In palude con Guinevere
NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE New Folk – Rock, Pop, Alternative
DOVE ASCOLTARLO Ovunque tipo qui, o qui
LABEL La Tempesta Dischi
PARTICOLARITA’ infinite
CITTA’ everything, everywhere, all at once
DATA DI USCITA 29.11.2024
L’INTERVISTA
Come è nato
TO ALL THE LOST SOULS?
TO ALL THE LOST SOULS è nato in anni molto difficili, era il 2019 e io soffrivo
di depressione, insonnia e ansia. In quel periodo sentivo tutto crollare e
frantumarsi, me compresa, e trovavo nello scrivere canzoni, dipingere e
scattare con la mia preziosissima macchina fotografica analogica un importante
canale di sfogo che mi aiutava a trasformare ed esorcizzare ciò che avevo
dentro.
È nato proprio così, tra le grinfie del mio divano e le interminabili ore
passate a guardare anestetizzata il soffitto, tra il caos che vedevo dentro e
fuori di me, nel dolore di un lutto e nel desiderio forte di rinascita.
Come mai questo titolo? … che vuol dire?
“TO ALL THE LOST SOULS”, ovvero “A tutte le anime perse”, è un titolo che mi è
venuto improvvisamente un giorno, senza cercarlo.
Era la primavera del 2019, avevo appena scritto un testo a mano libera in cui
mi riferivo a tutte le anime perse, ringraziandole, amandole e abbracciandole
nel tentativo di far sentire loro che non erano sole, che io capivo il loro
dolore e che c’è luce oltre al buio che risiede in noi.
In quel momento ero io la prima anima ad essere persa, ma mi sono immaginata
una me che aveva già superato quel periodo e che, come una grande mamma piena
di amore, poteva guidare altre anime perse a ritrovarsi.
In quel periodo molti altri brani del disco stavano nascendo e già sapevo che
sarebbero stati parte di un unico grande lavoro. È un titolo che non ho scelto
razionalmente, ho semplicemente sentito che doveva essere questo.
Come è stata la genesi di questo disco, dall’idea iniziale alla sua
realizzazione finale?
È stata una genesi molto complessa e travagliata, un’odissea durata cinque anni
che è davvero impossibile riassumere in poche righe.
Ha visto la partecipazione di moltissime anime, da quelle che hanno ispirato il
disco a quelle che l’hanno sostenuto con cuore, tempo ed energie.
Ha visto anche la collaborazione di musicisti incredibili con cui ho avuto
l’onore di lavorare, e con alcuni dei quali ho anche scritto la musica: Arturo
Zanaica al piano, che ha improvvisato su tutto il disco e con cui ho co-scritto
le parti pianistiche di Sorry, Little Blue Gin e Everybody
Dies; Jeanne Hadley, con cui ho co-scritto la chitarra di Be Like A Spider-She
Said; Stefano D’Angelo, con cui è nata The Equilibrist; Federico
Leone con cui ho creato I Need A Glass Of Water; Damon Arabsolgar con
cui ho lavorato su Wintersick e Generational Fear e che ha
co-scritto Rough Skin; mio papà, Giovanni Battaglia, che ha co-scritto
le chitarre di Unravel, Letters From A Body e Restless Fleshes.
E poi ci sono i musicisti che hanno suonato le parti, non solo eseguendole ma
anche mettendoci del loro, spesso lasciando la loro impronta personale
improvvisando sui brani stessi: Clara Romita, Giacomo Carlone e Stefano Grasso
alla batteria, Matteo Pavesi, Riccardo Carugati e Nino Boschetti al basso, il
quartetto d’archi, la sezione di fiati, i cori, Vincenzo Parisi
all’arrangiamento per archi, fiati e percussioni… e ho citato solo una piccola
parte delle persone che hanno contribuito a rendere questo album quello che è!
La genesi è immensa e meriterebbe di essere raccontata con il giusto tempo. Per
ora posso solo dire che fare questo disco è stato catartico, in assoluto una
delle esperienze di vita più dure, importanti e preziose che ho vissuto fino ad
ora.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione di TO
ALL THE LOST SOULS?
Ce ne sono moltissimi, ma forse uno tra i più belli è stato il momento in cui
gli amici miei e di Andrea – mio caro amico a cui questo disco, tra le altre
anime, è dedicato – sono venuti in studio per cantare insieme Per Andrea,
Per Sempre.
Descrivere quel momento a parole è impossibile, ma ci proverò comunque.
Immagina una grande sfera luminosa e calda uscire dal tuo petto ed espandersi
in tutte le direzioni dentro e attorno a te, e immagina la stessa cosa accadere
alle persone che hai vicino. Immagina la potenza che nasce da questo incontro
di sfere luminose e calde, e la grande, calda, luminosa sfera che nasce
dall’incontro di tutte le piccole sfere. È stato questo e molto altro: creare
unione, generare amore, sentirsi vicini, sentirsi uno.
In quel momento sentivo chiaramente che questo disco non era solo un disco, ma
un dono che facevo a me stessa e al mondo, altro non è che creare uno spazio e
un luogo interiore in cui sentirsi liberi di esprimersi completamente e
riscoprirsi umani.
Se TO ALL THE LOST SOULS fosse un concept-album su cosa sarebbe?
TO ALL THE LOST SOULS è un concept album, credo, un viaggio che attraversa i
capitoli della mia storia ma che si apre a un universo molto più ampio. Un
susseguirsi di immagini, colori, pellicole-ricordo che affrontano ferite,
emozioni e luoghi sempre diversi.
È un viaggio che ha un inizio, uno svolgimento e una fine. Se questo lo
definisce concept album, allora lo è.
C’è qualche
pezzo che preferisci? Qualche pezzo del quale vai più fiera dell’intero disco?
… quello più da live?
Difficilissimo rispondere, a differenza del primo EP in cui ammetto di avere i
miei figlioletti preferiti, in questo caso è davvero straziante sceglierne uno,
li amo tutti in modo diverso.
Penso che dal punto di vista dell’arrangiamento The Equilibrist sia
qualcosa di speciale, io e Vincenzo Parisi ci siamo divertiti un mondo a dargli
tutti i colori che ha! Sono immensamente felice anche di Per Andrea, Per
Sempre, mi fa piangere ogni volta che lo ascolto! Il lavoro sugli archi, il
sax e le percussioni che ha immaginato e creato Vincenzo lo trovo sublime,
toccante e di una sensibilità enorme. Anche il suo processo di creazione è
stato magico e pieno di cura, è partito da una visione che avevo da tempo e si
è trasformato in un atto psicomagico reso possibile da tante anime preziose,
non ci sono parole per esprimere quanto io sia felice di come è diventato.
Forse quello più da live è Everybody Dies, o almeno a me diverte
moltissimo suonarlo e cantarlo, ma si vedrà! I brani sul palco si trasformano e
non è sempre detto che quello che penso sia quello che funziona di più, poi
funziona davvero.
Ancora una volta con La Tempesta… ormai è la tua etichetta. O no?
Beh, La Tempesta è sempre stata la mia etichetta, anche dal primo EP fino a
questo disco, non lo è diventata adesso. Ho fatto pensare il contrario?
Copertina
che colpisce… Come è nata? Chi l’ha pensata così?
È nata in concomitanza con “l’arrivo” del titolo del disco. Mi sono immaginata
un pianeta Terra di esseri umani avvolti in un abbraccio pieno di speranza,
calore e umanità.
Così, con il sostegno di Susanna Beltrami dell’Accademia di danza Susanna
Beltrami che ha creduto in questo progetto e ci ha ospitato nel suo
meraviglioso spazio, la partecipazione dei suoi talentuosi studenti e l’aiuto
di un team di anime meravigliose che mi hanno sostenuto tecnicamente (Arianna
Balestrieri mi ha aiutata ad appendermi a 4 metri per poter scattare l’immagine, Daniele Frediani mi
ha sostenuto con luci e direzioni tecniche, Giulia Cafagna ha seguito tutto il
backstage) siamo riusciti a scattare l’immagine.
Dallo scatto all’elaborazione finale c’è stata l’impronta di Giulio Favotto,
caro amico e fotografo incredibile, con cui ho avuto l’occasione di
sperimentare ampiamente prima di giungere a una sintesi che ci funzionasse.
Abbiamo stampato cieli, sovrapposto cose, provato diverse tonalità di rosso,
scansionato rullini… ci siamo divertiti un sacco! Giulio è una persona con cui
è un vero piacere lavorare e immaginare, ha una creatività sconfinata, grandi
competenze, ma soprattutto una grande capacità di ascoltare profondamente e
percepire oltre la parola.
Come
presenti dal vivo il disco?
Vediamo, vediamo! Chi vivrà, vedrà. Sicuramente con qualche musicista in più
rispetto allo scorso tour, vi toccherà venire ai concerti per scoprirlo!
Altro da dichiarare…
Nope!
Etichette: Alternative, Guinevere, In palude con ..., Intervista, La Tempesta Dischi, Lombardia, New Folk, Pop, Rock, TO ALL THE LOST SOULS, Trentino Alto Adige
12 Commenti:
Torna in palude Guinevere, torna con un disco immenso (non solo perché è di un'ora e passa), targato La Tempesta.
Il titolo è bellissimo, TO ALL THE LOST SOULS, cioè A TUTTE LE ANIME PERSE, e ben rappresenta questa epoca, dove siamo tutti persi... lei ancora di più, visto che aveva un lutto dentro.
Ha saputo lavorarci su ed è uscito questo magnifico album TO ALL THE LOST SOULS.
Sono 15 pezzoni, uno più bello dell'altro, tutti cantati in inglese, tranne l'ultimo, in italiano. Canzoni senza tempo, tra le quali è difficile scegliere, ma non mi tiro indietro e dico ...
Rough Skin il pezzo in mezzo al disco, un misto tra Devendra Banhart e i Radiohead e magari, a tratti, anche Blonde Redhead... ma in realtà è Guinevere.
Guinevere che incanta con la sua voce in pezzi come Unravel, voce soave ma profonda, il tamburellare in sottofondo, le chitarre per una melodia senza tempo, ogni tanto il piano, che torna spesso in questo disco.
Sperimentale in Generational Fear piano/voce e tante cose dentro.
Folk-rock acido dal sapore internazionale, con in più la presenza dei fiati in Restless Fleshes.
The Equilibrist è un pezzone da quinta teatrale: dondolante, psicomagico, con una voce che sembra giocare con gli altri strumenti.
Everybody Dies è un pop-rock dal gusto camp. Sì dal vivo può fare la sua figura, come dice lei nell'intervista, per il buon ritmo generale e la voglia dichiarata di dare spettacolo.
Ne ho citate sei su quindici, poco più di un terzo, poco meno della metà, ma credo rendano bene l'idea di cosa è questo esordio con il lungo, dopo l'ep dello scorso anno Running in Circles, passato sempre in palude .
Una conferma questo album di Guinevere, nome da segnarvi sull'agenda e disco tutto da ascoltare! Colonna sonora di un'epoca...
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