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martedì 19 luglio 2022

In palude con Maseeni

 

NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO

GENERE: Indie psych pop

DOVE ASCOLTARLO: qui

LABEL: Porto Records

PARTICOLARITA’ Hendrix, i Beatles e i Cream che incontrano Rino Gaetano, Franco Battiato e Morgan

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CITTA’: Roma

DATA DI USCITA: 24 Giugno 2022

L’INTERVISTA

Come è nato Canzoni d’amore del terzo tipo?

Canzoni d’amore del terzo tipo è l’orizzonte di un cammino iniziato diversi anni fa. All’inizio rappresentava un volersi mettere in gioco cantando in lingua nostrana. Volevo riuscire a cantare la parola amore senza mascherarla con i “love”. Volevo capire come suonasse la parola cuore, se fosse poi così meno rock di “heart”. Ho impiegato diverso tempo a trovare una formula di scrittura che mi convincesse, che sentissi mia. È stato difficile trovare un compromesso tra il Lorenzo vintage e quello più moderno, ma una volta trovata la chiave non sono più tornato indietro. Ho iniziato a scrivere canzoni in italiano e ho continuato, cosa che non avevo mai sperimentato nei miei primi 23 anni di vita, e con grande stupore mi ci sono ritrovato alla grande.

Queste canzoni poi hanno affrontato il nemico più impegnativo di tutti: il tempo. Sono state scritte, scartate, modificate, hanno incontrato le persone sbagliate e infine quelle giuste. Hanno saputo essere pazienti durante questi due anni assurdi che tutti conosciamo bene e infine eccole qui.

Perché questo titolo? … del terzo tipo?

Non mi è mai piaciuto assegnare nomi ai miei progetti o alle mie canzoni perché per me hanno un valore, sono dei sentimenti, e incatenarli a una parola il più delle volte convenzionale mi ha sempre dato fastidio. Un po’ come, appunto, la parola amore, che vuol dire tutto ma in realtà non vuol dir proprio niente. Per convenzione si usa e ci sta bene così. Però devo dire che questo titolo invece è nato da sé, in modo naturale. Riflettevo sul fatto che erano tutte canzoni d’amore e in più...del terzo tipo. Poteva chiamarsi diversamente?

Come è stata la genesi del disco, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?

Ci sono dei sentimenti e degli eventi della vita che sono semplicemente più grandi di te. Ai quali non sai trovare una risposta. Io ho sempre scritto canzoni per cercare di trovarne una. Per esorcizzare. In questo la musica mi è sempre corsa in aiuto. Anche questo disco è nato dalla medesima esigenza, ma con una differenza. Stavolta non è stata solo una scrittura spontanea (premessa: la spontaneità è alla base della creatività, per quanto mi riguarda) ma anche un fermarsi, respirare e dirsi “ok, voglio riempire questo vuoto”. Per me questo disco è stato una presa di coscienza, con tutte le conseguenze del caso...Dall’inizio alla fine.

Quando poi abbiamo scelto i brani che sarebbero usciti ero felice, un po' come quando finisci una seduta dallo psicologo.

Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione dell’album?

Il momento in cui ti dicono “Ok è fatta, mandiamo tutto al master”. È una fase particolare, bella e luttuosa nello stesso momento. Mettere un punto alla propria musica non è facile. Sapere che quella canzone suonerà così per sempre e non potrai più tornare indietro per cambiare un passaggio, un accordo, una parola... La sensazione “Oh mio Dio” nel momento in cui abbiamo mandato tutto a masterizzare mi è rimasta ben impressa nella mente.

Se Canzoni d’amore del terzo tipo fosse un concept-album, su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?

In un certo senso lo è. Il concept è la convenzionalità della parola amore. La parola più vuota di significato del nostro vocabolario. Io sono un fan di quel sentimento che ci manda in tilt il cervello, ma banalizzarlo così in cinque lettere mi sembra troppo!

C’è qualche pezzo che preferisci? Qualche pezzo del quale vai più fiero dell’intero disco? … Quello più da live?

No, non c’è un pezzo che preferisco in particolare o forse sì...ma cambia ogni giorno! Dal vivo esce inevitabilmente di più l’anima rock dei brani. Per spogliarmi dalle vesti di democristiano ti dico una canzone che live mi porta altrove: La fine del mondo.

Come è stato produrre l’album con Porto Records?

È stato naturale. Le persone giuste al momento giusto. Non lo dico per far risuonare la più classica delle sviolinate ma perché è andata proprio così. Dal primo incontro ho capito che volevamo andare nella stessa direzione e soprattutto che vedevamo nelle mie canzoni la stessa materia grigia... Sembra scontato ma non lo è affatto e per me è stato fondamentale.

Come è nata questa copertina così surreale e molto beat? Chi l’ha pensata così?

La copertina è nata apparentemente per caso, ma in realtà credo fosse tutto già scritto.

Eravamo a Deposito Zero (Forlì) a scattare delle foto per la promozione del disco e con me era venuta anche Mara, il mio cane, nonché esempio lampante di amore del terzo tipo. Fabio (Porto Records) ha pensato bene di farla entrare in scena e si sa…quando Mara entra in scena non la fermi più. Inoltre la figura del cane apre e chiude il disco quindi ci stava tutta! Mentre l’immaginario dei colori è un mio personalissimo e devotissimo omaggio a Are YouExprerienced di Jimi Hendrix, gli devo molto. Gli devo tutto.

Come presentate dal vivo il disco?

L’approccio del live è molto diverso da quello del disco. Collaboro con diversi musicisti e mi piace come ognuno di loro possa reinterpretare alcune parti o dei passaggi delle canzoni inserendovi la propria “visione”. Per me è fondamentale. Perché la musica è questo, è comunicazione. Si fa sempre in due. Se dovessi salire su un palco con quattro persone per eseguire semplicemente delle parti già incise me ne starei a casa. Attualmente invece ho la fortuna di lavorare con musicisti che mi sanno davvero regalare quel qualcosa in più di cui ho bisogno per suonare dal vivo. Loro sono Marina Cristofalo (Lilies on Mars), Alfredo De Luca (Mammaliturchi), Andrea Siddu, Francesco Conte (BMC) e Paolo Volpini. Con loro portare i brani dal vivo è più facile e io non smetterò mai di ringraziarli.

Altro da dichiarare?

Nell’ordine: Non maltrattate i Draghi. La musicoterapia non è magia oscura. Amatrice dopo sei anni è ancora soltanto un bel prato verde annaffiato dalla burocrazia. Francesco Ponz e Mattia Matta Dallara sono due produttori e musicisti formidabili e io gli voglio bene. Ciao!

 



9 commenti:

  1. Ironia e buone vibrazioni in palude questa notte, con Maseeni, che in modo intelligente ha fatto un disco d'amore senza cuore, amore e rime baciate, anzi, senza mai citarlo... o quasi.

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  2. Un discorso che capisco bene, e che capite bene anche voi, sull'amore con un'ironia e un rispetto che dimostrano una maturità incredibile in un giovane come lui.

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  3. Otto pezzi per manco mezzora di musica, intensa, piena, che resta e anche senza volerlo, forse, è un vero concept sull'amore (che non bisogna dire).

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  4. Dall'iniziale Mi hai lasciato solo il cane, ironia a piene mani per questo pezzo cantautorale voce/chitarra e giochetti elettronici. Coinvolgente e piena di patos, e poi quel ritornello.

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  5. Mi hai lasciato solo il cane, per non farmi sentire solo come un cane, l'ironico ritornello.

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  6. Al pezzo che chiude il disco La fine del mondo, ben ritmato, che si capisce perché lo indichi come il brano più da live.

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  7. Suggestiva anche Non mi sono mai preso cura di te, canzone dal gran ritmo, per una storia pop finto romantico, sul perché non si è preso cura di te...

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  8. Ma potei citare anche Sei una canzone, pop soave, molto sixty, che ti smuove, sia musicalmente, sia per quello che non dice.

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  9. Ma, come detto, questo disco è un concept-album, molto compatto, un vero compact-disc.

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