NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE
cantastorie psichedelici
DOVE ASCOLTARLO qui
LABEL
Snowdonia Dischi (distribuzione Audioglobe)
PARTICOLARITA’
rock garage/psych incrociato con elettronica, attitudine
“in opposition” e voci prese dalla cronaca italiana
CITTA’
Più che città, regione: Toscana. (Gli Ossi sono toscani pluri-città: Firenze, Pisa, e – come sala prove – Prato)
DATA DI USCITA
settembre 2022 per l’ellepì “Ossi”; ottobre 2023 per il cd “Omaggio a Santandrea”
L’INTERVISTA
Come è nato il progetto musicale di Ossi?
Vittorio Nistri: Io e Simone Tilli siamo sempre stati parimenti appassionati di musiche sperimentali/avant e di rock garage/psych. Con Deadburger portiamo avanti da un lustro la prima di queste passioni. Con il nuovo progetto Ossi abbiamo dato via libera alla seconda.
Poi, ognuno ha il suo DNA, e se lo porta dietro dovunque vada. In qualche modo, l’attitudine sperimentale di un progetto “fuori dai generi” come la Deadburger Factory è presente anche in un progetto dichiaratamente “di genere” come Ossi.
Molti dei musicisti che fanno rock garage/psych si mantengono fedeli - sia
come musica che come immaginario - alle coordinate storiche del genere, quali
vennero codificate tra fine ’60 e inizio ’70. Massimo rispetto per chi ha fatto
questa scelta, ma non è quella degli Ossi. Il nostro tentativo è approcciare il
mondo garage-psych in chiave contemporanea (vedi l’utilizzo dell’elettronica, i
testi immersi nella realtà di oggi, ecc), sperimentale e antagonista.
Come mai questo titolo?
Vittorio: Beh, rispetto alla Deadburger Factory abbiamo ridotto
all’osso i suoni (niente fiati, niente archi, niente bassista) e le
strutture compositive. Volevamo che la musica degli Ossi avesse, in superficie,
l’essenzialità e la comunicativa immediata del R’n’R. Sotto la scorza la
faccenda è diversa: per me c’è molta ricerca anche negli Ossi.
Come è stata la genesi dell’album, dall’idea iniziale alla sua
realizzazione finale?
Vittorio: Simone ed io abbiamo realizzato l’ellepì di esordio con l’aiuto di Dome la Muerte, Andrea Appino e Bruno Dorella (tre grandi che non avevano mai collaborato prima ad uno stesso disco). Abbiamo registrato a Ravenna, Cascina, Firenze e Prato, e mixato a Bologna… siamo girovaghi!
Al momento dell’uscita del disco, Ossi si è trasformato in una vera band, con una formazione a quattro: insieme a Simone (voce) e me (elettronica, organo) ci sono Silvio Brambilla alla batteria e David John Noto alla chitarra. Ci siamo trovati subito benissimo. Questa formazione sta portando avanti sia i concerti di Ossi sia le nuove registrazioni in corso di realizzazione. A queste ultime sta collaborando anche Dome La Muerte.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione del disco?
Simone Tilli: Sicuramente uno degli episodi più rock’n’roll, e anche più buffi e simpatici, è stato quando con Dome abbiamo fatto una jam session per “Out Demons Out”, che è stata lunghissima, è durata mezza mattinata, e in qualche modo è stata una jam a doppia chitarra, anche se Dome era da solo – io facevo con la bocca riff e melodie, che trovavo lì per lì, e Dome con la chitarra li rifaceva tutti al volo, oltre ovviamente a fare quelli che inventava lui al momento. Avere a che fare con musicisti del genere è un’esperienza unica!
E poi mi è rimasta impressa la bella session con Bruno Dorella, quando
abbiamo registrato, in un solo giorno, le batterie di tutti i brani di Ossi
(tranne Out Demons Out che abbiamo aggiunto dopo), e pure di un brano della
Deadburger Factory. Ecco la scena: siamo in uno studio a Ravenna, in piena
estate, la temperatura è equatoriale. Bruno sta registrando nello stanzino
della batteria, dove c’è l’aria condizionata accesa, e dice al tecnico
(Gianluca Lo Presti): spengila, si sente il fruscio. Noi gli facciamo presente
che c’è un caldo da cuocere le uova sugli strumenti, e Bruno, leggenda vivente,
risponde: vabbè, che sarà mai, mi spoglio tutto. Ha suonato tutto il giorno
nella stanzina arroventata come un diavolo in mutande. Quando è uscito
praticamente era come se avesse fatto un tuffo in piscina.
Se fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?
Vittorio: il nostro disco di esordio è un trip nel delirio del paese in cui viviamo. Il concept è il seguente: oggi, per fare psichedelia, e avere ispirazioni “fuori di testa”, non occorre più assumere sostanze per sballarsi. Basta guardarsi intorno. Perché viviamo in una realtà che, ormai da un pezzo, è fuori di testa e sballata di suo.
Tutte le canzoni del nostro album di esordio sono tratte da storie italiane al 100% vere. Per questo ci definiamo “cantastorie psichedelici”. Anche i campionamenti vocali assurdi che si sentono in diversi brani sono tutti presi dalla realtà: machisti e satanisti, politici farneticanti, sacerdoti che terrorizzano i fedeli, complottisti fantasmagorici, assessori alla salute privi delle più elementari conoscenze inerenti la salute, eccetera. Paura e delirio in Italia!
C’è qualche pezzo
che preferite? Qualche pezzo del quale andate più fieri di Ossi? … che vi sembra ideale da fare live?
Simone: I brani dell’album secondo me sono tutti ideali per i live. Sono sanguigni, hanno forza d’urto, mi diverto davvero a cantarli, a farci il pazzo. In particolar modo, mi piace molto “O pisciaturu” perché ci trovo un folk-punk quasi alla Gogol Bordello - qua vorrei vedere la gente catapultarsi sul palco, buttarsi di sotto, fare casino! Mi piace molto fare “Ricariche” e… vabbè, mi piacciono tutti, questi brani. Il disco non ha riempitivi e i brani sono tutti adattissimi per il live, i concerti che stiamo facendo lo dimostrano, sono veri trip garage punk psychobilly.
Silvio Brambilla: per me i pezzi di Ossi sono tutti molto molto validi. Dal vivo quelli che mi prendono di più sono “O pisciaturu” (si, anche per me, specie nella nuova versione live che dura il doppio rispetto al disco) e “Per sollevare il Morale del capo”, che mi dà agio di sbizzarrirmi e uscire dagli obbligati.
Dal vivo gli Ossi hanno una formazione piuttosto atipica: batteria, chitarra, tastiere, voci e loops. La mancanza del bassista non è frequente nel R’n’R (anche se ovviamente qualche altro caso c’è, come i Not Moving Ltd). Per quanto mi riguarda, essendo io batterista, all’inizio ho trovato “strano” suonare senza il basso, strumento che adoro e col quale di solito agisco in tandem, ma devo riconoscere che, anche senza basso, i live set degli Ossi sono molto suggestivi e completi, con dei momenti di tiro pauroso e di una qualità, via fatemelo dire, non comune.
Non ci ha fermato
neppure la sfiga: nella prima metà del 2023 abbiamo fatto diversi concerti
(Pisa, Livorno, Varese e Milano) con uno dei nostri componenti – Vittorio, che
ha subito un infortunio – con le stampelle, e costretto a suonare rigorosamente
seduto causa divieto di appoggiare il piede, ahinoi e soprattutto ahilui …
eppure i concerti sono andati lo stesso benissimo.
Come è stato produrre questo disco con
Snowdonia?... adorano curare i dischi.
Vittorio: nell’epoca della smaterializzazione della musica Snowdonia, continua a proporre dischi concepiti come opere d’arte complete, curate con grandissima passione non solo nella musica ma anche nell’artwork e nel packaging. Come si fa a non amare un’etichetta del genere?
Senza contare i rapporti interpersonali. Per me Snowdonia è diventata, col tempo, una sorta di famiglia allargata. Un paio di settimane fa abbiamo fatto una serata live a Faenza, in occasione del Meeting delle Etichette Indipendenti, con vari artisti Snowdoniani (Maisie, Riccardo Lolli e Ossi) e Rodolfo Santandrea, ed è stato bellissimo, proprio perché c’era uno spirito da happening tra spiriti affini. Una sensazione di festa che mi ha fatto venire in mente il titolo di un antico titolo e splendido LP degli Spirit: “The Family That Plays Together”.
Simone: A dicembre ci sarà un festival snowdoniano al Black Inside di Lonate
Ceppino (VA), con anche altri snowdoniani d.o.c. (Claudio Milano, Paolo
Zangara), davvero non vedo l’ora!
Copertina mitica e
progetto grafico stupendo … Come è nato tutto ciò?
Vittorio: fin dall’inizio del progetto Ossi avevo una idea precisa su come sviluppare artwork e booklet. Volevo che richiamassero l’età d’oro del fumetto underground, che è stata una delle forme di espressione di quella controcultura di cui, io credo, ci sarebbe bisogno oggi più che mai, e alla quale si ricollega lo spirito “in opposition” degli Ossi.
C’è prima di tutto un richiamo alla leggendaria rivista Frigidaire: i disegni infatti sono opera del mai abbastanza rimpianto Andrea Pazienza e del genovese Ugo Delucchi, che di Pazienza fu allievo, e che milita tuttora nella redazione di Frigidaire. Inoltre, il formato e il logo del booklet rievocano i comics underground americani fine ’60 - inizio ’70, tipo Freak Brothers.
Importanti anche i contributi del disegnatore satirico Lido Contemori (che non a caso iniziò la sua attività in riviste underground, quali Ca Balà e Puzz, per poi approdare a Il Male e mille altre cose), al quale si devono gli splendidi colori pop-art dell’album; e, last but not least, di Gabriele Menconi, che ha curato il progetto grafico con creatività, gusto e idee. Gabriele è autore anche dei deliranti visuals che proiettiamo in concerto.
Nel frattempo è
uscito un altro vostro pezzo, contenuto in un disco-tributo al cantautore
faentino Rodolfo Santandrea, sempre con la meritoria snowdonia. Parliamone…
Vittorio: questo disco, fresco di stampa, è il cd ufficiale del MEI 2023. Il titolo completo è “Un Sentito Omaggio a Rodolfo Santandrea”. Un invito alla riscoperta di questo artista che, tra il 1983 e il 1995, pubblicò quattro album creativi e fuori dagli schemi, per poi lasciare l’attività discografica (ma non la musica: insegna violino e suona per strada). Posso dire, avendo avuto il piacere di incontrarlo di persona, che è un autentico innamorato della musica – oltre che una persona squisita, con cui viene spontaneo legare subito.
Gli Ossi (nell’attuale formazione live + guest Dome La Muerte) hanno realizzato appositamente per questo tributo una reinterpretazione di “Alice”, un brano contenuto in “Anni”, l’ultimo album di Santandrea (1995).
La nostra versione è molto differente dall’originale, eppure credo che sia perfettamente rispettosa della sensibilità dell’autore. Santandrea infatti, in una recente intervista a Il Resto Del Carlino, ha dichiarato, parlando dei suoi inizi: “la musica italiana mi interessava poco. Cantavo e suonavo rock’n’roll come chitarrista e i miei idoli sono sempre stati i Rolling Stones e Keith Richards”. A conferma di questo: quando ho visto Santandrea dal vivo a Faenza, ha iniziato il suo set proprio con “You got the silver”, da “Let It Bleed”.
Questa vocazione rollingstoniana non traspare nella discografia di Santandrea, che è stata figlia di altra epoca e altre circostanze. Ma nei giri di accordi e nella melodia della sua “Alice” io ho avvertito, seppur nascosto sotto un sound completamente diverso, il DNA di certe leggendarie ballads di artisti come gli Stones o Lou Reed. Canzoni senza età, capaci di colpire al cuore oggi come allora. Il tentativo degli Ossi è stato proprio questo: cercare di interpretare l’Alice di Santandrea come se fosse una nuova “Wild Horses”.
In questa ottica, abbiamo deliberatamente tenuto a freno alcune delle coordinate sonore del progetto Ossi, per metterci al 100% al servizio della canzone. Certo, anche nella nostra Alice ci sono alcune pennellate tipiche degli Ossi (come i drum-loops elettronici che introducono la batteria vera e poi chiudono il brano; oppure l’idea di far entrare il basso solo nella parte finale del pezzo, e senza seguire il giro d’accordi), ma non sono in primo piano. Inoltre, non c’è l’ironia zappiana che ha improntato il nostro album d’esordio; la componente elettronica è limitata a tocchi quasi subliminali; e il brano è sicuramente meno “storto” e meno “weird” rispetto ai nostri standard. Questi elementi erano ben presenti nel nostro primo album, e ancor più lo saranno nei brani che stiamo preparando per il futuro secondo album, ma per “Alice” non sarebbero stati funzionali all’obiettivo che ci eravamo prefissi: cercare di portare alla luce il cuore segreto della canzone.
Non so se poi l’abbiamo raggiunto, questo obiettivo. Nelle recensioni dell’album-tributo apparse finora, nessuna ha colto l’imprinting rollingstoniano che abbiamo cercato di dare ad “Alice”. Però credo che la nostra versione sia piaciuta all’autore, e questo ci fa felici. E sono convinto che se l’Alice di Santandrea fosse stata tradotta in inglese, e suonata e cantata da Mick, Keith e i loro sodali, avrebbe fatto una gran bella figura su “Hackney Diamonds”!
Altro da
dichiarare?
Silvio: Stiamo procedendo con i brani per il prossimo disco, non posso anticiparvi niente, solo che… non vedo l’ora di farveli sentire! Ma (per usare l’hashtag che abbiamo usato al momento dell’uscita del primo album, giocando con il disegno di Andrea in copertina)… #civuolepazienza!
Gran notte in palude, con ospiti gli Ossi che ci parlano del loro disco uscito nel 2022 e la canzone-tributo al cantautore faentino Rodolfo Santandrea di quest'anno, del quale ci parla approfonditamente a fine intervista Vittorio Nistri.
RispondiEliminaPrima di tutto un ringraziamento alla Snowdonia, label che se non ci fosse bisognerebbe inventarla, label che tratta bene i suoi artisti che la ripagano con riconoscenza duratura.
RispondiEliminaIl disco? Si tratta di un vero e proprio golossismo vinile, con disegni, un libretto, colori, frizzi, lazzi, e dentro 12 pezzi di rock acidulo
RispondiEliminaLa cura che ogni volta Snowdonia concede ai suoi lavori.
RispondiEliminaDodici pezzi tiratissimi, con spirito critico, ironia, chitarre, ricordi del passato rielaborati con tematiche e musica d'oggi.
RispondiEliminaDifficile dire un pezzo rispetto a un altro, davvero difficile, ma ci provo, come sempre...
RispondiEliminaVentriloquist rock inizio con gran casino, la folla che urla e poi parte un punk rock spaziale. inizio ironico istrionico antianti.
RispondiEliminaPoi direi Toy boy pezzo pieno di sarcasmo sui miti della nostra epoca. punk-rock vero con il giusto ritmo.
RispondiEliminaBe', gigantesco altrettanto Naturalmente non possiamo pagarti un titolo che dice tutto, e poi la disco che pompa, e le chitarre stonesiane e il gram ritmo ... per finire come una cavalcata acida con riferimenti alti.
RispondiEliminaRimaniamo sempre in tema Rolling Stones con la cover del disco tributo al cantautore faentino Rodolfo Santandrea: Alice è Rock crepuscolare, emozionante, cantato con la giusta enfasi, chitarre che si intrecciano e un sound d'altri tempi.
RispondiEliminaAscoltate questo disco con altri grandi nomi dell'alternative italico, ascoltate questo esordio degli Ossi (e della copertina pazienziana vogliamo parlarne?).
RispondiElimina