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martedì 16 agosto 2022

In palude con D.In.Ge.Cc.O

NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO

GENERE: ELETTRONICA

DOVE ASCOLTARLO: TUTTE LE PIATTAFORME ON LINE, tipo qui

LABEL: WASTE NOISE

PARTICOLARITA’: VISIONARIO

FB - INSTAGRAM

CITTA’: FOLIGNO - MILANO

DATA DI USCITA 18.03.2022

L’INTERVISTA

Come è nato Bacanadera?

E’ nato da un’immersione sciamanica nei miei ricordi, alla ricerca delle origini della mia sensibilità musicale, sin dalle prime percezioni del suono di cui ho memoria, nella culla.

Come mai questo titolo? … titolo suggestivo!

Una combinazione di ritmo, onomatopeica e contenuti filosofici, che riassumono molto il trasporto onirico e a tratti psichedelico, che vuole guidare l’ascoltatore: Bacanadera è un neologismo che nasce dalla fusione del termine batucada, all’origine del Samba brasiliano ed il termine baccanale, rito iniziatico dedicato al Dio Bacco, a Dioniso, il rito della liberazione del proprio ego, della propria personalità.

Come è stata la genesi dell’album, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?

E’ stata un’immersione totale. Come quella di un pittore che deve realizzare una visione che ha in testa e rinuncia a nutrirsi, ad avere una vita sociale, a volte anche a dormire per realizzare la sua opera. Mischia i colori, accende le tonalità, le distorce, le trasforma sino a che quell’immagine che ha in testa, non gli si palesa davanti. Ecco Bacanadera è nato così, tutto d’un fiato, attraverso una meticolosa ricostruzione dei particolari di una visione immaginifica sonora, che era già entrata nella mia testa, grazie ad un lavoro di autoanalisi attraverso il sogno lucido.

Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione del disco?

Lavoro spesso con le cuffie nella fase compositiva. In un momento di pausa le ho tolte. Erano le tre di notte ma mi era sembrato che albeggiasse perché veniva una grande luminosità dalla finestra e così sono uscito in terrazzo. In realtà era la luna, accesa, viva, come mai me la ricordavo. Una visione che rimarrà per sempre impressa nella mia memoria e che mi ha stimolato molto, anche nella fase creativa. Era come una presenza. Una presenza che stava a ricordarci quanto siamo piccoli e quanto sia insensato non cercare di vivere in armonia col mondo e soprattutto col il prossimo.

Se  fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?

Il fosse lo togliamo. E’ un album sul sale della vita. Quel sale che ti fa riflettere, gioire, vibrare l’anima. Quel sale che ti da la forza di realizzare i tuoi sogni, di perdonare le tue debolezze e di riconquistare, quotidianamente, la fiducia nell’esistenza che è un dono, e va vissuta come tale.

C’è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del quale vai più fiero di Bacanadera? … che ti sembra  ideale da fare live?

Domanda difficile perché ogni brano è come un figlio per me. Quindi li amo tutti indifferentemente. Poi magari si va a periodi. Ci sono alcuni periodi che ascolti più volentieri un brano rispetto ad un altro. In questo momento, dovessi sceglierne due, ascolto più volentieri Blessed Islands e Caballero Solitario.

Come è stato produrre questo disco con al Waste Noise Records?

Entusiasmante: gente giovane, mentalità aperta, voglia di osare. Non si poteva chiedere di meglio quando si vuole provare a fare qualcosa di diverso.

Copertina molto strana, che turba direi... Come è nata? Chi è l’autore?

Il protagonista della copertina è un demone. Un demone moderno. Con tanto di mascherina a mo di respiratore. Un po’ Cyber punk un po’ figlio dei fiori. Quando viaggi dentro il tuo subconscio è normale che incontri anche i tuoi demoni. Alcuni sono stimolanti, altri meno, in ogni caso fanno tutti parte di te. L’idea mi è venuta proprio perché volevo dare un volto a questi demoni che mi hanno accompagnato in questo percorso creativo e con l’aiuto di un amico che ha fatto da modello per la foto, di qualche accorgimento nel trucco e della computer grafica, credo di aver creato un bel personaggio. Di certo non passa inosservato.

Come presententi il disco dal vivo?

Ho ricevuto diverse richieste sia in Italia che all’estero per suonare dal vivo, ma per questo disco sarebbe bello avere una bella orchestra a disposizione piuttosto che munirsi di Sinth e campionatori. Tuttavia, attualmente, è al di fuori delle mie possibilità quindi ho, per il momento, declinato gli inviti. Un domani chissà.

 Altro da dichiarare?

Mi ritengo un creativo da studio di registrazione, un topo da “sinthtoteca” se mi passi il neologismo. Immergermi nella creazione e nella composizione la trovo la cosa per me più appagante, almeno per ora.

Come ultima cosa ti posso dire che non ho ancora smesso di navigare nell’infinito universo che mi ha portato a realizzare Bacanadera e ti assicuro che, nel prossimo futuro, avrò ancora un bel po’ da raccontare sull’argomento.


9 commenti:

  1. Gran piacere avere in palude D.In.Ge.Cc.O ancora una volta, con questo gran disco di elettronica umanistica contaminata/contaminante.

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  2. Sì, perché in ogni pezzo si sentono i colori del mondo, è un intricarsi di generi musicali, lingue, linguaggi, con tanto ritmo e spirito d'avventura.

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  3. Un gran bel disco, che ti prende dall'inizio e non ti lascia più: Learn to, col suono che va e viene in cuffia, gira attorno come un dannato ... un giocheto che sarà anche di altri pezzi.

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  4. Tra i miei preferiti metto Cities of God (Revenge Tango), un pezzo che sembra musica classica, mescolata con una qualche canzone di Paolo Conte, e/o di Elvis, e world music. Un onda sonora immaginifica, con strumenti che saltano fuori quando meno te l'aspetti: flauto, fisarmonica, voce umana, contrabbasso. Magico, davvero...

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  5. Stupenda anche Não Esqueça Sua Bagagem (Carnaval Desesperado), con, in apertura, una voce, sudamericana, che parla, come da un aeroporto. Poi parte la musica, ritmica, con una progressione melodica incredibile, che ti prende. Anche questo pezzo è di confine, un jazz elettrico e dolente, decisamente sperimentale...

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  6. Per non dire di Whiplash of the Spies, giocattoloso tanto quanto caposseliano. straniato, quanto straniante. con un flauto, delle chitarre che si fondono con l'elettronica.

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  7. Non faccio poi fatica a capire perché ci dica, che tra i brani del disco, si diverta ad ascoltare Blessed Islands, romantico, quasi pop-rock fab four, senza farsi mancare il ritmo. Flauto morriconiano gran protagonista. Commovente...

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  8. Come del resto il pezzo che chiude il disco, Caballero Solitario, davvero un gran finale: ritmico, romantico, malinconico, con un uso ancora umanista dell'elettronica (come in tutto Bacanadera) e un sax che commuove.

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  9. In definitiva un gran bel disco, che sarebbe davvero bello sentire dal vivo con un'orchestra, come vorrebbe proporre D.In.Ge.Cc.O.

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