Dopo avere messo quel pezzo dedicato a John Belushi, pubblicato a suo tempo sul sito di Smemoranda nel novembre/dicembre del 2004, per la rubrica L'ALTRA AMERICA, un'amica di fb mi ha chiesto di poter leggere anche il pezzo dedicato al serial TV The L Word. Lo metto così, come l'avevo pubblicato allora. Era il 28.12.2004, rileggendolo mi sono chiesto se oggi lo riscriverei così... credo di no, non avrei tutto quell'entusiamo, anche se le idee di fono sono rimaste a 20 di distanza..
L’ALTRA AMERICA
a cura de L’Alligatore
Donne che amano altre donne
Dagli States una serie televisiva contro il bigottismo dei teo-cons: The L Word, la Los Angeles lesbica è bella!
Dopo aver esordito negli Usa nel gennaio 2004 sulla rete via cavo Showtime, è sbarcata in Italia in autunno dello stesso anno una serie televisiva fresca, intelligente, che va decisamente contro l’immagine di un’America bigotta, tutta dalla parte di Bush Junior e delle idee più retrive e conservatrici. Ambientata nella comunità lesbo di Los Angeles, The L Word ha come protagoniste donne, quasi tutte lesbiche, belle e con professioni molto soddisfacenti. C’è la direttrice di un museo, la giornalista, la cuoca, la parrucchiera, la tennista, la scrittrice, la proprietaria di un bar…
La serie affronta, puntata dopo puntata, i problemi di coppia, il desiderio di maternità (e come soddisfarlo), la scoperta dell’omosessualità, gli scontri sul lavoro, le incomprensioni con i genitori.
Tematica lesbo a parte, il programma assomiglia ad altre serie televisive recenti, tipo la nota Sex And The City. Questo è il suo grande pregio: l’omosessualità femminile viene sdoganata in tv, accettata come una cosa naturale, da persone normali. Il fatto che siano pure belle e in carriera, contro il luogo comune delle lesbiche brutte, sporche e cattive, è un merito in più.
L’accusa di sfruttare l’amore saffico per fare audience (con un pubblico maschile attento solo alle scene di sesso), che qualcuno ha mosso al programma, è ridicola. Primo perché dietro The L Word c’è il meglio della cultura lesbo, sia come scrittura sia come regia, secondo perché le scene di sesso non sono numericamente superiori alla media e il tutto viene presentato senza voyeurismi di sorta.
Se le attrici sono superbamente belle è perché siamo in un programma televisivo, dove tutto (dalle vite dei santi alle storie di mafia) è sempre stato reso gradevole.
Regista di alcune puntate, tra le quali il pilot, è Rose Troche, l’autrice di Go Fish- Segui il pesce (Usa 1994), manifesto del cinema lesbico, uno dei primi film a proporre al grande pubblico l’amore tra donne, fuori dai soliti circoli ristretti.
Tra le protagoniste spicca Jennifer Beals, alias Bette Porter, direttrice di museo in ascesa, che convive felicemente con Tina da sette anni. Lanciata nei primi anni ’80 dal film musicale di Adrian Lyne Flashdance (Usa 1983), la Beals ritrova una popolarità che durante la sua carriera di alti e bassi aveva smarrito. Noi la ricordiamo nel primo episodio del morettiano Caro diario, mentre dialogava in modo buffo e surreale con il regista romano.
Tina è interpretata da Laurel Holloman, paciosa bionda poco nota al grande pubblico, interprete nel 1995 di Due ragazze innamorate, commedia incentrata sull’amore di una benzinaia disinibita per una ricca ragazza di colore.
In The L Word, Bette e Tina rappresentano la coppia stabile, con un’accogliente casa ben arredata, le sicurezze di una famiglia tradizionale, le noie di certi rituali. Mentre Bette è spesso presa dal suo lavoro e veste quasi sempre con pantaloni e camicetta, Tina la vediamo aggirarsi per casa, impegnata in faccende domestiche. Sarà lei a rimanere incinta, grazie ad una bella inseminazione artificiale. La ricerca del donatore e la fecondazione stessa, è uno dei momenti più alti del film: niente di morboso, ma assoluta serietà e un pizzico d’ironia femminile molto apprezzabile (da consigliarne la visione ai nostri legislatori quando trattano l’argomento; forse eviterebbero leggi medioevali).
Nella casa vicina a loro abitano i fidanzati Tim (Eric Mabius), l’unico uomo del serial, e Jenny (Mia Kirshner), giovane e sensibile scrittrice di talento la cui vita verrà duramente sconvolta dall’amore per Marina (Karina Lombard), sicura e affascinante padrona del Planet, bar dove spesso si ritrovano le ragazze del film.
Liesha Hailey è Alice, bionda e simpatica giornalista bisessuale, con una vita sentimentale vivace. Nel suo film più noto, All Over Me (Usa 1997), la Hailey interpretava una musicista rock lesbica. Ruolo vicino alla realtà, in quanto è stata fidanzata con K.D. Lang e suona da una decina di anni nel duo pop-rock Murmurs.
Katherine Moennig è Shane: scatenata, un po’ maschiaccio. Lavora in un salone per parrucchieri. Capelli non molto lunghi e modi rudi, è la meno femminile del gruppo. La Moennig, nota più che altro per essere la cugina di Gwyneth Paltrow, è al suo primo ruolo importante.
Erin Daniels è Dana, tennista professionista timorosa di rivelare i suoi gusti sessuali. Paurosamente insicura, vive una difficile storia d’amore con Lara, cuoca sensibile e intelligente. L’outing con i genitori, convinti repubblicani, è un bel disastro.
Completa il cast un mito del cinema black, Pam Grier. La Grier interpreta Kit Porter, matura musicista con un problematico rapporto con l’alcool e una vita confusa. Unica eterosessuale del gruppo, è la sorellastra di Bette. Regina della Blaxploitation anni ‘70, Pam Grier, dopo un periodo di scarso successo, è stata rilanciata dal 3° film di Tarantino, Jackie Brown (Usa 1997), vero e proprio cult-movie.
Un magnifico cast per un altrettanto magnifico serial. Purtroppo The L Word non è stato acquistato né dalla Rai né da Mediaset e neppure da La 7. Chi vuole vederlo è costretto ad andare su Jimmy, canale satellitare del circuito Sky.
Sia la prima serie, composta di 14 episodi in onda nell’autunno/inverno 2004, sia la seconda, di 13 episodi previsti per la primavera 2005, è nelle mani della televisione a pagamento, che la manda in onda a tarda ora.
È un peccato. Una serie televisiva così bella la vorrei vedere su Rai 1. Non oserei chiederla dopo il telegiornale delle otto, ma in seconda serata (magari al posto di Vespa), sarebbe una bella svolta. O no?
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