NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE new folk/rock, chamber pop
DOVE ASCOLTARLO su tutte le piattaforme tipo qui
LABEL La Tempesta Dischi
PARTICOLARITA’ dimmele tu!
CITTA’ Ovunque e in nessun posto
DATA DI USCITA 03/03/2023
L’INTERVISTA
Come è nato Running In Circles?
Running in Circles nasce da un profondo, viscerale bisogno di esprimermi.
Era il periodo del primo lockdown, in
quella fetta di tempo immobile ho sentito che era arrivato il momento di farsi
coraggio e affrontare la mia più grande, intima, sincera passione: la musica.
Consapevole che sarebbe stata un’enorme prima volta in tutti i sensi, ho
cercato di capire che forma darle per far sì che arrivasse al mondo la
rappresentazione più sincera e diretta di quello che ero in quel momento.
Non ero pronta per un album, un singolo
non sarebbe stato abbastanza per raccontare e raccontarmi, un EP mi sembrava la
giusta via di mezzo per iniziare ad incidere un primo passo musicale.
I pezzi in realtà sono arrivati dopo, si sono intrecciati tra loro
spontaneamente e mesi più tardi ho capito il perché.
Come mai questo titolo? …molto poetico.
Stavo vivendo un momento molto complesso
ed emotivamente difficile, mi sentivo in un limbo di insicurezze, rancori,
paure e riflessioni che non mi davano pace. Tornavano ogni giorno gli stessi
pensieri, un ciclo infinito di grandi temi che aprivano in me grandi domande.
Per quanto cercassi di dare una risposta a ciascuna di queste, ritornavo sempre
lì da dove ero partita: stavo correndo in cerchio.
Come è stata la genesi di questo disco, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
Fondamentale, entusiasmante, difficile,
divertente, doloroso, bellissimo, faticoso, sorprendente.
Davvero difficile riassumere un periodo di così profonda introspezione; mi sono
vista vulnerabile e fortissima allo stesso tempo e spesso sono stata costretta
ad incontrare lati di me che ho sempre respinto. È stato un viaggio all’interno
di me.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione di Running In Circles?
Quando Alessandro Guarneri, un attimo prima di gettarsi in acqua, ha scritto su un piccolo pezzo di legno levigato dal mare: “Le onde ci stanno chiamando”, regalando un titolo al primo brano di Running in Circles.
O quando, sotto Natale, ci siamo ritrovati negli studi Fonoprint per affrontare le sessioni di mix. Nello studio accanto c’era Gianni Morandi che registrava Apri tutte le porte per Sanremo e inaspettatamente si è creata una grande armonia, scambio e supporto reciproco.
Io ho registrato qualche coretto per il
suo singolo, lui ha ascoltato qualche mio brano.
Per quanto relativamente breve quell’incontro è stato fondamentale, ci ha
lasciato l’allegria e l’entusiasmo che ci serviva per affrontare le fasi
conclusive del disco.
Se Running In Circles fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?
Toglierei il “fosse”, sì.
L’EP affronta le tematiche che vivevano in me in quel momento: la solitudine di chi ha un mare di domande sul mondo, il rapporto con il proprio corpo e con il maschile, le corse in cerchio di una società che non dà spazio al tempo, il sovraffollamento di pensieri, la mancanza di un ascolto profondo nell’altro.
Tutto ciò affollava la mia testa e
tornava con circolarità in quel periodo, un cerchio potenzialmente infinito che
racconta un pezzo della mia storia.
C’è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del quale vai più fiera dell’intero Ep? … quello più da live?
Sento ogni brano dell’EP come se fosse
un figlio, e non dovrebbe esistere un figlio preferito, ma sotto sotto ammetto
di avere sempre avuto un debole per Setting
Of The Sun.
Tornando al tema della circolarità, mi succede una cosa strana quando creo:
visualizzo un cerchio, quando le linee del cerchio si chiudono completandone la
forma so che il brano (il dipinto, la fotografia o qualsiasi altra creazione) è
arrivato lì dove doveva arrivare, e con Setting
Of The Sun ho visto il cerchio chiudersi.
Non ti so dire quale sia il brano più da
live, penso che dipenda dal live, dalla formazione, dal luogo, da come mi sento
io in quel momento. Chissà, magari se un giorno verrai a vedermi dal vivo me lo
dirai tu!
Come mai un disco con La Tempesta? Come è nata la collaborazione?
È stata una bellissima coincidenza. Avevo tra le mani l’EP, i video musicali e l’immaginario che ruota attorno al progetto, ma non sapevo cosa volesse dire distribuire un disco, sapevo solo che in corso d’opera mi era stato caldamente consigliato di trovare un’etichetta o realtà simile che mi aiutasse a farlo emergere al meglio.
Tra una ricerca e l’altra mio papà contatta Matteo Caccia (avevano lavorato insieme ad uno spettacolo poco dopo la mia nascita). Matteo risponde consigliandomi di scrivere ad Enrico Molteni de La Tempesta; ci ho messo un po’ a scrivere quella mail, era un momento frustrante, il disco era pronto da mesi e avevo bisogno che in qualche modo uscisse, ma nessuna realtà a cui avevo scritto sembrava essere interessata.
Un pomeriggio mi sono fatta coraggio,
gli ho mandato l’EP e con grande sorpresa ho ricevuto risposta.
Per me era importante che il progetto venisse guidato verso l’uscita con
l’aiuto di persone che sanno davvero ascoltare e prendersi cura, che guardano
attraverso la musica con sensibilità e che in qualche modo comprendono
profondamente ciò che ho dentro.
Ero pronta a pubblicare il disco da sola se non avessi trovato tutto ciò nella persona che avevo davanti, ma quando ho incontrato Enrico ho subito sentito che dentro di sé custodiva tutte queste cose e molto altro ancora.
Se ci penso sorrido, pazzesca la vita a
volte! Chi si poteva immaginare che un incontro tra mio padre e Matteo Caccia
quando io ero grande qualche centimetro avrebbe fatto nascere un disco
ventiquattro anni dopo?
Eternamente grata alla vita, a mio padre ma soprattutto a Matteo Caccia per
averci fatto incontrare!
Copertina molto suggestiva, onirica, psicomagica. Come è nata? Chi l’ha pensata così?
Grazie!
L’ho pensata io così. Era da anni che sentivo di voler coinvolgere all’interno
di un mio lavoro le opere di Mauro Staccioli, così quando il concept dell’EP mi
è stato chiaro e mi è arrivato il titolo giusto ho subito pensato a “La
Boldria”, scultura tra le colline di Volterra tratta dall’installazione “Luoghi
d’Esperienza, 2009”.
Volevo rappresentare in foto l’eterno
correre della società, un correre sia interiore sia esteriore e quotidiano in
contrasto con la vulnerabilità, l’intimità, l’introspezione ferme al centro.
Per la realizzazione di questa visione ho avuto la fortuna di avere al mio
fianco Dana Tescari, amica e artista che stimo moltissimo e che ha reso
tangibile tutto ciò realizzando la copertina. È stato un giorno folle quello in
cui l’abbiamo scattata, c’era un vento di tramontana fortissimo e io stavo
ibernando, ma siamo sopravvissute e direi che ne è valsa la pena!
Come presenti dal vivo il disco?
Per ora chitarra voce, con l’idea di aggiungere altri elementi piano piano.
Penso proprio che i miei live
evolveranno strada facendo aprendosi alla possibilità di essere sempre diversi,
quindi difficile rispondere con una formula precisa. Chissà, tutto nel mio
percorso è imprevedibile!
Altro da dichiarare…
Ho nuotato più volte in un fiume in cui erano stati avvistati i cugini degli alligatori: i coccodrilli. Ero in Australia ed ero molto selvatica, ma questa è un’altra storia!
Grande piacere ospitare Guinevere, una giovane di gran talento, che mi è stata consigliata da un amico del quale mi fido ciecamente...e in questo caso, anche in questo caso, ho fatto bene, Running In Circles è un gran disco. Un Ep, che rivela il talento della ragazza.
RispondiEliminaCome dice lei nell'intervista, il lavoro è nato in mezzo a un ambiente culturale buono, che l'ha aiutata in fase produttiva e a concludere, ma senza la sua sensibilità, nutrita dal lockdown, non l'avremmo tra le mani. Non avremmo tra le mani queste splendide sei canzoni.
RispondiEliminaA ogni pezzo mi dico che magia, che richiami al meglio dei miei/vostri ascolti ... rimango di sasso per quello che dalle cuffie arriva alle mie orecchie e poi al cervello.
RispondiEliminaThe Waves Are Calling Us sembra un pezzo da altri tempi, con lei al piano che canta in modo teatrale, forse filmico ...sì, in parte, ricorda la canzone (e anche il mood) di Diane Keaton quando canta nel cult del 1977 Io e Annie; pensate... Guinevere è nata molti anni dopo.
RispondiEliminaDevendra Banahrd, questo penso subito, ai primi strimpellare di chitarra e la voce al meglio della forma, per il secondo pezzo dell'Ep: Setting of the Sun, 7 minuti e rotti di nuova psichedelia. ...strumenti ad arco in gran spolvero, un pezzo che cresce ascolto dopo ascolto, che ti pare di volare. Sì, è il pezzo per il quale lei dice di avere un debole, e penso di averlo anche io.
RispondiEliminaAncora una canzone che richiama alla memoria il meglio dei nostri ascolti è che mi fa pensare immediatamente ai Blonde Redhead, sia negli intrecci di elettronica suadente, sia nel cantato emozionale molto Kazu Makino, gli archi...
RispondiEliminaE già con questi tre pezzi potremmo essere contenti... poi c'è la title-track, grande musica rock, decisamente acida, da nuovi figli dei fiori, con la giusta malinconia.
RispondiEliminaMama’s Interlude è un funk giocattoloso messo strategicamente a metà disco, e fa quello che deve fare.
RispondiEliminaConclusione solenne, con Guinevere al piano per uno strumentale per chiudere degnamente il disco.
RispondiEliminaUn gran disco! Parola di Alligatore, felice di avere ospitato Guinevere in palude questa notte.
RispondiEliminaParticolarità? ... è un disco senza tempo.
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