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lunedì 30 ottobre 2017

In palude con i Fiori di Hiroshima

 
NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE : Rock
DOVE ASCOLTARLO: Spotify/Itunes ; in movimento, in viaggio.
LABEL: Phonarchia Dischi
PARTICOLARITA’ : Tristi, terribilmente tristi.
CITTA’:  Pisa
DATA DI USCITA: 03/11/2017

L’INTERVISTA
Come è nato Horror Reality?
Horror Reality è un disco che ci è praticamente nato attorno: le storie che abbiamo cercato di raccontare fanno parte della nostra quotidianità, storie che parlano di paure e di insicurezze. Storie che nascono guardando le bugie del mondo degli altri e del nostro. E’ un disco che nasce dalla voglia di rompere questo silenzio, che sembra essere ormai la norma di questi tempi.
Perché questo titolo? … un titolo molto forte.

Il fatto è che non siamo più capaci di distinguere la realtà dalla finzione. Viviamo in un epoca in cui puoi leggere sui social una notizia di una strage di bambini ad Aleppo, e subito dopo scrollare in giù e ritrovarti una foto di un gattino con un cappello, o una stronzata simile. Abbiamo perso l’empatia e la concezione del mondo esterno, molte persone vivono in un mondo grande quanto una stanza, e spiano il fuori da uno schermo. Io sono un appassionato di un cinema tipico degli anni '70, caratterizzato da grandi registi dell’Horror come Argento e Fulci, fino ad arrivare a maestri dell’inquietudine come Lynch o Polanski. Ho visto un sacco di film, capaci di farti passare qualche nottata insonne, ma niente che spaventi davvero quanto guardare il mondo che ci siamo ritrovati attorno. Nessuno pensa più agli altri, tutti viviamo separati, convinti che fino a che non tocca a noi  non sia un nostro problema e ci sentiamo quindi legittimati a vivere di superficialità, giocando a fare le star nei talent show , o più semplicemente su Facebook o Instagram che sia. Mi sono chiesto come sarebbe vederci come protagonisti di un reality dove ci ritroviamo faccia a faccia col mondo vero, quello spietato senza lucine colorate né fronzoli: quello in cui “l’eliminazione” è quella vera. Ed è così che è nato il concetto dell’ “Horror Reality”.
Come è stata la genesi del cd, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?

Questo cd nasce da un lavoro che è durato due anni, il cui inizio coincide con l’incontro con il nostro produttore artistico Nicola Baronti. Insieme a lui, dopo la pubblicazione dell’ep Nabuk, abbiamo cercato di capire la direzione sia musicale che concettuale di questo progetto. Sicuramente ci siamo divertiti a sperimentare un po’, il disco infatti suona vario, dall’elettronica al rock un po’ più grezzo. A livello di contenuti c’era comunque la volontà di fare un disco che avesse (o che quantomeno aspirasse ad avere) una finalità sociale: ultimamente gira un sacco di musica, un sacco di canzoni che non fanno che parlare di cose più o meno banali , basti pensare a certi testi di gruppi come i “Gazzelle” o di Tommaso Paradiso. Tutti a parlare di sé , in preda ad un individualismo sfrenato. Credo invece che, se vogliamo dare una qualche utilità alla musica, sia necessario tornare a far pensare le persone, dargli incipit per riflettere su che vita stanno vivendo e su cosa bisogna davvero lavorare per avere un futuro dignitoso. Non so se ci siamo riusciti o meno, questo non posso dirlo. Ma posso garantire che è da questa volontà che nasce questo disco, ovvero quella di tornare ad una comunicazione meno leggera e frivola, e prendersi un po’ più di responsabilità di quel che si fa con la musica.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione del disco?

L’episodio più insolito è stato forse quando ci siamo ritrovati a registrare in presa diretta chitarra, basso e batteria. Riascoltando le prime take ci siamo accorti che qualcosa era leggermente fuori tono. Abbiamo passato quasi un’ora a cercare di capire il perché, accordando tutti dal solito accordatore, controllando più e più volte, ma a quanto pare non c’è stato verso. In alcuni pezzi, è probabile che infatti qualcuno possa sentire questa “frequenza fantasma” leggermente stonata. In generale c’è da dire che è stato un bel processo, ma in cui a volte la tensione era altissima: basti pensare che io ed Alberto (chitarrista) ci siamo quasi malmenati per un plettro.
Se questo cd fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?

Direi che si può togliere il “fosse”. Io sono sempre stato fan dei concept album , sin da quando ero piccolo. Son cresciuto con The Wall, Ziggy Stardust and the Spiders from Mars e Storia di un impiegato. Credo che per me sia fondamentale, soprattutto per la scrittura, sapere dove andare a parare, avere una direzione finale in modo da indirizzare anche i singoli pezzi che vanno a comporre il prodotto definitivo che è appunto il disco. Di conseguenza si, si può dire che Horror Reality sia un concept album che parla appunto dell’orrore vero dei nostri giorni, quello che si può riscontrare nel quotidiano: nell’indifferenza, nel tecnologia che ci circonda, nello stile di vita capitalistico o ad esempio nel mondo del lavoro.
C’è qualche pezzo che preferite? Qualche pezzo del quale andate più fieri dell’intero album? … che vi piace di più fare live?

I pezzi che preferiamo sono sicuramente EyePhone e La Terra dei Mostri. Sono pezzi di cui andiamo abbastanza fieri perché siamo riusciti a centrare il suono che cercavamo. Ce ne rendiamo conto suonandole, sopratutto nel finale de La Terra dei Mostri : per quanto mi riguarda, ad esempio, trovo quasi terapeutico e liberatorio cantare (o urlare per meglio dire) le ultime frasi della canzone. E’ una bella valvola di sfogo, la consiglio a tutti.
Come è stato a livello produttivo fare il cd? Phonarchia Dischi, in primis, ma non solo …

Come dicevo prima, la produzione del cd è un processo nato dalla forte collaborazione con Nicola Baronti produttore artistico sia nostro che di altri progetti come Etruschi From Lakota oppure Eugenio Rodondi. Nicola è stata una figura fondamentale per la genesi di questo disco: è un produttore artistico vecchio stampo, una figura molto attiva nel progetto. Al giorno d’oggi c’è chi pensa che fare il produttore significhi (come dicono in molti) “Fare i suoni”, in realtà è un lavoro molto più complesso: si tratta di immergersi con la band nella composizione e nella concezione del prodotto finale. Si tratta di metterci una parte di se, pur rimanendo distaccati ed oggettivi. E credo proprio che Nicola ci sia riuscito alla grande.
Copertina originale, strana, con quei bambini in festa ... è così? Chi sono?  Come è nata e di chi è opera copertina e tutto il progetto grafico?

Ero a casa di una mia amica che ha origini russe e mi ha mostrato un suo vecchio album fotografico. Sfogliandolo mi sono ritrovato di colpo sotto gli occhi questa immagine e mi sono detto all’istante: “È lei”. Non so chi fosse il fotografo, ma ho trovato molto simmetrica la disposizione dei personaggi, mi ricordava quasi una sorta di Sgt. Pepper in versione horror. Sono bambini in festa, è vero, ma le loro espressioni sono per lo più preoccupate: qualcuno guarda spaventato altrove, altri sono addirittura molto tristi. C’è un senso di inquietudine, qualcosa che sta per succedere e che potrebbe cambiare le carte in tavola. Ho pensato che questo “qualcosa” potesse effettivamente essere il futuro, il mondo vero. Da qui è nata tutta l’idea che il disco e la comunicazione fosse incentrata su un mondo infantile. Anche i videoclip che faremo uscire avranno per l’appunto come protagonisti dei bambini. Tutto per una vecchia foto sovietica. Il resto del progetto grafico del disco è stato invece opera dell’Helter Skelter Graphic Studio.
Come presentate dal vivo questo album?

Lo abbiamo scritto e registrato in 4 ma concepito per 5. Adesso siamo in 3, e le cose diciamo iniziano a diventare più complesse, ma ci stiamo dando da fare: io ed Alberto (chitarrista) corriamo avanti e indietro tra chitarra e tastiera, Lapo (batterista) ha iniziato ad usare il synth mentre suona la batteria. È un po’ più complesso, ma molto divertente. Presenteremo questo disco con un po’ di date di presentazione per la toscana, abbiamo anche l’intenzione di sfruttare, quando è possibile,  l’uso di proiezioni per accentuare il carattere di alcuni pezzi. Per il resto non ci rimane che fare un casino della madonna e far arrivare il messaggio giusto.
Altro da dichiarare?

Armi di contrabbando e droghe pesanti. Grazie mille per questa intervista!

8 commenti:

  1. Disco ambizioso, di un rock ribelle, che vuole raccontare l'oggi, tra telefonini e social, una realtà sempre meno tale e sempre più virtuale.

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  2. Interessante che si faccia questo discorso su di un blog, un vecchio blog dove si vuole da sempre dialogare, dove la parola scritta a valore.

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  3. Capirete da queste parole che ho preso in simpatia i Fiori di Hiroshima, band all'esordio con questo album, eche mi fa piacere ospitarli qui in palude.

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  4. Nove tracce per nulla banali, di un rock decisamente impegnato, a partire dalla title-track esplosiva. Un rock diretto, che ricorda in parte i Litfiba degli inizi, con un testo che si impara subito.

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  5. Sulla stessa lunghezza d'onda, per tematiche e ritmo (anzi ancora di più) Eyephone, elettronica labirintica e ipnotica, che rende bene l'idea di questa società dove ci siamo persi, tra social, telefonini e chi più ne ha ...

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  6. Ironia amara sul mangiare, sul gonfiarsi, sullo scoppiare di cibo nella liberatoria Big Mac, dal groove che conquista e dove le chitarre aumentano il senso del discorso.

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  7. In uscita ufficiale il 3 novembre, credo che per quella data ci sarà un link per ascoltarlo tutto online ...

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