NOTE
SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE folk-rock-blues
DOVE ASCOLTARLO (in parte o tutto) su tutte le
piattaforme digitali e in formato fisico in tutti i negozi di dischi (è
distribuito), prova su spotify
LABEL IRD – International Records Distribution
PARTICOLARITA’ ospiti Pippo Guarnera (hammond) e Riccardo
Tesi (organetto)
CITTA’ Pistoia
DATA DI USCITA 21 aprile 2017
Come
è nato Ferro e carbone?
Appena dopo l’uscita di “Goccia a goccia“ ci sono stati
avvenimenti importanti nella mia vita, che mi hanno segnato profondamente e che
per un certo periodo mi hanno allontanato dalla musica. La nascita di mio
figlio Leonardo nel 2011 e la perdita di mio padre, Angiolo, nel 2012 (a lui è
dedicato il brano “Qualunque nome dirai” in “Ferro e carbone”). Insieme al mondo che cambiava
intorno a me anch’io sono cambiato e dall’atmosfera introspettiva di “Goccia a
goccia”, un lavoro pervaso da un vissuto personale e intimo sono passato ad una
dimensione più corale ed oggettiva. Uno sguardo diverso sulle cose e sul mondo
che ha portato alla composizione dei brani di “Ferro e carbone”. Un disco fatto
di storie, di personaggi, di situazioni che, eccetto l’ultimo brano “Verde
torrente” e la bonus track “Ancora da imparare”, non ha mai una prospettiva
personale. Un disco che addensa vite come quella del partigiano anarchico
pistoiese Silvano Fedi, o del poeta-clochard Remo Cerini in “Rita e l'Angelo”.
Oppure ritaglia all'interno di una tragedia come quella di Sant'Anna di
Stazzema la storia d'infanzia di “La lucciola e il bambino” per poi tracciare
con fermezza la vicenda delle acciaierie Lucchini in “Piombino” (da cui è
tratto il verso che dà il titolo al disco).
Perché
questo titolo? … come l’hai pensato?
Ferro
e carbone sono i due componenti dell’acciaio. Il titolo nasce da un verso di
“Piombino”, canzone ispirata alla vicenda delle storiche Acciaierie Lucchini
che nel luglio del 2014 sembravano condannate alla chiusura a causa di una
grave crisi economica che aveva colpito lo stabilimento e che avrebbe fatto
perdere il posto di lavoro agli oltre 2000 dipendenti. Una ambientazione
geografica precisa della canzone per raccontare una storia che è purtroppo
tristemente comune nel nostro paese. La perdita del lavoro che diventa anche la
perdita di ruolo e di un'identità. I reparti vuoti, il silenzio opprimente, la
rassegnazione al fatto che pagano sempre gli stessi. E spesso per una colpa che
a volte è stata solo quella di trovarsi coinvolti in un riassetto industriale
che valuta più proficuo cessare o spostare un'attività altrove. La disperazione
di lottare per un lavoro che è tutto ciò che si ha anche se questo significa
guadagnarsi il pane in un inferno di fuoco e polvere.
Come
è stata la genesi del cd, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
Ho iniziato a lavorare nello studio con Gianfilippo Boni
in un'atmosfera molto familiare quasi da home recording. Sono arrivato in
studio con 5 o 6 canzoni ed ho iniziato a realizzare la pre-produzione del CD
componendo via, via gli altri brani tra casa e studio. Completata le pre-produzione,
per la realizzazione del CD mi sono affidato ad un quartetto combo composto da
Fabrizio Morganti (batteria e percussioni); Lorenzo Forti (basso); Pippo
Guarnera, (hammond) e me (voce + chitarre, mandolino, 5-strings banjo e
armonica).
A questo nucleo si sono aggiunti molti illustri ospiti,
oltre che cari amici (Riccardo Tesi, organetto; Franco Santarnecchi, piano;
Luca Marianini, tromba; Claudio Giovagnoli, sax; Mirco Capecchi, contrabbasso;
Ettore Bonafé, percussioni; Mino Cavallo, quatro; Chris Brashear, violino;
Gabriele Savarese, violino; Riccardo Manzi, chitarra e bouzouki; Francesco
Cangi, trombone) che con il loro contribuito hanno vivacizzato ed aggiunto i
giusti colori alle take.
Grande attenzione è stata dedicata al lavoro di ripresa.
Molti degli strumenti utilizzati erano acustici o elettrici vintage, per cui
era fondamentale restituirne la ganuinità del suono. A Gianfilippo Boni, oltre,
oltre al contributo alla produzione artistica e agli arrangiamenti, va anche il
merito dell’ottimo lavoro di ripresa. Ecco, direi che una delle note peculiari
di questo mio nuovo lavoro è l’estrema cura del suono, ulteriormente
valorizzato dalla masterizzazione, curata da Giovani Versari.
Qualche
episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione di Ferro e carbone?
Beh, in effetti durante le riprese di episodi che mi
hanno colpito ce ne sono stati più di uno. Vorrei però ricordarne due perché
danno l’idea del clima di creatività e sperimentazione che si respirava durante
la lavorazione del CD. Il primo riguarda “Verde torrente”. Come per alcuni
altri brani, avevamo registrato più versioni anche per questo brano. Alla fine
la scelta si restrinse a due versioni: una pianoforte e sax e l’altra chitarra
e hammond. Quest’ultima mi convinceva di più perché c’era un impasto timbrico
che mi sembrava più originale. Ma mancava ancora qualcosa, qualcosa che fosse
lirico ma allo steso tempo terreno, palpabile, soffiato e quel qualcosa alla
fine è stata la tromba di Luca Marianini. Luca è arrivato, si è seduto in sala
e ha voluto concentrarsi per una buona mezz’ora sull’ascolto brano. Poi ha
suonato cinque o sei take, alcune con la tromba, altre con il flicorno, una più
bella dell’altra. Lasciandoci di stucco. Tutte bellissime!! Anche se, alla
fine, abbiamo scelto “la prima”; questo perché, dopo tanti ascolti, come
succede spesso è quella la take dove c’è più cuore, più emozione.
L’altro si riferisce alla bonus track, “Ancora da
imparare”. Nel luglio scorso il mio caro amico Chris Brashear, violinista-chitarrista-autore
attivo nella scena bluegrass ed alt-country statunitense, si trovava in Toscana
per una breve vacanza. Con lui avevo già collaborato a fine anni novanta (in
quel periodo viveva in Italia) e sapendo che si sarebbe trovato di nuovo a passare
di qua gli avevo chiesto di registrare il suo violino su “Rita e l’angelo”,
anticipandogli una demo qualche tempo prima. Registrata la sua parte, peraltro
bellissima e in puro stile bluegrass (quello che volevo) nello studio di
Gianfilippo Boni, ho raggiunto Chris in sala e ci siamo messi a improvvisare e
a ricordare i tempi passati, così gli ho proposto di seguirmi in una canzone
che avevo scritto tempo prima e che non pensavo di includere in “Ferro e
carbone”. Gianfilippo ha intuito che stava per succedere qualcosa che meritava
di essere ripreso ed ha premuto REC… così, in presa diretta e con
un’improbabile armonica in SIb mezza stonata (ma era l’unica che avevo in quel
momento), è stata registrata la canzone, che poi ci è piaciuta e abbiamo deciso
di includere come bonus track, così com’era. Falsa partenza inclusa.
Se
questo cd fosse un “concept-album” su cosa sarebbe? … tolgo il fosse? È …
Il movimento inteso come partenza, viaggio ma anche come
cambiamento, mutamento interiore, consapevolezza, rifiuto, ribellione
La fuga per la salvezza dalle macerie di un paese in
guerra (“La lucciola e il bambino”) la partenza da un terra che non ha un
futuro (“Quattro barche”), il rifiuto di un mondo che ti propone valori
effimeri e ti impone un ritmo insostenibile per rivendicare un passo lento ma
coerente e sostenibile (“Noi camminiamo”), la consapevolezza e la ribellione
del partigiano anarchico Silvano Fedi che pagò con la vita il rifiutò di
obbedienza ad ogni forma di totalitarismo (“Silvano Fedi”)
C’è
qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del quale vai più fiero di Ferro e carbone?… che ti piace di più
fare live?
È difficile
dirlo! Sai, dipende un po’ dai momenti, e
in “Ferro e carbone” le atmosfere si alternano in modo abbastanza deciso.
Comunque direi che i brani dei quali vado più fiero sono senz’altro “Piombino”, per quanto abbiamo già detto,
“Rita e l’angelo” per il ricordo che ho del poeta Remo Cerini e “Silvano Fedi”
perché racconta e riapre una vicenda mai chiarita.
Per quanto
riguarda l’emozione direi invece che il brano che mi tocca di più è “Qualunque
nome dirai” perché si ispira alla vicenda di mio padre, affetto da Alzheimer,
una malattia orribile che, prima di portarti via completamente, ti priva dei
ricordi e dell’identità. Ho immaginato un finale pagano per questo brano, un
incontro con mio padre in una sorta di campi elisi, che poi è la campagna della
sua gioventù. Per questo brano c’è comunque un finale alternativo, che fino
all’ultimo sono stato tentato di inserire nel CD al posto dei versi attuali, e
che forse proporremo dal vivo.
Come è stato a livello produttivo
fare il cd? Da chi gli apporti più importanti?
Il CD è stato autoprodotto con il contributo di Raffaello
Spiti che, con Luca Iozzelli, aveva prodotto i miei precedenti lavori. Per
quanto riguarda la produzione artistica sicuramente il contributo più
importante è venuto da Gianfilippo Boni che ha collaborato anche agli
arrangiamenti.
Infine, ma di fondamentale importanza, il supporto e il
contributo della mia etichetta IRD/MRM nella cura della stampa, della
distribuzione e del progetto grafico
Copertina
invernale, semplice e diretta, dice cose molto vicine al disco … come è nata e
chi è l’autore di quello e di tutto l’elegante progetto grafico?
Le foto sono di Antonio Candio ed il progetto grafico di
Manuela Huber. Gli scatti sono stati fatti nell’ex area industriale della
Leopolda, a Firenze, vecchio centro di manutenzione delle ferrovie. A qualche
centinaio di metri dalla ben nota “Stazione Leopolda”, ma allo stesso tempo ad
anni luce da quel mondo. Una ex area industriale, una zona di confine, dove chi
ne ha bisogno può trovare, se non una sistemazione, almeno un riparo. Antonio
mi ha proposto la location e sono stato subito d’accordo. L’ex area industriale
divenuta adesso rifugio, una risorsa per le necessità immediate di senzatetto
rappresenta una fotografia abbastanza emblematica ed eloquente del degrado e
delle emergenze di questi nostri giorni. Il lavoro che abdica alla finanza,
l’accoglienza che degrada in segregazione.
Manuela Huber di IRD ha poi curato il progetto grafico
del CD. Che ho apprezzato moltissimo, inserendo nel booklet anche alcune mie
foto di famiglia alle quali sono molto legato. In particolare la foto di mio
padre su una Triumph nei primi anni ’50 ( “Il selvaggio” di László Benedek uscì
nel ‘53), la foto dei miei, ancora fidanzati, che si baciano su un sentiero
delle montagne pistoiesi, la foto di mia madre in bicicletta con un’amica dopo
la Liberazione. Sono foto datate, ma mi servivano per gettare un ponte tra la
nostra attualità e quel mondo, che sta alla base della realtà odierna e ne è
causa e spiegazione. Anche se i 70 anni che ci dividono da allora ci possono
sembrare oggi un’eternità, non lo sono certo in una prospettiva storica.
Altro
da dichiarare?
Un punto sul quale ho lavorato molto e che mi preme
sottolineare è quello della composizione dei testi, che ho scritto in italiano,
e dell’estrema cura che ho posto nel loro inserimento in un contesto musicale
che invece è di esplicita matrice folk/rock/blues. Volevo che tutto suonasse in
modo molto naturale. E sono soddisfatto del risultato che è stato raggiunto. Un
altro aspetto per me molto importante era quello di non ricorrere a stereotipi
o a figure retoriche della tradizione degli storyteller americani che, sebbene
di efficacia immediata, mi avrebbero limitato nello sviluppo di una poetica più
attuale e genuina.
Etichette: Antonio Candio, Blues, Cantautore, Ferro e carbone, Folk, Goccia a Goccia, In palude con ..., Intervista, IRD, Manuela Huber, Piombino, Pistoia, Riccardo Tesi, Rock, Stazione Leopolda, Tiziano Mazzoni, Toscana
7 Commenti:
Un vero piacere ospitare in palude Tiziano Mazzoni, cantautore puro, un vero piacere ospitarlo con questo gran disco, "Ferro e Carbone".
Dodici canzoni intense, tutte da ascoltare, con dei testi impeccabili e una bella serie dk strumenti musicali folk-rock da leccarsi baffi.
Un bel disco, un disco difficilmente scindibile in singoli pezzi, ma io ci provo ...
Dunque, tra le mie peferite di sicuro metto "Silvano Fedi" pezzo dai fiati sostenuti, l'hammond ... per raccontare la storia di un anarchico partigiano. Poi "Piomino", descrizione della fabbrica, delle famose acciaierie (da questa canzone il titolo dell'album).
Molto intense anche "Noi camminiamo" pezzo vero, con ritmo (cantautorato rock classico a raccontare questi anni di povertà)"Quattro barche", blues delizioso che racconta gli sbarchi immigrati come nessuno mai ...
Perché non citare "Sciogli il cane"?... con un Mazzoni mai così intimo e diretto (hammond da favola), e perché dimenticare "La lucciola e il bambino", brano dove il cantastorie viene fuori ...
E voi? ... ascoltate Mazzoni, ne vale la pena, e ditemi le preferite, se volete ...
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