NOTE
SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE
Rock
sperimentale/Folk/Dark ambient
DOVE ASCOLTARLO Spotify, Itunes, Deezer
LABEL I dischi del Minollo
PARTICOLARITA’
suggestivo folk-rock cantautorale
suggestivo folk-rock cantautorale
CITTA’: Terni
L’INTERVISTA
Come è nato Avrei
dovuto odiarti?
Un saluto ai lettori e grazie per l’invito. Avrei dovuto odiarti nasce con
l’esigenza di dare un seguito ai lavori precedenti, attraverso un processo di
evoluzione del nostro sound. Abbiamo impiegato molto tempo per realizzarlo,
mettendo insieme delle nuove idee, nel lasso di tempo intercorso dall’uscita
del disco precedente, secondo noi è stato un periodo importante che ci ha dato
nuovi stimoli e idee molto interessanti da sviluppare. Pur con l’intenzione di
non allontanarci dal nostro particolare stile avevamo l’idea di dare alla luce
un lavoro che fosse una sintesi dei lavori precedenti a livello compositivo e
strumentale, ma sentivamo il bisogno di dare un tocco particolare a livello
espressivo/vocale.
Perché questo titolo?
Bella domanda! Abbiamo impiegato circa un mese per
trovare il titolo giusto. Non siamo il tipo di persone che fanno le cose
seguendo un preciso iter o dei percorsi prestabiliti, siamo molto istintivi ma
nello stesso tempo mettiamo molta attenzione nei dettagli. Un titolo secondo
noi non deve essere forzato. Soprattutto non deve essere stabilito prima di
concepire il disco altrimenti finisce per condizionarlo. Quindi a lavoro finito
lo abbiamo ascoltato molto per trovare il titolo che potesse accomunare i vari
testi, le atmosfere e che stesse bene a livello estetico nella copertina. Il
titolo è una cosa importante perché definisce in una parola o in una frase un
intero album. Avrei dovuto odiarti porta
con sé i titoli dei precedenti dischi dove la linea sottile fra amore e odio ne
è sempre stata il filo conduttore. Nello specifico caso ci è piaciuto il fatto
di utilizzare come titolo del disco la prima frase che si ascolta in esso,
infatti il brano L’indifferenza inizia
con la frase Avrei potuto odiarti riferita
a un amore perduto, per dare un senso che accomunasse anche le altre canzoni
abbiamo cambiato il verbo da potuto a
dovuto, in quanto essendo presente
all'interno del disco anche il tema della guerra (in particolare scenari
riguardanti il primo conflitto mondiale) ci piaceva sottolineare quel
sentimento che tutti i combattenti in un modo o nell’altro si trovano ad
affrontare prima di sparare al nemico, uno sconosciuto con una propria storia
che si sono trovati nella necessità di uccidere senza provare un vero e proprio
odio personale, e che tuttavia nella vita si ripresenta anche nei momenti in
cui uccidiamo qualcuno anche in senso figurato, solo magari perché qualcuno o
qualcosa lo rende necessario contro la nostra volontà.
Come è stata la genesi del disco, dall’idea iniziale
alla sua realizzazione finale?
Dopo la sostituzione di Irene, la vecchia bassista,
con Alessandro, abbiamo avuto un periodo di adattamento abbastanza lungo, con
idee, proposte e stili diversi. Tuttavia abbiamo subito iniziato a proporre dei
brani nuovi, portando delle idee da sviluppare e arrangiare. In questi casi ci
è sempre capitato di impiegarci un po’ per tirare fuori il primo brano, ma, una
volta sviluppato, tutti gli altri vengono da sé, è come accendere una miccia.
Normalmente questo brano ha già di per sé uno stile abbastanza definito e
finisce per influenzare i brani successivi. In questo caso il primo brano
proposto è stato Canzone Bianca la
quale ha dato una prima impronta al lavoro, ma forse è stata Sonny J. Barbieri che in seguito ha
indirizzato maggiormente l’album. Poi strada facendo abbiamo creato altri
brani, tuttavia quelli che hanno fatto da raccordo con tutta la produzione sono
stati gli ultimi creati. Una volta ultimati i primi 4 brani li abbiamo
registrati in studio per capire le loro potenzialità o le criticità, dopo un
paio di anni, una volta definite tutte le canzoni, siamo entrati in studio e
abbiamo iniziato le riprese. In circa 3 sessioni, in altrettanti studio di
registrazione abbiamo ultimato il lavoro.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante
la lavorazione dell’album?
In generale durante la lavorazione siamo stati molto
concentrati, certo, conoscendoci tutti da tanto tempo ed essendo anche buoni
amici non mancano mai episodi simpatici e situazioni divertenti. La
collaborazione con Carlo Zambon poi è stata molto importante, credo di poter
dire che siamo andati dritti verso l’obiettivo senza distrazioni e si è creato
un clima collaborativo, fatto di proposte interessanti da parte di tutti che a
volte hanno modificato sensibilmente ma in maniera interessante alcune
soluzioni strumentali.
Se Avrei dovuto
odiarti fosse un concept-album su cosa sarebbe? … anche a posteriori.
Sicuramente a posteriori, in quanto non nasce con tale
intento. I brani sono affini a livello di testi a gruppi di 2-3. Se dovessi
pensare a un filo conduttore che li lega direi assolutamente l’ambientazione
storica, intorno ai primi decenni del secolo scorso. Un tema che potrebbe
accomunarli, la forte attenzione verso i sentimenti e gli stati d’animo o anche
i pensieri e i ragionamenti che affiorano alla mente dei personaggi. Tuttavia i
testi parlano di guerra, di traversate oceaniche e di amori perduti, quindi, in
qualche modo, di condizioni di costrizione che i nostri personaggi si trovano
ad affrontare.
C’è qualche pezzo che preferite? Qualche pezzo del
quale andate più fieri dell’intero disco? … che vi piace di più fare live?
Federico: personalmente provo un grande piacere nel
suonare tutti i brani contenuti nel disco, ancora non ci sono brani che mi
entusiasma di meno suonare … Come è fisiologico che accadrà in futuro. In
assoluto il brano di cui vado più fiero è L’indifferenza,
forse il brano più rappresentativo dell’album ed anche il più complesso.
Come è stato produrre il disco con Dischi del Minollo?
Label ormai storica … come è nata e sviluppata la collaborazione?
Con i Dischi del Minollo ci stiamo trovando benissimo.
Molto professionali ed attenti, devo dire che raramente ho trovato un così
diretto e stretto rapporto con una label e soprattutto persone serie e
disponibili come Francesco Strino e i suoi collaboratori come Daniela Nativio.
Ci siamo conosciuti tempo fa e abbiamo pensato di proporre a loro questa
collaborazione, in quanto conoscevamo le loro attitudini e i loro gusti. La
collaborazione è nata nel mese di febbraio in un bar di Lanciano. Speriamo di
continuare su questa strada.
Bella la copertina, fuori dal tempo e dallo spazio …
come è nata? Di chi è opera?
Federico: Grazie per il complimento. È stata anch’essa
frutto di un lungo lavoro, diversi tentativi ed esperimenti. In passato
abbiamo quasi sempre delegato ad altri questo lavoro, tuttavia questa volta mi
sentivo ispirato ed ho voluto farla io, l’ho disegnata e mi sono anche occupato
dell’impostazione grafica e di tutta la produzione. Nasce tecnicamente dalla
sovrapposizione di due quadri che ho dipinto anni fa e il risultato, un po’
fumettistico, è quello che a un certo punto mi ha di più convinto. Credo dia
una certa riconoscibilità al disco.
Come presentate dal vivo l’album?
In maniera tradizionale, suonandolo… Sono in programma
alcuni concerti ma stiamo lavorando per il prossimo autunno a un tour dove
suoneremo fra l’altro, in alcuni teatri.
Altro da dichiarare?
Ti ringraziamo ancora per l’attenzione.
Gran piacere ospitare in palude questa sera i TV Lumiere, band dalle suggestioni rock-cantautorali, con storie cantate in italiano.
RispondiEliminaNove torbide canzoni per questa loro quarta uscita per I Dischi del Minollo, label autenticamente di culto che mi piace sempre ospitare qui.
RispondiEliminaLe loro storie, come anticipato nell'intervista, parlano di guerre, in particolare la I^ guerra mondiale ... a questo proposito segnalo Il tranello, con parole pensate, pesate, perfette a raccontare la folle cattiveria di quel conflitto.
RispondiEliminaCome Ipotesi di ritirata lungo pezzo cantato in modo corale, epico, dilatato, con le corde di chitarra tese a creare una melodia.
RispondiEliminaAnche se, forse, il mio pezzo preferito è Un sicario: gran cantato, suggestioni cantautorali, chitarre folk-rock e dilatazione a mille.
RispondiEliminaMa potrei dirvi che mi piace molto anche L'indifferenza, corale e dal ritmo sostenuto con staffilate di chitarra nickcaviane come tutta l'atmosfera.
RispondiEliminaCome non citare Canzone bianca?... pezzo strano/straniante, armonico, con alcune parole in tedesco che rende il tutto una ballata nordica, cinematica.
RispondiEliminaGran intrecciarsi magico di corde (chitarre, ma non solo) amplificate dall'e-bow nello strumentale La strage di san Valetino.
RispondiEliminaInsomma gran disco di moderno cantautorato folk-rock alternativo dai Tv Lumière, nome da segnarvi tra quelli d'ascoltare.
RispondiEliminaParola d'Alligatore.
RispondiEliminaWow, sei a getto continuo, ogni post hai proposte di musica che ritengo all'avanguardia. E' sempre un piacere passare dal tuo blog.
RispondiEliminaUn salutone
Grazie Accadebis ... dici bene, qui il nostro motto è: largo all'Avanguardia!
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