NOTE SINTETICHE ALL’ASCOLTO DEL DISCO
GENERE alternative / lo-fi
DOVE ASCOLTARLO iniziate da qui
LABEL Beautiful Losers /Uglydog Records
PARTICOLARITA’ ispirato dal fantasma di un motociclista beatnik che vive in una tastiera
CITTA’ Vicenza
DATA DI USCITA 17 settembre 2021
L’INTERVISTA
Come è nato The Flood?
Ad inizio anni 2000 io e Luca suonavamo con i Mr60 con i quali abbiamo registrato diversi dischi, tutti auto prodotti ed auto registrati. Poi ci siamo persi un po’ di vista e dopo alcuni anni ci sono finalmente ritrovati in una sala prove assieme. Abbiamo iniziato a risuonare i vecchi pezzi, ma quasi subito abbiamo iniziato a scriverne di nuovi... in poco tempo ci siamo trovati ad avere in mano queste canzoni, e abbiamo pensato di fare come ai vecchi tempi, registrarle e farne un disco.
Come mai questo titolo? … cosa vuol dire?
The Flood è l’inondazione.. rappresenta intanto l’insignificanza dell’uomo di fronte alla potenza della natura, e simboleggia anche in qualche modo quegli eventi che ci accadono nella vita e ci travolgono senza che noi si possa in alcun modo resistere. Un esempio (anche se il brano è stato scritto prima che iniziasse il tutto) può essere la pandemia, che ha travolto le nostre vite all’improvviso senza che potessimo farci nulla.
Come è stata la genesi dell’album, dall’idea iniziale alla sua realizzazione finale?
I brani sono usciti in modo molto naturale. Non è un caso che riportiamo la “storia” dello spirito del motociclista Beanti che vive in una vecchia tastiera giocattolo e ci manda in trance facendoci suonare le sue pazze canzoni. In effetti il processo compositivo è sempre molto istintivo e fluido. Partiamo da un'idea di melodia, o da due accordi e ci costruiamo sopra. Poi una volta arrivati alla “perfezione “pop del brano, lo disassembliamo e lo decostruiamo. Diciamo che le nostre scarse competenze tecniche sugli strumenti ci aiutano molto in questo senso… ahah...
Qualche episodio che è rimasto nella memoria durante la lavorazione del disco?
Beh il disco lo abbiamo registrato a casa mia, con Luca, coadiuvati da un nocino del 1984 che ha contribuito in modo significante al risultato finale.
Se fosse un concept-album su cosa sarebbe? … tolgo il fosse?
Per me ogni album è un concept. Se non altro perché definisce un particolare periodo della nostra vita in cui lo abbiamo concepito. Anche a livello sonoro, una delle prime cose che abbiamo cercato di fare è stato scegliere pochi suoni da utilizzare per tutto l’album. Il tema di fondo di The Flood è ancora una volta l’ansia per il futuro della nostra specie, che sembra inequivocabilmente lanciata verso l’autodistruzione. Lo sconforto di far parte di una specie che si comporta come un virus rispetto al proprio ambiente… persone che sono zombie incapaci di staccarsi dai telefoni (che funzionano ancora meglio della tv come mezzo di distrAzione di massa), il disagio di vivere in una società che propina obiettivi e valori sbagliati, quali il denaro o il potere e che ci costringe tutti a vivere sempre più alienati dal mondo che ci circonda. La cupa disperazione derivante da tutto ciò, ma anche la speranza di piccoli raggi di sole che filtrano tra le nere nubi che ricoprono il cielo. Tutto è perduto? … forse no.
C’è qualche pezzo che preferite? Qualche pezzo del quale andate più fieri di The Flood? … che vi sembra ideale da fare live?
Ci piace molto suonare live, e cerchiamo di suonare tutti i pezzi del disco e anche alcuni vecchi ripresi dal repertorio di Mr60 (prima band in cui nei primi anni 2000 io e Luca abbiamo suonato assieme). Io sono particolarmente affezionato a Sunday, che ho registrato una domenica d’istinto e che ho pubblicato (il giorno stesso) con il mio progetto solista The Brook Horse. Poi ripresa e riarrangiata con Onceweresixty. Ma in realtà mi piacciono tutte le canzoni del disco.
Come mai con Beautiful Losers e Uglydog Records? … ben due labels?
Beh, gestisco Uglydog Records da diversi anni. Facciamo piccolissime cose con pochi mezzi e molto cuore. Per questo disco volevo però un appoggio esterno, perché trovo assai difficile promuovere dei progetti di cui faccio parte. L’incontro con Andrea di Beautiful Losers è stato provvidenziale in questo senso. Lo seguivo da un po’ e mi piaceva (e piace tutt’ora) il suo approccio e gli artisti che propone. Andrea ha dimostrato subito un grande entusiasmo per il nostro disco e le cose sono filate via in modo molto naturale.
Copertina molto vintage, con quel furgoncino mitico, da sempre legato a un immaginario libertario. Come è nata? Chi l’ha pensata così?
L’idea di partenza è di Claudia de Cecchi, poi elaborata da Freddy Mason. Devo dirti che io avrei scelto una cover minimale in bianco e nero. Ma quando mi hanno fatto vedere la loro proposta mi è sembrata un vestito perfetto per il disco che stavamo nel frattempo ultimando.
Come presentate il disco dal vivo?...
Dal vivo suoniamo in trio: chitarra, un set ridotto di batteria senza cassa, e un synth a volte alternato ad un sassofono. Gli arrangiamenti sono più minimali che nel disco, ma ne esce una bella atmosfera. Riflette bene anche il modo in cui i pezzi sono nati, perché li abbiano suonati molto prima di registrarli. Tra l’altro ci piace molto suonare dal vivo, se qualcuno vuole chiamarci noi veniamo eh!
Come se la passa l’underground italico oggi, tra un lockdown e l’altro?
Mah, non so se sono in grado di darti un giudizio adeguato sull’argomento. Sono stato un po’ fuori dai giochi per diversi anni, ma riaffacciandomi sulla “scena” vedo tante band che meritano, che hanno voglia di suonare, che ci mettono impegno e si sbattono un sacco. Ora la domanda che dobbiamo porci è: perché? Se la risposta è “diventare famosi”, “avere successo” ecc. allora questo non è il mio campo. Per me l’obiettivo è fare musica. Ne ho un bisogno fisiologico. Facciamo dei dischi che rimangono per lo più invenduti nei nostri garage? Va bene. Facciamo chilometri per andare a suonare in un localino davanti a 3 persone? Va bene! Ci piace farlo, abbiamo bisogno di fare musica come valvola di sfogo personale, per mantenere un equilibrio mentale in questo pazzo pazzo periodo storico e non abbiamo intenzione di fermarci.
Serata alternativa in palude, che ci riporta a certo rock anni Sessanta, un po' folk, un po' surf ... rivisto oggi, negli anni 200 e...
RispondiEliminaNon a caso ascoltando questa prima prova dei Onceweresixty, il gruppo che viene subito alla memoria sono i Belle e Sebastian.
RispondiEliminaUn rock quasi nostalgico fin dalla copertina, con 4 canzoni sul lato A e 5 canzoni sul lato B.
RispondiElimina... e che canzoni: All I Want, pezzo di rock alternativo dalle chitarre graffianti e dal sound molto sixty (che non ci abbandonerà più).
RispondiEliminaSix Six Sixty, forse il mio pezzo preferito: psichedelia espansa fin dall'inizio, calibrato uso dell'elettronica, rumorismo, un bel omaggio ai sixty più beatlesperimentali di sempre.
RispondiElimina... ma anche la title-track non è male, ritmo sghembo, certa malinconia che traspare dal cantato, un ritmo che sale, echi psichedelici ...
RispondiEliminaSummer, può non piacermi una canzone che s'intitola Summer?
RispondiEliminaVoce amplificata, tastierine di marca sixty, ritmo lento e sinuoso, quasi drogato, questa è Summer in poche, sintetiche ma forti parole.
RispondiEliminaMa è così tutto il disco, che in manco trenta minuti di musica, dilatati/dilatanti, ci fa riascoltare il sogni (ma anche gli incubi) di un'epoca acida tanto amata da chi ama il rock come dio comanda...
RispondiEliminaBellissima la parte sul disinteresse a diventare famosi e anche quella sul nocino del 1984.
RispondiEliminaSì, scelte lo-fi come la loro gran bella musica ;)
RispondiEliminaMolto carino il tutto tra chitarra ed atmosfere rarefatte.
RispondiEliminaOttimo nocino, visto il risultato
😀
Ah, ah, il nocino è il segreto, che ci hanno gentilmente rivelato...
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