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mercoledì 6 maggio 2020

In palude con NADDEI


NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE Elettronica / Cantautorave
DOVE ASCOLTARLO 
Spotify, Apple Music, Bandcamp e tutti i maggiori portali digitali
LABEL Cosabeat studio
PARTICOLARITA’ Un disco che reinterpreta in chiave elettronica alcuni grandi brani dei mostri sacri del cantautorato italiano
CITTA’ Forlì
DATA DI USCITA Febbraio 2020
L’INTERVISTA
Come è nato Mostri?
Mostri è nato da una esigenza di ricerca di identità sonora che su me stesso non facevo da tempo. Nei miei album a nome Francobeat ho sempre privilegiato la parola, i concetti, i temi da trattare e per rispetto alla parola ho agito con generi diversi senza curarmi troppo dell’impianto sonoro che poi in definitiva è quello che ti permette di rispondere alla fatidica domanda: “ma che genere fai?”. 
E allora ho ripreso in mano il mio genere di origine: l’elettronica. Ho spesso dato questo mio linguaggio nei dischi di altri in veste di produttore artistico, penso principalmente all’esperienza nei Santo barbaro e recentemente con Houdini Righini nel suo ultimo Lascaux. In mezzo, avendo uno studio di registrazione, ho acceso molte volte le mie macchine analogiche al servizio di altri. 
L’idea di fare un album elettronico tutto mio mi galvanizzava ma per concentrarmi solo sui suoni ho deciso di prendere a prestito canzoni altrui e la scelta di prendere quelle dei grandi cantautori che sapevano scrivere mi sembrava un buon modo per studiare più a fondo la forma cantautorale italiana che ho sempre lambito senza approfondire troppo.
E così son partito, un po’ per gioco. E il gioco si è fatto subito molto divertente e interessante. Mi sono sentito libero di sperimentare protetto dai bellissimi brani che avevo scelto e che trovavo mi raccontassero intimamente.
Perché questo titolo?
Mostri sta per mostri sacri del cantautorato italiano, quelli che sanno raccontare loro stessi nelle canzoni e che inevitabilmente stanno raccontando un po’ anche te.  Il passo successivo è stato notare come chi scrive a volte nelle canzoni liberi i propri mostri interiori. A mio avviso la canzone italiana soffre a tratti di un eccesso di poesia, di metafore, di meccanismi che cercano di dire senza dire, alludono alle emozioni come fosse un modo per dare al pubblico la possibilità di interpretare. È una visione, ma a me interessa di più la pornografia della sincerità totale, del racconto diretto senza troppi paroloni o nascondigli narrativi.
È solo così che il mostro prende vita e solo così puoi guardarlo dritto negli occhi e decidere se sconfiggerlo, fartelo amico, scambiarci due parole, offrirgli un drink, o massacrarlo a martellate in testa per liberartene. 
Non so se le canzoni debbano necessariamente avere questo ruolo ma trovo che la forma di narrazione diretta, quasi discorsiva, possa essere un modo per raccontare meglio la tua esperienza di vita, soprattutto se ne hai vissuta tanta e se, anche grazie al ruolo che hai come “artista”, sei riuscito a vedere e provare cose che non tutti hanno la possibilità di vedere e provare. Perché nasconderle o renderle contorte?
Credo che sia l’esercizio più difficile in assoluto per chi scrive le canzoni, molto più che infilare 3/4 accordi e trovare una bella melodia che si possa cantare sotto la doccia. 
Per cui ho liberato questi “Mostri” come primo passo, accostando le mie sensazioni e pensieri più intimi alle parole che mi emozionavano. Se riesco a capire il meccanismo magari riesco a liberare anche le mie, di parole.
Come è stata la genesi dell’album, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?

Inizialmente è stata una ricerca sulle canzoni in cui il cantautore riusciva a scrivere canzoni sovrapponendo la sua figura di uomo a quella di artista con la massima sincerità, semplicità e crudezza possibile. Contemporaneamente non volevo andare a scartabellare tra autori di nicchia o poco noti proprio perché il mio intento voleva essere un po’ divulgativo, cercare i grandi e famosi che erano riusciti a scrivere canzoni con questa attitudine.
Devo dire che la ricerca non aveva prodotto i risultati sperati, tanto più che la mia conoscenza in materia di cantautorato italiano non era tanta. Ne ho approfittato proprio per colmare un po’ di lacune e per osservare attentamente il modo in cui questi mostri sacri scrivevano. 
Ho subito provato empatia per alcuni e forti dubbi su altri, seppur blasonati e apprezzatissimi da tutti.
Alcune canzoni mi sono sbattute in faccia quasi per caso, altre le sono andate a cercare. Per non farmi condizionare troppo da valutazioni prettamente musicali ho cominciato a fare una ricerca leggendo solo i testi delle canzoni che non conoscevo minimamente. Devo dire che in questo modo mi sono potuto concentrare molto di più sull’aspetto narrativo e qualche brano l’ho ascoltato solo dopo averne letto solo il testo. 
A mano a mano si è creato ancora una volta un concept, modello a me evidentemente caro, dove mi sono ritrovato con canzoni che parlavano principalmente di amore, di vita, della condizione dell’artista, delle relazioni, dei ricordi che suscitano le canzoni rispetto al momento in cui sono state colonna sonora della tua vita.
È così ho cominciato a nutrire quelle parole coi miei suoni, le ho accudite, stravolte, amate, odiate e fatte mie. 
Nonostante si tratti di musica elettronica, che spesso viene visto come un genere tra il nichilista e il narcisista, ho iniziato a buttare giù gli arrangiamenti con pochi elementi tutti controllati dalle mani, senza computer, senza programmazioni infinite, come avere una chitarra tra le mani. Per fortuna riesco a non avere una grande distanza tra quello che ho in testa a quello che realizzo con i suoni. Vantaggi dell’esperienza che mi hanno portato a vestire queste canzoni in un lasso di tempo piuttosto breve rispetto ai miei precedenti lavori. Un modo come un altro per restituire quella sincerità che ho avvertito nelle canzoni originali nei suoni che stavo presuntuosamente creando per quelle parole e quelle melodie che avevo scelto per rappresentarmi.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione di Mostri?

Il primo che mi viene in mente è quando registrai la voce di Più di così no. Lavoravo in studio con un gruppo. Finii tardi, forse erano le 2 di notte passate, ma avevo voglia di cantare. La base provvisoria era pronta e la voce che avevo era lì come guida un po’ traballante ma chiara. Quando buttai il pezzo a tutto volume in cuffia erano ormai le 4 del mattino e avevo una voce particolarmente baritonale, complici le svariate sigarette che avevo fumato durante un’intera giornata di lavoro. Così ho sfidato la mia estensione godendomi ogni singola parola. È durante quella notte che ho capito che avrei voluto il contributo della voce di mia moglie, Sabrina Rocchi, che cantava e da tempo aveva smesso. Lo faceva a livello professionale, in un mondo che non le piaceva e non era il suo e da lì decise di smettere. È stato un modo per farla ritornare al piacere del canto ed ora stiamo facendo un disco insieme, un tributo a Jula De Palma, una strepitosa cantante degli anni ‘50 e ‘60 che ha fatto cose con gente come Gorni Kramer e Lelio Luttazzi. Ma questa è un’altra storia di cui magari se ne parlerà tra un po’.
Un altro momento che ricordo bene è quando cantai il primo pezzo a cui ho lavorato: Io sono uno di Tenco. Ho fatto una take sola, fregandomene se fosse la take della vita.
Memore dell’inizio di Silente is sexy degli Einsturzende Neubauten ho voluto citare quel suono di sigaretta che si accende, e così andò. Mi accesi la sigaretta e cominciai a cantare, fino alla fine. La sigaretta in mano mi si spense e la finii riascoltando la take di voce senza rifarla.
Se  fosse un concept-album su cosa sarebbe? … potrebbe esserlo?

Come detto probabilmente è un concept sulla vita e sull’amore, due cose che coincidono totalmente. In fondo sono concetti universali e senza tempo e le canzoni che ne parlano risultano sempre attuali più di quelle che parlano di denuncia politica o sono critiche rispetto al mondo esterno in cui è stata composta. Questo è anche uno dei motivi per cui non ho potuto affrontare altri grandi cantautori che più spesso erano attenti, con grande autorevolezza e spirito critico, al mondo esterno che stavano vivendo (il primo che mi viene in mente è Gaber, per esempio, che non ho affrontato in questo disco ma del quale ho voluto interpretare un paio di brani in passato). Mi interessava più il personale viaggio interiore e nelle canzoni, infine, la cosa più difficile da raccontare è proprio il tema dell’amore anche quando l’amore è quello per le proprie passioni come la musica, l’arte, la capacità di scrivere parole luminose. 
Se è un concept è proprio sulla capacità di raccontarsi senza mettersi davanti, semplicemente concedendosi la rara lucidità di raccontare emozioni che senti tue e che in realtà sono universali. 
C’è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del quale vai più fiero dell’intero disco? … che ti piace di più fare live?

Sono molto legato a Più di così no di Ciampi che anche dal vivo diventa un bel viaggino trip-hop e che spesso canto con mia moglie quando riesce a essere con me nei concerti.
Dal vivo tutti i pezzi cambiano forma e più spesso mi ritrovo a buttare fuori i miei mostri soprattutto in brani come L’animale di Battiato, forse il brano manifesto del “cantautorave” assieme a Sono buono degli Skiantos.
Nel disco posso dire che sono piuttosto orgoglioso di come ho sbrigato la pratica De Andrè in Verranno a chiederti del nostro amore mettendoci molto di mio, togliendo tutta la poesia e il sentore Brassensiano portandolo a una modernità di suono che a tratti mi ricorda un Lou Reed che fa un pezzo per la colonna sonora di Blade runner. Nonostante non ami De Andrè, per motivi miei che non sto qui a dire sennò mi dilungherei troppo, quel pezzo nel disco mi suona proprio bene, mi emoziona anche per il fatto che non so nemmeno distinguere se sono io a cantarlo o meno, cosa che invece non accade in Io sono uno di Tenco dove mi  ci sento dentro fino al collo.
CosaBeat studio a produrre. Non riesco a immaginarti con un’altra etichetta. E tu? Altre realtà dietro a Mostri da citare?
Cosabeat è il mio marchio di fabbrica da produttore artistico. Ho realizzato diversi dischi in questo ruolo e non conto più quelli che ho registrato per altri negli anni di attività. Non è una vera e propria etichetta ma semplicemente una bandiera che porta avanti progetti di qualità. Oggi dobbiamo necessariamente correre un po’ da soli per poter coinvolgere anche altri intorno a te contagiati dall’entusiasmo e dalla passione per le cose che si vanno a creare. Per Mostri ho chiesto a Sferacubica di aiutarmi nella comunicazione dell’uscita del disco perché fare i dischi è piuttosto semplice ma comunicarlo al mondo lo è meno, soprattutto oggi dove il rumore di fondo è sempre molto alto e per farsi notare si tende a dover urlare più forte degli altri o ad avere la trovata geniale e “virale” per farsi notare.
In questo senso mi ha aiutato anche l’agenzia di comunicazione Meraveja, che si occupa di social-media e produzione di contenuti per molte attività, con un occhio al ruolo del lato umano nel modo di comunicare via web. È loro la produzione dietro al video di Più di così no e speriamo di poterne fare altri.
Grande aiuto anche da Luca Guidi che fa capo al progetto Gravity Sessions, una serie di live filmati in un altro luogo simbolo della scena romagnola che è il Loretta di Santarcangelo che altro non è che la sede della Ribéss Records, etichetta corsara e coraggiosa che da sempre lavora sulla qualità delle cose che produce anche in termini di packaging e artwork dei loro progetti.
Insomma, intorno a me vedo cose belle e relazioni umane profonde e proficue fatte di scambi di idee, di lunghe chiacchiere e amabili conversazioni su tutto il mondo che ci gira intorno.
Copertina molto semplice e diretta, in linea, ironicamente con il titolo. Come è nata e chi è l’autore?

La copertina l’ha disegnata mio figlio qualche anno fa. Ancora forse solo ne parlavo e non so se qualcosa di quel che dicevo abbia scatenato quel disegno. Fatto sta che nei bambini il fascino per i mostri, i dinosauri, gli strani esseri fiabeschi è sempre molto presente. Mio figlio disegnava spesso cose del genere e un giorno ho trovato quel disegno con tanto di scritta. Il titolo del disco lo avevo già scelto e non ho potuto pensare altro che fosse la copertina perfetta. Mi piaceva anche l’idea che il mostro fosse qualcosa di naturale e non spaventoso, semplicemente esiste, ci conviviamo e magari ci giochiamo anche un po’. Sono molto felice che sia nata una cosa tra me e mio figlio senza che glielo abbia chiesto. Oggi glielo dico che in ogni intervista mi chiedono chi sia l’autore della copertina e lui si schernisce, cambia argomento come se fosse un qualcosa di naturale. Forse è solo timido ma credo sia contento anche lui di questa cosa, come lo sono io.
Come presenti dal vivo il disco? 

Sono spesso da solo, ma quando ci sono le condizioni ho l’onore di essere accompagnato da Gianni Perinelli al sax baritono e altre diavolerie come armonium, percussioni e aggeggi elettronici. Un altro è Marco Frattini, un grande batterista col quale ci divertiamo molto a giocare con la poliritmia per incentivare il ballo. Ovviamente non sempre posso portarmeli dietro, per mille motivi, e da solo devo ricorrere all’uso del computer. Non metto cose fissate, ogni volta tutto cambia e la mia ricerca dal vivo diventa “far sbagliare il computer” e mettermi nella condizione di fragilità che è la grande ricetta per far sì che un live diventi emozionante sia per chi lo suona che per chi lo ascolta. Ed è dal vivo che tutto prende quella forma di ballo, di pulsazioni vitali con bassi profondi a ricordarci che tutto passa dal cuore per arrivare alle gambe e alla testa.
Altro da dichiarare? 

Godetevi i miei Mostri a tutto volume e ballate nudi in casa.

11 commenti:

  1. Gran piacere ospitare in palude NADDEI, che non è stato mai ospite personalmente in palude, ma c'è stato tante volte con i dischi ai quali a preso parte come produttore (é Francobeat).

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  2. Poi, perché anche se è un progetto iniziato prima, sembra un disco indipendente fatto oggi, ai tempi del Coronavirus: fatto in casa, con la copertina, bellissima, nata da un disegno del figlio ... geniale (leggete nell'intervista come lo racconta)

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  3. Ma leggetela tutta l'intervista, un'intervista fiume della quale sono molto soddisfatto ... ovviamente ascoltate Mostri, visto che ha preso canzoni molto originali di mostri sacri della nostra canzone ...

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  4. Dunque canzoni, quali le mie preferite? Tutte, potrei dire e chiudere il discorso lì, ma sarebbe troppo facile.

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  5. Il Tenco di Io sono uno, pezzo celebre e molto sentito, resta anche a distanza di tempo dopo averlo ascoltato. Una versione a togliere come Tenco avrebbe gradito.

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  6. Il Ciampi di Più di così no: una versione ipnotica cantata in coppia con la moglie Sabrina Rocchi, come dice nell'intervista. Prende, prende bene ... con la sua ipnotica malinconia.

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  7. Tenco e Ciampi in versione elettronica, sono perfetti, forse perché immortali, quindi cantabili in qualsiasi modo.

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  8. Naddei definisce questo disco "cantautorave" e nell'intervista dice che il pezzo più "cantautorave" è L'animale di Battiato. E subito dopo Sono buono degli Skiantos. Se ascoltate capirete il perché ... del resto Battiato è il più elettronico dei nostri cantautori.

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  9. Sono buono è perfetta, con l'enfasi a togliere di Freak Antoni (solo lui riusciva questa cosa impossibile) ricalcata alla perfezione. Bellissimo il testo, tra l'altro, con tutta quella ironia fortr. Musicalmente molto danzereccio, stile U2 di Discotheque (il ritornello Sono Bono, sono bono, che sia un caso?)

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  10. Ma vi potevo dire Io sto bene, dei CCCP, o Verranno a chiederti del nostro amore di De André o Fame di Graziani, o quel pezzo di Conte che non conoscevo (Un vecchio errore) o Gaetano di Tu, forse, non essenzialmente tu, o Io, sì proprio iodi Federico Fiumani... insomma, tutte.

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