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martedì 9 maggio 2023

Libera il capezzolo - intervista a La Santa Furiosa

 

La rete è strana, a volte si perdono contatti tra blogger e ci si ritrova in altri spazi virtuali. Mi è successo spesso di ritrovare ex blogger su Instagram o Twitter o Fb, dopo un periodo che non li sentivo più. Come il caso de La Santa Furiosa, al secolo Santa Spanò, che teneva un bel blog libero e vero, con tematiche interessanti, La Santa Furiosa appunto. L’avevo persa di vista, e poi ritrovata in FB dove posta belle cose altrettanto interessanti. Una di queste, che mi ha incuriosito, è quella sulle tette, anzi, sulla liberazione dei capezzoli (femminili) su social come FB, ma anche Instagram (degli stessi padroni), che vietano di postare tette femminili, se non censurate da una pecetta sui capezzoli. Pecetta stupida, a volte posta anche in mezzo alle chiappe, che secondo me non fa altro che mettere ancora di più in risalto la zona censurata. Si sa, quando si reprime qualcosa, poi questa ne esce ingigantita, il proibizionismo insegna. Ecco, incuriosito da questa cosa, con il mio spirito libertario ho chiesto a Santa un’intervista, per spiegarmi perché pubblica queste foto ironiche sulle tette e i capezzoli femminili, e cosa si può fare per combatterequesta idiozia.


 

L'INTERVISTA 

Come è nata quest’iniziativa delle tette libere?

Ho deciso di iniziare una campagna contro la censura dei capezzoli, #freethenipple o #tettefuori, dal mio profilo facebook, Santa Spanò, dopo aver ricevuto un richiamo dallo stesso Fb per “nudo o atti sessuali”. L’avvertimento, e la conseguente rimozione del post, è nato dalla mia pubblicazione, nell’ottobre scorso, della locandina dello spettacolo di Vanessa Beecroft VB93, una delle più acclamate artiste internazionali, al Teatro 5 di Cinecittà, una performance ancora una volta sulle donne, anzi per chi conoscesse poco quest’artista, ed ama i “tableaux vivants”, suggerisco di approfondire la conoscenza. Tornando alla segnalazione, ci tengo a precisare che la locandina incriminata non ha nulla di osceno o pornografico, solo il profilo di un capezzolo, anzi avrebbe meritato attenzione e divulgazione visto che promuove una nostra artista di fama mondiale che mette a nudo, spesso in modo crudele, una società che condanna donne e minoranze a ruoli di serie B.  Per farla breve non potrà esserci femminismo fino a quando le donne non saranno anche padrone di esibire il proprio corpo senza condizionamenti o censure e chi afferma il contrario mente.

È stata pensata da te o ha un’origine internazionale?    

Mi sarebbe piaciuto avere questo merito, ma no. Ha un’origine internazionale, e forse è giusto così, perché grazie a molte celebrità ha avuto negli anni una vasta eco, da Cara Delevingne, Naomi Campbell, Kendall Jenner, Miley Cyrus, Rihanna, Amber Heard, solo per citarne alcune, l’elenco è davvero lungo e ovviamente molti sostenitori sono anche uomini, così le nostre Noemi e Victoria De Angelis, si sono spese pubblicamente per sensibilizzare sulla causa.

Free the Nipple (libera il capezzolo) nasce orientativamente nel 2012, ma sicuramente ha inizio molto prima, con il bisogno di libertà delle donne che necessariamente passa per la liberazione del corpo. Per essere meno vaga direi che spetta a Lina Esco, attrice, produttrice, regista e attivista americana, il merito di aver fondato il movimento Free the Nipple, e di aver diretto e interpretato l’omonimo film. Free the Nipple è una commedia drammatica americana indipendente del 2014 diretta da Lina Esco e scritta da Hunter Richards, per richiamare l'attenzione del grande pubblico sulla questione dell'uguaglianza di genere e incoraggiare la discussione sull'esaltazione della violenza e la repressione della sessualità da parte dell'America. E come si può ben immaginare andò incontro alla censura, così come lo stesso movimento.

In cosa consiste?

Quella di Free The Nipple non è certo l’attacco circoscritto alla censura del capezzolo femminile, è molto molto di più, è una battaglia che riguarda le disuguaglianze di genere. Non solo i diritti delle donne, ma delle persone non binarie, transgender e trasversalmente ogni espressione artistica. Il corpo femminile, ed in questo caso il seno ed i capezzoli continuano ad essere sessualizzati, pur non essendoci differenze con il capezzolo maschile, quello femminile viene bandito perché oltraggioso, offende la morale.

Da qui numerose manifestazioni e proteste pacifiche vengono organizzate in tutto il mondo per la legalizzazione del topless, ricordiamo che anche da noi a stare a seno nudo c’è il rischio di essere accusate di indecenza e di atti osceni. Campagne di sensibilizzazione social e non solo, voglio ricordare qui due progetti importanti, uno a Bologna: TETTE FUORI. Un intervento di CHEAP, progetto di public art come strumento di rigenerazione urbana attivo dal 2013 a Bologna: grafiche, foto, testi e claim tradotti in manifesti che hanno come soggetto precisamente i seni delle donne. L’affissione è firmata in partnership con School of Feminism, piattaforma dedita all’attivismo e alla produzione di contenuti grafici, che torna in Italia con CHEAP dopo aver già realizzato nel 2019 l’intervento di poster “Ringrazia una femminista”.

L’obiettivo in questo caso è quello di combattere la censura e l’eccessiva sessualizzazione del nudo femminile. Rivendicando in questo contesto, che si tratti ancora una volta di una questione di “autodeterminazione e riappropriazione politica e desiderante del proprio corpo”.

Molti dei testi e delle fotografie che compongono i poster, sono tratte dal libro Pechos Fuera (Seno Fuori), edito nel 2020 in Spagna da Zenith: un testo in cui School of Feminism riprende in esame la rappresentazione dei seni nella storia dell’arte e della comunicazione visiva più contemporanea, accompagnandola da una riflessione politica, sociale e iconografica.

L’altra campagna che voglio ricordare è #FreeTheFeed, nella primavera del 2019 sui tetti di alcuni quartieri di Londra comparvero dei seni giganti con i loro bei capezzoli in mostra, una battaglia anche questa che si combatte da tempo: la libertà per le donne di allattare i propri figli in pubblico.  Il movimento LACTIVIST, così come Free The Nipple, porta infatti avanti da tempo campagne per l’allattamento al seno come scelta sana e naturale e lotta contro la censura delle donne che allattano in pubblico, oramai considerate disturbanti, l’atto più naturale del mondo è stato stigmatizzato, le stesse donne, lo si legge su molti commenti social, considerano vergognoso allattare in pubblico mostrando il seno.

Perché le tette delle donne devono essere coperte da quelle orribili striscette?

I social network non sono altro che un riflesso di ciò che viviamo offline, il comune sentire considera indecente l’esibizione del seno femminile o meglio del capezzolo femminile, per cui i social network devono coprire, pixelare e cancellare capezzoli ovunque. A fronte di seni ipersessualizzati parzialmente coperti, nel senso che si copre esclusivamente l’areola, i capezzoli sono socialmente inaccettabili.

Anche se a ben guardare il capezzolo maschile e quello femminile sono pressoché identici, la società carica il capezzolo femminile di significati tipicamente sessuali, diventa quindi sconveniente mostrarli in pubblico. La sessualizzazione comincia già in tenera età, basta osservare su una comune spiaggia bambine e bambini, già in tenera età a moltissime bambine viene fatto indossare il due pezzi o il costume intero. Noi donne dobbiamo stare coperte, usare il reggiseno. Pensa che una protesta, tutta al femminile, è partita dalla Francia: il NO BRA. Una rivoluzione gentile, come viene definita, per liberarsi definitivamente della costrizione del reggiseno e ribellarsi ai diktat maschili, parole della sua ideatrice, la scrittrice Gala Avanzi. E in moltissime vi hanno aderito, perché anche non indossare il reggiseno, soprattutto ad una certa età, è sconveniente e indecoroso. Per cui non solo pecette, ma anche l’obbligo del reggiseno. La strada è ancora lunga per liberarci da certi modelli.

Possibile che FB e Instagram obblighino a coprire il seno (ma a volte anche il didietro) delle persone? Io lo trovo osceno, pornografico…

I social network, come Facebook e Instagram, al contrario del tuo punto di vista, hanno deciso di censurare alcune immagini di nudo che vengono pubblicate sulle loro piattaforme proprio per combattere la pornografia, per tutelare i minori e rispettare chi per “cultura” è “sensibile” al nudo. Attraverso gli strumenti dello shadowban o di altro tipo di segnalazione, chiunque pubblichi un contenuto non in linea con la policy del social viene “punito”. Tuttavia, ad essere sotto il mirino sono spesso i corpi femminili, in particolar modo i capezzoli, non delle persone, ma delle donne.

Anche se biologicamente, e non lo dico io, capezzoli e ghiandole mammarie si formano nell'embrione umano indipendentemente dal sesso, e come ho già detto il capezzolo maschile è identico a quello femminile e addirittura può, anche se raramente , produrre latte, la galattorrea maschile, ad essere censurato è il solo capezzolo femminile.

Ma questo al comune senso del pudore non interessa, gli uomini scoperti e le donne col lenzuolo attaccato, anche in molti film salta all'occhio, pensaci.

C’è da dedurne che anche le policy delle grandi aziende di social network siano guidate da una società fondata sul patriarcato. E quando l’algoritmo fallisce e la censura non scatta, sono i leoni o anche leonesse da tastiera, agevolati dall’anonimato, a sentirsi in diritto di giudicare, insultare e offendere il corpo femminile, oltre a far partire le segnalazioni (che restano procedure anonime).

Io credo fermamente che l'accettazione e la divulgazione sana della nudità consentirebbe di abbattere molti tabù, l’ho già espresso più volte questo mio pensiero. Anzi toglierebbe terreno al mercato del porno e soprattutto consentirebbe ai giovani, donne e uomini, una crescita sana lontana dagli stereotipi di sottomissione e violenza, soprattutto di vergogna e pudore, uno dei sentimenti sociali più pericolosi.

Si nasce nudi e non c'è nulla di peccaminoso in questo, la distorsione sta nella costruzione di modelli di riferimento sessuofobi...

Cosa succede se metti una foto di una tetta nuda? Ti cancellano il profilo?

Si viene  shadowbannati, lo shadow ban è appunto l'azione di bloccare un utente, restringere la visibilità del suo profilo o dei contenuti che pubblica, impedirgli alcune attività, rimuovere totalmente i post. Nel mio caso, come ti dicevo, ho avuto un richiamo da Fb con la locandina di Vanessa Beecroft e il post rimosso. In fondo mi è toccata la stessa sorte di Pedro Almodóvar,  Instagram ha censurato la locandina del suo lungometraggio, Madres Paralelas, che rappresentava appunto un capezzolo femminile. Almodóvar ha potuto inveire contro il social network, per molti non è possibile.

A dicembre, poi, ho avuto una sospensione per 24h, mi è andata bene nel senso che è stato un blocco temporaneo e sono tornata ad avere tutte le mie funzioni il giorno dopo, in fondo si è trattato di una foto che ritenevo perfetta per una festa di fine anno, uomini e donne nudi sdraiati a levare in alto un capezzolo, ovviamente tanto i capezzoli che i genitali rigorosamente con la pecetta, per cui non capisco la reazione dell’algoritmo o della/del segnalatore, lo stesso capezzolo che viene tenuto in mano potrebbe essere tranquillamente un capezzolo maschile (sorrido), e per questi non c’è censura.

Tornando ai blocchi se si persevera a contravvenire alle limitazioni, e per motivi gravi ricordiamo l’incitamento all’odio, al suicidio, i tanti casi di revenge porn ecc., si ha la disabilitazione che a differenza del blocco è totale e definitiva, non si può più accedere al proprio profilo utente.

Sicuramente ha senso proteggere gli utenti dalla pornografia, ma voglio ancora ricordare che  i capezzoli femminili non sono organi sessuali, così come la nudità, oltre al piacere e all’erotismo, appartiene al mondo dell'arte, è al servizio della salute, è normale.

Ora al di là dell'ingiustizia e del profondo sessismo su tutta la linea, il blocco degli account, la rimozione di foto, non fanno altro che danneggiare anche molte attività professionali che lavorano con il corpo.

La censura in questo caso continua ad essere una forma di controllo ed è per questo che mi batto, non certo perché devo necessariamente andare in giro nuda, anzi sono piuttosto freddolosa (sto ridendo), ma per la libertà di poterlo fare, se ne ho voglia o necessità, senza vergogna e senza giudizi.

Cosa possiamo fare, per liberare le tette su tutta la rete?

Continuare quello che in tante e tanti stanno già facendo in rete e fuori, è sufficiente inserire l’hashtag di nostro interesse, come ad esempio #freethenipple, per entrare in contatto con profili, pagine o gruppi che abbracciano questa campagna. Dai flash mob per l’allattamento al seno in pubblico, in risposta ai divieti che esistono in molti paesi, USA, Danimarca, in Inghilterra lo è stato fino al 2010 e non parliamo dei paesi islamici, norme per tutelare le persone che potrebbero provare disturbo di fronte all'allattamento al seno. Per intenderci, persone che vengono disturbate da una fonte di vita. Dimmi se non è paradossale.

Ecco direi che la prima cosa da fare è educare, campagne massicce di educazione, rieducarci al nostro corpo, riprendere confidenza con ciò che è naturale, ridare dignità al corpo. È la storia ad insegnarci che il rapporto con la nudità è cambiato nel tempo in base a determinate condizioni sociali e culturali, ed è proprio sui condizionamenti che dovremmo fare leva per liberarci, non solo i capezzoli.

Queste micro battaglie hanno consentito di limitare i divieti, le restrizioni si sono allentate, sono per ora ammesse immagini di nudo per scopi quali campagne di sensibilizzazione o progetti artistici, per motivi di salute, donne che allattano, foto di cicatrici causate da una mastectomia, fotografie di dipinti, sculture o altre forme d'arte che ritraggono figure nude. Un passetto in avanti, per cui direi di continuare a postare sfruttando i permessi e continuare a sensibilizzare sull’argomento.


Il nudo è osceno, la guerra no? Cosa possiamo fare per ribaltare questo assurdo pensiero?

Queste domande me le sono poste anch’io, tanto che in uno dei miei quotidiani post su Fb contro la censura al capezzolo, mi sono risposta che la guerra è oscena, la violenza è oscena, la povertà è oscena, altro che il capezzolo o il seno di una donna ed ho accompagnato il post con una foto, che scattai ad un mostra su Enrico Baj, La Bien décorée, e una frase di Herbert Marcuse che ti riporto.

«L'oscenità è un concetto morale nell'arsenale verbale dell'establishment, che abusa del termine applicandolo non alle espressioni della propria moralità ma a quelle di un altro. Oscena non è l'immagine di una donna nuda che espone i peli pubici (o i capezzoli), ma quella di un generale completamente vestito che espone le medaglie ricevute per una guerra di aggressione; osceno non è il rito degli Hippies, ma la dichiarazione di un alto dignitario della Chiesa che la guerra è necessaria per la pace.»

Mi chiedi cosa fare per ribaltare questa assurdità, visto che ho citato Baj mi viene da dirti la Patafisica, usiamo la scienza delle soluzioni immaginarie aprendo la mente e il cuore, prendiamo una Patamacchina e cominciamo a guarire tutti i mali del mondo con i sorrisi, compresa la censura.

Fuori dal mondo della Patafisica dobbiamo continuare a denunciare, contrastare, protestare, educare e non avere timore di prendere posizione.

Altro da dichiarare?

Un segnale di apertura proprio di questi giorni, che si può leggere sulle maggiori testate. L'Oversight Board, il consiglio di sorveglianza indipendente di Meta composto da 20 membri internazionali, giornalisti, avvocati, difensori dei diritti umani ed ex leader politici, ha chiesto una revisione delle sue regole sulla nudità, in particolare quella che vieta alle donne di mostrare il seno scoperto, e mina la capacità di esprimersi delle donne e delle persone transgender o non binarie – ricordo che i capezzoli degli uomini non sono vietati - ritenendo che Meta debba "definire criteri chiari, oggettivi e rispettosi dei diritti umani in modo che le persone siano trattate senza discriminazioni di sesso o genere, in conformità con gli standard internazionali sui diritti umani ".

L'osservazione arriva dopo la censura da parte del social dei post di un account gestito da una coppia americana transgender che raccoglieva fondi per un intervento chirurgico di rimozione del seno.

Meta, dal canto suo, ha ricordato che le immagini contestate erano già state reintegrate, e che la società aveva già preso atto che non avrebbero dovuto essere rimosse. 

Invece, per quanto concerne le rigide regole sulla nudità dei capezzoli, Meta fece sapere che la pronuncia del comitato era stata accolta, e in linea di principio avrebbe avuto due mesi di tempo per rispondere pubblicamente alle raccomandazioni, ossia a marzo di quest’anno, per garantire a tutt* un trattamento coerente con le norme sui diritti umani. Ad oggi, però, nessuna dichiarazione. Meta muta (ossia continua a tacere).

Chiudo con un interrogativo: Instagram e Facebook porranno davvero fine alla censura sui capezzoli?

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10 commenti:

  1. Siamo in buona compagnia, bloccata per giorni a causa di una nota foto di Alda Merini svestita, che avevo pubblicato.

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    1. Cara Vera, la poesia fa paura perché eversiva 😉

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  2. Già, è una vergogna la censura, non le nudità. Assurdo, come spiega bene Santa nell'intervista, che si censurino dei capezzoli.

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  3. In primis Santa è una grande e tu hai fatto una cosa bellissima ad intervistarla. Detto questo la sua battaglia è sacrosanta per tutto quello che lei stessa ti ha detto nella tua intervista. Aggiungo solo che, a quanto ho potuto capire, Facebook censura tutto ciò che a loro patetico modo di vedere offende il senso del pudore o è troppo crudo solo che ha un algoritmo pirla per cui censura perfino foto i opere d'arte, quadri di grandi pittori che rappresentano nudi femminili. Sulla guerra, non censura se le opinioni sono conformi al mainstream e soprattutto se non posti foto di atrocità della guerra perché possono turbare e forse perché possono far capire a quelli che credono ancora che ci sia una guerra giusta che sono in errore.

    Non sempre e non subito censura invece post violenti nei contenuti e/o nelle stesse immagini, soprattutto se sostengono tesi in linea con Facboook. Ricordiamoci quando Facebook permise il Fuck Putin mentre se io scrivessi "Fuck... segue nome di chiunque" verrei subito censurato.

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    1. Grazie Daniele per queste tue parole e la stima. Sull'argomento ci sarebbe da parlare parecchio, io trovo che, seppure necessario, il politically correct, e compagnia, sia per certi versi insostenibile. Credo siano più di un centinaio i manuali, le linee guida ecc., che devono essere osservati per decidere cosa pubblicare o no. Magari il mio intento è pubblicare una foto shock per svegliare le coscienze, ma un altro utente la recepisce come messaggio di odio o violenza. Se ci pensi, Daniele, noi siamo la generazione che ha bisogno dell'avvertenza e del disegnino sul sacchetto di plastica perchè, vuoi per truffe, vuoi per deficienza, potremmo mettercelo in testa e soffocare. Evviva!
      Così per il comune senso del pudore, le donne continuano ad essere estremamente sessualizzate (vedi capezzoli), gli uomini godono di una grande elasticità, escluso il pene, il tutto per difenderci dalla pornografia. Inizialmente era vietato pubblicare foto di donne che allattano, gesto molto lontano dalla pornografia, ora è possibile la pubblicazione grazie ai vari movimenti e associazioni, ma Inizialmente non lo è stato, come non lo è stato per le campagne di prevenzione del tumore mammario. Questo dato deve far riflettere. A volte a pornografia è solo un paravento.

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  4. @Daniele
    Grazie per l'apprezzamento, immaginavo ti sarebbe interessata e avresti molto apprezzato. Sì, FB e Instagram dimostrano che non ci può essere intelligenza artificiale, se non prona ai potenti e ai loro desiderata, sia in fatto di sesso o guerra. La stupidità dell’algoritmo, potremmo chiamarla, servo dei padroni del vapore che dobbiamo fottere, speriamo me lo lascino scrivere.
    @Santa
    Intanto grazie a te di avere accettato l'intervista, poi sì, i blog pieni di commenti sono del passato, ora ci troviamo a dialogare anche sui social, e anche lì cerchiamo di tenere alto il livello. Come te credo sia doveroso battersi per diritti di libertà come rivendicazioni sociali, contro la guerra e il proibizionismo. Io tengo tutto insieme, è la mia missione.

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  5. Seguendo Santa anche su Facebook, ho visto le sue iniziative, trovandomi perfettamente d'accordo. La censura sui social è allucinante, profili bloccati per dipinti famosi, mentre trovi persone che inneggiano alla violenza liberamente.

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  6. Già, è questo l'assurdo di questi siti perbenisti, perfetto specchio della società!

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  7. Sempre interessanti le tue interviste.

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  8. Grazie Marcaval, in questo caso niente musica, ma sì, argomento che mi interessava molto lo stesso.

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