NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE canzone d'autore
DOVE
ASCOLTARLO in treno, in auto, tutte le volte in cui lo scrosciare del tempo si
dilata in piccoli specchi d'acqua – a volte pozzanghere, a volte laghetti, a
volte paludi ;) – in cui si riesce ad osservare ciò che è fuori e dentro di
noi. Parti da qui
LABEL Alter Erebus
PARTICOLARITA’: prodotto nel salotto di casa
CITTA’ Padova
DATA DI USCITA 14 ottobre
L’INTERVISTA
Come è
nato L’età del disordine?
Alcune canzoni sono nate prima della pandemia, alcune durante, come ad esempio Panorami-che,
ma il sound e gli arrangiamenti sono decisamente frutto di un momento molto
particolare... Li ho curati con Marco Fasolo proprio a casa mia, appena si è
potuti uscire. Tutti e due eravamo straniti, e di sicuro questo ha influito
sulle sonorità che ne sono risultate.
Come mai questo titolo? … forse se ci guardiamo
intorno, non è difficile capirlo.
In effetti trovo sia un titolo azzeccatissimo, da due anni e mezzo a questa
parte...
Ma ha anche un risvolto più esistenziale. Ognuno di noi attraversa nella vita
delle fasi di grande disordine interiore, a volte molto doloroso. Però è
proprio da questi stati che possono nascere le riflessioni, le prese di
coscienza e dunque le forme artistiche più autentiche, più vere. L'età del
disordine è quella che genera i frutti migliori, come per me lo sono state queste
canzoni.
Come è stata la genesi di questo disco, dall’idea
iniziale alla sua realizzazione finale?
Io e Marco Fasolo abbiamo voluto concentrarci sui miei due strumenti
principali: la voce e il pianoforte. Abbiamo voluto dare centralità a questi
due suoni per dare profondità all'espressione, e ci abbiamo creato intorno
mondi sonori fatti di nuvole, presagi, sogni, attraverso corde (della chitarra
o del piano) suonate in modo non convenzionale.
Per quanto riguarda le canzoni vere e proprie, io ne avevo davvero tante nel
cassetto, scritte negli ultimi anni, e Marco mi ha aiutato a scegliere le più
giuste, le più intense.
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante
la lavorazione di L’età del
disordine?
Con Marco Fasolo gli episodi buffi non mancano. Lavorare con lui è stato
divertente, folle, estremamente stimolante. Abbiamo passato ore a cercare il
suono giusto di un piano con dei bulloni incastrati nelle corde, o di una
chitarra appoggiata alle ginocchia, così come è stato maniacale il lavoro di
registrazione, con microfoni degli anni Cinquanta a nastro che non avevano
possibilità di regolazione così come quelli moderni. Ogni volta che cantavo più
forte o più piano, Marco doveva venire a svitare delle parti del microfono!
Per Piccola Cicatrice cercavamo un suono della voce viscerale, e così
l'ho cantata da distesa a pancia in su.
Ci sono poi delle parti in Begonie che tutti credono siano state fatte
da un synth, e invece è la mia voce che canta da un megafono. Di molti suoni
che abbiamo cercato è difficile capire la fonte! Ad esempio l'introduzione di Astronauta
potrebbe sembrare un effetto elettronico, e invece è il mio pianoforte di casa
messo in reverse.
Se L’età del
disordine fosse un
concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?
Sulla solitudine. Non tanto quella che genera infelicità, ma quella che genera
presa di coscienza e capacità di conoscere meglio sé stessi.
C’è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del
quale vai più fiera dell’intero disco? … quello più da live?
Sul palco ogni brano che suono è il migliore, perché in ognuno c'è molto di me,
e lo vivo fino in fondo, dall'inizio alla fine, parola per parola. C'è la
follia di Begonie, l'ironia di Amore è Cieco, la “cazzimma” di
Cocktailchemico, la classicità di Cosa sai di me, la tensione di Panorami-che,
l'ancheggiare dolce-amaro di Jingle, la schiettezza di Cuore Nero,
l'energia di Ginnastica, la
malinconia di Astronauta, la chiusa luminosa di Piccola Cicatrice.
Se proprio devo indicare un brano, scelgo il preferito di Marco Fasolo: Era
Ieri, per la sua profondità e complessità, e, posso dirlo, bellezza.
Perché con Alter Erebus? Chi altri? ...
Alter Erebus è una piccola etichetta indipendente che crede nei suoi artisti e
li supporta in modo onesto, senza false promesse ma con molta sincerità di
intenzioni. Dopo un bel po' di esperienze nel mondo del mercato musicale, ho
capito che non è importante quanto è famoso un marchio, ma quanto è affidabile
la gente con cui lavori.
Copertina che colpisce: tu ginnica, sembri partire per
una corsa nello spazio … è così? O c’è un’altra storia?
La foto di copertina del disco è della stessa sessione fotografica dello scatto
di Ginnastica, il primo singolo uscito, con relativo videoclip.
In realtà non indosso un normale body di ginnastica. Indosso il modello
identico che portava Nadia Comaneci – la
più grande ginnasta di tutti i tempi – alle Olimpiadi del 1976, quelle in cui i
sistemi di calcolo impazzirono perché la votazione della giuria era più alta
del numero con cui erano stati programmati. Nadia prese il primo dieci tondo
della storia della ginnastica artistica. Mi interessava rappresentare un
simbolo di grande disciplina e forza interiore, in totale contrapposizione
apparente col significato del titolo. Disordine, irrazionalità da una parte, e
grande disciplina dall'altra: un binomio inscindibile nel mio percorso
artistico. L'una alimenta l'altra, e rende possibile un'espressione che sia
vera, autentica, urgente, e che riesca a restituire all'ascoltatore tutta la
complessità delle nostre esperienze umane. Oggi questa complessità si tende a
scansarla, per crogiolarsi in semplificazioni, luoghi comuni, parole retoriche
vuote di senso. Ho cercato di scavare in profondità, nelle parole, nei suoni,
per far uscire nodi, parti nascoste, che ognuno potesse riconoscere come
proprie.
Come presenti dal vivo il disco?
Lo presentiamo in trio, con Marco Valerio al basso e cori, e Andrea Davì alla
batteria. Io, oltre alla voce, suono tastiere, synth e chitarre.
Altro da dichiarare…
Solo dopo aver scattato la foto mi sono accorta che la mia posa era molto
simile a quella di un album di Betty Davis, They Say I'm Different.
Ecco, questa coincidenza mi è molto piaciuta, considerato anche il fatto che
una delle mie ultime canzoni (che, come molte altre, non ha trovato spazio nel
disco), si intitola Devi essere diversa ;)
Gradito ritorno in palude quello di Petrina, che ritorna con un disco tutto cantato in italiano e con accanto il magico Marco Fasolo con il quale ha creato questo disco dal titolo emblematico L'età del disordine.
RispondiEliminaTitolo perfetto per raccontare la nostra epoca, non a caso alcune di queste splendide canzoni sono nate nel periodo duro del lockdown, come ci racconta Petrina nell'intervista.
RispondiEliminaUndici canzoni tra le quali non è facile scegliere, no, proprio no.
RispondiEliminaDall’iniziale Begonie, surreale rock cantato al piano che racconta quando le piante di casa divennero foresta (impossibile non pensare alla pandemia) ...
RispondiElimina... alla conclusiva Piccola Cicatrice, pezzo ricco di pathos dall’andamento classico, è una delizia per corpo e mente.
RispondiEliminaCocktailchemico, intenso rock di donna, con la violenza che diventa consapevolezza ("mescolo il rabarbaro con il rancore/metto un tocco di zenzero per renderlo dolcemaro")
RispondiEliminaGinnastica, dove si sente la mano di Fasolo, sia per il cantato, sia per l’uso del piano e dell’elettronica.
RispondiEliminaDeliziose anche Panorami-che, giocattoloso rock attorcigliato tipicamente 2020 nel testo ("stendere i pensieri ad asciugare…/prendere appunti nell’ombra") e Astronauta...
RispondiEliminaAstronauta, storia classica con un buon uso dell’elettronica per lasciare raccontare la sua storia a un’astronauta perso nello spazio. Mi ricorda Lucio Dalla.
RispondiEliminaNon c'è elettronica! Sono tutti suoni acustici! L'introduzione è data da un piano vero (quello mio di casa) in reverse :)
EliminaInsomma, un gran disco dall'inizio alla fine: parola di Alligatore!
RispondiEliminaGrazie di essere intervenuta a puntualizzare Petrina... certi giochi, sembrano elettronica, invece è magia, costruita nel tuo studio casalingo con il buon Fasolo! Incredibile, ma vero!
RispondiElimina