …
anche a posteriori? O forse no? …
Era è un concept album. È la storia di
Enrique Dominguez, un vagabondo che dopo un salto nel tempo atterra nel deserto
in un mondo ormai sconosciuto, si punge con un cactus per avere delle
allucinazioni e piomba in una città disabitata. Al di là delle mura ci sono
delle oscure presenze, dei minotauri e dei cerberi che lo tentano per bere il
suo sangue. In cima alla torre sacra parla con uno stregone che con una
maschera da gatto recita delle preghiere e così lo fa volare attraverso le
costellazioni dello spazio infinito dove per sempre orbita fra le galassie e le
polveri stellari.
C’è qualche pezzo che
preferite? Qualche pezzo del quale andate più fieri di Era ? … che vi piace di
più fare live?
Difficile
rispondere a questa domanda. Il disco è una selezione accurata di circa una
ventina di brani, gli esclusi per ora rimangono nel cassetto. Certi brani li
preferiamo perché lenti e pesanti, altri sono diretti e incazzati come nel
primo lp, poi abbiamo proposto qualcosa di simile a ballad e anche uno
strumentale.
Come è stato produrre
artisticamente il disco con GoDownRecords?
Con
Godown ci siamo sempre trovati molto bene. È un rapporto fondato sull’'amicizia e
sulla libertà artistica. Dapprima seguivamo le band da spettatori, poi ci siamo
ritrovati a far parte della grande famiglia, e col passare del tempo siamo
diventati uno dei gruppi più longevi della “scuderia”.
Copertina senza tempo,
da classico di tutti i tempi. Come è nata? Chi l’autore?
La
copertina è stata autoprodotta ma il grosso del merito va ad Ale (bassista) che
è riuscito a cogliere le idee della band e a creare l’immagine perfetta per un
concept album dove il titolo risulta quasi un elemento secondario.
L’immagine
di copertina è così forte, secondo il nostro punto di vista, che non aveva
bisogno di titolo o di intestazione.
Come presentate dal vivo
il disco?
Dal
vivo la band proporrà qualche brano storico dal primo lp, gran parte dei brani
del disco e qualche anticipazione delle nuove composizioni, perché i Maya sono
una band sempre proiettata nel futuro!
Altro da dichiarare?
Ritornare
dopo tanto tempo con questo progetto e constatare l’interesse e l’apprezzamento del pubblico ci
riempie il cuore. Ringraziamo tutti quanti seguono e sostengono il vero
underground e ci diamo appuntamento ai prox live.
Quella di Enrique Dominguez, un vagabondo che dopo un salto nel tempo atterra nel deserto in un mondo ormai sconosciuto, si punge con un cactus per avere delle allucinazioni e piomba in una città disabitata ...
Dieci pezzi, divisi in LATO A e LATO B, perchè stiamo parlando di un vinile, come da ottima abituinde di casa Godown Records ... benemerita label veneta che sta costrunedo, disco dopo disco un catalgo incredibile.
Ma anche Vibromatic, è un gran pezzo... che vale il disco: muri di suono, un cantato ipnotico, il rullare dei tamburi per una vera e propria cavalcata psichdelica.
Ma anche El Toro, dondolante, dilatata/dilatante, che resta a lungo nei nostri padiglioni auricolari per la ricchezza del suono, il cantato hard, senza tempo, corale, maledetta, rombante ...
Ma tutto, tutto il disco ... come avrete capito è un concept, acido, maldetto Heavy Stoner ... tanti anni sono passati dal primo loro disco, ma a quanto pare i Maya Mountains non sono stati con le mani in mano.
Critico rock del web. Pacifista integrale.
Collaboratore del sito della nota agenda
Smemoranda dalla lontana estate del 2003 e del Frigidaire cartaceo dall'autunno 2009. Dall'aprile 2017 collabora anche con Il Nuovo Male, e dall'estate del 2017 con il portale I Think Magazine, dall'autunno 2018 con MeLoLeggo.it. A gennaio 2018 fonda con Elle il sito L'ORTO DI ELLE E ALLI . Metà veneto, metà altoatesino (la mamma è dello stesso paese di Lilli Gruber), è nato nei primi anni Settanta, il giorno del compleanno di Jack Kerouac.
9 Commenti:
Gran disco massiccio, di un rock granitico che racconta una storia psichedelica.
Quella di Enrique Dominguez, un vagabondo che dopo un salto nel tempo atterra nel deserto in un mondo ormai sconosciuto, si punge con un cactus per avere delle allucinazioni e piomba in una città disabitata ...
Dieci pezzi, divisi in LATO A e LATO B, perchè stiamo parlando di un vinile, come da ottima abituinde di casa Godown Records ... benemerita label veneta che sta costrunedo, disco dopo disco un catalgo incredibile.
Dieci pezzi che sembrano un pezzo unico, tra i quali è difficilissimo decidere.
Quale dico, se proprio devo dirne uno?
Enrique Dominguez che apre il disco è ovviamente imprescindibile.
Apre la strada in modo pestante e acido.
Ma anche Vibromatic, è un gran pezzo... che vale il disco: muri di suono, un cantato ipnotico, il rullare dei tamburi per una vera e propria cavalcata psichdelica.
Ma anche El Toro, dondolante, dilatata/dilatante, che resta a lungo nei nostri padiglioni auricolari per la ricchezza del suono, il cantato hard, senza tempo, corale, maledetta, rombante ...
Ma tutto, tutto il disco ... come avrete capito è un concept, acido, maldetto Heavy Stoner ... tanti anni sono passati dal primo loro disco, ma a quanto pare i Maya Mountains non sono stati con le mani in mano.
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